Monte Cervino
Una sintesi delle vicissitudini che hanno interessato il Castello di Cly, dalla sua origine fino ai lavori di consolidamento e valorizzazione previsti nell’immediato futuro.
CLY: STORIA E RESTAURO DI UN CASTELLO “IN BILICO”
di GABRIELE SARTORIO
Istruttore tecnico, Direzione restauro e valorizzazione, Assessorato istruzione e cultura
A lato, la bassa corte ed il muro di cinta meridionale, oggetto del restauro 2004/2005.Arcigno e solitario su uno sperone roccioso a strapiombo sulla vallata, circondato da una poderosa cinta muraria merlata, sospeso in un’età senza tempo: il Castello di Cly incarna al meglio il concetto che noi uomini del XXI secolo abbiamo del tipico maniero medievale. Per chi si trovi ancora oggi a ripercorrere le orme di eserciti, mercanti e pellegrini attraversando il territorio della valle centrale tra Saint-Denis, Chambave e Verrayes è impossibile non notare la mole imponente e solitaria del castello, che sovrasta e controlla il territorio circostante, sfruttando pienamente la conformazione naturale di un sito che sembra modellato appositamente per rendere inespugnabile la fortezza.
In effetti, seppure mediata da incrostazioni culturali che nella mentalità del turista del XXI secolo falsano irrimediabilmente il concetto di castello medievale, l’immagine del maniero è decisamente fotogenica e, più di altre similari fortificazioni sparse in Valle d’Aosta, ha saputo mantenere un aspetto altero, non interessato da modificazioni ed aggiunte moderne: fatto questo che ci permette oggi di ammirarlo nel pieno del suo sviluppo costruttivo, terminato a metà del XVII secolo, disturbato, o forse arricchito, solo dall’avanzato stato di ruderizzazione nel quale versa.
Ma chi abitava a Cly? Per trovare le radici del castello bisogna fare un salto indietro nel tempo a ben prima del periodo medievale. Le indagini archeologiche condotte dalla Soprintendenza hanno infatti dimostrato che le prime tracce di attività umana sulla rocca risalirebbero ad epoca protostorica (Tarda Età del Bronzo – Prima Età del Ferro), vale a dire ad un periodo all’incirca corrispondente al primo millennio a.C. Questo primo abitato doveva essere costituito da capanne e da recinzioni lignee, un apparato al tempo stesso abitativo e difensivo, noto agli studiosi del periodo sotto il nome tecnico di “castelliere”. I reperti ceramici rinvenuti nel corso delle campagne di scavo, attualmente in fase di studio approfondito, dimostrano non solo l’esistenza di un insediamento piuttosto esteso e di lunga durata, ma anche una notevole qualità del vasellame disponibile, segno della ricchezza culturale e materiale della comunità sociale che qui risiedeva.
Il castello attuale è tuttavia molto più tardo. La prima menzione scritta risale al 1207, anno in cui la cappella castrense (ossia la cappella “privata” del castello), intitolata a San Maurizio, viene citata tra le dipendenze dirette della Prevostura di Saint-Gilles di Verrès, il tutto quasi trent’anni prima della comparsa sulla scena politica del primo dei Signori di Challant- Cly, Bosone IV, avvenuta nel 1232. Le indagini scientifiche eseguite dalla Soprintendenza hanno aiutato a retrodatare ulteriormente la prima fase di incastellamento. In particolare le analisi dendrocronologiche sui campioni lignei conservati nelle murature superstiti hanno restituito date che vanno dal 1027 al 1287 (in particolare 1027 per la torre del donjon, quella che svetta al centro della rocca, e 1076 per la cappella castrense, intitolata a San Maurizio), dimostrando come la nascita dell’attuale struttura fortificata sia da far risalire almeno all’XI secolo, in linea non solo con altre strutture similari esistenti in Valle d’Aosta (come Graines a Brusson o Châtel-Argent a Villeneuve), ma anche con quelle in territori confinanti come il Piemonte e l’Alta Savoia. In questa fase il castello doveva essere più piccolo di quanto appaia ora, riducendosi probabilmente ad una sola cinta difensiva, forse in parte ancora lignea, comprendente al proprio interno la cappella castrense, il torrione quadrangolare ed il nucleo più antico degli edifici residenziali signorili.
Dopo la sconfitta militare subita ad opera dei Savoia da parte dell’ultimo erede della dinastia degli Challant- Cly, Pierre II, nel 1376 tutti i beni della signoria, castello compreso, passarono in mano alla stessa casa sabauda e, divenuta sede di castellania fino al 1550, la rocca venne in seguito infeudata al capitano spagnolo Cristoforo Morales, e quindi nel 1562 a Giovanni Fabri, segretario di Stato del duca Emanuele Filiberto. In generale questi sono i secoli che videro il castello ingrandirsi fino alle sue forme attuali, mediante l’aggiunta di grandi edifici di carattere prevalentemente residenziale e l’allargamento della cinta muraria verso occidente, ad inglobare l’ampia area aperta oggi utilizzata dal comune di Saint- Denis per rievocazioni di carattere storico.
Il declino vero e proprio della struttura è invece da collocarsi, come già accennato, a partire dal XVII secolo: passato nelle mani della famiglia Roncas, il castello divenne cava di materiale a cielo aperto, per venire in seguito abbandonato ad un lento ed inesorabile declino perdurato senza interruzioni fino all’ultimo ventennio del XX secolo.
L’immagine storicizzata del Castello di Cly è tuttavia un bene a rischio. Priva delle basilari e fondamentali opere manutentive nel corso degli ultimi 400 anni della sua storia, la rocca era scivolata in un deplorevole stato di abbandono che ne minava la stessa sopravvivenza. Di qui la decisione dell’Amministrazione Regionale in accordo con il comune di Saint-Denis (proprietario del bene) e della Soprintendenza, deputata alla tutela e salvaguardia del sito, di iniziare una campagna di studio e messa in sicurezza; tale iniziativa, concretizzatasi nel 1987 con l’allestimento di un cantiere finanziato con fondi CEE, ha condotto ad un restauro delle strutture archeologiche connotato da una spiccata valenza didattica con approccio interdisciplinare. Il cantiere-laboratorio ha affrontato problematiche di ampio respiro, mirando non solo alla restituzione del bene alla collettività nella sua integrità strutturale, ma proponendosi anche come sede feconda di dibattito metodologico: in quell’occasione infatti i materiali utilizzati per le riprese dei muri e la salvaguardia degli intonaci (in particolare quelli all’interno della cappella) furono il risultato della conoscenza acquisita attraverso analisi specifiche condotte sulle strutture conservate.
L’importanza del sito e la qualità dei risultati ottenuti nel corso di questa prima esperienza convinsero le amministrazioni deputate a sviluppare un vero e proprio programma di ricerca e manutenzione straordinaria del castello iniziato nel 2003. Tra il 2003 ed il 2007 una campagna di indagini stratigrafiche condotte all’interno di alcuni ambienti della seconda cinta muraria, in particolare nei vani posti a settentrione del donjon, ha permesso di ricavare importanti informazioni sull’evoluzione complessiva del maniero, dimostrando come ricerche di questo genere in siti simili siano assolutamente fondamentali alla comprensione dei monumenti stessi ed in ultima analisi anche alla loro valorizzazione.
Gli ambienti settentrionali oggetto di scavo archeologico.Parallelamente allo scavo archeologico è stata condotta un’attività di monitoraggio dello stato di salute delle strutture in elevato, sfociata nella suddivisione in zone dell’intero complesso, numerate a seconda della pericolosità di perdita del bene in mancanza di un intervento urgente. In questo modo si è individuato il problema della porzione meridionale della cinta, quella aggettante a valle e visibile dalla statale odierna, affetta da un indebolimento delle fondazioni che minacciava di farla crollare. Nel corso della campagna del 2004/2005 si è quindi concentrato l’intervento sulla messa in sicurezza di tutto questo tratto di cortina, dapprima mediante il tiraggio di cavi in acciaio ancoranti la struttura (già esistenti ma ormai privi di efficacia), e quindi realizzando una robusta cassaforma lignea di contenimento a valle, propedeutica al consolidamento della muratura mediante l’iniezione di malte e l’inserimento di barre in acciaio a sostegno del piede di fondazione del muro.
Esauritosi questo ciclo di prime operazioni di studio e messa in sicurezza nel 2007, la Soprintendenza si prepara quest’anno a riprendere nuovamente in mano il monumento per nuove manutenzioni straordinarie che dovranno coinvolgere le porzioni del monumento a maggiore rischio di crollo. Gli interventi, previsti per l’estate del 2011 e quella del 2012, avranno come fine quello di permettere un’accessibilità più sicura al castello, senza prescindere dai dettami in fatto di corretto restauro elaborati nel 1987 ed ancora oggi validi. Le operazioni del 2011, che si concentreranno principalmente nel settore nord-orientale ed in quello meridionale delle strutture castellane, sono state precedute inoltre da uno studio approfondito dei materiali archeologici emersi nelle campagne dal 1987 al 2007, i cui risultati, ancora in fase di elaborazione, aiuteranno a comprendere meglio una storia, quella del Castello di Cly, che ha ancora molto da raccontare.
   
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