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Le Alpi, un balcone sull’Europa

Quando l’aggiornamento didattico e scientifico si fa “pratico”.
44° Convegno Nazionale dell’Associazione Italiana Insegnanti di Geografia

Il bello della geografia è che la teoria precede di poco la pratica: ogni affermazione teorica è verificabile nel contesto pratico territoriale, e la verifica avviene in quel meraviglioso laboratorio che è il paesaggio. Non parliamo poi se il paesaggio è quello dell'Alto Adige, precisamente al limite della regione austroalpina con quella dolomitica. Questo limite naturale è dei più netti ed evidenti, sia per quel che riguarda lo stile del rilievo ben contrastante nelle due regioni, che per quel che riguarda il limite stesso. Esso infatti consiste in una linea fisicamente identificabile con un fondovalle dritto e ben tracciato, anche se ampio e luminoso. Versante nord le Austridi, versante sud le Dolomiti. È un confine talmente netto, questa Linea Insubrica, che cancella ogni evidenza fisica di quell'altro confine tracciato nel 1918 fra il Sud Tirolo italiano e l'Östtirol austriaco. Il confine ufficiale taglia la valle in due tronconi seguendo un fantasmagorico spartiacque fra Mediterraneo e Mar Nero, assolutamente invisibile nel paesaggio. La Val Pusteria italiana prosegue senza la minima scossa in territorio austriaco fino a Lienz, pur cambiando bacino idrografico a Dobbiaco. Inutile dire che, se il territorio non registra il minimo cambiamento nell'utilizzo antropico, ciò significa che la popolazione è storicamente maturata nelle stesse esperienze ed è evoluta insieme per secoli, sotto la comune organizzazione politica del Tirolo. Detto per inciso, la popolazione tirolese è insediata sia a nord che a sud della Linea Insubrica, sia ad est che ad ovest dello spartiacque. È decisamente una popolazione che se ne infischia dei confini. Questo era lo stimolante aperitivo per stuzzicare l'appetito dei geografi.
Il piatto forte, comunque è stato quello storico-minerario, con una visita alla miniera di rame di Predoi in valle Aurina ed una alla miniera "multipla" (argento, piombo, zinco) della Val Ridanna.
Oltre alle implicazioni archeologiche, storiche e geopolitiche (i fattori di insediamento per i popolamenti antichi, l'importanza di possedere le miniere per i feudatari locali, il battere moneta, la logistica dei trasporti...) due sono stati i temi affrontati in modo più originale.
Il primo è l'organizzazione storica di un territorio agricolo votato alla miniera: quali le differenze nella suddivisione delle proprietà, nell'organizzazione del lavoro agricolo, nell'urbanistica, nella vita sociale rispetto ad una comunità tradizionale agricola di montagna.
Il secondo è una continuazione del primo nel tempo attuale di chiusura della miniera, con l'organizzazione delle visite, con l'elaborazione di modelli didattici, con la pianificazione di lavori per un turismo originale, culturale e, possiamo ora dire, di successo.
Le linee precedenti sono il frutto della riflessione innescata a Dobbiaco/Toblach in occasione delle quattro giornate di Convegno.
La manifestazione, che era alla sua 44a edizione, come è oramai di tradizione, si è presentata come aggiornamento scientifico e didattico della Geografia, convocando gli insegnanti di ogni ordine e grado, ma anche appassionati della disciplina provenienti da tutte le regioni d’Italia.
Perché organizzare un Convegno Nazionale dell’Associazione Italiana Insegnanti di Geografia, se la disciplina tende, sempre più a perdere, nella scuola, la posizione di materia a se stante?
E’ vero, alle elementari è sbagliato dire che la geografia è sparita. Anzi, viene svolta, anche molto bene, con i più moderni criteri selezionati a livello internazionale.
Alle medie, c’è chi la insegna in modo soddisfacente e chi, pensando che le basi siano state abbastanza costruite alle elementari, non sente più il bisogno di consolidarle, e vede la geografia come la tipica disciplina che gli alunni possono affrontare praticamente da soli tramite ricerche individuali o di gruppo. E purtroppo, questo secondo tipo di insegnanti accetta come produzione geografica da parte degli alunni il solo “collage” di belle fotografie di paesaggi. Poi, si passa all’incerta collocazione della disciplina alla scuola superiore...

Le quattro giornate di convegno
Il primo e il terzo giorno, gli iscritti al Convegno hanno partecipato ad escursioni. La geografia è così misconosciuta che c’è perfino, fra i non addetti al lavoro, chi si stupisce che un convegno di geografia preveda delle escursioni!
La geografia insegna a guardare e a leggere il territorio. Una delle competenze della geografia è quella di saper pensare lo spazio, ce lo ha ricordato il collega Paolo Battistini (su questo numero della rivista proponiamo un suo articolo ispirato al suo intervento al Convegno). Il paesaggio si presenta come memoria geo-storica, ed è un oggetto-chiave della geografia.
Lungo gli itinerari, il professor Luciano Buzzetti dell’Università di Trento, con altri esperti locali di geografia, ha illustrato gli aspetti fisici ed antropici del territorio, in particolare si è soffermato, nella Val Ridanna, sulle vicende che hanno portato al passaggio da un’economia prettamente centrata su agricoltura e allevamento, a una economia di tipo minerario. Lo sfruttamento della miniera ha dunque implicato il passaggio a logiche di tipo industriale, materializzate nella installazione di impianti e di infrastrutture di comunicazione.
Queste stesse strutture sono poi state riprese in chiave turistica con sostanziosi investimenti di riconversione e costruzione di strutture ex-novo.
Dopo la prima escursione, nella sala delle conferenze, il Presidente Nazionale dell’Associazione Italiana Insegnanti di Geografia, Peris Persi dell’Università di Urbino, ha dato inizio ai lavori in aula dando la parola al dott. Florian Zerzer, funzionario del Dipartimento Turismo, Commercio e Artigianato della Provincia Autonoma di Bolzano che si è soffermato su “La realtà geo-storica e socio economica del Sudtirolo”. Ha proposto, anzitutto, una approfondita analisi storica, demografica ed economica.
Ha ricordato che la regione è diventata parte integrante del territorio dell’Italia a seguito della Prima guerra mondiale e che dal 1946 ha ottenuto lo statuto di autonomia. Ha insistito sulle caratteristiche dell’istruzione e ha ricordato che dal 1997, all’Università di Bolzano esiste la sezione della Scienza della Formazione.
E’ seguito l’intervento di Giuliana Andreotti dell’Università di Trento che ha affrontato il tema: “Una piccola Europa nella grande Europa”.
La relatrice ha messo a confronto l’area culturale europea e quella trentino-tirolese. Ha parlato di cooperazione transfrontaliera e ha insistito sull’asse di comunicazione che attraversa il Brennero.
L’intera seconda giornata di Convegno è stata dedicata all’approfondimento di argomenti legati alla montagna e in modo particolare alla zona del Trentino-Alto Adige. Luciano Buzzetti ha trattato “Il confine da barriera a cerniera”; Paolo Pagnini dell’Università di Trieste: “Montagna luogo di incontri”; Elisabeth Piok dell’Istituto di geografia dell’Università di Innsbruck: “Montagna, luogo di scontri: potenziale di conflitto etnico nelle Alpi” e ha ricordato che l’Italia è un campo fertile di ricerca sui gruppi etnici e che esiste una reale difficoltà a dare una definizione al termine di minoranza.
Sono seguiti gli interventi di Marco Costa dell’Università di Trento, “Insediamento in una regione di montagna”; di Emanuela Bullado dell’Università di Trento, “Struttura, infrastrutture e flussi turistici nella regione trentino-sudtirolese”; e infine quello di Silvino Salgaro dell’Università di Trento, “Tra passato e futuro: il ruolo delle Alpi nelle dinamiche della nuova Europa”.
Per introdurre i lavori successivi l’intervento del prof. Luigi Cajani dell’Università di Roma, con il titolo: “L’aggregazione storico-geografico-sociale nel riordino dei cicli scolastici”, ha dato il via alle giornate più prettamente aperte dibattito, al confronto di esperienze, e dedicate, in modo specifico, al mondo della scuola e alle attività degli insegnanti con gli alunni.
Carla Lanza Dematteis ha avuto il ruolo di coordinare i gruppi di lavoro sulla “Didattica della geografia nella prospettiva del riordino dei cicli: l’ambito storico-geografico-sociale nella didattica modulare”.
L’insieme degli interventi, ricchi di relazioni sulle esperienze con le classi, sono stati seguiti con un’attenzione particolare dai docenti che nella scuola di ogni ordine e grado impartiscono lezioni di geografia, per la maggioranza anche solo per poche ore alla settimana, ma anche da altri insegnanti, sempre meno numerosi nella scuola italiana del secolo XXI, che hanno quello che potremmo chiamare “il privilegio” di potere dedicare l’intero orario della loro cattedra all’insegnamento della disciplina.
Poi il prof. Giacomo Corna Pellegrini dell’Università di Milano ha messo a confronto “Geografia culturale e didattica della geografia”. Sono seguiti l’intervento su “I valori paesistico-insediativi nella didattica” e altri che non riportiamo per mancanza di spazio. Infine, l’ultimo è stato quello del prof. Mario Casari dell’Università di Milano che ha dato delle indicazioni molto concrete su “Letteratura, storia e internet nella didattica della geografia tra i 10 e i 14 anni” fornendo una panoramica assai ricca accompagnata da un commento di ogni sito web.
Le esperienze presentate hanno rivelato tutta una gamma di approcci alla disciplina, ora più semplici e tradizionali, ora più complessi e imperniati sul basi teoriche più recenti, ma sempre rivelatrici della vocazione della disciplina a prestarsi alla pluridisciplinarietà, a qualunque livello di scuola la si pratichi.

Geneviève Crippa
Équipe pédagogique de l'École Valdôtaine

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