LA TERRA COME TERMOMETRO
I SEGNALI DEL CAMBIAMENTO
tratto dal volume CAMBIAMENTI CLIMATICI IN VALLE D’AOSTA
Indice standardizzato di anomalia (SAI) delle temperature annuali in Valle d’Aosta, calcolato dal 1818 al 2005. Si tenga presente che l’indice è stato calcolato sulla sola stazione del Gran San Bernardo dal 1818 al 1839, cui si è aggiunta quella di Aosta dal 1840, e solo dagli Anni 1920 il numero di stazioni considerate aumenta. Il 2003 è stato l’anno più caldo, il 1860 il più fresco.La temperatura è il parametro climatico che più direttamente mostra le prime evidenze del cambiamento del clima anche in Valle d’Aosta. Mentre gli effetti sulle precipitazioni non sono ancora chiaramente distinguibili dalla naturale variabilità climatica, l’aumento significativo delle temperature nel corso del XX secolo, specialmente dalla metà degli Anni 1980, è ben testimoniato dalle registrazioni strumentali, ed è peraltro confermato dall’evolu-zione di importanti indicatori naturali come i ghiacciai, pressoché ovunque in forte regresso da circa 150 anni. Durante il XX secolo le temperature globali sono cresciute di 0.6÷0.7 °C, ma con differenze tra una regione e l’altra del globo. Sulle Alpi l’incremento è stato di molto superiore, con +1.1 °C dal 1890, come riportato da BÖHM & al. (2001) e da BRUNETTI & al. (2006). Anche la vicina Svizzera ha sperimentato un riscaldamento nettamente più consistente della media globale nel XX secolo: +1.0 °C nel Canton Ticino, +1.3°C sui cantoni nord-orientali e ben +1.6 °C in quelli occidentali. Questo comportamento particolare sulla regione alpina potrebbe spiegarsi in parte con la retroazione positiva indotta dalla minore permanenza della neve (minore albedo, maggiore assorbimento di radiazione solare), e dalla sovrapposizione di altre fluttuazioni climatiche come la NAO, e d’altra parte sarebbe in linea con il maggiore riscaldamento previsto nelle zone interne e fredde dei continenti (IPCC, 2001, in AA.VV., 2002).
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Indice standardizzato di anomalia (SAI) delle temperature medie invernali in Valle d’Aosta, calcolato dal 1818 al 2005. La variabilità interannuale è forte, ma si nota una tendenza al riscaldamento, con inverni miti più frequenti nella seconda metà del XX secolo.Grazie alla disponibilità di lunghe serie storiche di misura in Valle d’Aosta, è stato possibile elaborare l’indice regionale di anomalia (SAI = Standardized Anomaly Index) delle temperature medie (annuale e stagionale) per il periodo dal 1818 al 2005. Si tenga presente però che fino al 1839 era attivo soltanto l’osservatorio del Gran San Bernardo, cui si aggiunse quello di Aosta nel 1840, e soltanto dal 1925 il numero di stazioni termometriche disponibili cresce fino a portarsi intorno alle 10-15 unità nell’ultimo trentennio del XX secolo. L’esame condotto sulle temperature medie annuali di tutte le serie disponibili evidenzia una lunga fase fredda dal 1818 al 1920 circa, con ricorrenti e accentuate anomalie negative rispetto alla media del trentennio di riferimento 1971-2000. In seguito, gli anni più freddi divengono meno frequenti, e si alternano a sequenze di anni più caldi del normale. L’eccesso termico del periodo 1943-1950, con un picco positivo nel 1949, è comune a molte serie termometriche sia regionali sia europee, ed è particolarmente evidente tra Valle d’Aosta e alto Piemonte. Una nuova fase più fresca si rileva nel periodo 1968-1980, poi dalla metà degli Anni 1980 ha inizio una marcata tendenza al riscaldamento, tuttora in corso, la più importante nel periodo qui considerato. Oltre agli anni — già assai caldi — di metà XX secolo (1947 e 1948), particolarmente anomali risultano il 1989, 1994 e tutto il periodo 2002-2005; il 2003 é stato l’anno complessivamente più caldo in Valle d’Aosta. Inoltre, nel decennio 1996-2005, solo il 1996 è risultato più fresco del normale. Considerando due stazioni meteorologiche rappresentative della situazione nei fondovalle e in montagna, rispettivamente St-Christophe (544 m) e Gressoney-D’Ejola (1850 m), e analizzando la variazione della distribuzione delle temperature minime e massime giornaliere tra i periodi 1971-1989 e 1990-2005, si evidenzia in entrambi i casi un aumento della temperatura (spostamento della curva verso destra), più evidente nella stazione a bassa quota. Nel caso di Gressoney si nota invece una drastica diminuzione della frequenza dei valori minimi estremi, inferiori cioè a -20 °C.
Indice standardizzato di anomalia (SAI) delle temperature medie primaverili in Valle d’Aosta, calcolato dal 1818 al 2005. Dal 1989 le primavere sono sempre state più miti del normale, salvo lievi anomalie negative nel 1991 e nel 1996.Anche l’andamento medio delle temperature nell’arco dell’anno, ottenuto considerando la temperatura media di ciascun giorno dal 1° gennaio al 31 dicembre nei due periodi di riferimento (fino al 1989 e dal 1990 al 2005), mostra come, negli ultimi 15 anni, le giornate siano state mediamente più calde rispetto ai quindici anni precedenti. L’aumento è più evidente in primavera ed estate, con un netto riscaldamento a febbraio ed un picco pronunciato nel mese di marzo, sia nelle stazioni in quota sia a fondovalle, mentre in autunno l’incremento della temperatura è stato più contenuto, anzi, nelle stazioni in quota si è registrato perfino un leggero calo. Analoghe considerazioni si possono trarre osservando l’andamento medio durante l’anno della temperatura massima giornaliera. Inoltre è interessante notare come, nei casi sia delle temperature medie sia delle temperature massime, è sempre presente una brusca transizione dalla stagione estiva a quella autunnale (la cosiddetta «rottura dell’estate»), all’arrivo di temporali e venti più freschi dall’Atlantico: in entrambi i periodi di riferimento, verso la fine dell’estate si registra un calo improvviso della temperatura, mediamente anche di 5÷6 °C in pochi giorni. Questo fenomeno, che negli Anni 1970 e 1980 avveniva in media verso la metà di agosto, di recente sembra essere ritardato di 10-15 giorni, slittando così tra gli ultimi giorni di agosto e i primi di settembre.
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Indice standardizzato di anomalia (SAI) delle temperature medie estive in Valle d’Aosta, calcolato dal 1818 al 2005. Le estati calde divengono molto frequenti a partire dalla metà degli Anni 1940 (salvo la tendenza fresca degli Anni 1970, caratterizzati dall’ultima breve avanzata glaciale). Spicca l’anomalia eccezionale dell’estate 2003, con indice SAIStagioni invernali più rigide di quelle recenti si ritrovano soprattutto tra la fine degli Anni 1920 e la metà degli Anni 1950, seguite da una fase più mite fino alla fine degli Anni 1960, ma con una punta di freddo «glaciale» nell’inverno 1962-63. In seguito, dopo un periodo più freddo tra il 1977 e il 1987, gli inverni sono divenuti più temperati: il più mite è stato il trimestre dicembre 1988-febbraio 1989. Negli ultimi quindici anni gli unici inverni più freddi del normale sono stati il 1990-91, il 1995-96 e il 2005-06. Anche l’analisi della distribuzione delle temperature minime e massime giornaliere in inverno a Gressoney D’Ejola e a St-Christophe mostra l’aumento termico degli ultimi trent’anni: questo è più sensibile a Saint-Christophe, mentre nuovamente a Gressoney si evidenzia più che altro il drastico calo della frequenza di giornate invernali con minime estremamente rigide (< -20 °C).
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Indice standardizzato di anomalia (SAI) delle temperature medie autunnali in Valle d’Aosta, calcolato dal 1818 al 2005. Alcune stagioni fresche si sono presentate negli Anni 1990 (specialmente il 1993), ma poi dal 2001 è iniziata una più netta fase di riscaldamento. L’autunno 2004 è stato il più caldo della serie in Valle d’Aosta.L’andamento delle anomalie termiche primaverili mostra come, anche in questa stagione, negli ultimi 15 anni si siano avute temperature ben superiori alla media, con le sole eccezioni del 1991 e del 1996, le uniche annate che presentano una debole anomalia negativa. In precedenza si era avuta un’altra fase con primavere calde, tra il 1942 e il 1968, ma intervallata da alcune stagioni molto più fredde del normale (1951 e 1962). Negli ultimi 30 anni, la primavera è la stagione che presenta la tendenza al maggior aumento di temperatura. Analizzando la distribuzione delle temperature massime giornaliere nel trimestre marzo-maggio nel periodo 1990-2005 rispetto al quindicennio precedente, si nota come queste siano aumentate di 2.4 °C St-Christophe e di 2.1 °C a Gressoney-D’Ejola; anche la temperatura minima giornaliera è aumentata, ma in modo più contenuto, rispettivamente di 1.5 °C a Saint-Christophe e 1.2 °C a Gressoney.
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Anche dall’andamento dell’indice SAI nel trimestre estivo si nota come, negli ultimi decenni, l’unico periodo con frequenti estati fresche si sia collocato negli Anni 1970, quando infatti si osservò una breve avanzata dei ghiacciai alpini; dopo il 1990, invece, solo le estati del 1996 e del 1997 sono state relativamente più fresche della media, mentre spicca la persistenza di calori anomali nel periodo 2003-2005. In particolare, l’estate 2003 è stata la più calda in assoluto, con un’anomalia doppia rispetto ai massimi precedenti.
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La stagione autunnale era, fino al 2000, l’unica a mostrarsi di frequente fresca anche negli Anni 1990, dopo la fase calda degli Anni 1980. Spiccavano a tal proposito i freddi e piovosi autunni del 1993 e del 1996, e quello pure freddo - ma più asciutto - del 1998 (specie per i precoci rigori invernali di novembre). Il periodo 2001-05 ha invece mostrato un’inversione di tendenza, presentando cinque stagioni con mitezza anomala, particolarmente pronunciata nell’autunno 2004. La variazione della distribuzione della temperatura tra i periodi 1971-1989 e 1990-2005 mostra a Saint-Christophe un aumento di 0.4 °C nelle temperature massime e di 1.5 °C nelle temperature minime. A Gressoney si ha invece un aumento impercettibile della temperatura media minima (+0.1 °C), e un calo della temperatura media massima autunnale di - 1.4 °C, dovuto alla maggiore influenza degli autunni freschi degli Anni 1990 rispetto alle cinque stagioni calde 2001-05. Cosa prevedono i modelli climatici per il futuro? Ancora più caldo. L’IPCC ha individuato una famiglia di scenari futuri che si traducono in un aumento di temperatura globale previsto tra 1.4 °C e 5.8 °C entro il 2100, rispetto al 1990. Tuttavia sono disponibili dati da simulazioni più dettaliate a scala regionale, come quelli ottenuti nell’ambito del progetto europeo PRUDENCE coordinato dall’Istituto Meteorologico Danese (http://prudence.dmi.dk/index.html). Nella tabella raffigurata nella pagina seguente sono riportati, secondo diversi livelli di probabilità, i valori di aumento termico medio stagionale previsti per il 2050 nel Sud della Svizzera. Possiamo ritenere che i valori previsti per la Svizzera meridionale siano applicabili anche alla vicinissima regione valdostana, pertanto questi sono stati impiegati per le considerazioni riportate in questo studio. Lo scenario più probabile (P=0.5) vede incrementi termici di 1.8 °C in inverno e primavera, 2.8 °C in estate e 2.2 °C in autunno. Questi risultati derivano da 16 diverse combinazioni di modelli.
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Per ragioni di praticità si considera qui lo scenario più probabile (P=0.5), ma si tenga presente l’esistenza anche di scenari più ottimistici (da P=0.025 a P=0.2) e più pessimistici (da P=0.8 a P=0.975); secondo questi ultimi, vi sarebbe il 2.5% di probabilità che l’aumento termico estivo raggiunga i 4.9 °C entro il 2050, mentre lo scenario più ottimistico prevederebbe comunque un aumento non trascurabile di 1.5 °C in estate,
dell’ordine di quanto già osservato sulle Alpi finora dalla fine della Piccola Età Glaciale.
   
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