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Scuola come luogo di apprendimento:
ipotesi di sviluppo della formazione in servizio per gli insegnanti

L'articolo, partendo da un'analisi dei temi relativi al cambiamento organizzativo nella scuola, propone alcune linee-guida relativamente all'ambito della formazione in servizio degli insegnanti. una focalizzazione particolare è posta sui temi dell'apprendimento organizzativo e sulla lettura ed interpretazione dei contesti professionali ed organizzativi in cui opera l'insegnante.

DINAMICHE DI SVILUPPO ORGANIZZATIVO NELLA SCUOLA

Il discorso sulle questioni organizzative nella scuola, sui modelli di sviluppo di azioni educative, e sulla gestione e sullo sviluppo del fattore risorsa umana è diventato sempre più un'area di crescente rilevanza all'interno del dibattito proprio delle discipline pedagogiche e socio-educative. La molteplicità dei fattori di cambiamento introdotti dal quadro normativo dell'autonomia esige, senza dubbio, un approccio completamente nuovo rispetto al passato, per quanto riguarda l'attività di formazione degli insegnanti e dei dirigenti scolastici. Il contesto normativo a cui facciamo riferimento è peraltro un fattore che si innesta in un quadro complesso di trasformazioni caratterizzanti il sistema formativo, colto in relazione ai sistemi sociali più ampi di cui fa parte. Il cambiamento principale consiste proprio nel fatto che la condizione di cambiamento sta diventando una delle caratterizzazioni stabili della società.Non solo i tempi dei cambiamenti sono oggi molto più rapidi e l'ampiezza delle trasformazioni è molto più trasversale e simultanea, ma soprattutto, gli effetti sono cumulativi. Da qui la difficoltà di adattarsi ai mutamenti, recepirli e reagire ad essi anche attraverso processi continui di assimilazione e accomodamento. Bisogna allora far riferimento alla complessità del sistema, ai processi di "costruzione di senso" e di interpretazione, ai sistemi cognitivi che sostengono gli scenari di cambiamento sociale. Lo stato di cambiamento continuo in effetti modifica i rapporti tra le parti del sistema stesso. Bisogna inoltre osservare che le istituzioni cambiano in tempi sensibilmente più lenti delle organizzazioni, ma anche in tempi molto differenti le une dalle altre (Scott, 1995).
La velocità sempre crescente dei cambiamenti, in altri termini, impone la presenza di maggiori e più rapidi flussi di comunicazione tra sottosistemi. Per ogni persona, in quanto soggetto ma anche in quanto professionista o operatore, ciò significa necessariamente acquisire sempre più la capacità di
una lettura sistemica non solo dei fenomeni, ma soprattutto delle interconnessioni che condizionano il complesso dei saperi, e delle pratiche, dei valori e dei simboli che caratterizzano la sua capacità d'azione in un contesto organizzato.
L'introduzione dei modelli
curricolari nella scuola, infatti in concomitanza con alcune innovazioni normative introdotte, ha affidato nuove responsabilità agli operatori scolastici relativamente alla progettazione ed all'organizzazione della didattica secondo direzioni di sviluppo autonomo e collegiale. E' a partire da quel momento che si stabilisce nella scuola una nuova frontiera di riflessione sui processi organizzativi correlati alle possibilità di miglioramento della didattica. Oggi l'incontro tra tematiche organizzative e riforma delle istituzioni scolastiche, rappresenta in modo chiaro un campo fecondo di studi, di riflessioni, di iniziative in forte sviluppo.
I processi di formazione dei dirigenti scolastici, organizzati nel Paese due anni orsono, hanno interessato circa diecimila persone e costituito un terreno di confronto sull'innesto di modelli di tipo
organizzativista nella cultura professionale diffusa nei contesti scolastici, creando le premesse per l'occasione di una nuova stagione di crescita gestionale della scuola.
L'elemento fondamentale che determina oggi in modo cogente l'esigenza del confronto con le problematiche organizzative è la dinamica di
trasformazione del campo organizzativo attinente la scuola che si è innescata in conseguenza alla riforma dell'autonomia e del sistema integrato. Questo quadro si innesta in una tendenza generale in ambito amministrativo che tende a mutuare e trasferire concezioni gestionali e processi di coordinamento tipici del mondo aziendale in campo scolastico. Col decentramento gestionale in campo amministrativo si configurano modelli istituzionali ed organizzativi alternativi al paradigma burocratico classico di matrice weberiana. L'autonomia va colta, infatti, come una politica pubblica di scopo (Luhman, 1984), non come fine in sé ma come mezzo per la migliore realizzazione di finalità generali, quali la riduzione delle disuguaglianze, la produzione del capitale umano, il sostegno alla crescita della competitività, la crescita della coesione sociale.
Nel campo della riflessione giuridico - sociologica in argomento si sottolinea che l'autonomia
di scopo è correlata all'idea di uno Stato che limita le sue funzioni al regolamento ed alla valutazione piuttosto che alla gestione diretta dei processi. Alcuni autori propongono anche per i sistemi di istruzione un riferimento al modello del "quasi mercato" (Benadusi 1999) postulando un ibrido in cui convive il meccanismo di un coordinamento e di un'allocazione delle risorse di tipo "centrale" accanto a processi di regolamentazione dei mercati condizionati dai processi di domanda e offerta proveniente da clienti (famiglie, comunità sociale ed allievi).
E' indubbio che in questo modello del
quasi mercato la qualità dei processi diventa un fattore di regolazione del sistema che incide sulla sua stessa sopravvivenza. Da qui l'esigenza di condivisione da parte degli attori organizzativi di una cultura del servizio e del miglioramento continuo (Bonazzi 92, De Masi 93).
Un altro fattore di riflessione sul bisogno di innovazione e sulla necessità di investire sui processi formativi ed organizzativi nella scuola si correla al dibattito nato in seno a numerosi documenti europei (cfr: soprattutto il recente "Memorandum", che hanno avuto il merito di elaborare e di identificare in senso prospettico l'approccio del
lifelong learning).
Un ruolo centrale e strategico viene oggi riconosciuto, com'è noto, in sede comunitaria, all'innovazione e all'adeguamento dei sistemi di istruzione, di formazione e di ricerca quali fattori di sviluppo, di crescita economica, di competitività e dell'occupabilità.

IL QUADRO EUROPEO ED IL SISTEMA DELLA FORMAZIONE INTEGRATA

In linea con le esigenze di armonizzazione europea, è stato avviato un consistente processo di rinnovamento complessivo del sistema scolastico italiano, le cui componenti normative sono, in sintesi, la legge 20.1.1999 n. 9 (che prevede, già dall'anno 1999/2000 e fino al riordino del sistema scolastico e formativo, l'elevamento dell'obbligo scolastico a nove anni) ed il Patto sociale per lo sviluppo e l'occupazione, siglato nel 1998 da Governo e Parti Sociali, che individua obiettivi e linee strategiche per lo sviluppo economico e la crescita occupazionale, confermando l'impegno fondamentale in direzione dell'organizzazione di un'offerta integrata di istruzione, formazione, ricerca e sviluppo tecnologico (1). In particolare, per quanto riguarda l'istruzione, sono stati elaborati alcuni obiettivi finalizzati a sostenere nel medio - lungo periodo una profonda trasformazione del sistema scolastico nella logica della flessibilità, dell'adattabilità, dello sviluppo qualitativo (anche attraverso l'elevamento dell'obbligo formativo a diciotto anni), della promozione del successo scolastico, della formazione integrata, del raccordo con il mercato del lavoro, della diversificazione dell'offerta formativa, del rafforzamento della cultura scientifica e tecnologica, della promozione delle competenze trasversali e della messa a regime di un quadro di valutazione del sistema scolastico.
Se è vero che le politiche di sviluppo dei processi di formazione degli insegnanti non possono che essere "lette" in correlazione all'impianto complessivo del riordino normativo appena accennato, è vero anche, a nostro modo di vedere, che bisogna far riferimento ad una riflessione più ampia legata al tema della possibile interpretazione del senso e del significato della
formazione continua.
In un'ottica pedagogico - sociale, formazione continua non può che essere soprattutto crescita della persona anche attraverso i processi di interazione sociale nei contesti professionali in situazioni apprenditive intenzionali e naturali (formazione d'aula e apprendimento organizzativo).
Spetta indubbiamente al
discorso pedagogico (2) dunque, pur in consonanza con le motivazioni di un dibattito più ampio di carattere transdisciplinare, il compito di enfatizzare la curvatura della formazione continua verso l'idea di primato dello sviluppo della persona sia in quanto soggetto che come operatore e professionista. In questa direzione va anche il dibattito recentemente particolarmente enfatizzato anche in sede comunitaria sul tema dell'educazione alla cittadinanza (Corradini, 1999).
L'investimento in
capitale cognitivo diventa, pertanto, un obiettivo strategico dell'Unione Europea, una priorità che nei fatti si affianca ad altre prerogative della cittadinanza europea. Al di là del valore simbolico di questo atto (la stessa cittadinanza europea costituisce, infatti, per ora, un insieme di diritti largamente sconnessi dall'immaginario collettivo dei cittadini degli Stati membri), non si può fare a meno di notare come esso rifletta un cambiamento rilevante; la formazione e l'istruzione non sono più confinati negli ambiti propri del mercato del lavoro e dei sistemi educativi. Esse assurgono al ruolo di politiche attive della cittadinanza, nella misura in cui viene loro conferita una funzione di raccordo tra sfere sociali diversificate: partecipazione civica, vita professionale, ambiti familiari e del tempo libero, sviluppo personale attraverso la qualità dell'apprendimento. La correlazione positiva tra bassi livelli di istruzione e bassi indici di consumo culturale, di utilizzazione dei servizi, di partecipazione, di relazione mostrano che il diverso possesso del sapere incide su tutto il percorso di vita delle persone determinando scelte e condizioni esistenziali. Il valore della conoscenza si configura, quindi, come un "bene in sé", legato alla realtà quotidiana.
In sintesi, il sistema formativo si configura come un bacino dove si coltiva un bene di primaria importanza:
l'educazione alla cittadinanza attiva. La recente Conferenza di Lisbona del gennaio 2000 ha, inoltre, sottolineato l'intento di fare dell'UE "l'area più dinamica e competitiva nel mondo, basata sull'innovazione e sulla conoscenza" ma ha anche sottolineato che "senza una società dell'apprendimento, il cambiamento verso l'economia della conoscenza creerà nuove fratture e nuove forme di emarginazione sociale".
Da qui l'impegno espresso in sede comunitaria per una strategia di alfabetizzazione nei confronti della net generation che veda la scuola impegnata in primo piano per rimuovere le cosiddette barriere digitali, quei vincoli che possono mettere a repentaglio l'accesso di intere popolazioni giovanili all'economia della conoscenza.

AREE DI FORMATIVITÀ PER GLI INSEGNANTI

In un'ottica più ampia - che include la scuola nel contesto degli attori istituzionali a cui spetta la responsabilità di garantire la costruzione di un welfare dell'educazione e della formazione -, si delineano pertanto nuove dimensioni che caratterizzano fabbisogni formativi degli operatori della scuola, dai dirigenti scolastici ai docenti e al personale ausiliario, tecnico e amministrativo. Questi fabbisogni si incentrano su nuove capacità progettuali, ma anche su processi di valutazione dei risultati e di autovalutazione dei processi formativi.
Si pensi, inoltre, che la flessibilità dei curricoli, l'individualizzazione di nuovi percorsi e metodi e il corrispondente ampliamento dell'offerta formativa, implicano un fabbisogno finanziario diversificato anche in considerazione dei diversi contesti socioeconomici e quindi delle opportunità esistenti nel territorio. Le innovazioni così avviate, che introducono forme di autonomia educativa, organizzativa e gestionale, modificano notevolmente il quadro di riferimento delle policies in campo scolastico. Si pongono in particolare almeno
quattro ampie aree di problemi:
- La formazione alla
decisionalità didattica con particolare riguardo alla pianificazione degli obiettivi didattici, ai percorsi curricolari previsti dal POF anche relativamente all'area locale ed alle risorse materiali ed immateriali per la realizzazione delle finalità previste.
- La formazione alla
gestione delle risorse umane ed alla formazione continua impegnate anche a vario titolo nella didattica e nella gestione amministrativa e manageriale degli istituti (docenti, funzioni "obiettivo" amministrativi, personale di supporto).
- La formazione all'
interazione con il territorio, finalizzata cioè all'organizzazione da parte degli istituti didattici di un diverso rapporto di cooperazione e di partenariato con gli attori operanti nel territorio (enti locali, istituzioni, realtà associative) anche verso prospettive intese allo sviluppo di forme di cooperazione a livello transnazionale.
- La formazione all'
analisi dei contesti (riflessioni sulle buone pratiche e diffusione delle stesse).

VERSO UNA NUOVA PROFESSIONALITÀ DEL DOCENTE

I "sistemi professionali" costituiscono uno dei fondamenti istituzionali della società, in quanto elementi costitutivi dei processi di regolazione dei sistemi sociali stessi. Si pensi ad esempio all'importanza dei sistemi professionali nella regolazione dei rapporti tra teoria e pratica, etica e decisioni quotidiane, processi economici ed azioni politiche (Consoli, 1999). La complessità dei sistemi professionali, che permette loro di svolgere tale funzione di regolazione, è frutto di quei lunghi processi di trasformazione e adattamenti di tipo istituzionale, con aggiustamenti tra ambiti diversi spesso non pianificati né pensati. La trasformazione dei modelli di organizzazione del lavoro scolastico conseguente all'emanazione della normativa sull'autonomia, comporta non solo la revisione dei compiti, delle competenze, e dei valori di cultura professionale ed organizzativa richieste agli insegnanti, ma la messa in crisi del sistema professionale docente nella sua globalità (Scurati, 2000).
Superata la centralità della mera trasmissione di contenuti disciplinari, la professionalità docente deve essere orientata ad una didattica per progetti, non più incentrata prevalentemente sul processo di insegnamento (inteso in maniera rigida come adempimento formale e pratica di lavoro individuale), ma su quello di apprendimento.
Il focus dell' azione didattica dovrà essere incentrato sugli alunni, traducendo i contenuti disciplinari in
saperi interdisciplinari ed in competenze, contestualizzate rispetto alle caratteristiche dell'offerta formativa proposta dal singolo istituto nel POF, per il raggiungimento del successo formativo degli allievi coinvolti.
Queste innovazioni trasformano il profilo stesso del docente, che diventa multidimensionale. Accanto ai compiti di analista dei fabbisogni educativi, possiamo identificare anche diversi ruoli: quello di mediatore di contenuti culturali; di
integratore di conoscenze individuali e collettive; di selezionatore di strategie comunicative e di facilitatore di dinamiche di apprendimento. Tutto ciò richiede un forte impegno in termini di formazione, sia come rivisitazione del percorso tradizionale di accesso alla professione, sia come orientamento alla formazione continua e allo sviluppo di pratiche autovalutative da parte di ciascuna unità scolastica e di ciascun docente della nuova scuola dell'autonomia.
Partiamo dalla convinzione che l'insegnante, in quanto
esperto dei processi educativo-formativi, debba essere in grado di possedere una visione allo stesso tempo ampia e rigorosa dei fatti organizzativi che concernono la propria scuola. Ciò significa avere una conoscenza di base delle regole e delle dinamiche sociali che governano le organizzazioni e delle dimensioni formali ed informali che ne orientano la vita.
La capacità di comprensione dei processi organizzativi non può prescindere dal possesso di nozioni di base sull'analisi organizzativa, sui modelli di rappresentazione dei fenomeni organizzativi che concernono non solo la scuola ma anche le reti di relazioni che questa deve stabilire nel territorio, inteso, appunto, come tessuto di relazioni.
La padronanza di un bagaglio di strumenti concettuali che consentano la lettura dei processi organizzativi e soprattutto l'individuazione delle aree di migliorabilità delle azioni educative è un fattore critico di successo per le risorse umane in una scuola che interpreti appieno il senso dell'autonomia.
E' indubbio che l'impianto della riforma poggia in gran misura sulle capacità effettive che gli insegnanti potranno porre in atto per realizzare quella
cultura della progettualità che la scuola dell'autonomia richiede.
La disponibilità di tali capacità conduce necessariamente ad una "rilettura" dei processi di formazione degli insegnanti sia per quanto riguarda la formazione iniziale che per quanto concerne la formazione in servizio (Calidoni 2001, Laneve 2000).
Appare di massima urgenza, pertanto, individuare e discutere tali indirizzi come approccio sperimentale ad un autentico mutamento di paradigma dei processi di formazione degli insegnanti.

"APPRENDERE DAI CONTESTI"

II concetto di contesto non è a tutt'oggi ancora oggetto di specifici e sistematici studi nel campo delle teorie della formazione. Un contributo essenziale deriva dall'approccio costruttivista(3) e dalle filiera di ricerca relative alla sociolinguistica(4).
Il rapporto tra contesto e significato emerge fin dagli studi di Wittgenstein e di Frege. Sostiene quest'ultimo che il significato di una parola non va considerato spiegando quella parola, ma considerandola nel contesto di un enunciato(5). "Il contesto situazionale viene considerato come un concetto a sé nella linguistica angloamericana: il contesto viene ad essere considerato come linguistico, ma anche psicologico e culturale" (Malinowski).
L'elemento comune tra le diverse discipline è l'accento dato all'esperienza sociale - individuale o pubblica come "generatrice" di significato.
Occorre, in definitiva, estrapolare da tali approcci alcuni elementi che possono dare adito ad una lettura pur sommaria di quella che potremmo definire l'usabilità del concetto di contesto in campo formativo.
Il concetto di
contesto(6) può essere visto, dunque, come un concetto estremamente "produttivo" per progettare ambienti di formazione accomunati dal fatto di consentire una visione diversa ed innovativa dei fenomeni connessi tout court al cambiamento. Questo modo nuovo ribalta la prospettiva del modello di interpretazione tradizionale (rapporto causa/effetti, analisi mezzi/fini) per costruire un nuovo punto d'osservazione da cui è possibile cogliere la realtà secondo una visione che potremmo definire distica.
Svolgendo un'analisi approfondita - cosa che non è possibile affrontare in questo scritto -, occorrerebbe rivisitare il concetto di contesto nei diversi ambiti disciplinari, soprattutto nella ricerca psicologica ed epistemologica. Occorre comunque, sottolineare che è possibile rilevare, al di là dei diversi approcci disciplinari, un elemento comune.
L'approccio centrato sulla nozione di contesto, infatti, non separa artificiosamente gli effetti dei sistemi nella loro interazione ma cerca di cogliere (o, sarebbe più esatto, ricostruire) nella logica dei "circuiti che connettono"(7) (Bateson) il significato dei fenomeni.
Nelle politiche del cambiamento organizzativo così come nell'introduzione delle tecnologie, effetti che possono essere ritenuti sicuri di fatto poi sono neutralizzati da resistenze inerenti ai
contesti formativi.
Se non si assume consapevolezza della tipologia di contesto nell'ambito del quale il formatore vuole innestare un processo di cambiamento/apprendimento e non si sviluppano di conseguenza azioni sui contesti, si rischia di lavorare alla cieca. La presenza di un contesto incoerente con l'innovazione introdotta, sia che si tratti di inserimento di nuove procedure di lavoro, di nuovi stili di leadership, di nuovi valori culturali, rischia di inficiare la possibilità effettiva di successo dell'innovazione, in quanto può costituire una barriera insormontabile all'effettiva realizzazione del processo di cambiamento.
I limiti del cambiamento possono risiedere appunto nelle dimensioni che denotano i contesti formativi in cui interagiscono persone e sistemi nelle organizzazioni.
Lo studio dei fattori ostativi al cambiamento e la loro interrelazione con i contesti costituisce una dirczione molto promettente di studi innovativi sui fenomeni dell'apprendimento organizzativo collegato anche in riferimento all'introduzione di tecnologie.
Lo studio dei contesti presenta una difficoltà insita nella stessa natura di questi ultimi. Intendo riferirmi alla scarsa visibilità dei contesti: ciò si verifica in quanto il contesto - per sua natura tende o a rimanere fuori dalla consapevolezza dei soggetti e delle organizzazioni e pertanto a non costituire "oggetto" di analisi e di discussione.
Ciò significa che i contesti di apprendimento vivono in un "regime di ovvietà" e quindi generano inerzia nelle organizzazioni, soprattutto quando a fronte dell'introduzione di una tecnologia si richiede una forte spinta al cambiamento. "Il risultato di un contesto formativo in un ambiente di lavoro è un intreccio di pratiche quotidiane, funzioni e compiti che possiedono un'aura di naturalezza per coloro che eseguono quotidianamente il loro compito".
Ciborra e Lanzara(8), ad esempio, tra i pochi studiosi a lavorare nella dimensioni dell'analisi dei contesti attraverso lo studio di alcuni casi aziendali centrati sull'innovazione tecnologica e la formazione, hanno mostrato in alcune ricerche, come il "contesto formativo" esistente in alcune situazioni, fungeva in effetti da ostacolo alle innovazioni introdotte che venivano così inevitabilmente spinte verso l'insuccesso. In uno dei casi studiati, la persistenza di un contesto formativo burocratico veniva a impattare con il tentativo di impiantare un sistema informativo basato su logiche completamente diverse dal modello burocratico centrate sulla dimensione della rete e del libero flusso di informazioni. L'incoerenza tra tipologia delle routine introdotte e tipologia del contesto formativo provocava di fatto il fallimento delle politiche innovative. Da qui l'esigenza inderogabile di prendere in considerazione i contesti, come "oggetto" di studio e di progettazione.
L'ottica da prescegliere, per chi si occupa di formazione, è dunque quella di vedere il contesto formativo - e non solo i sistemi e le organizzazioni formali - come
oggetto di progettazione.
Il che significa, in altri termini, che il contesto, dunque, può essere visto come terreno di "esperimenti culturali" in quanto "controllo" e progettazione del cambiamento anche nell'ambito delle istituzioni educative. Questo non significa che è possibile disegnare contesti formativi "con carta e matita" ma che è possibile sviluppare attraverso l'azione formativa, una consapevolezza orientata dei confini dei contesti pur guardando sempre a questi come realtà in stato di fluttuazione costante e continuo adattamento. Le buone pratiche di progettazione di contesti - messe in atto da insegnanti singoli o facenti parte di gruppi laboratoriali - andrebbero "scovate", studiate e generalizzate. E' indubbio che in materia siamo ancora in una situazione di frontiera. Possiamo però intravedere alcune filiere interessanti di sperimentazione di "buone pratiche" in tre aree:
- l'area della progettazione dei POF;
- l'area degli ambienti di e-leaming;
-
l'area della formazione integrata.
Direzioni significative di sviluppo potrebbero essere orientale ad un'analisi sperimentale dei risultati ottenuti in situazioni fattuali di apprendimento nelle tré aree sopra enunciate.

OSSERVAZIONI CONCLUSIVE; L'APPRENDIMENTO ORGANIZZATIVO COME PARTE INTEGRANTE DELLA PROFESSIONE INSEGNANTE

Secondo il paradigma del modello dell'apprendimento organizzativo (Argyris e Shon et alii) la scuola può essere vista come uno spazio di integrazione e sviluppo di processi di apprendimento di vario tipo. L'organizzazione che apprende incoraggia l'apprendimento dei singoli e contemporaneamente modifica se stessa, nel senso che incorpora stabilmente i valori di una cultura dell'apprendimento. I processi apprenditivi di cui la scuola può essere teatro sono definibili in modo diverso: talvolta sono paralleli, talvolta si intrecciano sovrapponendosi.
L'
apprendimento dai colleghi attraverso la partecipazione a gruppo di lavoro (progettazione ad hoc) o agli organi collegiali è un esempio di tali processi. Non bisogna dimenticare che la stessa partecipazione ad iniziative ed eventi in collaborazione con altri enti ed istituzioni può essere uno straordinario veicolo per lo sviluppo di nuove "percezioni" delle problematiche didat-tico-educative. Si può apprendere dai competitori (scuole operanti nel territorio), si può apprendere dai partner (laddove esistano, ad esempio, partenariati o collaborazioni per la partecipazione a ricerche finanziate in sede di Unione europea). Gli insegnanti possono apprendere anche attivando transazioni continuative di formazione con strutture che sono "specializzate" in alcuni settori.
Ad esempio, nel settore della produzione multimediale o di settori di nicchia come la formazione interculturale, può essere utile un collegamento continuativo con un Ateneo o con una Facoltà. Il passaggio dall'apprendimento individuale a quello organizzativo risiede nel
processo di codifica dell'appreso in valore, che rimane a patrimonio della struttura scolastica, è identificato cioè come valore condiviso dalla comunità di persone che prestano il loro servizio nella struttura. A maggior forza, ciò awiene quando tale valore diventa elemento riconoscibile dell'identità di quella scuola o di quella rete di scuole.
La scuola in quanto
luogo di apprendimento, come in precedenza abbiamo avuto modo di vedere, è anche un luogo dove si organizza e si sviluppa la professionalità.
Ma ciò che va sottolineato, a mio modo di vedere, è che l'orientamento positivo verso l'apprendimento va inteso come
parte integrante della professione di insegnante. In realtà, la professionalità dell'insegnante può definirsi come tipicamente multilaterale. Processi di crisi dei sistemi professionali non riguardano solo gli insegnanti ma anche molte "figure" in contesti molto diversi. "Professionismo", infatti, sta a significare soprattutto capacità di rendere flessibile il comportamento organizzativo in funzione dei processi di interazione con l'ambiente.
Supporti di cui necessitano gli insegnanti sono sempre meno riconducibili a basi di conoscenza precodificate (e trasmesse secondo le classiche modalità corsuali) ma sempre più a processi di tipo decisionale - progettuale che possono trovare ausilio presso "luoghi" in cui si sviluppa ricerca ed innovazione. E' qui che l'insegnante può trovare un sostegno di tipo consulenziale ai problemi che deve risolvere nell'attività didattica quotidiana.
In un contesto come quello attuale in cui si delinea sempre più una situazione di policentrismo formativo, vista la pluralità degli attori e dei luoghi in cui si sviluppano attività di ricerca e di formazione, sarebbe necessario per gli insegnanti avere adito ad una mappa delle opportunità "accreditate" di formazione e sviluppo in correlazione alle esigenze emergenti nel proprio contesto di lavoro. Con il termine accesso, si vuole far riferimento anche alle reti telematiche ed alle banche dati on line.
Alcune università potrebbero sviluppare transazioni stabili con scuole o reti di scuole al fine di sviluppare forme anche laboratoriali di formazione certificabili nell'ambito di percorsi di formazione degli insegnanti, contribuendo così a creare un bacino di riferimento anche rispetto alle attività di formazione tecnica integrata.

 

Giuditta Alessandrini
Professore associato di Pedagogia Sociale e di pedagogia del lavoro presso la facoltà di Scienze della formazione dell'Università degli Studi di Roma Tre.
Ha pubblicato numerosi volumi sui temi della formazione e dell'apprendimento.
Direttore del "Master su Gestione e sviluppo della conoscenza nei sistemi complessi", erogato dalla stessa Facoltà e Direttore della rivista Kanbrain per l'editore Guerini

 

Note
(1) Cfr. sul piano complessivo del nuovo quadro nonnativo il volume da me curato, Formazione ed organizzazione nella scuola dell'autonomia, Guerini editore, Milano, 2000.
(2) Sui motivi della riflessione pedagogica anche in merito al dibattito interdi-sciplinare sulla cosiddetta società della conoscenza, cfr. un volume in corso di pubblicazione curato da chi scrive per la casa editrice Franco Angeli, Pedagogia e società della conoscenza, Milano, 2002.
(3) Sul costruttivismo in psicologia cfr. la Conferenza tenuta da uno dei nomi più significativi tra gli studiosi di questa corrente E. von Glaserfeld nell'ottobre del '91: "La costruzione della conoscenza" in Scienze dell'interazione, aprile, 1984, pp 5-13.Cfr. anche (a cura di P .Watziawick, La realtà inventala, contributi al Costruttivismo, Feltrinelli, Milano, 1981 e a cura di M. Piattelli, Palmarini; Livelli di realtà, Feltrinelli, Milano, 1987.
(4) Come ci ricorda, ad esempio Ernst von Glaserfeld, il costruttivismo è un modo di pensare e non una descrizione di qualsiasi mondo, non si prefigge di descrivere nessuna realtà assoluta ma solo i fenomeni della nostra esperienza... "e ancora", il costruttivismo non fa affermazioni ontologiche, non dice com'è il mondo, ma suggerisce un modo di pensare rispetto ad esso. Il contesto è quindi soprattutto un fatto esperienziale.
(5) Cfr. la voce "contesto" nell'Enciclopedia pedagogica diretta da Mauro Laeng (Editrice la Scuola di Brescia) e la bibliografia ivi citata.
(6) "Comunemente si intende per contesto l'insieme degli elementi che contribuiscono in qualche modo alla definizione del significato di una parola, di un enunciato apparendo ad essi uniti nello stesso discorso o manifestazione". Con questi termini viene definita la parola "contesto" nell'Enciclopedia pedagogica diretta da Mauro Laeng (Editrice la Scuola di Brescia).
(7) Per una compiuta bibliografia di Bateson, cfr. (a cura di S. Manghi), La bibliografia di Gregory Bateson, in OIKOS, Lubrina editore n°l, 1990. Tra tutti i testi pubblicati in italiano cfr. in particolare, Verso un'ecologia della mente, Adelphi, Milano, 1972.
(8) Ciborra C., Lanzara G. E, Progettazione delle nuove tecnologie e qualità del lavoro, Franco Angeli, Milano, 1984.

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