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Famiglia, territorio, scuola: quale comunicazione?

“Le flux grandissant d’informations qui parvient aux formes
les plus avancées d’organisations humaines ne donne lieu
à communication que s’il est pris en charge dans un processus
d’échanges interpersonnels qui en rend possible la saisie,
la circulation, le traitement et le stockage en mémoire;
c’est ce qui confère son utilité à l’information.
Or, ceci est loin d’être communément le cas.”

Tiré de J. Beaudichon, La communication. Processus, formes
et application, Armand Colin/HER, Paris 1999.

L’Indagine svolta dall’IRRSAE sulla comunicazione nella scuola continua in questo numero con la documentazione di quanto è emerso rispetto alla comunicazione con l’esterno.
Gli interlocutori privilegiati sono stati: famiglie, altre scuole, amministrazione e territorio.
Rapportarsi con l’utenza E’ un modo per superare l’autoreferenzialità e diventare uno snodo di un sistema formativo integrato.


Nel 1999/2000, l’IRRSAE ha svolto un’indagine sullo stato della comunicazione nella scuola valdostana, per fornire elementi di conoscenza del fenomeno preso in esame, sollecitare una riflessione sulla situazione esistente e stimolare l’attivazione di eventuali iniziative di miglioramento.
Nello scorso numero della rivista, sono state illustrate le motivazioni che hanno spinto un’équipe di ricerca, costituita da Corinna Romiti e Rosi Tadiello, ad occuparsi di tale tematica ed è stata presentata una sintesi dei risultati relativi alla comunicazione all’interno della scuola.
Questo articolo intende invece documentare quanto è emerso rispetto alla comunicazione con l’esterno e in particolare con i seguenti interlocutori privilegiati:
- le famiglie degli allievi;
- le sedi staccate o i plessi della stessa scuola;
- le altre scuole esistenti nello stesso ambito territoriale;
- le Associazioni e gli Enti locali;
- l’Amministrazione (Sovraintendenza, Ispettorato, Assessorato all’Istruzione e Cultura).

La comunicazione con le famiglie degli allievi
Dall’indagine risulta che la maggioranza dei docenti delle materne, elementari e medie ritiene proficuo il flusso comunicativo tra la scuola e le famiglie degli allievi, mentre i loro capi d’Istituto assumono una posizione più critica. Peraltro anche una minoranza significativa di docenti delle medie definisce il flusso occasionale e qualcuno aggiunge che la comunicazione “non sempre è funzionale”, è “intensa, ma caotica e contraddittoria”, “senza un riscontro adeguato agli stimoli della scuola”, dipendente dalle abilità comunicative dei singoli insegnanti. Alcuni docenti delle elementari sottolineano inoltre la responsabilità della famiglia rispetto al problema della comunicazione (“sovente sono proprio i genitori che vorresti vedere che non vengono”), altri evidenziano la “fatica” del comunicare e dichiarano di chiedere aiuto allo psicologo.
Qualche capo d’Istituto afferma che “il compito è delegato alle insegnanti che hanno molte occasioni di incontro e di scambio con le famiglie” o che “il flusso è difficilmente controllabile”; qualcun altro sostiene che “non è facile trovare un modo per coinvolgere le famiglie”, pur riconoscendo che la comunicazione costituisce “un momento essenziale nella vita della scuola”. Colpisce la dichiarazione di un dirigente: “Non lo so [com’è il flusso], non sono l’utente”.
I rispondenti delle superiori si differenziano dagli altri gruppi del campione. Infatti i capi d’Istituto esprimono un giudizio decisamente più positivo dei loro colleghi, ritenendo in larga maggioranza proficuo il flusso delle informazioni; gli insegnanti, invece, si dividono quasi a metà tra coloro che lo valutano proficuo e coloro che lo definiscono occasionale. Nelle risposte aperte, emergono delle osservazioni che non si discostano da quelle dei colleghi degli altri livelli di scuola, in particolare si ribadisce il ruolo poco attivo o l’assenteismo di alcuni genitori; qualche insegnante dichiara poi di non conoscere lo stato dei flussi comunicativi nella propria scuola o li ritiene eccessivi.
• Relativamente alle modalità più utilizzate dalla scuola per comunicare con le famiglie, è emerso che per i docenti gli incontri formali sono il canale più utilizzato (probabilmente si fa qui riferimento ai colloqui periodici con i parenti degli allievi). Nelle elementari e nelle medie, una minoranza significativa cita anche le comunicazioni scritte e, nelle materne, gli incontri informali.
Per quanto riguarda i capi d’Istituto, solo quelli delle elementari si orientano, in maggioranza, sugli incontri formali, mentre tra i loro colleghi degli altri ordini e gradi di scuola prevale la tendenza a segnalare contemporaneamente tutti i canali proposti nel questionario (comunicazioni scritte e telefoniche; incontri formali e informali).
• In conclusione, il quadro delineato dai rispondenti, rispetto alla comunicazione scuola-famiglia, è più positivo per i docenti, meno per i capi d’Istituto. Non vanno poi sottovalutate le criticità evidenziate da una parte dei rispondenti.
In particolare, emerge il problema del coinvolgimento delle famiglie, giudicate a volte poco sensibili agli stimoli inviati dalla scuola. Questo dato non stupisce, considerato che l’inserimento di rappresentanti dell’utenza nella vita scolastica, tramite l’istituzione degli organi collegiali, raramente ha dato esiti soddisfacenti. La scuola dell’autonomia, quindi, oltre ad affrontare le nuove problematiche relative al cambiamento in atto, dovrà anche cercare di risolvere questa annosa questione. La recente normativa prevede infatti, per l’utenza, un ruolo decisamente più attivo e sottolinea la responsabilità delle istituzioni scolastiche nel promuovere azioni di coinvolgimento.
Il Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche (DPR 8.3.1999, n° 275), ripreso dalla Legge regionale 26.7.2000 n° 19, nel sottolineare che l’autonomia didattica delle scuole va concretizzata anche nel rispetto "della libertà di scelta educativa delle famiglie" (art. 4, comma 1), stabilisce che il Piano dell’Offerta Formativa deve essere "elaborato dal collegio dei docenti..., tenuto conto delle proposte e dei pareri formulati dagli organismi e dalle associazioni anche di fatto dei genitori..." (art. 3, comma 3); inoltre, afferma che "nell’ambito delle attività in favore degli adulti possono essere promosse specifiche iniziative di informazione e formazione destinate ai genitori degli alunni" (art. 9, comma 5).
Anche la Legge quadro in materia di riordino dei cicli dell’istruzione (Legge 10.2.2000 n° 30) sancisce che: "il sistema educativo di istruzione e di formazione è finalizzato alla crescita e alla valorizzazione della persona umana, [...], nel quadro della cooperazione tra scuola e genitori, in coerenza con le disposizioni in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche e secondo i principi sanciti dalla Costituzione e dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo" (art. 1, comma 1).
Questo richiede un cambiamento di mentalità, non solo tra gli operatori scolastici, ma anche tra i familiari, ai quali compete provvedere all’educazione e all’istruzione dei propri figli, esplicitando alla scuola il diritto ad un servizio efficace ed efficiente, ma anche la propria disponibilità a collaborare per assicurarlo. Sicuramente servono nuove modalità di partecipazione: in tal senso si auspica che l’attesa riforma degli organi collegiali ponga le basi per un miglioramento dei rapporti scuola-famiglia.
Preme anche evidenziare i rischi insiti nel delegare ai singoli insegnanti le iniziative di informazione rivolte alle famiglie. Si ritiene infatti che la scuola dovrebbe darsi delle procedure organizzate e comuni di comunicazione per evitare disparità di comportamento dipendenti dalla disponibilità dei singoli o dalle differenti scelte fatte dai Consigli di classe. Ciò non significa, chiaramente, rinunciare a quella flessibilità necessaria per adattarsi alle diverse situazioni e per facilitare l’ascolto reciproco.

La comunicazione con il territorio
Per quanto concerne la comunicazione tra la sede principale della scuola e le sezioni o i plessi staccati, quasi tutti i capi d’Istituto la giudicano proficua; gli insegnanti, invece, esprimono un parere più critico, dividendosi generalmente in due gruppi, posizionati l’uno sul proficuo - più consistente nelle materne e nelle medie - e l’altro sull’occasionale - un po’ più numeroso nelle elementari.
La differente percezione tra dirigenti e docenti probabilmente dipende dal fatto che i primi, dovendo curare i rapporti tra le diverse sedi, sono coloro che possiedono le informazioni e si adoperano per diramarle, però queste ultime, evidentemente, circolano a volte con difficoltà tra i docenti; ciò spiegherebbe anche il numero rilevante dei “non so” o dei non rispondenti alla relativa domanda del questionario.
Certamente è un dato su cui riflettere: il dimensionamento delle istituzioni scolastiche e l’attuazione dell’autonomia richiedono un grande impegno, finalizzato alla costruzione di una identità collettiva e alla definizione di un POF condiviso; tali obiettivi non potranno essere raggiunti se coloro che fanno capo alla stessa istituzione scolastica non si daranno delle modalità efficaci di comunicazione - strutturate, non episodiche - per mettere in comune rappresentazioni, comportamenti professionali, esperienze didattiche e per alimentare vissuti comuni rispetto all’organizzazione di appartenenza.
• Ai docenti e ai capi d’Istituto è stato anche chiesto di valutare il flusso comunicativo con le altre istituzioni scolastiche presenti nello stesso ambito territoriale.
Nella tabella 1, sono stati inseriti i giudizi che prevalgono tra i componenti dei due campioni dei vari ordini e gradi di scuola. Quando compaiono due voci, significa che non c’è un parere che predomina nettamente, ma che ve ne sono due con una differenza percentualmente poco significativa.


In generale, il quadro che emerge indica che la comunicazione tra scuole presenta delle difficoltà. Se si può capire l’inesistenza dei rapporti tra livelli di scuola non contigui, fa riflettere la prevalenza di contatti occasionali tra scuole dello stesso ordine e grado o tra scuole vicine in verticale. Qualche parere positivo viene comunque espresso, specialmente da operatori scolastici della scuola materna ed elementare, più insoddisfatti appaiono invece i rispondenti della secondaria di 1° e 2° grado. L’occasionalità dei contatti lascia presupporre che la scuola non abbia previsto e programmato rapporti con altre istituzioni scolastiche, per cui lo scambio di informazioni avviene in maniera episodica, magari per volontà di singoli insegnanti.
• Anche per ciò che concerne la comunicazione tra istituzioni scolastiche e Associazioni (cooperative, Pro-loco, gruppi di volontari...) o Enti locali (Comune, Comunità Montana, Regione, Azienda USL), si sono visualizzati i risultati indicando i pareri che raccolgono maggiori consensi (cfr. tabella 2).


La tabella evidenzia una prevalenza di flussi occasionali soprattutto a giudizio degli insegnanti, fatta eccezione per la maggioranza dei docenti delle elementari e di una parte di quelli delle materne che, rispetto al Comune, segnalano scambi informativi proficui.
In generale, la maggior parte dei capi d’Istituto ritiene proficui i flussi comunicativi con gli Enti locali - specialmente con la Regione - mentre sono considerati perlopiù occasionali i contatti con le Associazioni. Va evidenziato che la scuola che segnala una minore frequenza di rapporti con Enti locali e Associazioni è la superiore.
• Rispetto alla comunicazione tra scuola e Amministrazione regionale, essa è considerata proficua dalla stragrande maggioranza dei capi d’Istituto, mentre gli insegnanti si dividono tra due giudizi, nessuno dei quali raggiunge la maggioranza dei consensi: un gruppo si orienta su una valutazione positiva (leggermente prevalente nella secondaria di 1° e 2° grado), l’altro su una posizione più critica (in particolare nelle materne ed elementari).
Si può comprendere l’opinione dei dirigenti che, in quanto interlocutori diretti di Sovraintendenza, Ispettorato e Assessorato all’Istruzione e cultura, mantengono con loro contatti più assidui, ricevono in prima persona le comunicazioni e fanno da filtro con gli insegnanti; pertanto questi ultimi hanno una percezione “mediata” dei flussi informativi, percezione che potrebbe spiegare la spaccatura del campione docenti nel valutare i contatti con l’Amministrazione regionale. Alcuni insegnanti dichiarano persino di non essere in grado di giudicare la qualità dei flussi comunicativi.
Qualcuno sostiene inoltre che “sovente c’è ritardo, si apprendono novità dai giornali o da pubblicazioni, prima di avere ufficialmente i testi di decreti, leggi, circolari” e che “normalmente non si hanno risposte” a richieste avanzate.
• In sintesi, per quanto riguarda la comunicazione con il territorio, si può affermare che la costruzione di reti risulta un punto debole della scuola. Infatti, se esistono scambi comunicativi tra le scuole e tra queste ultime e i diversi enti del territorio, va però precisato che essi risultano perlopiù occasionali e a volte poco visibili, soprattutto per molti insegnanti. Inoltre, sembra più facile, per le scuole oggetto di indagine, in particolare per i capi d’Istituto, comunicare con gli Enti locali e l’Amministrazione regionale che non con le altre istituzioni scolastiche.
Ci si augura che la creazione degli istituti comprensivi della scuola di base rafforzi i contatti già esistenti rispetto alla continuità verticale e che gli accorpamenti in orizzontale realizzati nella scuola superiore possano facilitare la comunicazione tra scuole dello stesso ordine e grado. Si tratterà, in questi casi, di migliorare la circolazione della comunicazione all’interno della stessa istituzione scolastica, ma creare delle reti informative interne potrà servire da rodaggio per ottimizzare anche i flussi comunicativi con le altre scuole sul territorio e per promuovere quelle collaborazioni e quegli accordi interistituzionali previsti dalla normativa nazionale e regionale sull’autonomia scolastica (cfr. art. 7 del DPR n° 275/1999 e art. 12 della Legge regionale n° 19/2000).
• Sicuramente, il maturare di una nuova percezione dell’organizzazione, richiesta per la gestione delle istituzioni scolastiche autonome e dimensionate, farà prendere coscienza del valore strategico della comunicazione nella scuola. Tale problematica è stata forse sottovalutata in passato, a fronte di altre questioni che si impongono con maggior forza all’attenzione, ma l’organizzazione ha bisogno di comunicazione, interna ed esterna. Comunicazione interna, per alimentare processi di coinvolgimento, condivisione, responsabilizzazione e appartenenza, senza i quali l’autonomia rischia di svuotarsi di significato e di mancare il suo obiettivo: innovare il servizio scolastico per incrementare il successo formativo degli alunni; e comunicazione esterna, per rapportarsi con l’utenza, con le altre scuole e i vari enti sul territorio, per superare l’autoreferenzialità e diventare uno snodo di un sistema formativo integrato.

Rosi Tadiello
Docente comandata IRRSAE Valle d’Aosta.
Svolge attività di ricerca e monitoraggio in vari ambiti.
Da alcuni anni si occupa, in particolare, di tematiche relative all’autonomia scolastica.

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