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- BASTAAAAAAAAAAAA, non ne posso piuuuuuuuuuùùùù, mi dice sempre di tuttooooooooo, e io che ci posso fare se lui è così maleducaaatooooooo, e mi dice LESBICAFACCIADICULOFACCIADICAZZO. BASTAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!!
Caterina è viola e rossa, quasi le si sciolgono i capelli. Urla e dagli occhi le schizzano lacrime che paiono bruciare. Non prende fiato.
- Respira.
- BASTAAAAAA!!!!!!!!!!!!
- Respira Caterina.
Caterina respira e poi ricomincia.
- Respira ancora e poi spiegami cosa succede.
- Luiiiiii, tutte le volte che andiamo a casaaaaa, mi dice di tuttooooo.
- Ho capito. Lui chi è?
- LUCA. Ma che ci posso fare ioooooo. Io gli dico di smetterla, ma lui ricomincia tutti i giorniiiii.
- Va bene. Adesso lo chiamiamo. Intanto continua a respirare.
Luca arriva. Caterina respira. Lui sa già di cosa si tratta. Ha gli occhi bassi e le orecchie per terra, ma ci prova.
- Cosa c’è?????
- Caterina ti vuole parlare.
Sono uno di fronte all’altro.
- Dillo a lui Caterina.
- Ehh, tu, tutte le volte che andiamo a casaa, mi dici sempre che sono lesbica e non lo sai neanche cosa vuol dire e poi, eh, facciadiculoefacciadicazzo e bastaaa capito? IO NON NE POSSO Più.
Come un vento-uragano una magnifica rabbia si accovaccia tra di loro. Abbiamo i capelli tutti per aria e gli occhi lucidi. Luca non ci prova neanche a dire non è vero. Si fa piccolo piccolo.
- C’è qualcosa che vuoi dire a Caterina?
- Scusa.
- Sì, tu dici sempre scusa, scusa, ma tanto poi è lo stesso. NON ME NE FACCIO NIENTE DELLE TUE SCUSE!
Silenzio.
- Vedi Luca, le scuse si possono accettare, di solito è così, ma in certi casi, quando l’altro è esasperato e cioè non ne può più, si possono anche rifiutare…
Mi guarda con aria interrogativa.
- Credo che tu ti debba inventare qualcos’altro.
Caterina accarezza il drago che le si è sdraiato accanto ai piedi. Luca è un marinaio in un mare in tempesta. Rema per stare a galla per un tempo indefinito. Poi mi guarda.
- Non so…
Gli butto un salvagente.
- Beh, Luca, ti sei mai fermato a guardare com’è la faccia di Caterina?
Rema con più foga e intanto fa segno di no.
- Allora guardala adesso. Ti sembra che la sua faccia assomigli a un culo?
Diventa rosso, fa segno di no e s’aggrappa al salvagente.
- E per caso ti sembra che assomigli a ciò che tu hai in mezzo alle gambe?
Annaspa e dice no.
- Bene. Allora adesso guardala ancora e immagina a cosa potrebbe assomigliare.
Caterina non muove un muscolo. L’animale intanto s’è assopito. Luca è in balìa dell’oceano della confusione. Passa un tempo che non so. Sta annegando
.
- Immagina… se fosse un fiore, per esempio, che fiore sarebbe?
Risorge dai flutti.
- Una rosa.
- Hum. E di che colore sarebbe?
- Rossa. Una rosa rossa.
Bravo, un po’ scontato, ma insomma. Guardo Caterina.
- Non mi piacciono le rose, hanno un sacco di spine.
Appunto. Si torna ad annaspare.
Lui mi guarda disperato.
- Usa ancora l’immaginazione.
Guarda me, poi guarda lei.
- Una margherita?
L’animale sogna di scodinzolare. Caterina fa una smorfia, una specie di “vediamo dove arrivi”.
Intorno a noi ci sono gli schiamazzi dei bambini che fanno l’intervallo, qualcuno ogni tanto si ferma ad ascoltare. Propongo a Caterina di fare una pausa: lei si allontana con passo deciso e morbido allo stesso tempo, la rabbia le si rannicchia nella tasca del grembiulino.
Adesso c’è un naufrago che non sa come fare per tornare a casa. Piange lacrime blu.
- Come stai?
Piange e scuote la testa.
- Già, è un bel pasticcio. Ho l’impressione che la margherita non basti a risolvere la situazione in cui ti sei cacciato.
Si asciuga le lacrime con il dorso della mano.
- È che non so... Adesso...
- Usa la fantasia, che puoi fare adesso, qui, per lei?
Tengo le dita incrociate e gli occhi fissi su di lui. Inventati qualcosa Luca. Altro tempo, altro silenzio e lacrime. Pausa.
- Una lettera?
- Dai, è una buona idea. Scrivile una lettera, spiegale cosa senti per lei…

Gli spunta un arcobaleno negli occhi. Acchiappa un foglio e la penna e mentre noi facciamo l’intervallo lui si spreme e scrive. Caterina è nel cortile, e lui ha ripreso a navigare.
Al rientro in classe mi fa vedere l’incipit:
Cara cade, io non folevo dire quelle cose…
Arriccio il naso, la penna rossa mi scappa di mano… alla fine sono o non sono una maestra? Così mi metto una mano sugli occhi e l’altra sulla bocca e sorvolo sulla f al posto della v e gli suggerisco di scrivere il diminutivo di Caterina con la lettera maiuscola e la t al posto della d. E poi, continua Luca, continua a dirle di te.
Comincio l’interrogazione di geografia. Intanto so che nel banco in fondo c’è un naufrago che sta tentando di tornare verso un porto sicuro. è sopravvissuto alla tempesta, ma ora lo aspetta la riconquista della terraferma. E quella terra è seduta davanti a lui ed è straordinariamente decisa a non farsi calpestare da nessuno.
Una bambina snocciola les vallées latérales de la Vallée d’Aoste accanto alla carta geografica. L’ascolto e intanto percepisco dei movimenti in fondo all’aula. Luca mi lampeggia, inserisce il silenziatore e con le labbra che sembrano riprese alla moviola mi dice che ha finito.
- Très bien Julie, apporte-moi ton cahier de textes.
Anch’io muovo solo le labbra e gli dico di fare anche un disegno.
“U-n d-i-s-e-g-n-o“ ripete lui.
“S-ì, u-n d-i-s-e-g-n-o“ scandisco io.
- C’est ton tour Pierre…
Il disegno è finito. Luca mi occhieggia ancora. “G-l-i-e-l-o d-ò-?“ Muovo la testa su e giù. I bambini ogni tanto buttano un occhio a lui e poi tornano a guardare me. Caterina guarda solo i bambini che vengono interrogati. Naturalmente.
Lui piega il foglio e lo spinge verso di lei. Siamo alle manovre d’attracco. Lei non si scompone. Lui ci riprova. Lei è imperturbabile, con gli occhi fissi sulle labbra dell’interrogato di turno. Però!
Lui mi lancia un SOS. Sospiro. Si china in avanti e le bussa su una spalla. Caterina si gira e guarda il foglio senza muovere un dito. C’è da imparare, mi dico osservandola. Allora lui le dice sottovoce qualcosa e lei prende il foglio e lo apre. Il bambino che le siede accanto allunga il collo per leggere, così si ritrova confinato, tempo zero, dietro un muro di astucci e diari. Finalmente Caterina legge e il sereno s’apre sul suo volto. Luca intanto la guarda con tanto d’occhi. Io interrogo. I bambini s’accorgono del “garbuglio”, ma fanno finta di niente. Per il momento questa è una storia che appartiene soltanto a Luca e Caterina.
Lei scrive qualcosa sul foglio e glielo restituisce. Lui legge con la lingua tra le labbra, scrive ancora e allunga la lettera a lei. Caterina legge di nuovo e chiude il foglio davanti a sé, suggellandolo con un sorriso.
Un sole.
Luca s’accascia sulla sedia e mi guarda con gli occhi liquidi e luminosi. Il vicino di Caterina la scruta ai raggi X.
Lei copre il foglio con una mano, impettita, poi si alza e lo ripone in cartella.
Al sicuro dalle tempeste.

Il giorno dopo Caterina e Luca mi hanno chiesto di potersi sedere uno accanto all’altra.
Finora ci sono stati lunghi sereni e alcuni temporali che non hanno inciso, però, sulle posizioni conquistate.

A parte l’incipit di cui ho scritto, non ho mai saputo che cosa contenesse la lettera di Luca, né ciò che Caterina gli avesse risposto.
Sulla mappa delle relazioni non si vedono le correnti sotterranee che attraversano gli oceani delle emozioni.
A malapena ci accorgiamo delle bonacce e degli uragani che sfiorano e s’abbattono sulle superfici e, spesso, solo perché ci fanno tanto male o tanto bene.
Ma, talvolta, quel che si muove sotto una tempesta viene a galla, ed è solo voglia di spiaggia, di lasciare orme lievi passeggiando con qualcuno sulla sabbia. Magari raccogliendo conchiglie.

Ciao,
vi invio la mia storia. Non ho precisato né la classe, né l'anno scolastico di riferimento ed ho cambiato i nomi dei due alunni perché, secondo me, è una storia di relazione, di ieri come di oggi, che può appartenere a più di una generazione (magari ai nostri tempi non si usava quel genere di parolaccia, ma avevamo parole altrettanto offensive all'occorrenza e altrettanto desiderio di "toccarci" e conoscerci...). Non so se è troppo lungo, troppo corto, se infine è necessario spiegare di più (vi dirò che me lo sono chiesta, ma alle volte spiegare e dire e sviscerare mi sembra di troppo, come se si perdesse il sapore che deve lasciare un incontro, anche quello che può accadere attraverso un semplice scritto).
Poco dopo la stesura di questo racconto, le due genitrici dei pargoli in questione sono giunte a “male parole” tra di loro per via di questo ed altri episodi, porte rimaste aperte nel passato e mai chiuse. Il tutto è successo davanti ai miei occhi, mentre, invece, provavo a dire che i loro figli stanno bene, che si apprezzano e che stanno imparando a dirsi il bene e il male.
Se ne sono andate urlando una da una parte e una dall’altra e io sono rimasta a capo chino.
Mi sono chiesta quale potrebbe essere la loro reazione se leggessero questa storia? Riconoscerebbero i loro figli? Sarebbero disposte a credere alla realtà che racconto? Se poi arrivassero anche a riconoscere qualcosa di loro stesse...
Così capisco quanto siamo ottusi noi adulti rispetto ai bambini, quanto poco li sappiamo vedere ed ascoltare. Li interpretiamo quasi sempre, con le nostre proiezioni, le nostre convinzioni, i nostri desideri e le nostre paure. Non facciamo che sovrapporci a loro. Naturalmente lo facciamo anche tra di noi, però, ecco, mi sembra che con i bambini tutto abbia un sapore peggiore. C'è un che di impercettibilmente e pericolosamente violento, eticamente inammissibile. Forse è vero che ogni generazione ha fatto così nei confronti di quella che l'ha succeduta...
Siamo peggiori, siamo migliori? A me pare che stiamo andando allo sbaraglio… e mi limito a parlare di scuola. Questa scuola non ha un sogno, o se ce l'ha, la maggior parte degli insegnanti con cui ho lavorato io non se ne è mai accorta. Ma come si fa a condividere un sogno se non si sa sognare, mi chiedo poi. E che cos'è che ti fa avere sogni? Così penso che forse non si sogna più, a scuola, perché si è persa la capacità, la motivazione per farlo. Ma se non si sognano mondi non si crea futuro, si è destinati a ripetersi, ad educare figli-fotocopie o figli-incapaci-di-identificazione-alcuna...
Che mondo stiamo costruendo? Scusate per questi pensieri a ruota libera, se ci trovate un che di gustoso per voi fatemelo sapere. Mi interessano le vostre opinioni.
Un abbraccio

S.

 

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