2002: ANNO DELLA MONTAGNA
Vivere di montagna può essere difficile, soprattutto se al problema della stagionalità del lavoro si aggiunge la necessità di ricorrere a strategie sempre nuove per rimanere concorrenziali nel mercato del turismo.
MESTIERI DELLA MONTAGNA, TRA INNOVAZIONE E TRADIZIONE
di Matteo Giglio e Nadia Gozzi
Sci alpinismo sul Mera Peak in Nepal.La Valle d'Aosta è sempre una meta affascinante per il turista appassionato di montagna, dall'esperto alpinista che desidera cimentarsi in nuove imprese, all'escursionista interessato all'osservazione della natura circostante, all'amante della cucina tipica. Molti di loro hanno però cominciato ad esprimere l'esigenza di un'offerta che vada al di là della semplice ristorazione o della visita guidata alle particolarità naturali e culturali della Regione ed alcuni, forti dell'esperienza di vacanze trascorse in altre regioni italiane o in altri paesi, valutano il rapporto qualità-varietà-prezzo dei servizi offerti.
Ecco perché alcuni, fra coloro che lavorano in questo settore, cercano di adeguarsi alle richieste e, per poter vivere del loro mestiere di montagna organizzano attività sempre più articolate per attirare il turista, combinando, ad esempio, l'insegnamento di tecniche sportive alle attività di animazione.

Sentiamo l'esperienza di due guide alpine: Corrado Gontier, 35 anni di Brissogne, e Giorgio Bredy, 35 anni di Nus.
Come hai iniziato la professione di guida alpina e con quali motivazioni?

Corrado Gontier.
Sono diventato aspirante guida nel 1996 ed ho iniziato part-time, vale a dire che alternavo l'attività in montagna con la libera professione da geometra, che ho svolto per circa dodici anni. Dopo due anni di sperimentazione, mi sono reso conto che riuscivo a lavorare dignitosamente come guida alpina pertanto ho deciso di dedicargli tutto il mio tempo.
Volevo coronare uno dei miei sogni, di svolgere cioè una professione all'aria aperta e in montagna che mi permettesse di fare nuove conoscenze e che mi portasse ad allargare i miei orizzonti; a questo proposito infatti vorrei precisare che non lavoro solo in Valle d'Aosta ma su tutto l'arco alpino e anche all'estero.

Giorgio Bredy.
Pochi mesi dopo la conclusione del corso ho lasciato il lavoro da dipendente per provare a far diventare il mestiere di guida alpina l'occupazione principale. All'inizio non era facile farsi conoscere e trovare clienti, dunque ho continuato per un periodo a fare quello che avevo sempre fatto: il falegname. Poi negli anni successivi ho iniziato ad alternare le giornate da guida con lavori di sentieristica, disgaggi, chiodatura di falesie (attrezzatura di pareti naturali con chiodi fissi per la pratica dell'arrampicata sportiva, n.d.r.) e simili. L'obbiettivo di vivere facendo esclusivamente la guida alpina in maniera tradizionale si è rilevato per me un po' difficile da raggiungere anche e soprattutto per eventi particolari in cui sono stato coinvolto. Attualmente l'accompagnamento di clienti in montagna mi occupa la metà del tempo lavorativo. Posso dire che riesco ad organizzarmi molto bene per ritagliarmi anche tempo da dedicare a quello che più mi piace: arrampicare e andare in montagna!

Il lavoro di guida alpina ha uno spettro d'azione molto ampio. In quale ambito sei maggiormente attivo?

Corrado Gontier.
Riesco a lavorare durante tutte le stagioni, accompagnando clienti in montagna. Faccio parte di un gruppo di otto guide alpine denominato Esprit montagne e coordinato da Abele Blanc. Nella stagione invernale, l'attività principale è lo sci fuoripista, praticato in modo classico con gli impianti di risalita oppure con l'elicottero (eliski). Molto lavoro viene anche dalle cascate di ghiaccio, richieste principalmente nei mesi di gennaio e febbraio. In primavera invece mi dedico allo scialpinismo, compiendo anche lunghi raid con pernottamento in rifugio. Nei mesi di maggio e giugno poi organizziamo in collaborazione con la Regione Autonoma Valle d'Aosta corsi di introduzione all'arrampicata per i ragazzi delle scuole.
L'estate è la stagione dei trekking in quota e delle grandi salite in alta montagna, vie di roccia e misto nei gruppi del Monte Bianco, del Gran Paradiso e del Monte Rosa, con qualche puntata all'estero. Personalmente ho cercato di organizzare le mie uscite con una durata da tre a sei giorni: così facendo imposto uno stretto rapporto con i clienti e riesco a gestire meglio le condizioni atmosferiche, con un'offerta altamente flessibile altrimenti impossibile con un'uscita di una giornata sola.
Sempre durante l'estate organizzo in collaborazione con Ivana Grimod, accompagnatrice della natura, soggiorni in rifugio per ragazzi. Si tratta di un interessante connubio tra professionisti della montagna: Ivana si occupa della parte naturalistica con osservazioni di flora e fauna, io invece di quella più tecnica con arrampicata e giochi acrobatici.

Giorgio Bredy.
Oltre alle attività classiche che si svolgono con i clienti, ci sono molte altre cose che servono a riempire quei mesi che di solito sono poveri di opportunità in montagna, ad esempio i lavori acrobatici. I più frequenti sono la tracciatura di sentieri, la chiodatura di falesie per l'arrampicata libera, i disgaggi, la posa di reti metalliche, i lavori di manutenzione e pulizia dei bivacchi (come nell'estate passata per il progetto Mon bivouac, patrocinato dall'Assessorato al Territorio, Ambiente e Opere Pubbliche). Si fanno però molte altre cose come assistenza a raid di sopravvivenza, potatura di alberi ad alto fusto, lavori di manutenzione su strutture metropolitane come grattaceli o chiese. Non bisogna inoltre dimenticare che le guide alpine sono una delle principali componenti del Soccorso Alpino Valdostano. Come si vede non mancano le opportunità, pur rimanendo complicato organizzarsi il lavoro in maniera continuativa.

Quanto conta il progresso tecnologico in un mestiere così antico?

Corrado Gontier.
L'evoluzione ed il miglioramento del materiale tecnico non può che aver influito positivamente sulla pratica dell'alpinismo in termini di sicurezza. Le guide alpine dispongono così di un'attrezzatura più evoluta e con maggiori garanzie sia personali sia per la clientela.
Inoltre, alcune salite come le goulottes (vie di ghiaccio in alta quota lungo stretti ed effimeri colatoi, n.d.r.) e le pareti nord presentano condizioni ottimali solo nella stagione invernale; fino a qualche anno addietro l'alpinismo invernale era appannaggio solo di pochi eletti, ora invece sul mercato troviamo abbigliamento e attrezzatura molto resistente, che consente un utilizzo nelle più avverse situazioni. Bisogna però fare attenzione a non banalizzare la montagna: oltre al materiale occorre comunque saper valutare attentamente le condizioni e saper rinunciare quando necessario. Lo stesso discorso vale anche per la telefonia mobile e il GPS (strumento di localizzazione satellitare). È vero che attualmente è possibile chiamare il soccorso quasi ovunque ed è possibile muoversi nella nebbia senza punti di riferimento, ma ciò non vuol dire che possiamo intraprendere ascensioni al di sopra della nostra portata!

Giorgio Bredy.
Negli ultimi decenni anche la guida alpina ha risentito degli enormi sviluppi tecnologici; strumenti che sino a pochi anni fa sembravano riservati a pochi sono diventati ora di pubblico dominio e addirittura indispensabili per la professione. Alcuni esempi: il cellulare, la posta elettronica, il sito internet, il GPS, solo per citare i più diffusi. È quindi evidente che ci si è dovuti aggiornare ed imparare ad usare al meglio quello che offre la tecnologia. Molti di questi strumenti non sono indispensabili, ma da un utilizzo intelligente si possono trarre enormi benefici. Attraverso un bel sito ci si può creare un buon bacino di clienti, oppure in determinate condizioni senza il GPS sarebbe impensabile muoversi in montagna. Ciò che però è più utile e che nessuna tecnologia riuscirà mai a dare è la passione per questo mestiere e per la montagna. In un lavoro che si basa sul rapporto umano, la dedizione viene sempre ricompensata e la fiducia reciproca che spesso si instaura con il cliente è di per sé sufficiente a dire che questa è la professione più bella del mondo.

Molte guide alpine svolgono anche una seconda professione. È possibile secondo te vivere facendo solo la guida alpina, tenendo in considerazione le difficoltà e i rischi che si incontrano?

Corrado Gontier.
Svolgo la professione di guida alpina a tempo pieno ormai da tre anni e riesco a vivere dignitosamente. Secondo me, la strada per riuscire a lavorare bene solo di montagna è quella di organizzarsi insieme ad altre guide, come ho fatto con il gruppo Esprit montagne: l'unione, si sa, fa la forza e consente di contenere le spese di gestione. Non nascondo che occorre un po' di fortuna per indovinare le strategie giuste; sicuramente bisogna essere aperti a qualsiasi tipo di esperienza, con un occhio anche a quello che succede fuori dalla Valle d'Aosta e all'estero. È indicativo, a questo proposito, il fatto che la maggior parte della mia clientela attualmente sia straniera, principalmente si tratta di olandesi, francesi e tedeschi.
I rischi sulla professione? Esistono e bisogna tenerne conto. Paradossalmente, l'attività che dà più lavoro - lo sci fuoripista - è quella che presenta pericoli oggettivi maggiori. Bisogna fare i conti con le valanghe, che teniamo costantemente sotto controllo con ricognizioni in elicottero e direttamente sul terreno prima di condurre i clienti.

Giorgio Bredy.
È una domanda che spesso mi rivolgono anche i miei clienti e che necessita alcuni chiarimenti. Vi è una grande differenza tra possedere il titolo di guida alpina e svolgere effettivamente la professione. Secondo me la guida dovrebbe lavorare principalmente con le attività sportive della montagna come l'alpinismo, l'arrampicata, lo sci, il trekking, il canyoning, ecc... Magari svolgendole altrove, organizzando viaggi e spedizioni. Molti di noi svolgono questa professione part-time o addirittura come completamento dell'occupazione principale. Per intenderci: è diverso vivere del lavoro che si riesce a costruire con i clienti durante tutto l'anno oppure fare con gli stessi dieci salite classiche nel periodo estivo. Alle difficoltà organizzative si devono aggiungere il rischio che la professione comporta (la prolungata esposizione ai pericoli oggettivi aumenta il fattore rischio), la precarietà del lavoro che spesso è legato alle condizioni meteorologiche e il fatto che la guida alpina è un mestiere altamente usurante anche se non riconosciuto come tale. Tutto ciò per dire che fare la guida alpina è molto difficile, anche se estremamente gratificante.

Ecco ora le considerazioni emerse durante l'incontro con altre due persone che hanno iniziato a lavorare in montagna come maestri di sci.
Si tratta di Ivana Cavagnet, 39 anni, residente a Cogne, maestra di sci nordico e accompagnatrice della natura e di Marco Rosolen, 45 anni, residente ad Aosta, maestro di sci alpino ed accompagnatore della natura.

Quando hai iniziato la professione e con quali motivazioni?

Ivana Cavagnet.
Ho iniziato a sciare da piccola, dedicandomi già allora di più allo sci di fondo che a quello di discesa.
La profonda passione che ho sempre nutrito per questo sport ha fatto sì che, nell'81, mi iscrivessi al corso per maestri di sci nordico e conseguissi il brevetto. Cominciai ad esercitare la professione, e lo faccio tuttora, attraverso la scuola di sci di Cogne.

Marco Rosolen.
Lavoro come maestro di sci da quando avevo 24 anni e come accompagnatore della natura dal 1996, spinto in entrambi i casi da un profondo amore per la montagna e per le sue stagioni, per la neve e per i colori dell'autunno, per il paesaggio e per i piccoli segreti celati in ogni anfratto della natura e in ogni angolo di vita di villaggio.
Ho sempre lavorato da solo, senza appoggiarmi alle scuole di sci, perché mi sembra un modo impersonale di trattare con il cliente: un'ora un gruppo, l'ora dopo l'altro, secondo una scaletta concordata con la scuola in modo da consentire, giustamente, a tutti i maestri di lavorare. Preferisco instaurare un rapporto più stretto con il cliente, che vada al di là della lezione di sci. Non sono un agonista per indole: l'obiettivo che cerco di perseguire nel mio lavoro di maestro di sci non è quello di creare dei campioni, ma quello di insegnare uno sport trasmettendo anche il mio amore per la neve e per tutto quello che c'è intorno, e creando un legame più forte con il cliente che magari l'anno dopo torna a cercarmi anche per il gusto di farsi una bella chiacchierata e di approfondire le sue conoscenze sulla tecnica, ma anche sulle piccole curiosità della nostra Valle.


Molti maestri di sci svolgono anche una seconda professione. Nel tuo caso, quali sono i motivi di questa scelta?

Ivana Cavagnet.
La ragione per cui praticamente tutti coloro che svolgono la professione di maestro di sci scelgono di avere anche un secondo lavoro è di natura economica. Infatti, è praticamente impossibile riuscire a guadagnarsi da vivere soltanto con questo lavoro, perché oramai la concorrenza è troppa e l'offerta supera largamente la domanda di questo servizio. Senza contare che si tratta comunque di un lavoro stagionale cui ci si può dedicare soltanto per circa 4-5 mesi all'anno, da dicembre a marzo inoltrato.
Anch'io ho dovuto perciò pensare di trovare un'occupazione anche per i restanti mesi dell'anno e ho potuto scegliere di dedicarmi ad un'altra delle mie passioni, che è l'amore per la natura in montagna. Con il mio bagaglio di conoscenze sulla flora alpina, avevo cominciato ad accompagnare i turisti nel Parco con un gruppo di Guide della Natura.
Nel 1996 mi iscrissi al Corso da Accompagnatori della Natura e, superato l'esame finale, continuai, con la nuova qualifica, a svolgere questa seconda attività che consiste nel condurre gruppi di turisti o bambini delle scuole a passeggio lungo i sentieri, facendo loro osservare il paesaggio che li circonda e la flora o la fauna che caratterizzano l'ambiente attraversato.

Marco Rosolen.
Non cambierei il mio mestiere se non per ragioni economiche: infatti, nonostante le due attività, è veramente dura riuscire a guadagnarsi da vivere. Diventa sempre più importante cercare delle nuove strategie che consentano di svolgere la professione e, al contempo, di offrire al turista sempre più esigente un servizio più ricco e più vario.
Per riuscire a continuare ad esercitare la mia professione con maggiori gratificazioni personali ed economiche, quattro anni fa ho acquistato un pullman da 9 posti, ho ottenuto la licenza da conducente ed organizzo, appoggiandomi ad un tour operator situato nel capoluogo, ski-tours in inverno e trekking in estate in giro per la Valle d'Aosta , ma anche in Francia e Svizzera, ogni giorno in una località diversa.
Quest'attività si concilia bene con il mio desiderio di offrire ai turisti, che sono in maggioranza stranieri, perlopiù giapponesi, un pacchetto che comprenda l'insegnamento della tecnica di sci e, soprattutto, la conoscenza non solo delle località turistiche più frequentate, ma anche degli angoli meno conosciuti della nostra Regione, delle sue particolarità e segreti che solo un locale può conoscere.
Per ora gestisco da solo, per scarsità di lavoro, quest'attività e devo dire che non è facile muoversi in maniera diversa nel mercato del turismo, perché spesso le amministrazioni e anche gli albergatori non sono pronti a collaborare e a muoversi su terreni nuovi e diversi da quelli in cui sono abituati ad operare. Ci sono diffidenza e mancanza di collaborazione fra gli attori locali e al tempo stesso richieste di soluzioni sempre nuove da parte soprattutto di quei turisti che girano il mondo e confrontano i servizi che le varie regioni possono offrire loro.

Ci sono conflitti dovuti all'intersezione tra ambiti di lavoro nei mestieri di montagna, ad esempio fra il mestiere di accompagnatore della natura e quello di educatore ambientale o fra la professione di maestro di sci e quella di guida alpina?

Ivana Cavagnet e Marco Rosolen.
Per loro natura queste professioni agiscono in ambiti molto diversi o dal punto di vista territoriale o da quello tecnico. Ad esempio, un maestro di sci lavora sulle piste e cerca di far acquisire al proprio cliente una tecnica sportiva sufficiente a far praticare lo sport scelto divertendosi, e in sicurezza e tranquillità, mentre la guida alpina lavora in ambienti più estremi e viene richiesta da una clientela che, ad esempio, è già abbastanza padrona della tecnica sportiva dello sci, ma non conosce a sufficienza le caratteristiche della neve o il tracciato per potersi avventurare da sola. Piuttosto, c'è un po' di perplessità da parte nostra nei confronti di chiunque si senta autorizzato ad insegnare il nostro sport, pur senza avere la qualifica per farlo. Infatti, insegnare a sciare richiede non solo una specifica professionalità, ma anche capacità di educare ad un corretto comportamento sulle piste e di far acquisire un buon grado di sicurezza nella pratica di questa disciplina.

Quanto ai mestieri di accompagnatore della natura ed educatore ambientale, non abbiamo personalmente mai avuto conflitti, né sappiamo di persone che ne abbiano avuti, anche perché come accompagnatori noi lavoriamo non solo con le scuole, ma anche e soprattutto in estate con i turisti adulti.

   
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