Coronavirus: oncologi, mancano informazioni per emergenza

Riorganizzato 93% reparti. Per 55% protezioni insufficienti
15:32 - 07/04/2020 


(ANSA) - ROMA, 7 APR - L'emergenza coronavirus ha rappresentato un vero e proprio tsunami per i reparti di Oncologia del nostro Paese. Ben il 93,5% dei centri è stato costretto a ripensare l'attività clinica. L'organizzazione complessiva ha retto l'urto della pandemia, visto che per il 63,7% degli oncologi gli ospedali hanno garantito la continuità terapeutica (ad esempio con canali comunicativi alternativi come videochiamate) e, per il 58%, i centri hanno saputo gestire le risorse disponibili in maniera efficiente. Preoccupa, però, che il 35% degli oncologi non sia stato informato o abbia ricevuto poche indicazioni sulle procedure e sulle raccomandazioni da seguire per affrontare l'emergenza.

Sono i principali risultati del sondaggio condotto su circa 400 oncologi in tutte le Regioni, promosso dall'Università Politecnica delle Marche e dagli Ospedali Riuniti di Ancona.

Anche la formazione su questi aspetti è stata assente o scarsa, come affermato dal 55% degli specialisti. Con una chiara conseguenza: il 56% degli oncologi ritiene che il percorso terapeutico dei pazienti, in questa fase, sia qualitativamente inferiore rispetto al periodo precedente alla pandemia.

"La nostra specialità è stata profondamente segnata dall'emergenza COVID-19, anche perché i pazienti colpiti da tumore sono fragili e rischiano di subire più danni in caso di infezione. Pertanto continuiamo a seguire i malati oncologici positivi che sono in cura nei reparti COVID-19 - spiega Rossana Berardi, Ordinario di Oncologia Medica presso l'Università Politecnica delle Marche - a un mese dall'inizio della pandemia, cambiano le prospettive e ogni paziente va considerato positivo, fino a prova contraria. Per questo tutti gli operatori devono essere dotati di protezioni". Dal sondaggio, però, emergono forti lacune sul fronte della tutela dei sanitari. Il 21% afferma di non aver ricevuto dispositivi di protezione adeguati e tempestivi rispetto alle necessità cliniche e per il 55% la fornitura di questi device è stata solo parziale. (ANSA).


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