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Fin qui ci siamo

Strumenti tecnologici, software didattici, attività di manipolazione e soprattutto stretta collaborazione tra docenti di disciplina e insegnante di sostegno hanno permesso a tutti gli alunni della classe di raggiungere gli obiettivi prefissati in matematica.

Come sostengono G. Conte Oberto e L. Paschetta ne Il bambino cieco nella scuola di tutti, comunemente si pensa che la matematica sia la materia più ostica per i non vedenti perché si tratta di una disciplina che si basa fondamentalmente sulla capacità di astrazione e su una metodologia rigorosa dove la percezione visiva è molto importante.
Ma la matematica è difficile soltanto per i non vedenti o per tutti? E ancora, la matematica è difficile da capire o da insegnare?
Ovviamente, in questa sede non cercheremo di dare delle risposte a queste domande, ma, sulla base della nostra esperienza ci sentiamo di dire che la matematica insegnata con gli opportuni strumenti può essere affrontata in modo proficuo anche da un non vedente.
Partendo da questa riflessione, per lo svolgimento del programma di scienze matematiche nel triennio 2004 - 2007 con S., l’alunna coinvolta nel progetto, ci siamo preoccupate di individuare modalità alternative a quelle prettamente visive e di richiedere una consulenza tiflologica per gli aspetti più tecnici, di cui parleremo in modo dettagliato più avanti.
L’obiettivo è stato innanzitutto quello di adattare l’offerta didattica alla situazione e, solo se necessario, di introdurre risorse tecniche specifiche.
Per noi S. è stata prima di tutto un’alunna con bisogni, desideri, caratteristiche di una qualunque preadolescente e con un deficit di cui tener conto. Il nostro atteggiamento non è stato quello di “nascondere” il problema, riducendo, ad esempio, il programma, ma di individuare “risorse aggiuntive” per integrare la normalità ed arricchirla, in accordo con quanto sostiene D. Ianes in Un percorso per gli alunni con bisogni educativi speciali: dal Piano educativo individualizzato al Progetto di vita.
A volte, come suggerito dalla consulente tiflopedagogica, abbiamo “volutamente dimenticato” la disabilità e la patologia di S., pretendendo da lei prestazioni che lei stessa, la sua famiglia e qualche collega ritenevano eccessive. Ci siamo a volte sentite un po’ “cattivelle”, ma abbiamo sempre immaginato S. come una persona che dovrà affrontare il futuro e per questo attrezzarsi e non come una ragazza malata da coccolare e proteggere.
Vorremmo poi fare una precisazione sulla figura dell’insegnante di sostegno, che talvolta viene considerato l’insegnante dell’alunno diversamente abile: noi, di comune accordo, l’abbiamo inteso come un mediatore tra l’alunno e l’insegnante curricolare, le discipline, gli strumenti, i compagni di classe... Non vi è stata, quindi, delega all’insegnante di sostegno, ma condivisione di obiettivi e strategie con una diversificazione delle mansioni.

La situazione iniziale

S. è non vedente dal 2002. La perdita della vista è stata rapida, totale e irreversibile. Le capacità cognitive sono nella norma, sviluppate quelle logico-matematiche. Nel corso della scuola elementare, S. ha imparato ad usare in maniera disinvolta la videoscrittura (tastiera cieca) pur non essendo autonoma nella gestione dello strumento informatico. La sua conoscenza del braille era limitata alle lettere.
Nel settembre 2004, S. ha iniziato la scuola secondaria nell’istituzione scolastica Comunità montana Évançon 1 di Verrès. È stata inserita in una classe a tempo normale di 16 alunni prevalentemente femminile.
Sin dall’inizio S. è stata seguita a tempo pieno da un’insegnante di sostegno e da un operatore di sostegno che non sono cambiate nel corso del triennio.
Si vuole qui presentare il percorso di scienze matematiche, svolto nel triennio dal docente di disciplina e da quello di sostegno, con particolare attenzione all’aritmetica e all’algebra. I programmi di geometria e di scienze sono stati svolti interamente senza la necessità di strumenti e metodologie specifici, ma con l’ausilio di materiali grafici da noi prodotti per una migliore comprensione dei concetti da parte dell’alunna. A questo riguardo abbiamo inserito alcune schede a titolo esemplificativo.

La metodologia

Il programma è stato svolto con la classe utilizzando di volta in volta il metodo ritenuto più opportuno in relazione agli argomenti trattati e agli obiettivi da raggiungere; gli argomenti sono stati trattati con lezioni frontali e con lavori in piccolo gruppo.
Per una migliore trattazione degli argomenti, ogni qual volta è stato possibile, le spiegazioni sono state affiancate dall’attività pratica intesa come costruzione e manipolazione di oggetti e di modelli. Per quanto riguarda S., la metodologia utilizzata e i contenuti sono stati gli stessi, anche se talvolta sono stati usati dei supporti e dei materiali più adeguati alle sue esigenze, oppure, in sede di verifica, è stato leggermente ridotto il numero di esercizi per ovvie ragioni di tempo.
L’alunna, sin dal primo giorno di scuola, ha avuto a sua disposizione in classe un PC con sintesi vocale, cuffia auricolare e stampante, strumenti essenziali per poter lavorare in modo proficuo.
Inizialmente, abbiamo approfondito la conoscenza del codice Braille per la matematica, utilizzando la dattilobraille e usando materiali tattili per la parte riguardante le rappresentazioni grafiche. Dal secondo anno, alla strumentazione si è aggiunto il display braille che ci ha consentito di lavorare al computer con la possibilità di leggere in braille quanto visualizzato sullo schermo. Tale acquisto ha velocizzato la preparazione e lo svolgimento di esercizi e verifiche ed è stato apprezzato dall’alunna, che non gradiva l’utilizzo della dattilobraille, in quanto strumento ingombrante e che, secondo lei, sottolineava la sua disabilità. In terza, per esigenze di programma, è stato necessario introdurre un software specifico per la matematica, Lambda, che stiamo utilizzando tuttora e che le consentirà di proseguire lo studio della disciplina alla secondaria di secondo grado.

Gli aspetti innovativi

Nelle prime settimane di lezione della prima media, quando ancora era in vigore l’orario provvisorio, ci siamo rese conto dell’effettiva esigenza di una programmazione sistematica delle attività svolte nelle ore di matematica, affinché S. potesse seguire in modo proficuo le lezioni. Abbiamo pertanto richiesto alla dirigente di prevedere nel nostro orario settimanale un’ora di programmazione, una prassi normale per l’insegnante di sostegno, ma non per l’insegnante della disciplina. Può sembrare un’innovazione insignificante, ma in realtà ha consentito una condivisione totale e, in sostanza, una presa in carico della situazione da parte di entrambe. Questa modalità di programmazione ci ha permesso di affrontare le problematiche legate ai vari argomenti nel momento stesso in cui si presentavano e non nella loro globalità. Parti del programma che apparivano estremamente difficili per un’alunna non vedente, frammentate e analizzate nel dettaglio, grazie anche all’apporto personale di professionalità diverse, sono risultate alla fine più semplici del previsto e quindi fattibili. Non è dunque mai stato necessario ridurre il programma per S.
Ecco spiegato il perché del titolo di questo progetto “e fin qui ci siamo…!”, frase che abbiamo ripetuto spesso in sede di programmazione.
Dal punto di vista dell’inclusione, è senz’altro importante aver previsto una postazione informatica in classe attrezzata e potenziata nel corso del triennio, non ad uso esclusivo di S., ma anche degli altri alunni. Apparentemente un’attrezzatura così ingombrante avrebbe potuto rappresentare un ostacolo alle relazioni tra compagni, in realtà non lo è stato perché tutti hanno potuto usufruire degli strumenti informatici sia direttamente sia indirettamente tramite, ad esempio, la stampa di elaborati. Tale postazione non ha sostituito il classico banco personale, ma è stata organizzata vicino ad esso, come un’entità a sè stante che non sottolineasse la sua disabilità e che fosse tuttavia facilmente fruibile dall’alunna. Un passo avanti in questo senso potrebbe essere, ora che S. è diventata abile nell’uso del computer, l’utilizzo di un notebook che essendo di dimensioni ridotte avrebbe un minore impatto visivo.
Un altro aspetto qualificante del progetto è stato sicuramente la sua condivisione con i consulenti tiflopedagogico e tifloinformatico, con i quali abbiamo strutturato interventi mirati alle necessità del momento.
Abbiamo richiesto degli incontri, inizialmente per acquisire le competenze informatiche relative agli ausili, successivamente per una consulenza ad hoc per l’alunna, altre volte invece abbiamo consultato gli esperti per risolvere problemi specifici.

La trasferibilità del progetto

Il progetto è stato elaborato per un alunno non vedente, senza altre disabilità, con adeguate capacità logiche, buona motivazione e impegno scolastico e, a nostro avviso, può essere trasferito ad altre realtà scolastiche.
Queste le condizioni che hanno favorito il suo buon esito:
• disponibilità del dirigente e degli insegnanti coinvolti a modificare l’offerta didattica per la classe e ad acquisire le competenze per introdurre risorse tecniche specifiche;
• disponibilità dell’istituzione ad investire risorse economiche per l’alunno (acquisto e manutenzione di materiali, frequenza a corsi per gli insegnanti interessati);
• attenzione dell’istituzione agli aspetti logistici (individuazione dell’aula, messa a norma dell’impianto elettrico, predisposizione della postazione informatica);
• continuità degli insegnanti coinvolti.
Negli ultimi mesi dell’anno scolastico sono stati presi contatti con gli insegnanti della futura scuola. In particolare, l’insegnante di sostegno ha contattato il referente per l’orientamento della scuola prescelta per organizzare una prima attività di accoglienza e per verificare la fattibilità di un eventuale progetto di continuità.
A metà febbraio sono iniziati gli incontri tra la scuola secondaria di 1° grado e il liceo per individuare il percorso di passaggio più idoneo.
In aprile, si è svolta una riunione per il passaggio di informazioni fra le due istituzioni e per l’organizzazione degli incontri successivi nei quali verranno illustrati gli ausili e i software specifici.

La valutazione

Alla fine del percorso può sembrare che tutto sia filato liscio e senza intoppi, ma non è stato sempre così. Proprio durante la stesura di questa relazione ci sono tornati alla mente tutti i momenti di crisi, di dubbio e di incertezza che avevamo dimenticato in quanto superati.
Primo fra tutti, l’introduzione del braille. In prima media, abbiamo iniziato usando la dattilobraille per le espressioni numeriche con evidenti problemi dovuti ai tempi molto lunghi per la scrittura, lo svolgimento e la correzione degli elaborati, nonché ai limiti dello strumento stesso.
S., avendo perso la vista solo recentemente, ha utilizzato fino alla quarta elementare la numerazione tradizionale e la sua applicazione nei calcoli e ha pertanto incontrato più difficoltà, rispetto ad un non vedente dalla nascita, nell’apprendimento della simbologia matematica braille. Inoltre, è risultato evidente che S. non gradiva l’uso del braille perché la differenziava dai compagni. La svolta è avvenuta quando, all’inizio del secondo quadrimestre, date le buone capacità di S. nell’uso del computer, l’esperto tifloinformatico ha proposto l’introduzione del display braille e successivamente, dalla classe terza, del software Lambda (vedi box).
È evidente che l’uso di strumenti informatici ha comportato l’acquisizione di competenze specifiche da parte nostra, ma ha determinato numerosi problemi, che abbiamo risolto anche grazie al tecnico della scuola e al consulente: primo fra tutti il software “Lambda” che, essendo ancora in fase sperimentale, è in parte da rivedere e da correggere.
Un altro problema su cui abbiamo riflettuto parecchio è stata la risoluzione di calcoli più complessi. Oltre a potenziare il calcolo mentale, abbiamo introdotto già in prima l’uso della calcolatrice. Questo “privilegio” ha fatto nascere un po’ di invidia in alcuni compagni di classe. Anche la presenza dell’insegnante di sostegno durante le prove di verifica, pronta ad intervenire qualora se ne presentasse la necessità, ma non certo per svolgere al posto dell’alunna la prova, ha suscitato malumore fra i compagni.
Il problema è stata affrontato in classe e gli alunni che sono stati invitati a suggerire altre strategie delle quali è stata in seguito testata l’efficacia. È ovvio che, calati nella parte, hanno potuto rendersi conto direttamente di quanto questi “privilegi”, in realtà, non fossero tali; alcuni risultati non positivi dell’alunna hanno poi placato definitivamente gli animi.
E fin qui ci siamo… arrivati!
S. ha svolto tutti gli argomenti previsti dal programma, raggiungendo gli obiettivi in modo più che soddisfacente. È migliorata molto nel calcolo mentale, è diventata autonoma nell’uso degli strumenti e ha acquisito una discreta padronanza del software Lambda.
S., a parte una buona ma giustificata dose di ansia iniziale, ha superato senza particolari difficoltà l’esame di licenza media e ha svolto brillantemente la prova di matematica. In questo frangente, il nostro compito è stato quello di predisporre gli strumenti informatici, prevedendo tutti i possibili contrattempi del momento (blackout improvvisi, problemi di software o di hardware, ecc.), e preparare le prove d’esame su supporto informatico.
Il lavoro è stato faticoso e non sempre facile, ma interessante e, perché no, creativo. Ha arricchito entrambe da un punto di vista umano e professionale: non è stato semplicemente una parentesi, ma una profonda riflessione che potrà tornare utile anche in contesti diversi.
Siamo alla fine del triennio che è letteralmente volato; dell’esperienza rimarrà sicuramente in noi la soddisfazione di un lavoro che ha dato i frutti sperati.

Ombretta Garato
Alessandra Sasso

 

 

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