PAYSAGE NOTRE IMAGE
Già nell'antichità erano in uso forme di riciclaggio dei rifiuti, come testimoniano numerose discariche, veri archivi del passato.
I RIFIUTI NELL'ANTICHITÀ
di Rosanna Mollo
Il problema dello smaltimento dei rifiuti, che si presenta nella società moderna come un ingombrante bagaglio legato al proprio progredire, ha rivestito anche in epoche passate - se non addirittura remote - un'importanza di primo piano.
Agli albori della civiltà, l'uomo preistorico abbandonava nelle grotte - rifugio temporaneo o abitazione - i residui ossei dei pasti frammisti ai resti della combustione. Più tardi, negli insediamenti protostorici dell'età del Bronzo e dell'età del Ferro caratterizzati da forme più articolate di vita associativa, i rifiuti venivano gettati negli anfratti naturali o più frequentemente riutilizzati nella stesura o nel rifacimento di piani d'uso delle aree scoperte, interne ai grandi aggregati abitativi.
A Vollein (Quart) indagini sistematiche hanno rivelato la presenza di imponenti discariche della media età del Bronzo, costituite da ossami e residui di materiale domestico accumulati nella depressione valliva, sita a settentrione della necropoli e delimitata da rocce strapiombanti.
Diversamente e con maggiore razionalità, le civiltà urbane hanno affrontato il problema dei residui delle azioni antropiche e delle eccedenze di vario genere connesse con l'evoluzione socioeconomica delle società antiche.
A tale proposito appare emblematico, nella Roma imperiale, il Testaccio - il Mons Testaceus, il monte dei cocci - alto circa trenta metri, con una circonferenza di un chilometro e una superficie di circa 20.000 metri quadrati. La collina artificiale, sita all'estremità meridionale della città, sulla sponda sinistra del Tevere, era interamente formata dall'accumularsi degli scarichi di anfore provenienti dal vicino Emporium, il porto fluviale di Roma, e dai grandi magazzini (horrea). Roma antica era anche città di grandi contrasti: di notte si profittava del buio per sbarazzarsi dei rifiuti che, nonostante le rigide normative, si accumulavano lungo le strade e nei crocicchi.
Nell'ambito urbano di Aosta romana, la ricerca archeologica ha rilevato la presenza di stratificazioni ano-male, comunque indotte dall'uomo, e l'esistenza di aree di discarica più o meno marcatamente diffuse in tutto l'arco della romanità. Nelle fasi più antiche di vita della città, nel corso del I sec. d.C., gli interventi di monumentalizzazione urbana appaiono connotati da ampi spessori areali di riporto di "residuo urbano" variamente distribuito tra resti di pasti, immondizie e suppellettili domestiche, detriti di rifacimenti murari, resti di coperture di tegolame, ceneri e carboni (Insula 37, area templare ex-albergo Couronne; Insula 24, del teatro; Area a settentrione del Criptoportico, scavo ex-Caserma Challant).
Ma al di là di specifiche particolarità ad Aosta, come a Pompei, aree periferiche, dislocate all'interno della cinta muraria, erano adibite a discarica "pubblica".
In effetti a ridosso delle mura (ex Caserma Challant, V A 1-2, fig.1; ex Albergo Lion d'Or, V A 1-2-3), sulla colmata dell'agger (il terrapieno lungo le mura) sono state isolate presenze di voluminosi scarichi derivati anche da attività artigianali ed edilizie specializzate (scorie di lavorazione di materiale lapideo e metallico) dislocate in settori appositamente destinati. Numerosi materiali di discarica domestica (frammenti di vasellame, laterizi ed intonaci di rivestimento parietale) sono stati raccolti anche durante gli scavi condotti nel 1894 lungo il muro di cinta, in prossimità della porta principalis dextera. La necessità di riciclare i rifiuti urbani spingeva talvolta, come mostrano le indagini archeologiche, anche al ripristino dei fondi stradali periferici (Intervallum e rete terziaria) tramite l'apporto periodico di materiale di
residuo domestico (calcinacci, tegolame, anfore fratte e vasellame) o derivati da scarichi di attività artigianali.
Collateralmente, sono attestate anche forme secondarie di riciclaggio come la trasformazione di residui fittili in cocciopesto, un prodotto di largo uso presso i romani. I contenitori anforari, per lo più eccedenze inutilizzabili per la conservazione degli alimenti, venivano invece comunemente impiegati nelle strutture di drenaggio o nei sistemi di deumidificazione.
Nella tarda antichità, la generalizzata presenza di settori di spoglio, concentrati soprattutto in prossimità degli imponenti edifici pubblici e associati a profonde fosse usate per lo smaltimento dei rifiuti (fig. 2), appare sintomatica di un periodo di decadenza e di trapasso verso nuove forme di urbanizzazione.
Paradossalmente le discariche, piccoli o grandi archivi del passato, costituiscono oggi un importante mezzo di datazione dei depositi archeologici e sono, nel contempo, elementi indicatori del livello economico raggiunto, in un determinato momento storico, da una società civile.
8
EDITORIALE
NOTIZIE
IL LAGO DI VILLA
IL TRATTATO DI AMSTERDAM E AMBIENTE
VIAGGIO NELLA "SCUOLA DEI RIFIUTI"
IL COMPATTATORE DI BRISSOGNE
IL SISTEMA DI RACCOLTA
UNA CAMPAGNA DI INFORMAZIONE
MONT AVIC: UN CENTRO VISITATORI
C'È DISCARICA E DISCARICA
RECENSIONI
UNA NUOVA LEGGE PER LA VIA
INSERTO: PAYSAGE NOTRE IMAGE
INTRODUCTION
CICLO ZERO
I RIFIUTI NELL'ANTICHITÀ
IL PAESAGGIO DEI RIFIUTI
CAVE E DISCARICHE, UN'ALLEANZA
Pagina a cura dell'
Assessorato territorio, ambiente e opere pubbliche
© 2024
Regione Autonoma Valle d'Aosta
Condizioni di utilizzo
|
Crediti
|
Contatti
|
Segnala un errore