Recensioni
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Andrea Poggio e Maria Bernini, Green Life. Guida alla vita nelle città del domani, Milano, Edizioni Ambiente, 2010.

I contesti urbani sono giganteschi consumatori di energia, produttori di rifiuti e inquinanti. È qui, dove vive e si relaziona più della metà della popolazione mondiale, che il cambiamento verso stili di vita più sostenibili potrebbe trovare terreno fertile. Il percorso narrativo del saggio, che si proietta in modo ottimista nelle città del futuro, tocca temi fondamentali legati all’ambiente, dalle energie alternative alle emissioni di gas serra, dalle certificazioni energetiche degli edifici ai nuovi condomini green, dalla mobilità dolce alla giusta densità urbana. Gli eco-quartieri descritti meritano un cenno a parte. Nel Nord Europa - in Germania, Austria, Svezia, Olanda, Danimarca - sono state fatte scelte consapevoli, compiute da città, imprenditori e cittadini, per dare forma alla sostenibilità urbana. A Friburgo, il quartiere Vauban (5000 persone, 2000 appartamenti, 380000 metri quadrati) nel 1993 inizia una bella storia di progettazione partecipata: si crea un quartiere per giovani famiglie, con passive house, teleriscaldamento alimentato da biomasse locali e gas naturale, fotovoltaico, ottimi trasporti locali fanno sì che sia necessario un numero limitato di posti auto (perché c’è il car sharing per il 40% delle famiglie) e quindi grandi aree di socializzazione tra una casa e l’altra. A Vienna, nel 1996, nel nuovo quartiere Floridsdorf è stato chiesto agli abitanti di rinunciare del tutto alle auto (offrendo trasporti efficienti) e nello spazio risparmiato (da box e parcheggi) sono state fatte officine per le bici, saune, palestre, spazi gioco bimbi, centri giovani, giardini pensili. Perché “il tempo delle scuse, delle ideologie, della stolta contrapposizione ambiente/progresso – dice Filippo Solibello nella prefazione – è finito da un pezzo nel resto d’Europa e sarebbe bene che anche qui da noi ci si applicasse con maggiore convinzione alla progettazione intelligente di un ecosistema urbano e non, migliore di quello attuale”.
Stefania Lusito 

Anna Re (a cura di), Americana verde. Letteratura e ambiente negli Stati Uniti, Milano, Edizioni Ambiente, 2009. 

“Ho provato forte l’emozione di diluirmi nel paesaggio. Ho avvertito la mente acquietarsi e la personalità indurita dalla vita metropolitana sciogliersi, quasi assorbita dalle rocce, dalla sabbia, dai cieli” è con questa citazione di Cesare Medail che Anna Re apre la sua raccolta di scrittori - Henry James, Mark Twain, Ernest Hemingway, William Faulkner - a cui aggiunge contemporanei meno noti, ma altrettanto interessanti per capire il rapporto dell’uomo con il suo territorio. Dalle narrazioni appare subito chiaro che la crisi ambientale è conseguente alla crisi culturale che stiamo vivendo. Ecco allora che i nature writers propongono una rivoluzione etica della società: “se la specie umana riconoscesse il fatto di essere parte della comunità ecologica dovrebbe riconoscere i diritti di tutti gli esseri naturali che la abitano” dice Anna Re. La letteratura apre uno spiraglio, fornisce verità alternative alle crisi sociali, e può dar voce alla natura – silenziosa e troppo spesso considerata un semplice scenario della vita umana – “tentando di restituire all’uomo il senso profondo del suo essere”. La consapevolezza di appartenere ad uno stesso pianeta implica dare una “rispettabilità morale” a ogni organismo vivente. Gli scritti scelti, a differenza del saggio scientifico divulgativo, includono le riflessioni personali e le esperienze degli autori. Dai fondatori del nature writing come Thoreau ed Emerson (“Ma se un uomo volesse stare solo, fategli guardare le stelle. I raggi che provengono da quei mondi celesti, lo distaccheranno dalle volgarità di questo mondo”), ai classici come Rachel Carson fino alla green generation dei contemporanei, Anna Re accompagna il lettore con note biografiche e considerazioni su ogni autore. Perché “il territorio è come la poesia: è inspiegabilmente coerente, trascende il suo significato e ha il potere di elevare la vita umana”, dice Barry Lopez, portavoce della wilderness più estrema, quella dell’Artico.
S.L.
 
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