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Botanica

FUNZIONE E COLORE DELLE FOGLIE

Nel periodo autunnale si assiste ad un fenomeno molto evidente della vita delle piante, le foglie assumono colori variegati, rinsecchiscono e ai primi venti si staccano dai rami

di Edi Pasquettaz
Direzione foreste
Uno dei fenomeni più evidenti nel mondo vegetale è la trasformazione che avviene nelle piante che si preparano a trascorrere l’inverno.
In autunno, dopo il solstizio d’estate, assistiamo ad una esplosione di colori, le foglie assumono tinte dal rosa al rosso vivo nei ciliegi selvatici, giallo in variegate sfumature nei pioppi, aceri, frassini, sorbi, finché con l’arrivo dei primi venti esse si staccano dai rami.
Per capire i meccanismi che regolano il fenomeno della colorazione e del distacco delle foglie dalla pianta si devono illustrare innanzitutto gli aspetti anatomici e fisiologici di questo importante organo fotosintetizzante.


LA STRUTTURA FOGLIARE

La foglia va considerata come una appendice laterale del fusto con una funzione importantissima: la trasformazione del carbonio in sostanze nutritive per la pianta, tramite un processo molto complesso, la fotosintesi clorofilliana.

Ha altresì la funzione straordinaria di traspirare una buona parte dell’acqua assorbita dalle radici creando condizioni ottimali di umidità nell’atmosfera. Mentre il fusto ha una prevalente funzione meccanica di sostegno della chioma e di trasporto dell’acqua ricca di sali minerali, assorbita dalle radici, le foglie hanno una funzione di trasformazione della materia inorganica in materia organica nutritiva per la pianta (organicazione del carbonio).

Gli organismi autotrofi (vegetali che svolgono la funzione clorofilliana), che per la propria sopravvivenza non dipendono dalla presenza nell’ambiente di materiale organico, sono naturalmente indispensabili per gli organismi eterotrofi (animali) che, non essendo in grado di sintetizzare materie organiche, le devono trovare nell’ambiente in cui vivono già biosintetizzate dalle piante.

La fotosintesi rappresenta il processo con il quale la pianta riceve dall’ambiente esterno energia luminosa (luce del sole), la cattura e, convertendola in energia chimica, la utilizza per la trasformazione dei composti inorganici, poveri di energia (acqua prelevata dalle radici e anidride carbonica prelevata dall’aria), in composti organici ad alto livello di energia libera (glucidi), indispensabili per la vita della pianta.

La foglia per svolgere tali funzioni deve avere una conformazione e una posizione particolare al fine di avere la massima esposizione alla luce, fonte di energia per l’innesco del processo di fotosintesi, e delle aperture (stomi), sulle facce della lamina, al fine di permettere scambi gassosi con l’esterno. Nelle latifoglie la forma è perciò estremamente appiattita per il contatto con l’ambiente esterno e l’orientamento, favorito dalla torsione del picciolo, tende ad essere perpendicolare alle radiazioni solari.

Nella sezione trasversale di una foglia alla visione microscopica si possono identificare: una parte centrale detta mesofillo, attraversato da condotti per il trasporto dell’acqua (nervature visibili anche dall’esterno della foglia) e una epidermide.

Il mesofillo è differenziato in una parte superiore composta da cellule disposte in modo serrato, detto “a palizzata” in cui si trovano degli organuli lenticolari, i cloroplasti, contenenti la clorofilla e da una parte inferiore con ampi vuoti fra le cellule, detto “sistema lacunoso”, che ha la principale funzione di assicurare gli scambi d’aria sufficienti per consentire un efficiente livello di fotosintesi. La funzione clorofilliana impone infatti l’assorbimento di anidride carbonica (CO2), gas che funge da reagente nel processo fotosintetico, e l’emissione di vapore acqueo (traspirazione) e ossigeno come prodotto di rifiuto.

Le delicate cellule della parte interna della foglia devono essere protette per cui la foglia ha all’esterno una pellicola formata da cellule più resistenti (epidermide) che impediscono una eccessiva perdita d’acqua ma nel contempo permettono la penetrazione della luce.
Sulla superficie esterna l’epidermide forma (nelle dicotiledini) la cuticola, membrana extracellulare continua composta da lipidi e cere. La cuticola serve per impedire le perdite di umidità per traspirazione, per proteggere i tessuti sottostanti dalle rdiazione UV e dall’ingresso di parassiti.

Nel caso delle conifere, escluso il larice, il tasso e il cipresso, le foglie sono sempreverdi per cui il legno, seppure in modesta entità, continua a funzionare anche nel periodo invernale. Alla pianta è tuttavia imposta, nel periodo freddo, la massima economia di acqua e l’adozione di accorgimenti per evitare l’eccessivo assorbimento e la traspirazione. L’adattamento delle conifere è rappresentata dalla forma ad ago delle foglie con una epidermide ingrossata (cuticola) con stomi (le aperture che permettono l’accesso dell’aria) in posizione affossata nell’ago e rivestiti di materiale ceroso, accorgimento che rallenta gli scambi gassosi della foglia con l’esterno.

Questo spiega il motivo per cui nelle conifere la traspirazione è molto inferiore rispetto alle latifoglie, anche se queste sono prive di foglie, e raggiunge valori estremamente bassi in inverno.

   

Foglie di frassino, sorbo montano, pioppo


























CAMBIAMENTI DI COLORE NELLE FOGLIE

Dalla primavera all’autunno le foglie hanno un colore verde. Questo colore è dovuto alla presenza di clorofilla nelle cellule della parte interna della foglia. Si è detto infatti che l’epidermide, ossia la pellicola che riveste sui due lati la lamina fogliare, è formata da cellule, salvo rari casi, incolori.

Vediamo inoltre che la superficie superiore delle foglie è generalmente più scura rispetto alla parte inferiore; qual’è il motivo? La differenza di colore è dovuta ad una maggiore presenza di cloroplasti e perciò di clorofilla nelle cellule della parte superiore del mesofillo e ad una maggiore densità delle cellule che, come già si è spiegato, sono disposte serrate le une contro le altre per sfruttare al massimo la luce proveniente dall’alto.

Il colore è determinato dalla presenza di plastidi, organuli tipici delle cellule vegetali, non presenti nelle cellule animali, nei batteri e nei funghi, formati da proteine e lipidi.

Vi sono diversi tipi di plastidi, e in primo luogo ricordiamo i cloroplasti ricchi di clorofilla che danno il colore verde alle foglie. Esistono tuttavia anche gli amiloplasti che producono amido e i cromoplasti più o meno vivacemente colorati, privi di clorofilla ma ricchi di pigmenti gialli e aranciati del tipo dei carotenoidi (carotine e xantofille). I cromoplasti sono presenti nei fiori e nei frutti ai quali impartiscono colorazioni dal giallo al rosso

In estate i colori della vegetazione e del paesaggio sono determinati dalla clorofilla, perciò prevale il colore verde, mentre in autunno prevalgono, in seguito alla diminuzione della clorofilla, i carotenoidi con netta prevalenza del giallo, ma spesso con presenza di rosa e aranciato.

In certe piante le foglie assumono una colorazione rossa (es. la vite) dovuta non ai carotenoidi bensì alla presenza di antociani. Queste sostanze non sono presenti nei cloroplasti ma nei vacuoli cellulari.

L’ingiallimento può naturalmente comparire anche nella stagione vegetativa quando intervengono fattori climatici (siccità) o patologici (attacchi di insetti e funghi)

L’esplosione delle colorazioni delle chiome nel periodo autunnale è perciò la conseguenza di una diminuita presenza della clorofilla e la comparsa di sostanze colorate, come si è accennato in precedenza, ossia carotine, xantofille e antociani.



Pioppo tremolo (giallo) e ciliegio (rosso) ai margini di un bosco di conifere




















PERCHE LE PIANTE SI LIBERANO DELLE FOGLIE

La pianta non subisce passivamente la caduta delle foglie ma, attraverso diversi sistemi, si libera espressamente delle stesse.

Se intervengono problemi di natura patologica durante il periodo vegetativo la pianta, come meccanismo di difesa, può liberarsi delle foglie.
L’eccessiva calura estiva per esempio influisce sulla caduta delle foglie dell’interno della chioma, mentre l’aridità del suolo causa la caduta delle foglie più esterne ossia di quelle che ricevono più luce. Il fenomeno comunque più evidente di perdita delle foglie si verifica in autunno con una progressiva variazione di colore delle lamine fogliari ed il successivo distacco del picciolo dal ramo.

La defogliazione autunnale, preludio al riposo invernale, deriva essenzialmente dal fenomeno del fotoperiodismo ossia dal progressivo allungamento del periodo notturno dopo il solstizio d’estate. Ogni specie ha delle caratteristiche diverse in relazione alla lunghezza del periodo notturno (lunghezza critica).

Con la defogliazione le piante ottengono inoltre il risultato di liberarsi di una quantità di materiali inutilizzabili: il processo inizia con l’assorbimento da parte della pianta delle sostanze ancora utilizzabili che si trovano al loro interno, trasferendole nelle parti perenni, e si liberano, accumulandole nelle foglie in procinto di cadere, delle sostanze di rifiuto (scorie).

Il distacco avviene per azione meccanica a causa di trasformazioni delle pareti cellulari alla base del picciolo, una vero e proprio strato di separazione, con un processo di “gelificazione” delle pareti mediane delle cellule.

Il tessuto di separazione è uno strato protettore formato per deposito di “suberine” e di gomme sulle pareti delle cellule più esposte, che impedirà l’essiccamento delle cellule interne della pianta e l’accesso di parassiti (funghi).




Sezione trasversale schematica di lamina fogliare. (Es, Ei) epidermide superiore
ed inferiore, (St) stoma, (F) fascio di una nervatura, (M) mesofillo con sistema a
palizzata (P) e lacunoso (Lc)


























Dopo la formazione dello strato di separazione le foglie si staccheranno in funzione delle condizioni atmosferiche; infatti possiamo constatare con facilità che le foglie colorate in autunno durano più o meno a lungo a seconda della presenza di vento e di piogge.

Quanto detto non vale solo per le latifoglie, in cui il fenomeno della colorazione e della successiva caduta è più evidente, ma anche per le sempreverdi. In queste piante le foglie non si staccano in un periodo specifico ma sporadicamente durante tutto l’anno per motivi fisiologici.



 Sezione longitudinale di un ramo. In rosso viene indicato il tessuto di separazione che determina il distacco della foglia;
Picciolo fogliare (Pc); tessuto di separazione (Ts); Midollo (M); Fascio conduttore (Tr)
 

Con l’allungamento dei rami e perciò con la formazione di foglie nuove si instaura una competizione con eliminazione di quelle basali più vecchie e meno resistenti.

Nelle conifere il distacco delle foglie avviene per formazione di un diaframma che taglia ogni comunicazione con il ramo e ne produce appunto il distacco.

La pianta, liberatasi delle foglie, entra in riposo vegetativo, ossia riduce al minimo le sue attività vitali per affrontare il lungo periodo invernale.


Bibliografia
S. Tonzig, E. Marrè – Elementi di botanica.- Casa ed. Ambrosiana. Milano.
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