VERTA VALLAYE
Pollini e spore, per le loro caratteristiche di resistenza e le grandi quantità in cui sono prodotti, sono preziosi testimoni della vegetazione del passato e di alcuni aspetti della copertura vegetale attuale.
SPORE E POLLINI: TRACCE VEGETALI
di Mariangela Guido e Carlo Montanari
Polline di specie in grado di indurre allergie respiratorie in soggetti sensibili. Il campionamento è stato eseguito al livello del suolo (cuscinetti di muschio usati come trappole naturali) in 4 punti diversi della città di Aosta. Benché la quantità sia complessivamente elevata (più del 90% dei granuli identificati), tuttavia il polline con forti capacità allergeniche supera di poco il 30%.Il polline e le spore sono parti riproduttive del ciclo vitale rispettivamente delle piante a semi (Spermatofite, Fanerogame) e di piante più primitive (Felci, Muschi, Alghe, Funghi: Crittogame). Il polline è prodotto dalle piante a fiori per trasportare le cellule sessuali (gameti) maschili, fino al gamete femminile, in modo da permetterne la fecondazione: attraverso l'impollinazione si ha quindi la formazione del seme, che assicura la diffusione e conservazione della specie. Nelle Crittogame, funzioni analoghe sono svolte dalle spore.
Polline e spore sono di dimensioni microscopiche (per lo più qualche decina di micron: 1 micron = 1/1000 di mm) e vengono prodotti in gran quantità, specialmente se la loro dispersione è anemofila, cioè affidata al trasporto del vento, cosicché solo una minima parte raggiunge casualmente l'obiettivo. La parete esterna dei granuli è estremamente resistente, per garantire la sopravvivenza delle strutture riproduttive. Queste due caratteristiche, insieme ad altre, permettono di sfruttare granuli pollinici e spore come tracce indirette della presenza vegetale in ambiti di spazio e di tempo molto diversi: al di là della loro funzione primaria riproduttiva perciò, queste strutture vegetali possono diventare per noi preziosi testimoni sia di flora e vegetazione del passato, sia di aspetti particolari della copertura vegetale attuale.
Gli studi che riguardano polline e spore prendono il nome di palinologia, ed hanno ambiti di applicazione anche molto diversi.
Alcuni di questi sono poco conosciuti al di fuori di una ristretta cerchia di specialisti. Qui ci proponiamo di illustrare brevemente la possibilità di sfruttare polline e spore, prodotti in sovrannumero e che non sono serviti a scopi riproduttivi, come indicatori della copertura vegetale. Naturalmente, queste tracce microscopiche sono tanto più importanti quanto più andiamo indietro nel tempo, perché spesso sono le uniche testimonianze dell'assetto ambientale del passato. Tuttavia, esse rappresentano un utilissimo complemento anche per periodi recenti, per i quali esiste una ricca documentazione storica (testi, cartografia storica); questa, infatti, può fornire informazioni su molti aspetti dell'ambiente vegetale (specie presenti, tipi di vegetazione, coltivazioni, ecc.), ma tace su altri che riguardano la paleoecologia, le pratiche tradizionali di uso delle risorse vegetali, l'introduzione di specie esotiche, la scomparsa di specie spontanee, ecc. Possiamo dunque dire che l'unico vero limite per le applicazioni in campo paleopalinologico è la presenza di granuli identificabili. È vero però che anche la quantità di polline ha la sua importanza: per ricostruzioni paleovegetazionali attendibili, è infatti necessario riconoscere diverse centinaia di granuli pollinici per campione, mentre per constatare la probabile presenza di una specie può bastare un granulo.
Presupposto perché si possano sfruttare come bioindicatori è che i granuli si conservino, evento che è inversamente proporzionale alla attività di biodegradazione svolta soprattutto da batteri e funghi; per questo, gli ambienti poveri di ossigeno ed acidi (es. fanghi lacustri e palustri, torbiere, suoli acidi, ecc.) sono quelli in cui la parete esterna di granuli pollinici e spore si conserva più a lungo. Questa funzione di archivi biologici, svolta da sedimenti di varia natura ed età, è un aspetto forse poco conosciuto e spesso sottovalutato che andrebbe sempre preso in considerazione ogni volta che si decide di modificare l'assetto territoriale, anche se si tratta di superfici di pochi metri quadrati: depositi di laghi e torbiere hanno conservato in molti casi testimonianze della vegetazione risalenti anche a molte migliaia di anni fa, aiutandoci così a tracciare delle linee di lungo periodo dei mutamenti climatici ed ambientali del nostro pianeta.
Un'altra caratteristica fondamentale è la grande variabilità della morfologia pollinica: questo rende possibile identificare granuli di famiglie, generi e spesso anche di specie diverse. I granuli pollinici hanno una notevole varietà di dimensioni e forme, sono dispersi singolarmente o a gruppi di 2, 4, o molti, e sono dotati di una resistentissima parete esterna (esina), per lo più caratterizzata da aperture germinative (solchi, pori) di forma, numero e combinazione variabile. L'insieme dei caratteri morfologici costituisce la base per l'identificazione che, date le piccole dimensioni, viene condotta al microscopio.
Una volta che si dispone dei dati dell'analisi pollinica, questi possono essere espressi come valori di presenza percentuale per ogni tipo, ottenendo il cosiddetto spettro pollinico. Questo si può considerare come una fotografia piuttosto sfocata, che non può essere semplicemente letta ma va piuttosto interpretata alla luce di un ampio bagaglio di conoscenze: i meccanismi e le caratteristiche di produzione, dispersione e conservazione del polline variano infatti anche molto da specie a specie e influenzano pesantemente la traccia pollinica della vegetazione. Se si affiancano più spettri pollinici, per es. in senso stratigrafico o cronologico, si realizza un diagramma pollinico che potremmo paragonare ad un filmato che ci mostra l'evoluzione della vegetazione nel tempo, dove i campioni analizzati rappresentano i singoli fotogrammi.
Gli spettri e i diagrammi pollinici possono poi essere affiancati da una serie di altri dati utili quali la profondità e la natura dei sedimenti, le loro caratteristiche chimico-fisiche, la presenza e quantità di granuli non identificati e di altri resti biologici (alghe, muschi, funghi, artropodi, uova, microcarboni, ecc.). Tutte queste indicazioni, confrontate tra loro, aiutano a mettere a fuoco l'immagine paleoambientale. Di particolare interesse sono le tracce polliniche dell'attività dell'uomo: tra le principali si possono citare l'azione di disboscamento (diminuzione del polline di specie arboree rispetto a quello delle erbacee), l'incendio (presenza di microcarboni), il pascolo e l'allevamento (presenza di pollini di specie tipiche dei campi, dei prati, dei sentieri, dei suoli concimati, ecc.), le coltivazioni (pollini di specie coltivate e delle infestanti delle colture).
Le difficoltà di interpretazione dei paleospettri hanno stimolato un'ampia gamma di studi actuopalinologici volti a chiarire i rapporti esistenti tra flora/vegetazione e le loro tracce polliniche: si tratta, in sintesi, di studiare campioni recenti di sedimentazione pollinica e confrontarli con la copertura vegetale dei dintorni. In questo modo si può definire una immagine pollinica di ciascun tipo di vegetazione, così da poterla identificare nei paleospettri. Si riescono a stabilire valori soglia che segnalano la presenza locale, nei dintorni o in un ambito regionale di una specie particolare o di una comunità vegetale.
Con l'aiuto di questi studi di tipo sperimentale, applicati con criterio attualistico alla lettura di paleospettri, si può migliorare la messa a fuoco dell'immagine pollinica e le ricostruzioni paleoambientali assumono contorni più precisi.
Gli studi actuopalinologici trovano applicazione di grande interesse e attualità anche in campo medico, in relazione al fatto che il polline nell'aria può causare allergie in soggetti sensibili. Il rilevamento giornaliero per mezzo di campionatori automatici permette di registrare la presenza e la quantità dei diversi tipi di polline, a seconda dei periodi di fioritura: vengono così compilati dei calendari pollinici, sulla base dei quali si possono fare anche previsioni della carica pollinica dell'atmosfera nelle diverse stagioni e mettere in atto gli accorgimenti utili per prevenire le allergie. Quando, invece, interessi avere indicazioni puntuali (rinunciando all'informazione periodica ma globale), si può studiare la deposizione pollinica media degli ultimi anni in siti di particolare interesse (vedi diagramma specie allergeniche ad Aosta).
   
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