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Fitopatologia

SUI DISSECCAMENTI ACUTI E GENERALIZZATI DEL PINO SILVESTRE NELL'ENVERS DELLA MEDIA VALLE D'AOSTA

di Paolo Gonthier, Luana Giordano e Giovanni Nicolotti
Università degli studi di Torino, Dip. di Valorizzazione e Protezione delle Risorse Agroforestali Di.Va.PR.A. - Patologie Vegetali
Gravi deperimenti del pino silvestre si sono manifestati, a partire dal 2005, su estese superfici nella fascia submontana sita fra i 650 e i 1000 m s.l.m. dei versanti esposti a nord nei comuni di Gressan, Jovençan ed Aymavilles.

Il Di.Va.P.R.A. dell’Università di Torino, in collaborazione con la Direzione Foreste dell’Assessorato Agricoltura e risorse naturali della Regione Autonoma Valle d’Aosta, ha intrapreso una serie di indagini per cercare di individuare le cause del fenomeno e monitorarne l’evoluzione.

Il deperimento delle foreste di conifere, in particolare di pino silvestre (Pinus sylvestris L.), è un fenomeno noto in tutta Europa.
Nell’arco alpino esso è accentuato soprattutto nelle vallate con andamento est-ovest, a clima più continentale, come ad esempio la valle del Rodano in Vallese, la valle centrale della Valle d’Aosta, la Valle di Susa in Piemonte. Il deperimento del pino silvestre sulle Alpi,
recentemente indagato anche in Valle d’Aosta nell’ambito di un progetto Interreg Italia-Svizzera, si manifesta in modo cronico con il disseccamento, dopo una fase di progressivo indebolimento, di singoli esemplari o piccoli gruppi di piante distribuite casualmente nei popolamenti.

Tale sindrome, che si manifesta più intensamente nelle foreste poste al di sotto dei 1.000 m s.l.m., è considerata come l’effetto di una serie complessa di fattori, tra cui il clima, la competizione con altre specie, tra cui la roverella, la presenza di parassiti come ad esempio vischio, nematodi dell’alburno, insetti corticicoli e funghi patogeni (Rigling et al., 2006; Rigling et al., 2007).

Tali fenomeni di deperimento, distribuiti in maniera più o meno intensa su tutto il territorio regionale, sembrerebbero avere poco in comune con i disseccamenti di tipo acuto manifestatisi in modo generalizzato ma con una distribuzione ben definita a partire dalla primavera del 2005 nelle pinete che rivestono le pendici dei Comuni di Gressan, Jovençan e Aymavilles.


Il contesto

I popolamenti interessati da questa grave forma di deperimento costituiscono gli elementi caratterizzanti l’attuale paesaggio dell’envers assieme ai vigneti, prati e pascoli di bassa quota e nuclei abitativi rurali.

All’inizio del secolo scorso, i terreni ove attualmente è radicato il bosco di pino silvestre, erano occupati da vigneti, coltivi vari e pascoli. Intorno alla Seconda Guerra Mondiale, all’abbandono delle colture e alla progressiva riduzione del carico pascolivo, seguì la ricolonizzazione spontanea delle superfici, per lo più terrazzate, da parte del pino silvestre, che portò a foreste di media copertura.

Si tratta dunque di foreste di prima generazione, con un’età media di circa 60 anni, andate incontro, per via della mancanza di cure colturali, ad un progressivo degrado che ne ha compromesso la stabilità strutturale ed ecologica.

Ciò può aver reso queste foreste vulnerabili a fattori di disturbo sia endogeni, come ad esempio attacchi di parassiti endemici, sia esogeni, come ad esempio estremi climatici.

Tuttavia, il degrado di cui sopra, di per sé, non è tale da giustificare fenomeni di disseccamento, spesso totali, come quelli registrati a partire dal 2005 tra Gressan e Aymavilles su una superficie di più di 100 ettari e, a partire dalla tarda primavera del 2007, in un’area ben più vasta comprendente le pinete basali dei Comuni dell’envers siti tra Pollein e Pontey.



Visione d’insieme dei disseccamenti delle pinete del Comune di Jovençan nel mese di aprile 2007





















Gli interrogativi e l’approccio metodologico

Il fenomeno pare dunque, dal punto di vista geografico, in espansione. Ma qual è la sua gravità e quale può essere la sua evoluzione? Esso può essere reversibile? Quali sono i fattori coinvolti? Può essere combattuto?

Come per tutte le sindromi complesse, mancanti di una causa conclamata, l’approccio di indagine, tutt’ora in corso, ha previsto l’integrazione di competenze ecologiche, ecofisiologiche, fisiopatologiche, patologiche ed entomologiche.

Alcune caratteristiche della sindrome, come ad esempio la sua iniziale distribuzione ben definita e la successiva espansione geografica, la sua selettività sul pino silvestre potrebbero far presagire un significativo contributo di fattori di natura parassitaria.

Tuttavia, anche fattori di natura non parassitaria come estremi climatici (es. siccità) potrebbero aver determinato o favorito i disseccamenti, innescando parassiti secondari in grado di attaccare ed uccidere individui indeboliti.

Ma se così fosse, perché il fenomeno si sta verificando sul versante esposto a nord e non su quello esposto a sud dove il pino silvestre vegeta in stazioni ben più estreme dal punto di vista della disponibilità idrica? E perché esso interessa in modo selettivo il pino silvestre mentre sembra non interessare specie, come l’abete rosso, presenti sugli stessi versanti e caratterizzate da fabbisogno idrico ben più elevato?


I sintomi sulle piante, rilievi sul grado di deperimento e sulla sua evoluzione

Nella sua fase più acuta, il deperimento si manifesta con la decolorazione (arrossamento) della chioma seguita dal completo disseccamento dell’individuo.

La caduta degli aghi procede dall’interno dei rametti verso l’esterno, cioè a partire dagli aghi più vecchi. I rametti terminali, densi di aghi, assumono spesso un aspetto a “spazzolino” (Fig. 2). L’imbrunimento degli aghi, che segue l’arrossamento, è un sintomo piuttosto comune.



Alcuni particolari dei disseccamenti acuti
del pino silvestre nella media Valle d’Aosta

I rilievi sul grado di deperimento, sulla sua evoluzione e le indagini fitopatologiche sono stati eseguiti in 3 aree di studio permanenti di circa 1200 m2, la prima sita in una delle zone visivamente più interessate dal deperimento, a Gressan (Gressan 1), le altre due ai margini della zona deperiente, una a Gressan (Gressan 2) e l’altra ad Aymavilles.

Nel primo sito (Gressan 1), la percentuale media di defogliazione, parametro correlato con il grado di deperimento della pianta (Dobbertin et al., 2004), era nell’aprile 2007 estremamente elevato: 81%. Il 18% delle piante erano morte mentre il 45% erano seriamente compromesse con percentuali di defogliazione superiori al 76%. La situazione era meno grave nelle altre due aree indagate.



Tuttavia, dai rilievi effettuati a cadenza mensile durante la stagione vegetativa 2007 con la metodica svizzera (Muller e Stierlin, 1990), è emerso un rapido e significativo peggioramento delle condizioni anche in queste due aree (Fig. 3), a dimostrazione che il fenomeno non è solo in espansione geografica ma anche in evoluzione in aree già deperienti. Durante la stagione vegetativa 2007 è inoltre aumentata ovunque la percentuale di piante con aghi imbruniti (Fig. 3).



Imbrunimento degli aghi





















Indagini fitopatologiche

Nelle pinete interessate dal deperimento non è presente vischio (Viscum album ssp. austriacum). Questo parassita, il cui areale di distribuzione in Valle d’Aosta dalla bassa valle giunge sino a Verrayes, si è dimostrato un elemento cogente decisivo nella progressione del deperimento del pino in altre zone delle Alpi (Rigling et al., 2006).

Le analisi di campioni di alburno di piante morte e deperienti effettuate presso il WSL di Zurigo hanno inoltre dato esito negativo sulla presenza di nematodi del genere
Bursaphelenchus, la cui patogenicità è noto essere rinforzata dalla siccità (Rigling et al., 2006).

E’ da rilevare che diverse specie di Bursaphelenchus, tra cui B. vallesianus e B. sexdentati, sono state recentemente segnalate in Valle d’Aosta in foreste di pino silvestre caratterizzate da deperimento cronico.

Analogamente a quanto riscontrato in provincia di Bolzano in relazione a disseccamenti di pino simili a quelli da noi indagati (Minerbi et al., 2006), è emersa la presenza, seppure con frequenza non elevata, di gallerie subcorticali del coleottero cerambicide Acanthocinus aedilis e del buprestide Phaenops cyanea.

Ambedue le specie colonizzano tipicamente pini deperienti. Sorprende come varie specie di scolitidi (es. Tomicus spp., Ips spp.), pur presenti nell’ecosistema, non abbiano approfittato dello stato di sofferenza apportando significative infestazioni.



Evoluzione mensile del grado di defogliazione in due foreste esaminate (in alto) ed evoluzione della frequenza di piante con aghi imbruniti durante la stagione vegetativa 2007 (aprile-settembre). Nei grafici in alto a lettere diverse corrispondono valori statisticamente diversi


Di natura secondaria ed indirizzati a piante già indebolite sono anche gli attacchi della maggior parte dei funghi patogeni riscontrati: Cenangium ferruginosum, agente di necrosi corticale a carico dei rami, Sclerophoma pithyophila e Truncatella hartigii, agenti di malattie degli aghi, e funghi Ophiostomatoidi associati al sistema vascolare delle piante (Fig. 4).

Fa eccezione Cyclaneusma minus, patogeno primario capace di infettare piante in buone condizioni sanitarie, che determina l’ingiallimento e il distacco prematuro degli aghi di due o più anni di età (Fig. 4).

 

Fig. 4. Sintomi di sindromi vascolari causate da funghi Ophiostomatoidi (a sinistra) e di malattie fogliari causati da Cyclaneusma minus (a destra) su pino silvestre


Se da un lato l’estrema frequenza di questo patogeno nelle aree indagate potrebbe avere avuto un effetto additivo sullo stato di sofferenza, giustificando anche una parte del quadro sintomatologico (distacco degli aghi vecchi), dall’altro la sua presenza, peraltro in aumento in gran parte delle pinete dell’arco alpino occidentale, non è tale da giustificare il quadro sintomatologico nel suo complesso e la morte degli individui.


Indagini climatiche ed analisi retrospettive comparate con altri episodi di deperimento acuto del pino in Valle d’Aosta

Il fabbisogno idrico di una pianta per il suo metabolismo e per la traspirazione è funzione di una serie di fattori di natura anche climatica tra cui la temperatura, l’umidità atmosferica e il vento.

Quando l’intensità traspiratoria della pianta, esaltata da temperature elevate, bassa umidità atmosferica e vento intenso, non è compensata da un’adeguata disponibilità idrica nel suolo possono subentrare gravi stati di sofferenza, talora irreversibili.

Premesso che la zona dove si sono verificati i disseccamenti ricade nel “pôle d’aridité valdotain”, ossia nel settore della regione caratterizzato dalle minori precipitazioni, l’analisi delle serie storiche dei parametri climatici ha consentito di documentare, per via dell’eccezionalità delle condizioni, il verificarsi di alcune anomalie potenzialmente in grado di giustificare i disseccamenti.

La forte siccità dell’estate del 2003, nel contesto valdostano, non sembrerebbe essere l’unico fattore scatenante, come invece suggerito da Minerbi et al. (2006) per la provincia di Bolzano.
 
Rimasti pressoché invariati, nelle serie storiche, i valori relativi all’intensità del vento e umidità atmosferica, hanno subito oscillazioni rilevanti gli altri due fattori condizionanti l’attività traspiratoria della pianta: la temperatura e in misura maggiore le precipitazioni, come documentato dal calcolo dell’indice ombrotermico estivo che rappresenta in maniera sintetica il rapporto tra la disponibilità idrica e la richiesta evaporativa (Rivas-Martinez, 1990). Infatti, dal grafico (Fig. 5) risulta evidente come il succedersi di due annate consecutive caratterizzate da notevoli anomalie legate alla combinazione di questi due parametri innescherebbe i fenomeni di disseccamento.


Serie storica e media mobile dell’indice ombrotermico estivo, calcolato sui dati di precipitazioni e temperature di St.-Christophe. In rosso un’ipotetica soglia minima di innesco dei fenomeni di disseccamento per il pino silvestre. Si noti che i disseccamenti (freccia), sia quelli dell’inizio degli anni ’90 sia quelli attuali, sono insorti dopo un minimo di questo indice.
 


Il modello proposto e la sua soglia di anomalia climatica spiegano perfettamente altri episodi di disseccamento del pino simili a quelli attuali, ad esempio quello verificatosi sempre sul versante rivolto a nord nel 1992 nella media Valle d’Aosta e precedentemente attribuito a cause complesse, per lo più ignote (IPLA, 1993; Vertui e Tagliaferro, 1998). Tale modello può quindi avere una valenza predittiva.

Se le anomalie climatiche si sono verificate nel fondovalle di tutta la media Valle d’Aosta perché a risentirne sono state esclusivamente le pinete dei bassi versanti esposti a nord?

Le piante dei versanti esposti a sud tollerano certamente meglio rispetto a quelle dei versanti esposti a nord periodi di prolungata siccità. Esse sono infatti strutturalmente acclimatate e dotate di meccanismi atti a compensare e ridurre il flusso idrico di traspirazione, per mezzo di un sistema vascolare con elementi di ridotto diametro, alburno di ridotte dimensioni, foglie più piccole o un accresciuto rapporto tra radici e chioma (Bréda et al., 2006). Ciò spiega la distribuzione del fenomeno a livello regionale.

La selettività del fenomeno sul pino silvestre sembra essere giustificata da una serie complessa di fattori, tra cui il clima, il suolo, l’età delle piante e la conformazione del loro apparato radicale.

Pur non avendo eseguito studi approfonditi sul suolo, esso pare, nelle zone indagate, di media profondità. In suoli di tale tipo il pino silvestre sviluppa, a differenza di altre specie, tra cui l’abete rosso, un apparato radicale relativamente profondo.

Mentre specie ad apparato radicale superficiale riescono ad intercettare ed avvalersi di acqua piovana anche quando questa è poco abbondante, le specie con apparato radicale profondo sono estremamente sensibili a drastiche riduzioni delle precipitazioni, soprattutto quando queste avvengono in concomitanza con abbassamenti della falda freatica.

Ciò è particolarmente vero nel caso di piante adulte, incapaci di sopperire emettendo in modo significativo nuove radici e modificando l’architettura radicale.


Conclusioni e prospettive

L’origine prettamente climatica dei disseccamenti impedisce l’adozione di qualsiasi misura di contenimento. E’ inoltre difficile prevedere l’esito del fenomeno.
Esso è ancora in evoluzione, ma non è esclusa una seppure parziale reversibilità, come registrato per l’evento del 1992.
Molto dipenderà dal perdurare dei fattori scatenanti.
Fortunatamente, il fenomeno non sembra innescare significativi problemi fitosanitari e le popolazioni di patogeni ed insetti secondari paiono sotto controllo.

Escludendo interventi mirati, finalizzati ad esempio a contenere rischi naturali (es. incendi), la selvicoltura protrebbe in prospettiva guidare la progressiva riconversione di quei soprassuoli da pineta a foresta mista con latifoglie o di latifoglie, tanto più che in uno scenario di forti cambiamenti climatici globali le anomalie scatenanti i disseccamenti del pino silvestre saranno sempre più frequenti e durature.


RINGRAZIAMENTI
Gli autori ringraziano la Direzione Foreste, nelle persone del Direttore E. Pasquettaz, J.C. Haudemand, I. Rollet e A. Domaine, la studentessa universitaria C. De Zio, J. Polomski e B. Wermelinger del WSL di Zurigo.

BIBLIOGRAFIA

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IPLA, 1993. Indagine sullo stato vegetativo delle foreste nella Regione Valle d’Aosta. Relazione Finale, Regione Autonoma Valle d’Aosta. 80 pp.

Minerbi S., Cescatti A., Cherubini P., Hellrigl K., Markart G., Saurer M., Mulinelli C. 2006. La siccità dell’estate 2003 causa di disseccamenti del pino silvestre in Val d’Isarco. Forest observer, vol. 2/3, 89-144.

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