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Il bullismo: strumenti per la rilevazione (2)

Questionario anonimo, breve elaborato scritto e nomina dei pari: gli strumenti per la rilevazione del bullismo. Luso proprio di uno strumento adeguato diventa il primo importante passo per costruire progetti di intervento il più possibile mirati ed efficaci.

Come abbiamo potuto vedere nel precedente articolo, il bullismo è un fenomeno specifico di cui esiste, nella letteratura scientifica, una definizione condivisa, la quale riferisce che uno studente è oggetto di bullismo, ovvero è prevaricato o vittimizzato, quando viene esposto, ripetutamente nel corso del tempo, alle azioni offensive messe in atto da parte di uno o più compagni (Olweus, 1991; Smith & Sharp, 1994; Ponzi, 1997).
Le prime ricerche si sono occupate essenzialmente di studiare il fenomeno a livello quantitativo, fornendo una descrizione accurata del grado di diffusione e delle principali caratteristiche con cui si manifesta (Olweus, 1973, 1977, 1978; 1993; Whitney e Smith, 1993; Smith & Sharp, 1994; Genta, Menesini, Fonzi, Costabile, 1996; Fonzi, 1997). A partire da questa indispensabile conoscenza condivisa, sono stati approfonditi alcuni altri aspetti che si accompagnano al fenomeno del bullismo, sia sul versante psicologico che su quello sociale (Menesini, 1997; Ponzi, 1999; Bacchini, Amodeo, Valerio, 1998). Anche gli strumenti di rilevazione, in accordo con le diverse esigenze di ricerca, sono stati in parte ampliati, ridefiniti o al limite sostituiti. Il primo strumento utilizzato, che rispondeva a chiare esigenze descrittive e che ha ricevuto un largo consenso in ambito internazionale, è stato il questionario anonimo ideato da Olweus (1978; 1991), tradotto, riadattato ed utilizzato nelle ricerche inglesi da Whitney e Smith (1993) e in quelle italiane da Fonzi (1997).

Si tratta di uno strumento piuttosto efficace ed economico, che è stato impiegato in molte scuole elementari e medie inferiori in diverse province italiane. Il questionario veniva somministrato in classe, da ricercatori preparati, e la compilazione era preceduta da un breve momento di discussione sul significato del termine "prepotenza" (il questionario volutamente non riporta il termine "bullismo", poiché poco familiare ai bambini). Questo preliminare momento di confronto si è rivelato indispensabile per favorire una migliore comprensione delle caratteristiche distintive del fenomeno, soprattutto da parte dei bambini della scuola elementare. A questo proposito, nel precedente articolo abbiamo visto come può essere difficile coniugare la definizione concettuale di un fenomeno, fornita dai ricercatori, con la percezione soggettiva dei bambini.
Il questionario contiene diverse domande che prevedono risposte chiuse, volte ad indagare svariati aspetti del bullismo, quali ad esempio l'aver subito o fatto prepotenze, aver parlato con genitori o insegnanti di questi episodi, il tipo di prepotenze fatte o subite, la percezione e consapevolezza del problema da parte di insegnanti e compagni, le relazioni e le amicizie tra coetanei e altre ancora (si veda la tabella per una sintesi degli aspetti considerati). In aggiunta a questo strumento, in alcuni casi è stato svolto dagli studenti un breve elaborato scritto in cui si chiedeva loro di raccontare un episodio di prepotenza subito, fatto, oppure osservato. Il tema si collocava quindi come uno strumento in più, la cui utilità consisteva principalmente nell'affiancare ad un'analisi quantitativa alcuni aspetti più qualitativi (si veda il precedente articolo per una riflessione più approfondita su tale aspetto).

Sia il questionario che l'elaborato scritto si basano su resoconti diretti da parte dei soggetti, i quali valutano in prima persona il loro coinvolgimento nel fenomeno.
Alcune altre ricerche, per individuare i soggetti coinvolti nel bullismo ed approfondirne poi alcune caratteristiche, hanno invece utilizzato metodi basati sulle nomine dei coetanei(1) (Bowers, Smith e Binney, 1994; Boulton e Smith, 199). In questo caso, sempre dopo una breve discussione sul significato del termine "prepotenza", si chiedeva ai soggetti di indicare al massimo tre nomi di compagni che più spesso fanno prepotenze e tre nomi di coloro che più spesso le subiscono (Ponzi, 1999). In questo modo il coinvolgimento nel fenomeno non viene valutato in prima persona, ma sulla base della percezione che ne hanno i compagni. La validità di questo strumento sarebbe proprio da ricondurre al giudizio di diversi giudici indipendenti, mentre la valutazione soggettiva del proprio coinvolgimento potrebbe essere influenzata dalla risonanza emotiva che il fenomeno ha per il soggetto e dalla tendenza generale ad attribuirsi tratti positivi e socialmente desiderabili (Arkin, Cooper e Koldiz, 1980).
Proprio per queste ragioni alcuni studi hanno considerato in modo separato ed indipendente i due strumenti, utilizzando il questionario anonimo per una descrizione generale del fenomeno e delle caratteristiche principali con cui si manifesta e la nomina dei coetanei per identificare in modo più preciso i soggetti coinvolti ed il ruolo da essi rivestito. La considerazione dei due strumenti come misure indipendenti nasce proprio dalla bassa correlazione che è stata evidenziata tra di essi nel selezionare i soggetti coinvolti nel bullismo (Menesini, 1995).
Il dibattito sulla validità ed affidabilità dei diversi strumenti è tuttora aperto. A questo proposito Ponzi (1999) riporta alcuni interessanti risultati relativi ad un confronto tra le due principali metodologie, le quali presentano sia elementi positivi che aspetti critici.
Attraverso il questionario si identifica un numero inferiore di soggetti coinvolti; in più, molti di essi si dichiarano contemporaneamente sia bulli che vittime, evidenziando una tendenza a percepirsi al tempo stesso come attori e come bersagli delle prepotenze. Questo si verifica soprattutto nell'ambito della scuola elementare, mentre i ragazzi che frequentano la scuola media inferiore si mostrano più abili nel riconoscere gli episodi di bullismo e nel distinguere i diversi ruoli rivestiti dai partecipanti. Probabilmente i bambini più piccoli presentano una consapevolezza del proprio comportamento più elementare e meno elaborata ed hanno maggiori difficoltà nel definire il proprio comportamento e le conseguenze ad esso attribuibili. D'altra parte, la valutazione soggettiva può portare a sovrastimare o sottostimare il fenomeno, poiché molto legata alla percezione individuale, al significato che il soggetto conferisce ad un certo evento ed alla risonanza emotiva che un determinato episodio può avere.

Altro strumento, come abbiamo visto, è la nomina dei pari, che viene utilizzata in molti ambiti della ricerca sociale e che dimostra un grado elevato di validità ed affidabilità. Questo strumento consente di distinguere meglio tra bullo e vittima, risultando quindi più severo e meno ambiguo. Sembra che i compagni riconoscano abbastanza chiaramente le due posizioni, escludendo la possibilità che un soggetto possa rivestire contemporaneamente entrambi i ruoli. La nomina dei pari deve la propria affidabilità anche al fatto di confrontare osservazioni diverse dello stesso fenomeno, provenienti da soggetti che condividono lo stesso contesto e che quotidianamente entrano ili relazione tra loro. Questo aspetto acquista valore anche in ragione del fatto che il bullismo, soprattutto negli ultimi anni, è stato considerato sempre più come un fenomeno sociale, non circoscritto al bullo ed alla vittima. Il bullismo è un processo dinamico che si inserisce in un preciso contesto ove anche altri attori, adulti e coetanei, giocano un ruolo significativo. Ecco allora che lo status di bullo o di vittima può essere compreso in termini di ruolo sociale, ruolo che nasce e si sviluppa nell'interazione ed è influenzato dalle caratteristiche individuali così come dalle aspettative degli altri.
Come conciliare, allora, questi due strumenti? Come suggeriscono alcuni autori, la discrepanza tra le misurazioni effettuate attraverso i due diversi strumenti può risultare un falso problema. Valutazioni differenti dello stesso fenomeno potrebbero invece rendere ragione della maggiore complessità che lo caratterizza (Cairns e Cairns, 1988; Menesini, 1995). D'altra parte, la percezione che un individuo ha di se stesso non necessariamente coincide con quella che ne hanno gli altri. Non si tratta allora di considerare queste due diverse misure come affette da errori, quanto piuttosto di comprendere più a fondo quali sono le differenze, a quali fattori esse possono essere ricondotte e quali conseguenze possono portare nell'ambito delle relazioni con i coetanei (Ponzi, 1999).
Non dimentichiamo, infine, che uno strumento nasce all'interno di un più ampio disegno di ricerca, per cui deve rispondere al meglio agli obiettivi ed alle ipotesi che essa si pone.
Il questionario, dunque, non perde la sua validità in assoluto, ma può anzi rivelarsi assai utile e poco dispendioso nel caso di una ricerca descrittiva, che mira ad indagare l'entità e le principali caratteristiche del fenomeno.
Nel caso in cui, invece, si vogliano individuare più chiaramente chi sono i soggetti coinvolti e quali ruoli essi rivestono, per poi eventualmente indagare alcune caratteristiche distintive di questi ragazzi, è preferibile utilizzare il metodo della nomina dei pari. È importante, allora, nell'ambito di qualsiasi ricerca, che si abbia ben chiaro quello che si vuole studiare, quali ipotesi e quali teorie guidano il nostro lavoro e quali strumenti possono essere utilizzati. L'uso improprio di uno strumento di rilevazione, infatti, può fornire risultati errati e condurre a conclusioni scorrette. Questo aspetto si dimostra di notevole rilevanza se pensiamo che sulla base dei risultati di ricerca vengono spesso costruiti programmi di prevenzione e di intervento. Ecco allora che descrivere e comprendere al meglio un fenomeno, attraverso piani di ricerca e strumenti adeguati, diventa il primo importante passo per costmire progetti di intervento il più possibile mirati ed efficaci. Questo, in particolare, costituirà l'argomento del prossimo articolo.

Segue 2/3

Tatiana Begotti
Psicologa, ricercatore presso il Dipartimento di Psicologia dell'Università degli Studi di Torino

Elena Cattelino
Psicologa, ricercatore presso la Facoltà di Scienze della Formazione e Dipartimento di Psicologia dell'Università degli Studi di Torino

Riferimenti bibliografici
ARKIN. R.M, COOPER, H.M, KOLDIZ, T.A. (1980), Astatistical reviewofthe literature concerning the self-serving attribution bias in interpersonal influence situations. Journal of Personality, 48,435-448.
BACCHINI, D, AMODEO, AL., VALERIO, P. (1998), Aiutati che Dio ti aiuta. Il comportamento di aiuto nel fenomeno del bullismo. Età Evolutiva, 60,109-116. BOULTON, MJ, SMITH, P.K. (1994), Bully/victim problems in middle-school children: Stability, self-perceived competence, peer perception and peer acceptance. British Journal of Developmental Psycology, 62, 73-87.
BOWERS, L,, SMITH, P.K., BINNEY, V (1994)., Perceived relationships of bullies, victims and bully/victims in middle childhood. Journal of Social and Personal Relationship, 11, 215-232.
CAIRNS, R.B., CAIRNS, B.D. (1988), The sociogenesis of self-concepts. In N. Bolger, A. Caspi, G. Downey, M. Moorehouse (eds.). Persons in contest. Cambridge: Cambridge University Press. 181-202.
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FONZI, A.,(a cura di) (2001), Manuale di psicologia dello sviluppo. Firenze: Giunti.
GENTA, E., MENESINI, E., PONZI, A., COSTABILE, A. (1996), Le prepotenze tra bambini a scuola. Età Evolutiva, 53, 73-80.
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MENESINI, E. (1997), I mediatori socio-cognitivi del comportamento prepotente e aggressivo. Comimicazione presentata al XI Congresso Nazionale della Sezione di Psicologia dello Sviluppo, Capri, 24-26 settembre.
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SMITH, P.K., & SHARP, S. (1994), Tackling bullyng in your school. A practical handbook for teachers. London and New York: Routledge.
WHITNEY, I., & SMITIH, P.K. (1993), A survey of the nature and extent of bullying in junior/middle and secondary schools. Educational Research, 35,3-25.

Nota
(1) Le scale di nomina dei pari consentono di indagare le relazioni tra coetanei. La procedura consiste nel richiedere a tutti i componenti di un gruppo (di solito una ellisse) di indicare con chi si vorrebbe e con clii non si vorrebbe condividere una certa attività. I.e domande possono essere riferite sia a particolari abilità, sia ad aspelli affettivi o relarionali. L'analisi delle scelte e dei rifiuti reciproci permette di costruire il "sociogramma", ossia di evidenziare le reti di relazioni che si costruiscono all'interno del gruppo (Ponzi, 2001).

 

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