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L’Educazione alla salute, un concetto in evoluzione?

Quando c’é la salute c’é tutto

L’adagio popolare può assumere connotazioni di tipo consolatorio, se riferito a situazioni di relativo malessere materiale, o addirittura d’indigenza, ma, inteso come aspirazione ad una vita sempre migliore, contiene anche l’auspicio per il mantenimento di uno stato di non malattia, condizione indispensabile, per permettere alla persona di esprimere tutte le sue potenzialità, in maniera dignitosa, per se stessa e nelle relazioni con i suoi simili.
L'assenza di patologie, che potrebbe definire la buona salute nel senso puramente medico-sanitario, è però insufficiente se non si considerano anche gli aspetti sociali, economici, ed ecologici, tant'è che la Carta di Ottawa del 1986 si è premurata di elencare tra i requisiti della salute: la pace, un'abitazione, l'istruzione, il cibo, il reddito, un eco-sistema stabile, la continuità delle risorse, la giustizia e l'equità sociale; Primo Congresso internazionale sulla promozione della salute indetto dall'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità).
L'obiettivo di allora, "Salute per Tutti per l'anno 2000", più che ambizioso era di fatto irraggiungibile, perché era utopistico pensare ad un'azione sufficientemente concertata tra i diversi organismi nazionali ed internazionali, fortemente condizionati da interessi economici e di parte, per mettere in atto le opportune strategie indicate dalla Carta del 1986.
Nonostante le condizioni generali mondiali non facilitino, o addirittura contrastino, il perseguimento di quell'obiettivo, l'analisi dell'OMS rimane esemplare e porta ad evidenziare come la salute per un essere umano, ben lungi dal dover essere confinata nei classici ambiti della prevenzione e della cura sanitarie, è da considerarsi rappresentativa dello stato di equilibrio con il sé e con l'ambiente, tanto che buona salute dovrebbe essere sinonimo di benessere generale psico-fisico della persona.
L'evoluzione del concetto di salute va di pari passo con quella del concetto di Educazione.
Se un tempo il compito essenziale della scuola era l'istruzione, oggi le parole chiave sono formazione e educazione, che identificano, quali obiettivi del processo di insegnamento-apprendimento, l'acquisizione da parte dell'alunno di specifiche competenze, per le quali i contenuti disciplinari sono funzionali.
Ciò che fa veramente educazione, però, è la qualità delle relazioni educative che si tessono intorno al soggetto che apprende. L'Educazione alla salute, in quest'ottica, dovrebbe permeare di sé i luoghi e i tempi della quotidianità scolastica.

Fiorivano le Educazioni

Negli anni ’50-’60, le esigenze di una società in crescita economica e culturale introducono nella scuola, anche se in maniera marginale, nuovi temi come l'alimentazione e l'igiene; non bastava più un’alfabetizzazione generalizzata ma occorreva anche un minimo di informazione sanitaria per porre le basi di uno sviluppo sociale coretto.
Il miracolo economico degli anni ’60, induce nuovi bisogni: si affrontano argomenti ormai lontani da una realtà contadina (educazione stradale) e temi una volta considerati tabù (educazione sessuale).
Con i Decreti Delegati del ’74 la scuola e le famiglie coinvolte si interrogano intorno a civismo e partecipazione, anche per contrastare i primi effetti negativi delle trasformazioni in atto nella società.
Si doveva arrivare agli anni ’90 per vedere l'Educazione alla salute entrare a pieno titolo in ambito scolastico, sostenuta da risorse umane e materiali mai viste in precedenza.
Era un tentativo di rispondere ai nuovi drammi sociali: soggetti sempre più giovani si avvicinavano all’alcol e alla droga e l’AIDS diventava un problema italiano e cominciava a preoccupare anche gli educatori. La Scuola non poteva esimersi dall’assumersi il compito della prevenzione.

Tutto cominciò dalla lotta alla droga

Una legge dello Stato, la cosiddetta Jervolino-Vassalli, (legge 162/1990, integrata con la 685/1975 nel DPR 9-10-1990 n. 309 e poi inserita nel TU 16-4-1994 n. 297, art. 326), affidava al Ministero della PI il compito di coordinare e promuovere nelle scuole di ogni ordine e grado attività di Educazione alla salute e di informazione sui danni derivanti dall'alcolismo, dal tabagismo, dall'uso delle sostanze stupefacenti o psicotrope, nonché dalle patologie correlate, e prevedeva l'erogazione di non trascurabili risorse economiche per questo obiettivo generale.
Il DPR 309/90 costituiva la sorgente normativa dalla quale scaturiranno leggi, circolari, ordinanze successive, che preciseranno sempre più il senso generale dell'Educazione alla salute nella scuola.
Già allora, comunque, si precisava che le attività dovevano inquadrarsi nello svolgimento ordinario dell’azione educativa e didattica, attraverso l'approfondimento di specifiche tematiche nell'ambito delle discipline curricolari.
La legge prevedeva la nomina del docente referente con compiti di coordinamento, progettazione, promozione degli interventi di Educazione alla salute e l'istituzione all'interno delle scuole dei CIC, Centri d'Informazione e Consulenza, caratterizzati dalla presenza di esperti del SerT (Servizio Tossicodipendenze) territoriale.
Prevedeva altresì la costituzione del Comitato Tecnico Provinciale, per noi Regionale (CTR), costituito da 7 membri: Sovrintendente, due presidi, uno psicopedagogista, un genitore, un rappresentante del SerT ed uno del Servizio Ispettivo Tecnico, con compiti di indirizzo, coordinamento, supporto e definizione delle scelte e dei criteri per l'erogazione dei fondi alle scuole.

Il Minotauro è in agguato

La Valle d'Aosta nel 1987 affrontò il problema della riorganizzazione dei servizi di prevenzione e cura delle tossicodipendenze e, tramite il Gruppo Tecnico Permanente di Lavoro (costituito dai rappresentanti degli allora Assessorati regionali della Pubblica Istruzione e della Sanità e Assistenza sociale, dell'USL e degli Istituti scolastici secondari superiori) pose in atto un programma articolato in tre fasi: conoscitiva, propositiva e di realizzazione, per un progetto organico di prevenzione delle tossicodipendenze e di Educazione alla salute.
La prima fase fu caratterizzata da una ricerca ("Atteggiamenti e comportamenti degli studenti delle scuole secondarie superiori della Valle d'Aosta nei confronti del consumo di tabacco, alcol e altre droghe"), condotta verso la fine dell'anno scolastico 1986-87, con l'assistenza scientifica di Fabio Mariani, ricercatore del Consiglio Nazionale delle Ricerche e Responsabile del Reparto di Epidemiologia e Biostatistica dell'Istituto di Fisiologia Clinica di Pisa, mediante un questionario, somministrato ad un campione di 1721 alunni, su una popolazione di 4322 alunni, distribuita in 20 istituti scolastici.
L'obiettivo principale mirava a stabilire i cambiamenti nel tempo piuttosto che una quantificazione statica dei fenomeni, ma la ricerca ha fornito comunque qualche risultato capace di dare un'idea della situazione relativa alle tossicodipendenze in quel periodo:

• Sigarette

- il 38,6% degli alunni si dichiara non fumatore;
- il 43% dichiara di aver fumato solamente negli ultimi 30 giorni;
- il 18,4% dichiara di aver fumato negli ultimi 12 mesi o nel passato.

• Alcol

- il 9,8% si dichiara non bevitore;
- il 52,4% dichiara di aver bevuto solamente negli ultimi 30 giorni;
- il 26,7% dichiara di aver bevuto solamente negli ultimi 12 mesi;
- l'11,1% dichiara di aver bevuto nel passato.

• Marijuana / hashish

- il 91,2% si dichiara non fumatore;
- il 3,9% dichiara di aver fumato solamente negli ultimi 30 giorni;
- il 2% dichiara di aver fumato solamente negli ultimi 12 mesi;
- il 2,9% dichiara di aver fumato nel passato.

• Droghe pesanti (consumo nella vita)

- anfetamine: 3,5%;
- cocaina: 1,8%;
- eroina: 1,3%.

Gli esiti del questionario, dunque, indicavano (confermando un pensare comune in Valle d’Aosta) che "la dimensione dell'assunzione di alcol da parte dei ragazzi era il problema prioritario per un intervento preventivo di Educazione alla salute".

Arianna porge il Filo

A partire dall'anno scolastico 1989-1990, sulla base delle analisi dei risultati della ricerca precedente e delle proposte scaturite dal Gruppo Tecnico, prendeva l'avvio il Progetto Arianna (L.R. n. 6 del 5-1-1990) rivolto a tutte le scuole di ogni ordine e grado.
Attività di prevenzione primaria erano indirizzate agli alunni. Gli obiettivi, per docenti e capi d’istituto, erano il miglioramento delle competenze relazionali, l’affinamento di sensibilità rispetto a situazioni di disagio, nonché la capacità di attivare, anche con esperti esterni, interventi di prevenzione o di recupero.
Questo progetto si è svolto nell'arco di 6 anni, fino all'anno scolastico 1994-95. Durante il periodo della sua realizzazione adolescenti (età da 14 a 19 anni) e preadolescenti (età da 11 a 13 anni), genitori ed insegnanti sono stati direttamente coinvolti in attività di prevenzione primaria, sensibilizzazione, informazione e formazione, organizzate a livello centrale.
La realizzazione del progetto incontrò, specialmente all'inizio, qualche difficoltà, talvolta di tipo organizzativo, ma più spesso legata alla diffidenza degli insegnanti, non ancora avvezzi a questo genere di attività. Ciononostante, questa iniziativa ha avuto, tra l'altro, il merito di porre in evidenza nuove attenzioni che arricchivano il concetto di insegnamento tradizionale: la comunicazione le relazioni interpersonali e gli affetti diventavano importanti ai fini della promozione di un clima di benessere, non solo per un'efficace prevenzione del disagio adolescenziale e giovanile, ma anche per migliorare l’apprendimento disciplinare.
Altro aspetto caratterizzante del progetto è stato quello di essere stato elaborato a livello regionale e imposto, più che proposto, alle scuole (all'inizio anche con l'obbligo di partecipazione da parte degli insegnanti).
Alla fine del quinquennio, i responsabili del Progetto Arianna, elaborarono una serie di suggerimenti: la diversificazione degli interventi, ogni istituzione scolastica avrebbe avuto autonomia di progetto; il coinvolgimento progressivo di tutte le componenti scolastiche; l’integrazione degli interventi di prevenzione nella programmazione e nelle attività scolastiche, fino all'adozione di una strategia educativa globale comprendente i principi della prevenzione stessa.
Questi suggerimenti si articolavano ulteriormente nella presentazione di attività specifiche quali dinamiche di gruppo, ascolto, accoglienza, orientamento scolastico e professionale, attivazione dei CIC, istituzionalizzazione del ruolo del Referente per l'Educazione alla salute.
Era questa l'eredità lasciata dal Gruppo di lavoro del Progetto Arianna (si veda in particolare il rapporto n. 5 dell'aprile 1996) eredità che costituiva il trait d'union tra la fase iniziale, decisa e gestita dall'alto, e gli interventi differenziati scelti autonomamente dalle singole scuole.
La via regionale all'Educazione alla salute, sulla scorta anche di queste indicazioni, confluiva così in quella nazionale.

Il Minotauro non demorde

A partire dall'anno scolastico 1995-96, terminato il Progetto Arianna, l'Amministrazione regionale, assumendo le indicazioni dei responsabili del Progetto, favorisce l’elaborazione di progetti autonomi da parte delle istituzioni scolastiche tramite la concessione di specifici finanziamenti. Nasce così, il Progetto Ponte, mezzo di transizione verso un nuovo modo di effettuare prevenzione nelle scuole.
Nell'anno scolastico 1996-97, parallelamente allo sviluppo del Progetto Ponte, il Laboratorio di Psicologia dello Sviluppo del Dipartimento di Psicologia dell'Università di Torino effettua una ricerca condotta da Silvia Bonino ed Elena Cattelino in collaborazione con l'Assessorato regionale Istruzione e Cultura. Un questionario denominato "Io e la mia salute" è somministrato ad un campione di 804 alunni, da 14 a 19 anni di età, considerato rappresentativo degli adolescenti valdostani.
L'indagine ha riguardato le attività extra scolastiche, gli atteggiamenti inerenti la scuola e la religione, i comportamenti a rischio (consumo di sostanze psicotrope, rapporti sessuali precoci o non protetti, cattive abitudini riferite all'igiene, alle ore di sonno e all'alimentazione, devianze, pornografia e violenza sessuale, guida pericolosa).
La ricerca ha fornito notizie sullo stato del consumo di sostanze dannose lecite ed illecite tra gli adolescenti della scuola1.
Paragonando alcuni dati, per quanto possa essere possibile farlo, con quelli della ricerca del 1987, si nota un notevole aumento del consumo di marijuana/hashish, mentre per le altre sostanze, nel complesso, non vi sono stati cambiamenti rimarchevoli. Rimane alto, a distanza di un decennio, il consumo di alcol. (Oggi bisognerebbe considerare, in più, l'irruzione delle sostanze sintetiche, le famigerate pasticche: facilità di consumo e pericolosità sono aumentati esponenzialmente!).
Tornando alla ricerca, l'analisi approfondita dei dati ha permesso di individuarne forti correlazioni, che confermano la presenza di costellazioni di comportamenti a rischio o di sindromi comportamentali. E’ importante che gli interventi di prevenzione primaria non si limitino a stigmatizzare le singole devianze, ma propongano anche modelli di riferimento positivi, aiutino, cioè, i ragazzi a costruirsi uno stile di vita socialmente accettabile, fondato su autostima e consapevolezza di sé, che li porti a vivere nuovi momenti di benessere.
Tutto ciò ha portato il Laboratorio di Psicologia dello Sviluppo a proporre una ricerca-azione da sottoporre alle scuole, nell'ambito del Progetto Ponte, per interventi di prevenzione esercitati non sugli o per gli individui, ma, al contrario, con gli adolescenti, i gruppi, la famiglia e la scuola.
In quelle Istituzioni scolastiche che hanno aderito alla proposta, (si veda nella sezione Pratiques l’esperienza del Liceo scientifico E. Bérard), gli esperti del Laboratorio, sono intervenuti nel lavoro di analisi, preparazione e verifica unicamente con gli insegnanti, mentre è stato compito di questi interagire con gli alunni nell'ambito del loro insegnamento e svolgendo argomenti disciplinari. Tali interventi sono stati "di tipo diretto, ossia focalizzati sulle funzioni dei diversi comportamenti a rischio, con l'obiettivo di rendere gli adolescenti consapevoli di tali funzioni e capaci di mettere in atto altri comportamenti, più salutari sul piano fisico e psicosociale, che permettano loro di perseguire gli stessi obiettivi" o "di tipo indiretto, ossia focalizzati sul potenziamento di alcuni fattori di protezione in ambito scolastico"2.

Un Ponte verso il benessere

La rielaborazione del Progetto Ponte (anni solari 2000-2001), si è inserita in un quadro di sperimentazione dell'autonomia scolastica, ed è stata caratterizzata innanzitutto dall'esame più attento della qualità dei progetti delle singole scuole, effettuato dal CTR, per il conferimento dei finanziamenti. Una particolare attenzione è stata anche rivolta alle attività di ascolto (Sportelli individuali o di gruppo, gestiti da psicologi o educatori professionali, rivolti prevalentemente agli alunni, ma anche ai docenti ed ai genitori). Le scuole hanno, inoltre, avuto la è possibilità, come prosieguo dell’indagine "Io e la mia salute" di sperimentare una forma di ricerca-azione.
La rielaborazione del Progetto Ponte prevedeva non solo la continuazione della formazione dei referenti delle scuole superiori, ma anche l'inizio della formazione per i docenti delle scuole di base.
Sono stati individuati, come strumenti per sviluppare la cultura dell’Educazione alla salute a scuola e nel rapporto col territorio, l'intensificazione della condivisione delle esperienze e la necessità di una collaborazione più intensa e coordinata tra le varie istituzioni pubbliche coinvolte.
La continuazione naturale, a livello regionale, del Progetto Ponte è stata il Progetto CIC che, di durata triennale, prevede la creazione sperimentale dei CIC e cura essenzialmente la formazione dei referenti alla salute.
Istituire i CIC ora, a dieci anni dalla proposta legislativa, non significa adottare modalità sperimentate altrove e già in parte superate, ma creare una nuova struttura per valorizzare attività e procedure in atto e potenziarne l’efficacia.
I CIC, oggi, costituirebbero un punto di incontro tra le varie componenti scolastiche per vivere i progetti della scuola, dalla loro elaborazione alla loro attuazione.
Un locale apposito, strumenti e materiali, ma soprattutto condivisione e collaborazione tra le persone caratterizzeranno i nuovi CIC: i tempi, le azioni, le modalità dipenderanno dai bisogni e dai desideri specifici dei soggetti delle singole Istituzioni scolastiche.
Lo Sportello, ad esempio, che ha avuto così successo tra gli alunni (tanta è la voglia dei ragazzi di parlare di sé) nell'ambito del Progetto Ponte, sia nelle scuole di base sia in quelle superiori in cui è stato sperimentato, e che era una delle forme tradizionali del CIC, diventerebbe ora, uno dei tanti servizi che il CIC può fornire, se la scuola lo ritiene opportuno.
I nuovi CIC dovrebbero recuperare sia il meglio delle sperimentazioni fatte in Valle d’Aosta (Informazione e Consulenza negli Sportelli), sia le indicazioni elaborate a livello nazionale, riconfermando come obiettivo da perseguire la prevenzione del disagio e stimolando nuove forme di collaborazione. Una migliore qualità delle relazioni e la possibilità di garantire spazi di protagonismo positivo ai rappresentanti di tutte le componenti della scuola potrebbero, infatti, essere elementi che riducono il disagio. Nei CIC (ora Centri d'Incontro e Collaborazione, Centri d'Innovazione Creativa, …) questo si dovrebbe fare.
Se il Progetto CIC riguarda le scuole secondarie superiori, per le scuole di base si inizieranno incontri di formazione, condivisione e supporto psicopedagogico rivolti ai referenti, che hanno ufficialmente fatto la loro comparsa nell'anno scolastico 2000-2001.
Pur non essendo mai stati destinatari di una specifica formazione relativa all’Educazione alla salute, gli insegnanti della scuola primaria mostrano notevoli capacità progettuali, organizzative e operative, anche grazie alla loro specifica preparazione, all'abitudine a trattare in équipe le problematiche scolastiche, alla loro particolare sensibilità rispetto alle questioni relative all'età evolutiva. In futuro maggiore attenzione andrà dedicata alla scuola di base: saranno l'esperienza e le esigenze manifestate dagli insegnanti a suggerire i temi della formazione che potrà avere come obiettivi l'aumento della capacità di leggere i segnali del disagio infantile, l'aumento del coinvolgimento delle famiglie, il miglioramento delle relazioni interpersonali e del clima scolastico.

RIFLETTENDO ...

Si farà ancora Educazione alla salute senza finanziamenti ad hoc?
Il POF (Carta d'Identità dell'Istituzione scolastica) potrà rispondere a questa domanda: non in quanto documento giuridicamente vincolante, ma in quanto simbolo ed espressione degli intendimenti e delle prospettive della scuola. Si intende con ciò sostenere che, a fronte di fondi non più dedicati specificatamente all'Educazione alla salute, dovrà essere la singola istituzione scolastica a fare uno sforzo maggiore per dedicarvi energie e risorse interne.
I finanziamenti, pur importanti, non costituiscono il primo dei problemi: esistono risorse pubbliche da utilizzarsi e progetti regionali cui aderire senza costi per la scuola e, in ogni caso, si praticherebbe già Educazione alla salute curando meglio i percorsi individualizzati, dando fiducia alle persone e sostenendole nelle relazioni con i pari e con i docenti.

Quale futuro per il docente referente di Educazione alla salute?
Come tutte le figure, dette di sistema, che nel passato anche recente si sono impegnate ben oltre le funzioni strettamente curricolari, i Referenti e gli insegnanti senza investitura, si trovano costantemente combattuti tra il desiderio di abbandonare il campo, per le frustrazioni, le incomprensioni e le difficoltà di ogni genere incontrate, e la volontà di proseguire comunque su una strada che finora ha dato più soddisfazioni morali che riconoscimenti ufficiali.

Che relazione potrà esserci tra il ruolo del Referente e la Funzione Obiettivo Area n. 3
Potrà, o dovrà, l'una figura confluire nell'altra, viste le caratteristiche dei referenti, sempre più coordinatori e facilitatori piuttosto che semplici (si fa per dire) progettisti ed organizzatori? Se così fosse si sancirebbe sia l'importanza data dalla scuola all'Area n. 3, sia la volontà di integrare progressivamente l'Educazione alla salute nel percorso curricolare.

Esisterà ancora l'"Educazione alla salute"?
Negli ultimi anni il concetto di Educazione si è parcellizzato in segmenti diversi (ed. stradale, ambientale, sessuale, ..): un unico palcoscenico, sempre i soliti attori, ma cento spot a interrompere l’azione. Parlare di curricolo essenziale e motivante, di relazioni pedagogiche rispettose e valorizzanti vuol dire ritornare ad un'interpretazione generale del termine di Educazione. Veri prerequisiti ad ogni apprendimento duraturo sono, infatti, la disposizione all'attenzione, la curiosità intellettuale che nascono da una condizione di benessere. Non si può essere educati, essere soggetti di un vero processo di apprendimento-insegnamento, se non si sta "bene". E questo vale anche per gli insegnanti.
Fare Educazione alla salute con le discipline, integrarla armonicamente nel processo formativo, parlare di curricolo emozionale consentirà, forse, ai nostri attori, di partecipare, finalmente, a una rappresentazione senza interruzioni pubblicitarie e a lieto fine.
Se così fosse la promozione del benessere (anzitutto scolastico) porrebbe basi più solide per lo sviluppo di stili di vita sani e per la prevenzione primaria dei comportamenti a rischio: il lato di Arianna, presente in ogni docente, potrebbe più agevolmente prevalere e il filo salvifico sarebbe più serenamente offerto e più facilmente ben accetto.

GLOSSARIETTO

A come ACCOGLIENZA
Bussa e ti sarà aperto! Sentirsi a casa è imparare a conoscere regole, diritti e doveri, nel rispetto degli altri essendo rispettato. L'accoglienza non finisce con le presentazioni reciproche. Il senso e la voglia di appartenenza a quella particolare scuola si costruiscono giorno dopo giorno: l'accoglienza … continua!

B come BENESSERE
Sentirsi appagati e sereni: chi non lo vuole? Ma quanto è difficile! Anche a scuola l'aspirazione è legittima, per tutti. Docenti, non sufficientemente considerati, socialmente ed economicamente, e alunni, sovente demotivati o sfiduciati, entrambi costretti, a volte, in schemi troppo rigidi, faticano a trovare gioia nell'insegnamento e nell'apprendimento: ma questo è possibile, sforzandosi un po', e senza nulla togliere al livello ed alla qualità della preparazione. Star bene a scuola: perché no?

C come CONDIVISIONE
Condividere ambienti, arredi, strumenti, sentirli propri induce maggiore cura e una migliore fruizione. Esiste anche un livello più profondo di condivisione: spartire gioie e dolori, successi e insuccessi, o semplicemente gli accadimenti della quotidianità scolastica, rafforza le relazioni, pur nella distinzione dei ruoli, e aumenta la partecipazione consapevole.

D come DISCIPLINA
Spesso la buona disposizione verso gli alunni viene associata ad un arretramento sul fronte della disciplina. In realtà regole progressivamente condivise, rispettate e fatte rispettare facilitano la comprensione reciproca e la partecipazione e … viceversa!

E come EMOZIONI
Un processo educativo complesso sollecita inevitabilmente sia il canale emotivo sia quello razionale, coinvolgendo il soggetto che apprende ed il soggetto che insegna nella loro interezza. Solo un apprendimento che dà emozione rimane.

F come FRUSTRAZIONI
Difficoltà e delusioni appartengono ad ogni età: riuscire a metabolizzarle è indice di crescita e di una nuova maturità. Le ragioni della caduta nella dipendenza stanno, oltre che nelle condizioni ambientali, familiari, sociali ed economiche, anche nell'incapacità dell'individuo a sopportare e gestire profonde amarezze, e nell'illusione di trovare vera e duratura consolazione nella sostanza tossica legale o illegale. Insegniamo ai bambini, ai ragazzi, a guardare oltre; aiutiamoli a costruire gli anticorpi delle frustrazioni!

G come GIOIA
La scuola deve essere seria, non seriosa. Si può anche sorridere qualche volta e un po' di autoironia non guasta.

H come HACKER
Esistono anche a scuola. Non si intende qui il dilettante competente inventore di virus informatici, ma di quegli operatori scolastici che, quatti quatti, iniettano virus nelle cellule dei nuovi processi educativi. Bisogna isolare e annientare il virus, non l'hacker scolastico: anch'egli avrà le sue ragioni, staniamolo e ascoltiamolo!

L come LINGUAGGIO
Gli alunni ci parlano anche con il loro corpo. Impariamo a codificare meglio i loro comportamenti, gesti, sguardi, posture e non temiamo di utilizzare questo importante canale di comunicazione!

M come MENO
Come reazione al rifiuto o allo scetticismo e nell'intento di fare cosa buona e giusta si è tentati a volte di fare sempre di più, anche nel campo della salute, anche quando le condizioni non lo permettono. Allora fermiamoci: a volte meglio meno, ma … meglio!

P come PREVENZIONE
La prevenzione è diminuire la possibilità di rischio informando e promuovendo atteggiamenti positivi. Significa anche promuovere una cultura della solidarietà che non stigmatizzi chi ha comportamenti non sempre socialmente accettati.

R come RESPONSABILITA’ e RISCHIO
Non c’è crescita senza esercizio di libertà e non c’è esercizio di libertà senza assunzione di rischio: solo così il giovane può diventare persona autonoma.

S-T come Spazio-Tempo
Le strutture fisiche e le cadenze della formazione possono essere mutate ed adattate alle nuove esigenze: la disposizione degli oggetti e la scansione degli avvenimenti siano a misura della persona, posta al centro di uno spazio-tempo ritrovato!


Pasquale Torino
Docente di scuola secondaria superiore.
Dall’a.s. 1999/2000 è referente all’Ufficio Educazione alla Salute presso il Servizio Ispettivo Tecnico della Sovraintendenza agli Studi della Regione Autonoma Valle d’Aosta
.

Note
1"Adolescenti tra rischio e benessere – Primi risultati di una ricerca realizzata in Valle d'Aosta" di E. CATTELINO e S. BONINO
2"Progetto di ricerca-intervento (Punto D del Progetto Ponte)" di S. BONINO e E. CATTELINO

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