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Territorio come laboratorio didattico

Il territorio di montagna può essere inteso come un vero e proprio laboratorio didattico potenziale perché ci offre una ricchezza eccezionale di opportunità educative, sfruttabili da ogni ordine di scuola e con larghissime possibilità di collegamento alle tradizionali " materie scolastiche ".

In occasione dell'Anno internazionale delle montagne abbiamo dedicato quattro numeri di "Environnement", la rivista dell'Amministrazione Regionale centrata sulle tematiche ambientali, ad esplorare alcune delle risorse più importanti che il territorio valdostano ci offre: la neve, il verde, la biodiversità, le riserve d'acqua.
Sono felice che L’Ecole Valdôtaine, la rivista della scuola, mi offra ora l'opportunità di porre l'accento su di una risorsa che non spettava a noi, come rivista dell'ambiente, di porre in risalto, ma che tuttavia ritengo di primaria importanza per lo sviluppo sociale ed economico della Regione: il territorio inteso come laboratorio didattico.
Questa prospettiva costituisce, a mio parere, una chance della montagna - ma in particolare, per la sua peculiare situazione geografica e amministrativa, della nostra Regione - ancora troppo poco indagata, alla quale meriterebbe invece di dedicare un'attenzione specifica nel futuro dell'economia regionale. Ciò in una duplice ottica, da un lato di valorizzazione delle risorse umane ( su cui un territorio tendenzialmente povero come il nostro deve investire nella maggior misura possibile, essendo la componente umana quella che può creare il massimo valore aggiunto) e dall'altro di creazione di un'offerta formativa che, ben oltre ciò che si intende generalmente come "scuola", diventa via via un bene di maggior qualità e valore sul mercato.
Vale la pena quindi di analizzare brevemente alcune delle ragioni che fanno del territorio della Valle d'Aosta un vero e proprio "laboratorio didattico" potenziale.

En rappel sur la glace

Territorio fisico come esperienza spazio-temporale

Non teniamo mai abbastanza conto, a mio avviso, di quanto sia importante per una crescita equilibrata vivere in un territorio "a scala umana". La possibilità di esplorazione dello spazio (tanto a livello infantile, tramite il gioco, che a livello adulto, come allenamento di tutto il corpo all'uso delle sue potenzialità fisiche e sensoriali ) diventa un bene prezioso se teniamo conto che viviamo oggi in un universo che sempre più tende a sostituire l'esperienza fisica con la sua simulazione virtuale. L'esplorazione dello spazio come entità fisicamente percorribile e misurabile, così come è alla base dello sviluppo motorio nei primi anni di vita, è fondamentale in età scolare per la comprensione degli assetti geografici. Nel modo di vivere odierno, il territorio ha perso la prerogativa della continuità: noi fruiamo lo spazio per punti, collegati tra loro da un percorso in macchina o in aereo, che rappresenta quasi una zona vuota tra le diverse attività che si svolgono nei diversi luoghi. Già i bambini vengono spostati freneticamente dalla casa alla scuola al campo da pallone o alla piscina, quasi ad allenamento di quanto dovranno fare da adulti: la vita è divisa in spezzoni di tempo da spendere in luoghi adibiti ciascuno a compiere funzioni specializzate, e la velocità degli spostamenti serve paradossalmente a risparmiare tempo, per consumare il quale occorre spostarsi in altri luoghi con specifiche funzioni ricreative.
Una volta il rapporto con il proprio territorio si stabiliva fin da piccoli, allargando a poco a poco l'area di gioco – dal cortile di casa al villaggio o quartiere alle scorribande nei paesi vicini; oggi non c'è più tempo per giocare, e soprattutto non c'è più spazio per farlo se non nei luoghi appositamente predisposti: il gioco ha perso così la sua dimensione esplorativa e la funzione di stabilire una conoscenza e appartenenza territoriale.
La dimensione e l'assetto sociale della nostra Regione, con i suoi spazi quotidiani percorribili pedonalmente, con la disponibilità di aree di svago e di palestre naturali, renderebbero possibile un lavoro didattico sul rapporto spazio-tempo, impostato sulla riflessione sui ritmi temporali della cultura locale e sull'esperienza delle percorrenze, per riappropriarsi del tempo come unica vera proprietà personale. D'altro canto anche la "visione ravvicinata"
legata alla pedonalità rappresenta una potenzialità didattica da non sottovalutare, poiché permette di stimolare la capacità di osservazione, indispensabile base di formazione all'atteggiamento scientifico.

I segni del territorio come scoperta della storia

Il territorio è un testo composto da molteplici ordini di segni, di origine naturale e di origine antropica. Questi segni possono essere interpretati come un linguaggio che ci permette di "leggere" la storia del luogo. Il paesaggio è quindi comunicazione della storia, perché conserva nei suoi elementi le tracce degli eventi, tanto naturali che determinati dall'uomo, che su di esso si sono prodotti e che ne hanno sedimentato l'immagine. Il testo "paesaggio" permette di leggere l'organizzazione economica, l'assetto sociale, la strutturazione del potere esercitato sul territorio.
Le tracce delle vicende possono essere distinte e indagate secondo le categorie tradizionali della geologia, della geografia, dell'archeologia, dell'ecologia, e di quante altre discipline si voglia; la molteplicità delle letture e delle metodologie di indagine non ne esaurisce la complessità, mentre ne arricchisce di significato l'immagine. Esistono inoltre tracce non rilevabili fisicamente ma implicitamente contenute nella cultura locale: ne sono un esempio le leggende e i toponimi.
Questi ultimi rappresentano un modo con cui nei secoli le generazioni si sono consegnate un patrimonio di informazioni troppo spesso ignorato: molti toponimi infatti ci tramandano informazioni dirette sulla natura del suolo e sui suoi rischi (ad esempio toponimi che indicano la frana, la valanga, il terreno paludoso o soggetto ad alluvione, di cui l'evento dell'autunno 2000 ci ha fatto riscoprire il valore di memoria e di monito).

Gli equilibri del territorio come laboratorio di interdisciplinarietà

Il territorio è un'entità dinamica, in continua evoluzione. Tutte le sue componenti fisiche e biologiche vi si trovano in uno stato di equilibrio che varia in funzione del cambiamento anche di una sola di esse. Si ricostituiscono così continuamente nuovi assetti, che possono essere più semplici o più complessi; quanto più essi sono complessi, tanto più possiamo definire l'ambiente come ricco di nuove potenzialità. Al contrario, un territorio i cui equilibri siano garantiti da poche componenti si dimostra più fragile, perché il cambiamento anche di uno solo dei componenti può mettere in gioco la stabilità del suo assetto.
Un territorio di equilibri complessi e delicati come è la montagna rappresenta l'ambiente ideale per rendersi conto delle interrelazioni dei fenomeni e di conseguenza per formare una mentalità interdisciplinare, che costituisce oggi una piattaforma culturale indispensabile per affrontare qualsiasi tipo di ricerca. Un'ottica interdisciplinare allena anche alla flessibilità mentale, alla gestione di problemi a variabili plurime, alla ricerca di soluzioni innovative. Il territorio di montagna può realmente essere un laboratorio in cui sperimentare la complessità, concetto che rappresenta il nocciolo centrale del pensiero scientifico contemporaneo, e costituisce quindi a mio parere un'occasione didattica di valore eccezionale.

Dans les pentes menant au Col des Crochues

L'utilizzazione del territorio come momento di confronto della costruzione sociale

Se parliamo del territorio dal punto di vista geografico, è indubbio che ne vedremo temi e problemi come questioni di ordine generale, che investono in maniera globale i suoi abitanti. Per esempio, una zona a rischio di valanga rappresenta una problematica che investe, da un punto di vista emotivo e organizzativo, tutta la popolazione che vi abita. Dal punto di vista puramente tecnico, si potrebbero adottare delle misure per ridurre il rischio. Se però consideriamo altri risvolti dell'organizzazione sociale, come i diritti connessi alla proprietà dei terreni, lo stesso problema assume risvolti ben diversi: perché dovrei consentire di fare proprio sul mio terreno opere che sono volte alla salvaguardia di quello di un altro? Oppure, quando un Comune va a stabilire le regole per l'edificazione dei suoli, quale disparità si genera tra chi ha i terreni al di qua o al di là di una riga tracciata su un foglio di carta? Il terreno è un bene scarso e comunque non riproducibile; quanto più esso viene utilizzato, tanto più diviene raro e aumenta di valore.
E' proprio sulle scelte d'uso del territorio che si confronta allora tutta la costruzione della società: la distribuzione e l'uso di una risorsa scarsa costituiscono la base su cui si fonda ogni patto sociale. Dall'altro lato, è fondamentale la comprensione del significato degli spazi d'uso comune e della relativa gestione; l'esperienza scolastica potrebbe partire dal costruire le regole d'uso dei corridoi, dei cortili, dalla riflessione sulle modalità d'uso dei giardini pubblici da parte degli stessi utenti, per riflettere poi sugli usi comuni storici (consorterie e usi civici, vie di comunicazione, diritti sull'acqua e relative corvées) e giungere alla comprensione dell'organizzazione attuale riproponendo il senso della gestione di una proprietà collettiva: prospettiva necessaria alla formazione di nuovi cittadini responsabili nei confronti del loro ambiente, e presupposto indispensabile di una corretta gestione ambientale.
Visto sotto questi aspetti, il territorio di montagna ci offre veramente una ricchezza eccezionale di opportunità educative, sfruttabili da ogni ordine di scuola e con larghissime possibilità di collegamento alle tradizionali "materie" scolastiche.
Ma soprattutto apre un'opportunità eccezionale alla neonata Università: la possibilità di offrire il territorio come laboratorio vivo e permanente di sperimentazione, in particolare per le discipline che necessitano di un concreto apprendimento sul campo. La ricchezza che la Valle presenta non solo dal punto di vista della geologia, delle scienze naturali, delle discipline ambientali, ma anche dell'archeologia, dei beni culturali diffusi, degli archivi, del patrimonio etnografico e linguistico, della tradizione di autogoverno, della dimensione sociale sono altrettante occasioni di sviluppo di ideali "laboratori di ricerca" che occorrerebbe approfondire e valutare attentamente nelle loro possibili ricadute economiche e sociali. Con un duplice vantaggio, quello di proporre ai giovani uno studio coinvolgente, che li ponga al centro dei problemi reali da un lato, e dall'altro quello di offrire alle organizzazioni territoriali uno spazio di apertura e scambio con la ricerca avanzata, in modo da qualificare le scelte operate in sede locale.

 

Flaminia Montanari
Laureata in Architettura a Firenze. Ha svolto attività di assistenza universitaria presso le Università di Genova e Torino. Dal 1974 è dirigente presso l’Amministrazione regionale della Valle d’Aosta dove si è occupata di Beni Culturali e di Territorio. E’ direttore responsabile della rivista "Environnement".

 

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