Speciale itinerari
TREKKING AI PIEDI DEL MONT EMILIUS
di GUIDO ZUBLENA
Architetto, escursionista appassionato.
Il Mont Emilius (3559 m s.l.m.), noto un tempo come Punta di Vallé o come Picco delle Dieci Ore (in contrapposizione alla sorella minore Becca di Nona, detta Picco delle undici ore), per la sua posizione geografica nel cuore della Valle d’Aosta permette di avere una visuale completa su di tutta la cerchia alpina della Valle d’Aosta ed oltre, ed è per questo motivo che è diventato una meta eletta per tanti escursionisti. La prima salita documentata al Mont Emilius è quella di G.B. Defey e di L. Cerise nel 1823 per la cresta Sud, anche se si ipotizza che nel passato anche pastori e cacciatori valligiani abbiano conquistato questa cima. È dal 1839 che il Mont Emilius ha questa denominazione. Secondo alcune ricostruzioni, nel 1839 Emilie Argentier, una giovane di 14 anni, scalò la vetta e in suo onore Georges Carrel propose di ribattezzare questo monte col nome di “Emilius”. La piramide dell’Emilius domina un territorio tra i più ricchi ed incontaminati dal punto di vista naturalistico. Un insieme di valloni solitari, di conche sospese, di laghi dai colori intensi, di cime dai nomi poco conosciuti, di morene, di resti di ghiacciai, che formano una sequenza di ambienti naturali perfettamente integri, dove è possibile, per gli appassionati di natura ed escursionismo, provare l’esperienza di una montagna ancora selvaggia e silenziosa, lontano dall’affollamento degli itinerari più frequentati. L’assenza di strade interpoderali verso le parti alte dei valloni li isola, garantendo la giusta pace ai loro territori. La ricerca di contatto con l’ambiente naturale, il crescente bisogno di libertà e pace, trova nel territorio delle valli nella zona della catena del Mont Emilius, l’ambiente ideale per ritrovare il giusto rapporto tra l’uomo e la natura.
Attorno alla piramide del Mont Emilius, numerosi sono i tracciati e i tour possibili da effettuarsi anche in più giorni. Il trek qui proposto è un itinerario che percorre alcuni dei valloni forse meno frequentati della zona dell’Emilius, ma che permette di entrare in contatto con scenari di insospettabile bellezza in un ambiente unico e solitario, come dimenticato dall’uomo. Il tour è un collegamento escursionistico tra i valloni di Saint-Marcel, del Grauson/Lussert e delle Laures ai piedi dell’imponente parete Est dell’Emilius. Un percorso che si snoda oltre la zona dei boschi, tra laghi, morene, nevai e quello che rimane degli antichi ghiacciai, passando attraverso il colle di I Laghi di Lussert superioriSaint-Marcel, il colle delle Laures e il passaggio aereo del Bonplan. Questo percorso si snoda in una zona raramente frequentata, motivo per cui è possibile scorgere sovente branchi di stambecchi e di camosci, immersi nella tranquillità del loro habitat naturale. Un circuito escursionistico forse meno conosciuto e celebrato, ma con forti valenze paesaggistiche e storico-culturali, alla luce di una valorizzazione anche delle mete alpinistiche meno frequentate per una ridistribuzione e controllodei flussi massicciamente concentratisugli itinerari più celebri.
È questo il territorio che nei secoli passati costituiva la meta preferita per la nobile famiglia walser dei Beck Peccoz per le proprie battute di caccia ai camosci e agli stambecchi. I membri della dinastia baronale dei Beck-Peccoz, in virtù della propria passione per l’attività venatoria, hanno legato il proprio nome alla Valle d’Aosta e al museo etologico concernente la fauna alpina della regione, di cui sono stati i fondatori. Particolarmente degna di memoria è l’opera compiuta da Luigi Beck-Peccoz (1841-1894) per la conservazione degli stambecchi e dei camosci nella Valle, specie nel vallone di Saint-Marcel e delle Laures, dove si passò nel 1867 (con l’istituzione di un’area protetta e vigilata da guardie forestali impegnate contro il bracconaggio) dalla presenza di pochi esemplari di camoscio a oltre mille capi. Il Vallone di Saint-MarcelLa riserva di caccia di Saint-Marcel venne poi venduta il 4 febbraio 1958 alla famiglia Turati che ne acquisì i diritti, trasformandola oggi in Azienda Faunistica Venatoria, per una gestione del patrimonio faunistico più razionale e attenta agli equilibri naturali presenti. Testimonianza di quell’epoca di caccia d’antan ai piedi dell’Emilius rimangono ancora alcuni fabbricati, come l’antica casa di caccia alla Grande Chaux nel vallone di Saint-Marcel e l’attuale bivacco Ernesto Menabreaz sulle sponde del lago inferiore delle Laures, allora casa padronale per la sosta del Barone Peccoz durante le sue battute di caccia, oppure alcuni toponimi legati a quella parte di storia come il Col Peccoz (3042 m), ardito valico di collegamento tra i valloni delle Laures e di Arpisson usato dai numerosi battitori del Barone e in passato attrezzato con infissi in ferro e catene. Dal punto di vista escursionistico l’itinerario di seguito descritto, vista la lunghezza e il territorio molto selvaggio, alcuni tratti aerei esposti, passaggi su terreno infido è consigliato ai soli escursionisti esperti e ben allenati. Il tour può essere suddiviso anche in due giorni con pernottamento al confortevole Bivacco Ménabreaz nel vallone delle Laures. Il trek proposto sfrutta il reticolo dei percorsi, costituito da strade poderali, mulattiere e tracciati pedestri che si sviluppa sul territorio attorno al Mont Emilius, mantenuto efficiente grazie alla cooperazione tra Amministrazione Regionale e gli Enti Locali, con interventi di manutenzione e pulizia, di sicurezza e segnaletica, che vanno verso l’ottica di migliorare la fruibilità di questa rete di percorsi storici sul territorio, tracciati che hanno rivestito un’importanza nella vita dei nostri avi e nello sviluppo soprattutto economico degli stessi paesi.
 
L'Itinerario
Un particolare della segnaletica in corispondenza del bivio per l'Alpe Grand ChauxPartenza: località Vargney (1650 m).
Dislivello positivo: circa 1700 m.
Diffi coltà: EE.
Tempo: dalle 10 alle 12 ore.
Periodo consigliato: da luglio a settembre.
Attrezzatura: normale dotazione escursionistica.
Appoggio: Bivacco Ménabreaz (2546 m).
Percorsa la strada di circa 15 km che risale la collina di Saint-Marcel sino alla frazione delle Druges, si segue la strada sterrata sin dopo l’area attrezzata, dove in località Vargney si lascia l’auto. Si prosegue a piedi lungo la poderale (sentiero n° 15) che si inoltra con saliscendi nel vallone di Saint-Marcel.
Il tracciato nella prima parte costeggia i resti del sito minerario di Servette e poi di Proborna. I giacimenti ferrosi - cupriferi di Servette e manganesiferi di Proborna fanno parte di un complesso minerario già conosciuto e sfruttato intensamente nei secoli passati. In questi ultimi anni l’Amministrazione Comunale ha intrapreso un percorso di rivalutazione dei siti minerari nel loro insieme.
Nel 2009 il Comune di Saint-Marcel ha ottenuto un finanziamento per rendere accessibile, a livello turistico culturale, una parte del sito minerario di Servette e per la valorizzazione dei temi legati alle miniere. Il tutto va collocato all’interno dell’obbiettivo, da parte della Regione Autonoma della Valle d’Aosta, di creare un parco minerario a livello regionale.
Salendo lungo la strada si incontrano gli alpeggi di Proborna, Mulac, Sinsein, Plan Ruvei, Plan d’Emonin e Layet, ormai quasi tutti purtroppo in stato di abbandono e di degrado.
L’appassionato di montagna che oggi si avvia nel Vallone di Saint-Marcel, vedendo così poche malghe abitate non riuscirebbe mai ad immaginarsi che una volta, cinquant’anni fa, i due fianchi della montagna erano completamente sfruttati a pascolo ed ogni costruzione era abitata. Nel periodo estivo vi erano circa 350 capi di bestiame suddivisi in 5 arpó, ognuna gestita da un diverso proprietario d’alpeggio. Con il termine dialettale arpó veniva indicato l’insieme delle mandrie che ogni allevatore affidava al proprietario d’alpeggio durante il periodo estivo.
L'Alpe ChoulecNei pressi della località di Mulac vi è la presenza anche di una baita a servizio dei guardiacaccia e una piccola Cappella Votiva. A monte dei casolari del Layet si costeggia il lago del Layet (2227 m), e, attraverso un passaggio scavato tra le rocce a fianco del torrente, si accede al vasto pianoro della Grande Chaux, bacino molto ricco di acqua. A monte del pianoro si erge la Casa di Caccia omonima (2370 m), maestoso edificio a tre piani, crocevia di quasi tutti gli itinerari della parte alta del vallone di Saint Marcel. L’alto vallone di Saint-Marcel, come detto innanzi, è interamente all’interno dell’Azienda Faunistica Venatoria di proprietà della famiglia Turati. È una valle di grande valore naturalistico e paesaggistico. La fauna è ricchissima con più di 600 camosci e colonie di stambecchi, numerose marmotte e la presenza di alcuni esemplari di aquile reali. Anche la flora si presenta nella sua bellezza con tutte le varietà tipiche della prateria alpina. Il sentiero n° 15 prosegue adesso oltre la Grande Chaux sovrapponendosi al più importante tracciato del sentiero intervallivo n° 102. Attraversato un piccolo rivo di acqua si svolta verso ovest su pendii sostenuti per immettersi nel valloncello che porta per un sentiero detritico al Colle di Saint-Marcel (2916 m). Colle e Passo famoso sin dall’antichità, sicuramente usato dai Salassi per trasferirsi a Saint Marcel dalla Valle di Cogne, si apre quale finestra tra il Mont Vallonet a nord e la Punta Laval a sud. Seguendo il segnavia del sentiero n° 102 si scende ora nel versante di Cogne puntando al lago Corona (2701 m). Da qui il tracciato prosegue inerpicandosi e costeggiando in rapida sequenza i tre splendidi laghi di Lussert, residui dell’estinto Ghiacciaio omonimo. Questi sono collocati su tre ripiani delimitati da contorni morenici e separati da balze rocciose. Il primo lago che si incontra è il lago di Lussert inferiore (2715 m), situato al centro di magri pascoli, poi salendo a ripidi tornanti si raggiunge il lago di Lussert medio (2801 m) e poi, tra
grandi blocchi rocciosi, il lago di Lussert superiore (2906 m) al cospetto del Pic Garin (3461 m). Tutti i tre laghi hanno caratteristiche uniche per colori che vanno dal blu al verde smeraldo, e che ne fanno delle perle incastonate nella natura. Ora, per raggiungere il colle, che è ormai visibile, si risale verso la sella superando alcune ampie fasce di pietraia, intervallate da piccoli tratti di sentiero. A pochi metri dal colle incomincia ad apparire imponente la piramide del Mont Emilius. Il Col des Laures (3035 m) con il suo caratteristico ometto piramide è il passaggio tra la cresta spartiacque tra i valloni del Grauson e delle Laures. Dal valico si può apprezzare un panorama eccezionale sulle alpi Pennine e sulle non lontane cime che circondano il vallone delle Laures (Becca Salé, Petite Roise, Punta Junod, Grande Roise Punta Garzotto e Punta di Leppe). Scendiamo ora nel vallone delle Laures, altro territorio dalla morfologia ondulata, ricco di laghi e luoghi magici. Il primo tratto è molto delicato in quanto si svolge su di un ripido pendio di sfasciumi e tratti di nevai. Lasciato il sentiero intervallivo n° 102, che risale al Col d’Arbolle, si prosegue verso il fondo del vallone con il sentiero n° 4. Questa parte del percorso è molto selvaggio e suggestivo, dove anche il sentiero non risulta sempre di facile lettura. Si giunge al lago d’En Haut (2787 m), splendido invaso con residui di ghiaccio anche stagione inoltrata.
Il rifugio Menabreaz, alle LauresIl sentiero prosegue lungo il torrente e balze rocciose per arrivare ad un pianoro a ridosso della morena dell’estinto ghiacciaio di Leppe, dove troviamo il lago Lungo (2630 m) ai piedi della Grande Roise. Qui il tracciato si ricongiunge con il sentiero n° 3 che scende dal Col di Leppe, collegamento diretto tra i valloni di Saint Marcel e delle Laures. Scendendo ancora si giunge al lago d’En Bas de Laures sulla cui riva si erge il Rifugio Ernesto Ménabreaz (2546 m). Il rifugio è di proprietà comunale che lo ha concesso in affitto ad una associazione privata locale. Il locale di ingresso è sempre aperto e funge da funzionale e confortevole bivacco con 10-12 posti letto. A fianco del rifugio la Regione ha ristrutturato ad uso del Corpo Forestale l’antica “casa dei battitori”, dove una volta soggiornava il personale addetto alle battute di caccia del barone Peccoz. Davanti al rifugio la parete est del Mont Emilius si alza severa e imponente quasi a proteggere l’intero vallone sospeso delle Laures. Si tratta della parete che si affaccia sui resti del ghiacciaio di Blantsette con un salto quasi verticale di oltre 500 metri. I primi salitori furono il 26 giugno 1935 gli alpinisti Giusto Gervasutti e Renato Chabod, i quali, come raccontano le cronache dell’epoca, con quella ascensione persero la corsa alla parete nord delle Grandes Jorasses.
Il nostro tour tra le valli attorno all’Emilius prosegue, dopo la sosta al Bivacco Ménabreaz, imboccando il sentiero n° 6A che, dopo aver transitato accanto ad un oratorio con Madonnina, sale verso est a mezza costa, superando crinali ed impluvi, con tratti esposti sino al costone nord che discende dalla Becca di Salé. La Becca di Salé (3137 m) rappresenta la prima elevazione settentrionale della dorsale rocciosa che divide il Vallone di Saint-Marcel dal Vallone delle Laures.
La punta risulta divisa dalla Petite Roise dal caratteristico e ampio colle denominato “la Sella” o Col di Salé (3025 m). La punta è una piramide a quattro facce ed altrettante creste, dal basso la Becca di Salé ha un aspetto severo, la sua roccia è alquanto frantumata.
La sua cima è panoramica e domina la conca che ospita i laghi delle Laures e gran parte della valle centrale.
Alla fine del tratto esposto il sentiero 6A giunge al valico a quota 2625 m, dove un imponente ometto segnalatore, chiamato “L’ommo di Bonplan”, ci indica che siamo arrivati di nuovo in territorio di Saint-Marcel. In questo tratto di sentiero percorso a mezza costa della Becca di Salé, bisogna prestare molta attenzione soprattutto ad inizio stagione, quando ripide lingue di neve rendono insidioso e pericoloso il transito. Questo percorso, per la sua esposizione, permette un colpo d’occhio eccezionale durante tutto il suo transito alla piana di Aosta e dintorni, creando nell’escursionista la sensazione di essere sospesi in un ambiente carico di mistero con una solitudine e quiete quasi irreale.
Non è casuale, infatti, imbattersi tra le pietraie attraversate in alcuni rari esemplari di pernici bianche che nella stagione estiva presentano il loro piumaggio superiormente bruno con macchie grigie, singole piume bianche e le ali e il ventre bianco. È questa, infatti, la fascia altitudinale preferita e l’habitat prediletto dalle pernici bianche, ossia quelle vallette nivali poco esposte e più fresche, le morene e le praterie di altitudine, dove domina una vegetazione erbacea rasa e discontinua, dove il loro mimetismo le rende un tutt’uno con l’ambiente circostante.
Giunti sul versante di Saint-Marcel (il sentiero prende la numerazione 4G), si inizia la discesa nel largo e ripido pendio erboso della “Raye di Bonplan” che, con numerose e secche svolte, ci porta sino al crinale della Croix di Salé. Qui il tracciato del sentiero scende sino ad innestarsi con la biforcazione per l’alpe del Bonplan (2378 m). Un simpatico proverbio locale ci ricorda l’attaccamento della popolazione agli elementi creati dalla natura e ai riferimenti con i toponimi delle località: “… quand loBonplan betté lou tsapèi, lou berdzi bettélou mantèi!”, cioè quando il crinale del Bonplan mette il cappello, ossia è coperto dalle nuvole, il pastore deve pensare di mettersi il mantello, ossia con molta probabilità pioverà. Ancora oggi gli anziani del paese ci ricordano questi vecchi ma sempre attuali detti popolari.
Proseguendo verso valle si incontrano i resti dell’alpeggio del Salé (2216 m). Anche questi casolari sono ormai divenuti muti testimoni di un passato sempre più lontano, fatto di tanta fatica e sudore. Pietre e travi ormai troppo segnate dal tempo per resistere ancora a lungo; una nevicata particolarmente abbondante, una pioggia più intensa e tutto si può ridurre ad un cumulo di macerie: un pezzo di storia che rischia di svanire per sempre.
Lungo la discesa si passa a ora fianco di una cascata e superato più in basso il torrente si accede ad un crinale che ci porta al caratteristico oratorio a pianta circolare di Arpisson. Da qui il sentiero si sviluppa a mezza costa nel bosco di larici e attraverso piccole discese e tratti in falso-piano, arriva all’impluvio del torrente proveniente da Vauvire. Attraversato il corso d’acqua si giunge ai ruderi dell’alpeggio del Choulec (1824 m) e quindi ai pascoli dell’alpeggio di Proborna, dove si ritrova la strada poderale all’interno della Riserva Turati percorsa all’andata, che ci riporta alla partenza.
Il lungo ed impegnativo tour tra i valloni di Saint-Marcel e delle Laures è così giunto al termine, ma sono sicuro che nell’animo del trekker che lo avrà percorso avrà lasciato una sensazione di appagamento per aver scoperto passo dopo passo, crinale dopo crinale, colle dopo colle, un paesaggio di insospettabile bellezza e valenza paesaggistica, valloni ricchi di laghi, ambienti selvaggi e solitari, sentieri carichi di storia, in una sequenza di conche sospese, quando il panorama si trasforma in una emozione senza tempo.
 
   
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