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Les perspectives au Val d’Aoste

Buongiorno a tutti. Due comunicazioni prima di concludere questa giornata di convegno: i saluti della Sovraintendente agli Studi che non ha potuto essere presente per ragioni di salute ed un ringraziamento a tutti coloro che hanno lavorato alla riuscita di questo Convegno, ai relatori, agli ospiti, al personale dell’Ufficio Ispettivo, un ringraziamento anche a coloro dell’Ufficio Ispettivo che hanno lavorato dietro le quinte. Un grazie particolare a Irene Bosonin che non è più ispettrice, ma a partire da ieri direttore dell’IRRE-VDA.

Il est très difficile de conclure un colloque car les conclusions impliquent des engagements que trop souvent les élus assument avec une certaine nonchalance.
Au cours de cette intervention, j’essayerai donc d’éviter de prendre des engagements qui risqueraient de ne pas être tenus par la suite. J’éviterai aussi de faire de vaines déclarations. Tout d’abord je voudrais partir du titre de mon intervention : "Les perspectives au Val d’Aoste".
Aujourd’hui, après ce colloque, je pense que nos perspectives ne changent pas par rapport à celles que nous envisagions naguère. Suite à cette affirmation on pourrait penser qu’on est en face d’une vision conservatrice, explicitée par le responsable de l’Éducation de la Région.
Permettez-moi d’éclaircir les raisons de cette affirmation. Aujourd’hui, nous avons entendu différents exposés concernant les langues, leur apprentissage et leur usage. J’ai écouté avec attention ces interventions et j’ai aussi mis en relation les situations qui ont été évoquées avec notre réalité et en particulier avec notre système scolaire. A partir de cette comparaison, plutôt empirique, je suis encore convaincu que nous avons un système scolaire qui a su bâtir, au cours du temps, une expérience vraiment remarquable. Il suffirait de citer quelques exemples pour expliciter cette affirmation.
Dans notre région, nous sommes passés de l’apprentissage de la langue française au cours des années 50-60, à une éducation bilingue italien/français avec une méthode originale basée sur l’alternance des langues qui petit à petit s’est mise en place en commençant par l’école maternelle, pour arriver enfin à l’université, comme Mme Cabianca l’a rappelé ce matin. Cette expérience à l’école maternelle a démarré dans les années 70. Ensuite, elle a touché l’école primaire au cours des années 80 et successivement l’école moyenne, pour atteindre enfin les cours de formation des enseignants de l’Université de la Vallée d’Aoste. Dans ces expériences on a aussi entendu parler de l’apprentissage de l’allemand dans la vallée de Gressoney.
Je ne reviendrai pas sur la conception du bilinguisme dans notre Région et sur les différentes théories politiques, philosophiques et sociologiques qui se sont confrontées et parfois affrontées au cours des ans sur ce thème.
Je voudrais aller outre cette définition car, désormais, elle est dépassée par les idées et par les sollicitations qui nous viennent de l’extérieur, notamment de l’Union Européenne qui avec cette initiative de l’Année européenne des langues nous a conduits, comme nous l’avons fait aujourd’hui, à nous confronter sur des thèmes beaucoup plus amples.
Il est peut-être inutile de vous rappeler que les conséquences qui en découlent portent sur des énoncés bien différents de certaines théories de chez nous qui dans le passé prétendaient expliquer l’échec scolaire en le mettant en rapport avec l’apprentissage linguistique. Une théorie qui, selon les données fournies par Mme Vlaeminck, devrait mettre en difficulté environ la moitié de la population européenne.
La conception du bilinguisme d’autrefois est dépassée par les choix effectués depuis quelques années par l’Administration régionale.
A partir de 1998, en Vallée d’Aoste, l’anglais a été introduit à l’école primaire de façon expérimentale, en suivant une expérience qui avait déjà démarré auparavant dans les collèges. L’introduction de cette expérience avec les enfants de l’école primaire a été accompagnée par deux éléments nouveaux :

  1. une modification sémantique importante qui nous a amenés à parler encore davantage de plurilinguisme ;
  2. une prise de conscience importante sur les opportunités que les compétences linguistiques offrent.

A ce sujet, je voudrais vous proposer un exemple de réflexion, déjà faite à Aoste au mois d’avril 1999 lors du colloque " Progettare l’Europa ".
Permettez-moi de rappeler ce que je disais à l’époque : "Di fronte ad una società che sta abbattendo varie barriere era e sarà indispensabile abbattere anche quelle barriere che non consentono ai saperi di circolare. Vi sono processi irreversibili e vi sono mobilità culturali e dei saperi che vanno aiutate e accelerate."
"All’appuntamento europeo giungiamo con forti atout: uno su tutti riguarda i nostri insegnanti che hanno acquisito in questi anni una notevole esperienza in fatto di progettualità giacché una delle modalità adottate in Valle per attuare l’educazione bilingue è stata proprio quella di lavorare su progetti bilingui ma anche plurilingui e multidisciplinari.
In questa ottica ci stiamo attivando promuovendo progetti e occasioni di riflessione ed approfondimento, potenziando anche la conoscenza delle lingue, indispensabili mezzi di comunicazione e potenti veicoli di cultura".
All’epoca si immaginava di introdurre nelle scuole elementari l’inglese. Abbiamo lavorato in quei mesi con l’Ispettorato competente ed i Direttori Didattici (non c’era ancora la verticalizzazione) per introdurre la lingua inglese nelle scuole elementari e dicevo allora: "A questo proposito stiamo lavorando e progettando per consentire la formazione di insegnanti che possiedano le competenze necessarie per questo fine. Questo perché riteniamo che la conoscenza e l’utilizzo di almeno tre lingue possa essere uno degli altri importantissimi elementi di riuscita nei curricola scolastici, siano essi con prosecuzione in loco, siano essi spesi in altri luoghi. Mobilità dei saperi ma anche mobilità delle persone, dei docenti e degli studenti; e per questi ultimi sarà fondamentale la spendibilità dei risultati acquisiti nel percorso di studi questo sarà possibile con l’introduzione e l’utilizzo coerente dei crediti e con accresciute e significative competenze linguistiche ove si intendano le lingue come elementi importanti di comunicazione nell’ottica fondamentale dello scambio dei saperi e delle conoscenze."
Questo fa parte di un passato recente, ma spiega anche in parte alcuni cambiamenti importanti che ci sono stati e che evidentemente non sono merito di chi vi parla, ma di tutto l’apparato che su questo ha lavorato, in particolare del Servizio Ispettivo, dei Capi d’Istituto e degli insegnanti che a questo si sono prestati con un impegno personale spesso misconosciuto.
In altri momenti ancora abbiamo continuato a insistere sul plurilinguismo e sulle opportunità che questo offre e devo osservare che si sta passando ad una concezione sempre più dinamica e ampia delle competenze linguistiche.
Molti di voi penseranno che si sia in un fase in cui la distanza tra la teoria che io sto esplicitando e l’applicazione pratica è grande, io penso che la vera prospettiva per il futuro sia quella di ridurre queste distanze e di insistere ancora nel migliorare quanto sia stato fatto e pensato fino ad ora. Non credo ci siano grandi cose da inventare, poiché molto è già stato fatto. Si tratta quindi di migliorare quel molto dove sono presenti dei punti deboli.
Dicendo queste cose mi rendo conto di rischiare di essere minimalista così come mi rendo pure conto che certe letture a volte un po’ troppo puriste del bilinguismo possano sentirsi messe a disagio da certe teorie che sembrerebbero "amoindrir" gli elementi caratterizzanti, le specificità e le particolarità della nostra Regione.
Credo peraltro che ciò che si è non lo si perde. Certo, è importante rinforzarlo diventando ancora, se possibile, più speciali e particolari e sotto questo punto di vista credo che si debbano avere delle ambizioni per il domani e che non ci si debba porre dei limiti nel costruire il futuro della comunità cui si appartiene.
Credo fortemente che il plurilinguismo sia uno degli elementi, anche se non il solo, che potrebbe consentire a questa comunità di avere gli strumenti per costruire un futuro che permetta alle nuove generazioni di raggiungere più saperi grazie al possesso di maggiori competenze.
Certo l’obiettivo attuale è quello di accrescere queste competenze migliorando i supporti, fornendo strumenti adeguati ed opportuni, ma ciò che è fondamentale è che la scuola continui ad essere un importante momento, motore e promotore, di questo progresso.
Intanto, tornando alle esperienze presentate oggi, possiamo considerare come con le lingue sia possibile insegnare, imparare e anche divertirsi, cosa che non è assolutamente disdicevole, anche se siamo consapevoli che la scuola è qualcosa di più complesso per ragioni che sono note a tutti e quindi vi sono in essa difficoltà di vario genere e contraddizioni che non possono essere ignorate.
Non ci si può dunque aspettare e non si deve pensare che la scuola sia il motore risolutore di tutti i problemi che la società tende a scaricare su di lei. Credo però, che per quanto riguarda le prospettive future, la scuola possa fare qualcosa di importante rispetto, per esempio, a quanto sto dicendo e agli argomenti di questo convegno. La scuola può dare ottimismo ed una lettura positiva dei temi trattati.
D’altronde sarebbe un po’ una sconfitta di ognuno di noi se dopo aver vissuto la positività di tutte le enunciazioni che sono state fatte durante questa giornata, domani non fossimo in grado di sostenerle almeno sul piano personale.
Mi rendo conto che questo è un atteggiamento che richiede uno sforzo, ma sono ottimista anche dopo le testimonianze di oggi che, credo, abbiano impressionato favorevolmente anche voi come me.
Si tratta di testimonianze che hanno rafforzato la mia personale convinzione che nella scuola valdostana si lavora e si lavora bene. Da questi esempi abbiamo potuto trarre ragioni di ulteriore ottimismo e anche la considerazione che le esperienze proposte hanno potuto avere successo perché permeate da quella positività alla quale facevo riferimento prima e della quale la prof.ssa Pontarollo peraltro poc’anzi ci ha dato una ulteriore testimonianza.
Vorrei ora introdurre alcuni brevissimi elementi di riflessione che hanno attinenza diretta con questo convegno.
La prof.ssa Cabianca ha parlato stamani delle certificazioni e qui devo ricordare l’assunzione di alcuni impegni.
Ieri mattina la Giunta regionale ha approvato una delibera di finanziamento a sostegno delle certificazioni esterne e delle competenze linguistiche per gli allievi che saranno avviati dalle scuole a questo tipo di certificazione. Saranno coperti però anche i costi per coloro che hanno sostenuto le certificazioni nella scorsa primavera.
Sulle certificazioni io credo che oggi si viva una contraddizione perché queste certificazioni attualmente sono esterne alla scuola ed io spero che si possa giungere ad una semplificazione di questi percorsi che prima o poi dovranno essere certificati direttamente dalla scuola anche se ci rendiamo conto che dietro questo ragionamento, per quanto riguarda le agenzie certificatrici, c’è un business non indifferente. Si tratta quindi di un problema complesso che per ora non ha ragionevoli spazi di soluzione. Credo però che il futuro dovrà essere diverso, ma per ora cosa stiamo facendo?
Intanto, cerchiamo di sostenere i corsi relativi alle certificazioni esterne. Sotto un altro versante stiamo invece cercando di giungere ad un riconoscimento transnazionale delle competenze linguistiche secondo quanto già introdotto dall’ABIBAC franco-tedesco con "la double délivrance des titres". Il Servizio Ispettivo ha lavorato all’ipotesi della creazione di un ESABAC, grâce à des accords intergouvernementaux qui envisagent la mise en œuvre d’un dispositif permettant aux élèves des lycées de la Vallée d’Aoste et de la Haute Savoie d’obtenir une double délivrance du diplôme c’est-à-dire la correspondance du baccalauréat français et du diplôme relatif à " l’esame di stato " italien en intégrant au sein d’un seul examen des épreuves disciplinaires en langue 2 sur le modèle, comme je le disais tout à l’heure, de l’accord franco/allemand pour la double délivrance.
Ecco, queste sono alcune delle cose che cerchiamo di fare anche se in questo momento la materia è complessa e senza delle soluzioni legislative di portata molto più ampia di quanto non possa fare la Regione Valle d’Aosta.
Vorrei infine ricordare che l’Università della Valle d’Aosta, di recente costituzione, sta creando percorsi universitari che guardano in un sistema di istruzione superiore dove le competenze linguistiche sono e saranno sempre più fondamentali sia nel caso di formazione degli insegnanti (corsi che peraltro esistono già da alcuni anni) sia nei nuovi corsi di economia che partiranno quest’anno (economia delle piccole e medie imprese, scienze ed economia della Pubblica Amministrazione, scienze ed economia dell’ambiente e del turismo) e certamente sono corsi che richiederanno, al di là delle materie curricolari, agli allievi che saranno ammessi a questi corsi, delle competenze linguistiche importanti.
Questo perché le competenze linguistiche ampie e performanti che si richiederanno sempre più agli studenti sono necessarie per accedere ad un sempre maggior numero di saperi, da un lato, ma anche perché una università che vorrà collocarsi in un segmento internazionale significativo, sviluppando quindi una elevata qualità della ricerca, dovrà poter accogliere studenti e professori per i quali le barriere linguistiche non siano presenti o siano minime.
E questo tanto più che è proprio a livello universitario che la circolazione dei saperi degli studenti sarà sempre più presente e, non a caso, quindi, è in corso un grosso processo di omogeneizzazione, di integrazione dei diversi sistemi di istruzione superiore a livello europeo.
Capite bene che questo processo avrà sviluppi concreti tanto più rapidi quanto più cresceranno le competenze linguistiche degli studenti, elemento questo indispensabile per lo sviluppo di mobilità sempre più ampie et sous ce point de vue puisque j’ai cité l’université tant Mme Serra, que M. Gajo, ou M. Coste, au cours de leurs interventions, ont porté l’accent sur le fait qu’en Vallée d’Aoste on a des expériences fort intéressantes sur lesquelles toute une série de matériel a été préparé et que la diffusion de ce matériel n’existe pas encore ou est très limitée, et qu’il serait nécessaire de faire en sorte qu’il y ait une circulation de ces idées.
Je voudrais donc dire qu’en restant dans le domaine universitaire, l’université de la Vallée d’Aoste s’occupe de la formation des enseignants, mais elle a aussi commencé à diffuser le modèle de notre organisation et à l’université de la Vallée d’Aoste on reçoit de plus en plus de demandes pour connaître davantage notre système.
D’ailleurs, d’autres requêtes continuent à arriver au Service d’Inspection Technique et dans les différentes réunions tenues au niveau politique avec des partenaires non valdôtains, lorsque le thème du système scolaire valdôtain est abordé, nombreux sont ceux qui nous demandent des informations. J’imagine que dans le futur il y aura encore plus de curiosité allant dans ce sens, et bien sûr on devra s’équiper pour pouvoir donner toutes les réponses et pour fournir toutes les informations nécessaires à ce sujet.
Avant de conclure je voudrais évoquer très rapidement deux thèmes : l’Année européenne des langues est un moment important, pas uniquement pour ses retombées dans le domaine de l’école dont nous avons parlé jusqu’à présent.
Il existe des langues qui ne trouvent pas une place convenable dans l’école. Ce sont souvent ce qu’on appelle les dialectes régionaux et, en fait, on a tendance à appeler " dialectes " ces langues qui ne disposent pas d’une armée et d’une école pour les élever au rang d’une véritable langue en les imposant.
Chez nous, au Val d’Aoste, notre patois existe, il s’agit du franco-provençal selon la définition du linguiste Ascoli.
Je me sens obligé de rappeler cette langue à l’occasion de ce colloque et je remercie M. Py pour avoir introduit cet argument sur le patois, une langue qui est encore connue, plus ou moins bien, par 70.000 personnes au Val d’Aoste et une langue qui, dans notre Région, s’est conservée d’une manière extraordinaire ; ce qui, par exemple, ne s’est pas vérifié chez nos voisins en Haute Savoie et au Valais.
Il est bon d’en rappeler la vitalité, l’actualité mais aussi l’affaiblissement continuel. Je crois qu’il relève aussi de notre sensibilité personnelle d’en reconnaître la richesse et l’importance dans notre vie de tous les jours et cela aussi parce que, dans les faits, c’est la présence du patois qui nous a amenés à être plurilingues bien avant que nous en prenions vraiment conscience.
Avant de conclure, je voudrais vous remercier, toutes et tous pour le travail que vous faites à l’école et pour le temps que vous avez consacré à ce colloque.
Aujourd’hui nous avons pu partager des expériences extrêmement intéressantes qui nous ont dévoilé avant tout l’amour pour les élèves, la passion pour l’enseignement et le plaisir d’apprendre à apprendre à quelqu’un, ce qui est le véritable enjeu de l’enseignement. Je félicite ceux qui ont réalisé ces expériences.
Je vous remercie encore pour votre présence et je veux remercier publiquement tous ceux qui, dans les différents degrés d’école, mais en particulier à l’école primaire, ont soutenu et soutiennent l’expérimentation de l’apprentissage de l’anglais. Ils l’ont fait et le font encore avec un engagement professionnel et personnel qui déborde dans le bénévolat, ce qui est vraiment extraordinaire.
Permettez-moi de conclure en disant que bien évidemment on ne peut pas dire que dans tous les cas et dans toutes les situations tout marche bien.
Il existe encore des situations dans lesquelles il y en a parfois qui se soustraient à leur activité et parfois même à leurs devoirs, et suite à cela, souvent on entend des critiques sur tout le système scolaire. Je pense que c’est surtout dans l’école de l’autonomie que la meilleure partie, la plus motivée, devra et pourra être l’élément moteur d’une école vraiment performante et, dans ce sens, le résultat que Piero Floris nous a présenté sur les curricola me rend optimiste.

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