ARIA DI MONTAGNA
Ciò che altera la composizione naturale dell’aria sono in realtà piccole quantità di particelle che hanno la capacità di indurre effetti misurabili sulla salute dell’ambiente naturale e dell’uomo.
INQUINANTI E SORGENTI
di Manuela Zublena
Figura 2: andamento delle emissioni da traffico.Occuparsi di inquinamento atmosferico non significa solo controllare, descrivere e notificare lo stato della qualità dell’aria, attraverso sistemi e reti di monitoraggio e misura. È necessario conoscere le cause generatrici, le caratteristiche e il comportamento delle sostanze che, prodotte e immesse in atmosfera, alterano la composizione naturale dell’aria e causano i livelli di concentrazione rilevati. Misurare e interpretare, per prevedere e agire. Guardando certo alla realtà che più da vicino ci riguarda, ma in una nuova prospettiva globale, che diventa di giorno in giorno sempre più importante.
Oggi infatti i fenomeni relativi all’inquinamento atmosferico richiedono di essere declinati secondo scale spaziali e temporali più lunghe, cui corrispondono problemi, modalità di approccio e di soluzione diversi. Si parte così dal livello locale (inquinamento di prossimità) che è quello che storicamente si è percepito e affrontato per primo perché direttamente percepito come disturbo. Si riferisce soprattutto al problema dell’inquinamento nei grandi centri urbani dove la forte densità abitativa e la presenza di attività umane comporta una grande concentrazione di sorgenti inquinanti con maggiori livelli di inquinamento e dove maggiore è anche il numero di persone esposte all’inquinamento.
Figura 1: rappresentazione delle emissioni totali annuali di ossidi di azoto per maglie territoriali di 500 metri di lato.Si passa poi al livello regionale (inquinamento a lunga distanza). Gli inquinanti prodotti dalle attività umane ed emessi in atmosfera in parte ricadono in diretta prossimità della sorgente ma possono anche essere trasportate molto lontano rispetto al punto di rilascio, per effetto dei moti delle masse d’aria. Inoltre alcuni inquinanti subiscono trasformazioni in atmosfera a seguito di reazioni chimiche e fotochimiche inducendo problemi di carattere più generale quali l’acidificazione e lo smog fotochimico.
Infine il livello globale (inquinamento planetario). Poiché l’aria è un mezzo senza confini che mescola, trasporta, distribuisce, la presenza di particelle di inquinanti ha prodotto effetti sul piano globale. Questo tipo di inquinamento è stato messo in evidenza piuttosto recentemente (negli anni ’80) con le osservazioni sull’assottigliamento dello strato d’ozono stratosferico alle medie latitudini e sull’effetto serra, che riguardano l’intero pianeta, come somma e amplificazione dei singoli problemi locali. L’aria, quella pellicola che avvolge la terra non vede i confini e trasportando e diffondendo le particelle in essa immesse da un sito all’altro, li unisce, accomunandoli, in un unico problema.
L’impegno scientifico va quindi nella direzione di definire, con riferimento ad ogni scala, le relazioni tra cause e impatti. Quelle relazioni causali che in epoche lontane sembravano attribuibili a ben altre dimensioni, sino a quella dell’intervento divino, come si legge in un documento del 1749 relativo alla difesa sostenuta da imprenditori delle miniere di rame di Saint-Marcel che replicavano presso il Conseil des Commis alle accuse avanzate dal mondo contadino contro gli effetti nocivi sui raccolti a causa dei fumi prodotti dalle fonderie.
“Cette poursuite ne peut être fondée sur autre raison que sur une clameur de quelques personnes qui, au lieu d’attribuer aux pechés, aux crimes des habitants, le derangement de saison et l’intemperie de l’air, le froid, les secheresses, qui, au lieu de penser qu’il n’y a que les iniquités qui font le ciel d’airain, qui rendent la terre comme une marastre, qui, suivant le langage de l’Ecritture, mettent un mur de separation entre Dieu et les hommes, s’avisent de croire que les minières en sont la cause, pour multiplier les iniquités plus hardiment. Un homme qui a le sens commun pourrat-il conclure que les minières ont causé ce grand froid qui a duré jusqu'à la fin de juin et qui a desolé nos campagnes, pourrat-il se figurer que les minières ont seché les noyers, produit tant d’insectes qui ont ruiné les plantes, donné au soleil cette chaleur excessive qui a fait tant de mal pendant le mois de julliet les environs de la Ville … ?” (1)

Tabella 1: gli undici macrosettori.Era la metà del XVIII secolo e la sola ipotesi che a causa dei fumi dei fourneaux si avesse avuto un anomalo periodo di siccità e calura, come evidentemente gli agricoltori sostenevano, sembrò un paradosso e scatenò lo scherno e l’ironia. Se certo a quell’epoca era un po’ prematuro parlare di cambiamenti del clima, poiché si era solo agli albori dei grandi problemi di inquinamento atmosferico portati dall’avanzare dell’industrializzazione, né peraltro le conoscenze scientifiche erano così avanzate, quel riferimento a fenomeni meteorologici atipici, appare come una sorta di predizione di ciò che oggi è uno tra i principali problemi del terzo millennio.
Se dunque l’attenzione deve sempre considerare la scala globale, l’interesse e la sensibilità di ognuno di noi riguarda prioritariamente ciò che avviene a casa propria, in quella realtà a lui vicina che più direttamente percepisce. E peraltro dalle informazioni relative alla propria tessera di ambiente si concorre a completare il mosaico delle conoscenze complessive fino a riferirsi sul piano generale. Quali dunque gli inquinanti e le sorgenti che li producono nella nostra regione?

Gli agenti inquinanti
Ciò che altera la composizione naturale dell’aria sono in realtà piccole quantità di particelle che hanno la capacità di indurre effetti misurabili sulla salute dell’ambiente naturale e dell’uomo. Se si considera un volume di aria secca, circa il 78% è composto da azoto (N2), il 21% da ossigeno (O2), l’1% da argon (Ar); altre sostanze sono presenti in concentrazioni molto inferiori. Tra queste l’anidride carbonica (CO2) si trova in percentuali dell’ordine dello 0.03-0.04%, cioè 3-4 parti su 10.000. Le sostanze inquinanti che sono oggetto di attenzione per la valutazione della qualità dell’aria si trovano nell’ordine di alcune parti per milione o per miliardo.
Nello studio delle sostanze inquinanti, oltre a distinguere le singole specie chimiche in funzione del loro livello di pericolosità per la salute dell’ambiente e dell’uomo definendo soglie di accettabilità in ambiente diversificate, si raggruppano gli agenti inquinanti in categorie, in relazione ad alcuni parametri caratteristici.

Una prima classificazione viene attuata secondo l’abbondanza con cui gli inquinanti sono presenti in atmosfera. Si distinguono allora in:

• macroinquinanti: si intendono quelle sostanze le cui concentrazioni nell'atmosfera sono “più abbondanti” e dell'ordine dei millesimi di grammo per metro cubo (milligrammi) o dei milionesimi di grammo per metro cubo (microgrammi); è il caso di alcune sostanze prodotte dai processi di combustione quali la CO2, il CO, gli ossidi di azoto (NO, NO2), l’SO2; sono macroinquinanti anche l’ozono (O3) e le polveri aerodisperse;

• microinquinanti: comprendono quelle sostanze che si trovano in atmosfera in concentrazioni dell'ordine dei miliardesimi di grammo (nanogrammi) al metro cubo; è il caso di alcune sostanze quali i metalli pesanti, gli idrocarburi policiclici aromatici, le diossine.

Un ulteriore raggruppamento delle sostanze inquinanti viene effettuata in funzione della loro origine:

• primari: si intendono quegli inquinanti che vengono emessi direttamente dalla sorgente. I principali inquinanti sono quelli emessi dai processi di combustione: l’anidride carbonica, il monossido di carbonio, il monossido di azoto, il biossido di zolfo, composti organici volatili, idrocarburi policiclici aromatici;

• secondari: a seguito dell’emissione in atmosfera, gli inquinanti primari sono soggetti a processi di diffusione, trasporto e deposizione, ma possono anche subire dei processi di trasformazione chimico-fisica dando origine a nuove specie inquinanti: si parla allora di inquinanti secondari intendendo quelle sostanze che si formano in atmosfera a seguito di reazioni chimico-fisiche a partire dagli inquinanti primari; un tipico inquinante secondario è l’ozono che si produce a seguito di una serie di reazioni che avvengono fra gli ossidi di azoto e i composti organici sotto l’effetto della radiazione solare. Questa catena di reazioni porta alla formazione anche di altri composti complessi, quali il perossiacetilnitrato (PAN), l’acido nitrico, la formaldeide e altre sostanze minori che costituiscono il cosiddetto smog fotochimico.

Le sorgenti inquinanti
La presenza di numerose tipologie di sorgenti di agenti inquinanti in atmosfera ha reso necessaria l’elaborazione di una loro classificazione in base a criteri univoci, in modo da garantire una armonizzazione nei metodi di trattazione del problema dell’inquinamento atmosferico. Il livello di riferimento è quello europeo che, nell’ambito del progetto CORINAIR ha introdotto una nomenclatura unica ed uguale per tutti gli stati membri detta SNAP97 (Selected Nomenclature for Air pollution activities).
Tale classificazione si basa sulla ripartizione delle attività responsabili di emissioni in atmosfera di inquinanti monitorati in dieci macrosettori, a cui si aggiunge l’undicesimo macrosettore delle sorgenti naturali (cfr. tabella 1).

Ognuno di questi macrosettori comprende poi delle attività, a loro volta codificate, che vengono quantificate nell’ambito territoriale di studio attraverso un determinato indicatore.
Periodicamente si provvede ad aggiornare le informazioni attraverso una raccolta di dati che in Valle d’Aosta è curata dall’ARPA.
Prendendo ad esempio il settore del traffico, ogni anno, attingendo da diverse fonti di informazione (le società di gestione delle autostrade e dei tunnels, l’amministrazione regionale, gli enti locali, Trenitalia, ACI…) oppure tramite rilievi diretti, si aggiorna il volume di traffico transitato nei vari nodi della rete viaria regionale. Con adeguati modelli di calcolo che riproducono l’intero sistema viario regionale, vengono determinati i volumi di traffico relativi ai diversi tratti stradali. Anche la tipologia del parco auto distinta per categorie di mezzi viene periodicamente ridefinita.

Al fine della valutazione georeferenziata dell’impatto prodotto sull’ambiente, le sorgenti possono essere classificate in base alla loro spazialità. Si distinguono allora sorgenti di tipo puntuale, cioè sorgenti fisse che oltre ad avere una precisa collocazione spaziale, sono caratterizzate da definite dimensioni e/o caratteristiche di emissione e dal loro impatto ambientale (camini industriali e bocche di gallerie). In generale si definisce sorgente puntuale quella che emette una quantità di inquinante superiore ad una definita percentuale delle emissioni totali.
Le sorgenti lineari sono invece quelle che hanno uno sviluppo sul territorio. Si tratta delle infrastrutture viarie (strade e linee ferroviarie) su cui si spostano gli autoveicoli che generano emissioni in atmosfera muovendosi nello spazio secondo traiettorie specifiche. Infine si hanno le sorgenti areali; esse si riferiscono ad una porzione del territorio, un’area, (ad esempio attività agricole, sorgenti naturali, come i boschi o le superfici libere). Rientrano in questa categoria anche le emissioni di origine puntiforme che, per livello di emissione, non possono considerarsi sorgenti localizzate (ed esempio il traffico diffuso in ambiente urbano, il riscaldamento domestico). In genere le sorgenti areali vengono definite sulla base di unità amministrative (per convenienza di raccolta dei dati) e/o sulla base di un arbitrario sistema di griglie spaziali (per convenienza di rappresentazione dei dati).
Le distinzioni fra i tre suddetti tipi di sorgente non sono definite in modo assoluto piuttosto che un’altra. A seconda delle caratteristiche dell’area di studio o degli obiettivi prefissi può essere conveniente adottare una certa classificazione delle sorgenti. I criteri di assegnazione sono quindi vari a seconda del tipo di inventario.

A partire dall’accurata conoscenza delle sorgenti, attraverso coefficienti (i coefficienti di emissione) che descrivono quali e quanti inquinanti sono emessi da ogni tipo di sorgente, si ottiene una stima quantitativa dei flussi di materia rilasciati dalle sorgenti in atmosfera nel corso di un determinato anno. In questo modo si costruisce l’inventario delle emissioni.
Le informazioni ottenute non sono solo dati complessivi relativi all’intero territorio (totali regionali), ma poichè georeferenziate, ovvero riferite alle singole parti del territorio permettono di ottenere mappe dettagliate di emissione per i diversi inquinanti riferite ad ogni unità territoriale sull’intera superficie della Valle d’Aosta. (2)
Analoghe mappe possono essere ottenute per rappresentare ciascun tipo di sorgente: traffico, riscaldamento, industria...
In figura 1 è riportata una mappa dell’intera regione con la rappresentazione delle emissioni totali annuali di ossidi di azoto per maglie territoriali di 500 m di lato. La scala cromatica per classi di valori, che dall’azzurro chiaro corrispondente ai valori più bassi, sino al viola scuro corrispondente ai valori maggiori, permette di apprezzare subito quali sono le zone a più forte produzione di emissioni. Esse di fatto descrivono la presenza delle attività umane, disegnando il sistema stradale, i nuclei abitati, i diversi insediamenti.

A partire dalla situazione regionale si può selezionare uno specifico dominio di valutazione corrispondente ad un insieme di celle o ad un limite amministrativo (comune, comunità montana).

Attraverso il costante aggiornamento dell’inventario delle emissioni è anche possibile valutare l’evoluzione temporale delle emissioni relative all’insieme delle sorgenti, oppure come nell’esempio di figura 2, per un determinato settore, in questo caso il traffico.

Questi dati mettono in evidenza una diminuzione, a partire dal 1988, delle emissioni dei tre inquinanti considerati, gli ossidi di azoto (NOX), il monossido di carbonio (CO) e le polveri (PTS). Mentre però per il CO la diminuzione è progressiva e continua, gli ossidi di azoto e le polveri dopo la diminuzione nel 2000, tendono ad aumentare negli anni successivi.
Ciò è da ricondurre all’origine dei tre inquinanti. Pur essendo tutti associati al traffico, gli ossidi di azoto e le polveri sono emessi in maggior quantità dai mezzi pesanti, mentre il monossido di carbonio è principalmente legato al traffico leggero, soprattutto in condizione di circolazione urbana e rallentata. L’andamento degli ossidi di azoto e delle polveri totali risente della variazione di transiti di mezzi pesanti attraverso il tunnel del Monte Bianco, che nel 2000 era chiuso, con un volume di circa 2200 transiti di mezzi pesanti in media al giorno in meno, e negli anni successivi è tornato ad aumentare progressivamente.
Il CO è invece in continua diminuzione per via del progressivo aggiornamento del parco autoveicolare, a favore di mezzi meno inquinanti (diffusione della marmitta catalitica, miglioramento motoristico) pur essendo in continua crescita il volume di mezzi circolanti.
Molte altre informazioni possono essere estratte attraverso questi importanti strumenti conoscitivi di cui oggi disponiamo. Il loro continuo affinamento ci permette di caratterizzare e descrivere la realtà emissiva e di valutare l’incidenza di ogni determinata sorgente, nel contesto territoriale di interesse, fornendo in tal modo un supporto informativo prezioso per ogni politica di programmazione territoriale.


Note:

(1) Archivio di Stato di Torino – Miniere, n. 5, Requettes des communautés.

(2) Gli inquinanti considerati nell’inventario delle emissioni del 2004 della Valle d’Aosta sono:
- Ossidi di azoto (NO2, NOx);
- Monossido di carbonio (CO);
- Composti organici volatili non metanici (COVNM);
- Biossido di zolfo (SO2);
- Polveri totali sospese e frazione fine (PTS, PM10);
- Gas che intensificano l’effetto serra o clima-alteranti (anidride carbonica CO2, metano CH4, protossido di azoto N20, esafluoruro di zolfo SF6);
- Ammoniaca (NH3).

Nota.
La quantificazione delle emissioni di inquinanti dalle diverse sorgenti è stata effettuata sia attraverso dati provenienti da misure dirette (ad esempio per gli impianti industriali con misure a camino) sia con stime basate sulla definizione di un indicatore di attività e di un fattore di emissione (in particolare per sorgenti diffuse come impianti di riscaldamento, piccole attività produttive). In questo caso si è utilizzata la formula E = A x F, dove:
- E è l’emissione prodotta (espressa come massa in tonnellate o chilogrammi);
- A è un indicatore di attività (ad esempio il combustibile impiegato per gli impianti termici o il numero di addetti per una industria, il numero di una categoria di autoveicoli transitanti);
- F è il fattore di emissione per quella attività espresso in grammi/unità di attività.

I fattori di emissione utilizzati sono quelli riportati nel Atmospheric Emission Inventory Guidebook redatto nell’ambito del progetto europeo EMEP-CORINAIR.
   
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