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Del Comité scientifique e di qualcos'altro


Il 9 e il 10 settembre 2003 si è riunito il “Comité scientifique” della nostra rivista, erano presenti anche alcuni membri del Comité technique. Obiettivo dell’incontro, come ogni anno, la selezione dei temi intorno ai quali costruire i numeri del nuovo anno.
È sempre di estremo interesse partecipare a momenti di braing storming, di riflessione comune, di cocostruzione di ipotesi di lavoro. Si crea quel clima di stimolo reciproco, di solidarietà intellettuale per cui, individuato un pensiero stimolante, ognuno lo arricchisce di ulteriori definizioni, da un tronco iniziale, dalla corteccia ancora grezza, si arriva, progressivamente, ai rami portanti, su su sino alla gemma in boccio, dandosi reciproco sostegno o accettando lucidamente come migliore l’ipotesi del vicino e abbandonando quindi il ramo secco di una riflessione meno pertinente. Anche ai ragazzi a volte capita di vivere situazioni simili, quando il lavoro di gruppo è stato ben strutturato, quando si è posta la dovuta attenzione alla costituzione del team, quando sono stati messi in campo gli opportuni rinforzi motivazionali. Esperienze di apprendimento da augurarsi a tutti, portatrici non solo di conoscenze, ma soprattutto di convivenza civile, di educazione ad una cittadinanza democratica.
Mi sono chiesta più volte quali scuole abbiano frequentato alcuni nostri rappresentanti del governo, a quali lezioni abbiano partecipato, quali maestri abbiano avuto.
Anche in politica è possibile, in un regime profondamente democratico, arrivare a scelte largamente condivise, maturare le decisioni più significative in un clima di costruzione progressiva, di approfondimento dialettico, se l’intento è veramente il bene di tutti e il punto di partenza il rispetto di ognuno.
I tristi eventi dell’Iraq, la fretta con cui l’Italia è stata coinvolta nelle operazioni di peace keeping, alcune retoriche ed infelici espressioni di compiaciuto nazionalismo mi hanno riportato alla mente, e non solo a me, l’infausto e raffazzonato intervento dell’Italia di Mussolini nella seconda guerra mondiale, motivato in massima parte dalla paura di non sedere al tavolo dei vincitori. In quali gruppi si sono veramente prese queste decisioni? Con quali strategie? Sotto quale conduzione?
Ma tant’è, siamo costretti oggi a confrontarci, in quanto educatori, al problema della guerra. È importante allora più che mai che i nostri alunni vivano situazioni di apprendimento che valorizzino il rispetto dell’altro, che li abituino a prendere in considerazione posizioni diverse e lontane dalle proprie e a ricercare soluzioni altre da quelle di cui ognuno di noi è portatore, lontani dal clamore assordante della televisione.
Le “indicazioni nazionali per i piani di studio personalizzati” sia nella scuola primaria sia nella scuola secondaria di primo grado sembrano farsi carico di questo problema e individuano specifici obiettivi di apprendimento per la Convivenza civile.
Riflessioni difficili, preoccupate che portano lontano dal lavoro del Comité scientifique, ma che ne costituiscono lo sfondo ineliminabile.
Molti dicevo, dunque, i temi per i nostri futuri numeri emersi dall’incontro, così numerosi e così interessanti che abbiamo convenuto di affrontarne almeno due contemporaneamente. Come consuetudine li proponiamo subito ai nostri lettori, sollecitandoli a sottoporci stimoli, segnalazioni di attività didattiche o richieste di approfondimenti ulteriori.
Affronteremo il tema della diversità a scuola e nello stesso numero rifletteremo insieme alla domanda: “qual è il mio rifugio a scuola?”. Successivamente proveremo a verificare se esistono veramente discipline di serie B e parleremo di un’abbinata che preoccupa molti: soldi e didattica. Ci dedicheremo poi al binomio scuola e territorio, nonché a qualche considerazione sulle nuove figure professionali, consacrando qualche pagina, saremo allora a settembre, al mio primo giorno di scuola. Infine raccoglieremo informazioni, riflessioni ed esperienze su “la formation tout le long de la vie” e lo sport come forma di vita dei giovani.
Sempre certa che grande possa essere il ruolo della scuola per la costruzione di un mondo più equilibrato e meno terribile, auguro a tutti un sereno 2004.

Giovanna Sampietro

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