U M L

link home page
link la revue
link les numéros
link web école
links

Alle radici della Costituzione

La nascita della cittadinanza europea attraverso la conoscenza delle proprie radici

Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione”.
Così si esprimeva Piero Calamandrei, uno dei membri più eminenti dell’Assemblea costituente, rivolgendosi agli studenti milanesi nel 1955. Il suo obiettivo era quello di mettere in luce l’intimo nesso, ideale e materiale, tra Resistenza e Costituzione. Anzi, la Resistenza rappresentava, per Calamandrei, il trait d’union tra passato e futuro: i valori cui si erano ispirati gli uomini del Risorgimento, nella loro lotta per l’indipendenza e l’unità dell’Italia, erano divenuti, attraverso la Resistenza, patrimonio comune degli italiani e si erano concretizzati negli articoli della Costituzione.
Tra questi valori c’erano la libertà dall’oppressione in tutte le sue forme, il diritto all’autodeterminazione, cioè il diritto dei popoli e degli individui a scegliere i propri governanti e al libero sviluppo delle proprie facoltà, spirituali e materiali, il rispetto della vita nel senso più ampio del termine, dalla vita fisica alla vita interiore e cioè di pensiero.
Sono questi i principi che hanno ispirato tutti coloro che hanno preso parte alla Resistenza, in tutte le forme in cui si è espressa, tra l’8 settembre 1943 e il 25 aprile 1945, l’impegno per la liberazione dell’Italia, dalla lotta armata vera e propria all’appoggio fornito in vari modi ai partigiani combattenti, all’aiuto prestato ai perseguitati dai nazifascisti (ebrei, oppositori politici, disertori, ecc.), al dibattito politico relativo alla rifondazione dello Stato.
In questo senso, al di là del contributo che i partigiani hanno potuto dare alla liberazione dell’Italia, compatibile con le risorse cui essi hanno potuto accedere, grazie agli aiuti degli Alleati, la portata fondamentale della Resistenza è stata civile e politica, nella misura in cui, in quei venti mesi, la maggioranza degli italiani ha vissuto una fondamentale esperienza di partecipazione alle sorti dell’Italia, maturando la consapevolezza, come ha scritto un giovane partigiano, Giacomo Ulivi, in una lettera indirizzata ai compagni di lotta, che “se ragioniamo, il nostro interesse e quello della cosa pubblica, insomma finiscono per coincidere. Appunto per questo dobbiamo curarla direttamente, personalmente, come il nostro lavoro più delicato e importante. Perché da questo dipendono tutti gli altri, le condizioni di tutti gli altri. Se non ci appassionassimo a questo, se noi non lo trattiamo a fondo, specialmente oggi, quella ripresa che speriamo, a cui tenacemente ci attacchiamo, sarà impossibile”.(1)
Di questo straordinario momento di formazione della cittadinanza si sono fatti interpreti i membri dell’Assemblea costituente: i loro lavori hanno tenuto conto degli irreversibili cambiamenti avvenuti nella coscienza civile del popolo italiano nei drammatici anni della guerra civile. Perciò gli articoli della Costituzione traducono in norme giuridiche quella particolare esperienza di democrazia diretta che è stata la Resistenza: “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione” (art. 1 comma 2).


Credo che il sessantesimo anniversario della Costituzione possa diventare l’occasione per proporre ai nostri studenti una riflessione sull’attualità e l’eredità della Resistenza, attraverso la riscoperta (o forse sarebbe meglio dire la scoperta) dei principi su cui si fonda la nostra identità di cittadini italiani. Questa riflessione appare tanto più opportuna in un momento in cui, da un lato, si ritiene necessaria una modifica della Costituzione e, dall’altro, la probabile entrata in vigore del Trattato costituzionale europeo stabilirà tra i paesi membri dell’Unione europea vincoli politici che ci trasformeranno in cittadini europei di fatto, con tutto ciò che consegue da tale identità quanto a diritti e doveri.
Promuovere nei ragazzi la conoscenza della nostra Costituzione mi sembra, dunque, il primo passo per un’educazione alla cittadinanza europea. Infatti, come nota Claudio Pavone, il Trattato costituzionale europeo si richiama esplicitamente alle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri: “I diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali” (Titolo II, Parte I), riconoscendo così “l’esistenza di un modello costituzionale europeo, di fatto venutosi a determinare nella effettività delle pratiche costituzionali operanti nei diversi paesi europei” e fondato sul “comune sentire resistenziale”.(2)
L’esigenza di costruire un percorso didattico che collegasse Resistenza, Costituzione italiana e Costituzione europea, è nata nel corso della mia esperienza di insegnamento nel triennio della scuola superiore, a contatto con ragazzi ormai maggiorenni o quasi, che si apprestano ad esercitare in pieno le competenze che spettano loro in quanto cittadini. In modo particolare, in questi ultimi anni, ho potuto constatare come per i ragazzi il passato, che per loro inizia a ridosso della loro data di nascita, sia sempre più solo Storia, materia da imparare un po’ meccanicamente, e non Memoria che costituisce la loro identità. Mi è parso, allora, urgente ricostituire insieme a loro quel legame tra Storia e Memoria che ci consente di recuperare la dimensione storica della nostra cittadinanza e diventare finalmente consapevoli del fatto che i diritti di cui godiamo non sono scontati, ma, poiché sono stati pagati a caro prezzo, vanno difesi con attenzione vigile ad ogni eventuale violazione di essi.
Concretamente il nesso tra Storia e Memoria passa attraverso il legame tra la storia e l’educazione civica, disciplina troppo spesso trascurata nello sviluppo dei nostri programmi scolastici. Ecco perché l’opportunità per me di un distacco annuale presso l’Istituto storico della Resistenza e della società contemporanea diventa l’occasione favorevole non solo per un aggiornamento, ma soprattutto per dare concretezza a quel progetto didattico che, connettendo Resistenza e Costituzione, consenta di rafforzare negli studenti il rapporto tra la storia e l’educazione alla cittadinanza, in altre parole tra passato e presente.
La collaborazione con l’Istituto per me era già iniziata da tempo, in occasione di lavori su eventi della storia contemporanea, svolti da alcune mie classi che avevano partecipato a concorsi come il Concours de la Résistance et de la Déportation, organizzato dall’Associazione nazionale francese degli ex-deportati ed ex-partigiani. Già in occasione di queste esperienze, avevo avuto modo di riflettere sull’efficacia dell’intreccio tra la Storia generale e quella del territorio. I ragazzi avevano potuto dare nomi e identità locali a protagonisti di eventi storici di portata europea e mondiale, come la Resistenza o la Deportazione.
Proprio a partire da questa riflessione mi è parso perciò opportuno arricchire il percorso su Resistenza e Costituzione con un capitolo dedicato alla Resistenza valdostana e allo Statuto speciale della Valle d’Aosta, di cui si celebra, nel prossimo anno, il sessantesimo anniversario: si tratta di un’occasione per contestualizzare l’esperienza della Resistenza nel territorio valdostano, ma soprattutto per riscoprire la specificità di questa vicenda in un paese di confine dove si è sviluppato un dibattito politico la cui portata supera la dimensione della regione. Non è un caso se oggi, in un momento in cui si dibatte sull’indirizzo che deve assumere la costruzione politica dell’Unione europea, figure come quelle di Émile Chanoux e Federico Chabod sono riconosciute dalla storiografia italiana ed europea come voci fondamentali del pensiero federalista.
La conoscenza del pensiero politico di questi eminenti intellettuali valdostani, in merito soprattutto alla difesa della cultura e delle specificità dei “piccoli popoli”, può consentire agli studenti di percepire sia il processo di formazione dello Stato italiano, basato sui fondamenti della Costituzione, sia la costruzione della dimensione politica dell’Unione europea, attraverso la futura entrata in vigore del Trattato costituzionale, come profondamente radicati anche nelle vicende materiali e ideali della storia locale.

Chabod e l'idea di Europa

Per promuovere la conoscenza dei fondamenti storico-filosofici dell’Europa, l’Istituto Storico della Resistenza propone un prodotto multimediale corredato da un saggio esplicativo dal titolo “Chabod e l’idea di Europa” realizzato da Antonella Dallou.
A partire dagli anni Trenta fino alla fine della sua vita, Federico Chabod dedica la sua indagine all’Europa e alla relazione di reciprocità tra l’idea di Europa e l’idea di nazione. È quindi interessante analizzare l’oggetto delle sue ricerche, mettendole in relazione con i diversi momenti storici in cui egli le realizza e soprattutto correlandole con la costruzione di un modello politico di autonomia per la Valle d’Aosta.


L’ipertesto si rivolge in particolare agli alunni della scuola secondaria superiore, agli studenti della SSIS, agli insegnanti di storia, filosofia, diritto. Attraverso testi storici e documenti scritti e iconografici, esso propone il profilo biografico di Federico Chabod e la riflessione chabodiana sulla storia dell’idea di Europa.
Il saggio in versione cartacea presenta invece la sintesi degli studi chabodiani sull’Europa, riflettendo in particolare sulla relazione che esiste tra la produzione storiografica, l’attività accademica e il contesto storico all’interno del quale lo storico valdostano indaga. Esso è rivolto ai docenti, i quali si avvicinano in questo modo all’opera chabodiana sull’Europa e possono conoscere e comprendere come utilizzare l’ipertesto con gli studenti.
L’opera verrà presentata dall’Assessore all’Istruzione e Cultura Laurent Viérin,
dal direttore dell’Istituto Storico Silvana Presa, da Luigi Vittorio Majocchi docente di Storia dell’Europa all’Università di Pavia e dall’autrice ad Aosta il 9 febbraio 2008.

Lucilla Chasseur

Note
(1) AA. VV. (2005), Lettere dei condannati a morte della Resistenza italiana, Einaudi, Torino.
(2) FIORAVANTI M. e CANNONI S. (2001),
Il “modello costituzionale” europeo: tradizioni e prospettive, in Una Costituzione senza Stato. Ricerca della fondazione Basso, a cura di Gabriella Bonacchi, Il Mulino, Bologna.

 

 

 

couriel