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La verità del Noir

Massimo Carlotto, secondo lei i romanzi gialli possono costituire un valido strumento per l’educazione alla legalità?
Senz’altro sì, nel senso che il romanzo noir moderno italiano educa alla legalità perché denuncia l’illegalità, quella vera, reale. Non si tratta più di un romanzo inventato, fornisce anzi un tipo di informazione molto preciso sui nuovi processi criminali, quindi crea coscienza nel lettore.

Il romanzo giallo e noir attuale rappresenta una forma di letteratura “civile”?
Oggi il romanzo poliziesco e il noir sono strumenti facilmente fruibili, nel senso che c’è un grande interesse del pubblico rispetto alla letteratura di genere.
Un determinato tipo di romanzo poliziesco è sicuramente da considerarsi parte di una letteratura di impegno civile, ma naturalmente non tutti i romanzi gialli rientrano in questa categoria. In Italia si scrivono ancora moltissimi polizieschi basati molto sulla fantasia e su una visione distorta della società. Il messaggio in certi casi non deriva da una lettura critica della società, perché l’impostazione è quella vecchio stile del romanzo poliziesco, che non sempre è stato un genere letterario “civile”.

Lei ha scritto due libri, di cui uno per ragazzi, sui desaparecidos argentini. Ritiene che la letteratura possa effettivamente sensibilizzare i giovani rispetto ai problemi sociali e politici attuali, pensa, insomma, che sia uno strumento in grado di svolgere una funzione documentaria, testimoniale sia riguardo all’oggi, sia riguardo a vicende della nostra storia recente?
Senz’altro sì. Faccio moltissimi interventi nelle scuole e, tra l’altro, il libro per ragazzi che ho scritto mi è servito per entrare in contatto con tante realtà giovanili e ho visto che la risposta da parte dei ragazzi è stata molto forte.
Con l’Assemblea Teatro di Torino abbiamo fatto l’esperienza di portare in Italia dei figli di desaparecidos argentini e abbiamo organizzato una mostra sulla loro identità. Insieme al libro, la presenza di questi ragazzi è servita molto per fare conoscere quello che è successo in Argentina. Nel libro racconto la storia vera di un ragazzo che scopre su Internet di essere figlio di desaparecidos, i giovani hanno apprezzato molto questo racconto, hanno dimostrato grande interesse e curiosità, al punto che ho deciso di continuare a scrivere per i ragazzi.
Adesso, per esempio, sto scrivendo un libro sulla criminalità giovanile che verrà pubblicato in una collana per ragazzi.

Ho conosciuto Massimo Carlotto lo scorso gennaio quando è venuto a Saint-Vincent, ospite della rassegna “Tra rosa e nero: cinque autori sul luogo del delitto”, organizzata dall’Istituzione scolastica di istruzione tecnica, commerciale, per geometri e professionale di Châtillon e dalla Biblioteca di Saint-Vincent.
Come sua affezionata lettrice, avvezza ai contenuti “duri” dei suoi romanzi e alla prosa asciutta e scattante che contraddistingue il suo stile narrativo, non ho mancato di stupirmi nel trovarmi di fronte un uomo dai modi estremamente gentili e dalle parole scarne, una persona “mite”, potrei dire, che tuttavia come scrittore osa calarsi negli abissi d’orrore, di violenza, di ingiustizia, di sopraffazione che contraddistinguono, purtroppo, la nostra società.
Autore di numerosi romanzi noir, di cui quattro dell’ormai celeberrima serie dell’Alligatore, Massimo Carlotto ha esordito nel 1995 con Il fuggiasco, in cui narra le sue peripezie di latitante in fuga, prima in Francia e poi in Messico, da una Giustizia miope e iniqua che aveva fatto di lui il caso giudiziario più allucinante del secondo dopoguerra.
Affezionato alla formula del reportage e del romanzo inchiesta, fedele soprattutto al bisogno di verità che spesso muove anche i personaggi nati dalla sua penna, Carlotto usa il noir come un grimaldello per aprire porte dietro le quali si nascondono i segreti dei fatti criminali che hanno segnato la storia recente del nostro paese. Sempre animato da un fermo e appassionato bisogno di giustizia, da anni è impegnato a far conoscere il dramma dei desaparecidos argentini e a sostenere con i suoi scritti il coraggio indomito delle mamme e delle nonne di Plaza de Mayo. Da Le irregolari, libro illuminante sulle vicende di un gruppo di donne che hanno saputo opporsi alla dittatura militare argentina, sono stati tratti numerosissimi spettacoli teatrali, a riprova del fatto che in Italia Massimo Carlotto rappresenta, purtroppo, un caso isolato di ostinato impegno civile a favore della memoria della tragedia argentina e dell’insopprimibile bisogno di verità e di giustizia ad essa connesso.
A Massimo Carlotto, in occasione del suo incontro con un gruppo di studenti valdostani, ho rivolto alcune domande sul significato e l’eventuale ruolo della letteratura noir e poliziesca nell’educazione dei giovani al rispetto della legalità.

Viviana Rosi

Bibliografia di Massimo Carlotto
Il fuggiasco, Roma, E/O, 1995
La verità dell’Alligatore, Roma, E/O, 1995
Il mistero del Mangiabarche, Roma, E/O, 1997
Le irregolari. Buenos Aires horror tour, Roma, E/O, 1998
Nessuna cortesia all’uscita, Roma, E/O, 1999
Il corriere colombiano, Roma, E/O, 2000
Il giorno in cui Gabriel scoprì di chiamarsi Miguel Angel, EL, 2001
Arrivederci amore, ciao, Roma, E/O, 2001

Affrontando temi “forti” come la tortura, l’omicidio, la repressione politica, la criminalità, necessariamente lei racconta e mette in scena, per così dire, la violenza. Scrivendo per i ragazzi ha mai ritenuto di dovere sfumare, attenuare gli episodi violenti presenti nella storia che sta narrando?
Non faccio nessuna differenza tra lettori adulti e lettori giovani. I ragazzi toccano una realtà che è intrisa di violenza.
La violenza fa parte della nostra società e, quindi, credo che sia giusto farci i conti. Ci sono episodi di violenza efferata che vedono coinvolti proprio dei ragazzi, faccio l’esempio banale di Novi Ligure, e credo che i giovani si sentano talvolta anche attratti e affascinati dalla violenza, perciò mi sembra molto importante che imparino a fare i conti con questo tipo realtà.

In ambienti scolastici le è mai capitato di venire censurato dagli adulti, dagli insegnanti?
Mai. È però vero che vengo chiamato nelle scuole soprattutto per parlare dei miei romanzi che parlano di America Latina e di desaparecidos, Il fuggitivo, Le irregolari e il mio libro per ragazzi, molto meno per presentare i miei romanzi polizieschi.

Come si colloca il noir, la letteratura poliziesca rispetto a due categorie anche filosofiche come la giustizia e l’ingiustizia? Si può parlare di una funzione ermeneutica del romanzo noir?
La verità che propone il noir, soprattutto quando si basa su fatti realmente accaduti, è proprio la verità “vera”, quella che va oltre il caso discusso in un’aula di tribunale che, come dice il termine stesso, diventa parziale perché è una verità che nasce dal contraddittorio delle parti.
Il noir va oltre, nel senso che cerca la verità “assoluta”, cioè le ragioni vere, profonde che hanno portato a una serie di atti. Secondo me, in questo caso si può parlare della ricerca di una verità assoluta all’interno del romanzo.

Non c’è però il rischio che la “moralità” di cui va in cerca il noir diventi “moralismo”? Esiste, insomma, un noir che potremmo definire “fondamentalista”, conservatore e un noir eversivo?
Esistono entrambi. Personalmente sono affezionato al noir eversivo in cui i termini legati alla moralità sono molto bassi, perché lo scopo è raccontare la società che ci circonda e il valore importante è la verità.

Non è un limite per una letteratura che si prefigge degli scopi civili restare ancorata alle regole di un genere narrativo come quello poliziesco?
Il poliziesco rappresenta sicuramente un limite, ma è anche uno strumento abbastanza semplice per raccontare determinate cose. È inoltre vero che il romanzo poliziesco si sta trasformando molto, la sfida oggi è di riuscire a determinare un percorso eversivo all’interno della struttura narrativa classica del noir. Bisogna cercare nuove forme narrative che vadano anche oltre il genere, io ci ho provato, ad esempio, con Arrivederci amore, ciao.

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