EUROPA
Il Trattato di Amsterdam ha introdotto alcune importanti novità nell'ambito della politica europea in materia ambientale.
IL TRATTATO DI AMSTERDAM E AMBIENTE
di Fausto Ballerini
Automobili parcheggiate in Val Ferret.Il 10 maggio scorso, dopo la ratifica da parte dei Parlamenti di tutti gli Stati membri, è entrato in vigore il Trattato di Amsterdam. Questo atto fondamentale dell'Unione europea ha cambiato il precedente quadro di riferimento costituito dalle successive modifiche al Trattato di Roma (1957), avvenute attraverso l'Atto Unico Europeo (1986) ed il Trattato di Maastricht (1992).
In questa sede ci limiteremo, in particolare, a presentare le novità più significative introdotte nel settore delle politiche ambientali, evidenziando le probabili implicazioni che esse comportano e le possibili tendenze.

L'AMBIENTE FRA I PRINCIPI FONDAMENTALI
Due prime importanti novità si ritrovano nella parte iniziale del Trattato: quella concernente i "Principi".
All'articolo 2, relativo ai compiti della Comunità europea, si passa da un generico riferimento alla promozione di "una crescita sostenibile . che rispetti l'ambiente" introdotto dal Trattato di Maastricht nel 1992, ad una più puntuale previsione che individua fra i compiti della Comunità quello di promuovere "un elevato livello di protezione dell'ambiente e il miglioramento di quest'ultimo".
Questa significativa precisazione è immediatamente affiancata dall'introduzione del nuovo articolo 6 (ex articolo 3C)1, il quale prevede che "Le esigenze connesse con la tutela
dell'ambiente devono essere integrate nella definizione e nell'attuazione delle politiche e azioni comunitarie di cui all'articolo 3, in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile"2. Questa frase è stata appositamente prelevata dall'ultima parte del comma 2, articolo 130R del Trattato di Maastricht ed inserita (creando un nuovo articolo) fra i "Principi" dell'Unione, proprio per dare maggiore rilevanza a questo concetto di integrazione fra politica ambientale ed altre politiche comunitarie.
Questa novità è molto significativa in termini di portata generale in quanto, per la prima volta, riconosce alla politica ambientale ed al suo rapporto con le altre politiche comunitarie, dignità di principio fondamentale della Comunità. Inoltre, essa è la premessa ad un secondo importante cambiamento che riguarda le procedure decisionali ed il coinvolgimento del Parlamento europeo e del Comitato delle Regioni.

RUOLO DECISIVO DEL PARLAMENTO EUROPEO
Vallone di San Grato, Issime.Il PAtto Unico Europeo, nel 1986, aveva aggiunto al Trattato di Roma il Titolo VII dedicato all'ambiente (divenuto Titolo XVI con il Trattato di Maastricht e Titolo XIX con il recente Trattato di Amsterdam). L'articolo 174 (ex articolo 130R) precisa che la politica della Comunità in materia ambientale contribuisce a perseguire i seguenti obiettivi:
· salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell'ambiente;
· protezione della salute umana;
· utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali;
· promozione sul piano internazionale di misure destinate a risolvere i problemi dell'ambiente a livello regionale o mondiale.

I principi su cui si fonda la politica comunitaria in questo settore sono quattro e possono riassumersi come
segue:
· precauzione;
· azione preventiva;
· correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente;
· "chi inquina paga".
La modifica fondamentale apportata dal Trattato di Amsterdam al Titolo XIX dedicato all"'Ambiente", si ritrova all'articolo 175 (ex articolo 130S) che stabilisce le procedure decisionali relative alla politica ambientale. La modifica sostanziale prevede, al comma 1, che il Consiglio decida in merito alle azioni che devono essere intraprese dalla Comunità per realizzare gli obiettivi di cui all'articolo 174, deliberando secondo una procedura diversa da quella precedente, ovvero secondo quanto previsto dall'articolo 251 (ex articolo 189B).
In pratica, alla "procedura di cooperazione" prevista nel Trattato di Maastricht, si sostituisce la cosiddetta "procedura di codecisione".
Ma che cosa cambia nella sostanza? Sinteticamente si può dire che la "procedura di cooperazione" attribuisce al Parlamento europeo un potere di emendamento ed un diritto di veto sospensivo effettivo sugli atti proposti dal Consiglio, superabile, però, con una deliberazione in seconda lettura all'unanimità del Consiglio che può, eventualmente, non tenere conto del parere espresso dal Parlamento.
Con l'introduzione della "procedura di codecisione" relativamente 'alle azioni da intraprendere in materia ambientale, al Parlamento europeo viene attribuito, al termine di tutta la complessa procedura decisionale, un diritto di veto assoluto nel caso in cui decidesse di non approvare l'atto finale, ovvero di non accettare quanto proposto dal Consiglio così come formulato dal cosiddetto comitato di conciliazione.
Si può affermare, quindi, che la novità principale riguardante la procedura decisionale in materia di politiche ambientali prevede che il Consiglio, ossia l'organo deliberativo e supremo consesso che raduna i capi di stato e di governo degli Stati membri, non può in alcun caso decidere in questa materia, eludendo la posizione presa in merito dal Parlamento.
Questa piccola rivoluzione delle procedure comporta automaticamente un cambiamento dei ruoli o meglio, una rivalutazione del ruolo
del Parlamento nelle importanti decisioni che l'Unione europea assume in campo ambientale, che gli permette di porsi paritariamente di fronte al Consiglio.
È facile immaginare le difficoltà che possono scaturire da questo nuovo assetto istituzionale nel caso in cui la maggioranza dei governi dei paesi membri siano retti da una coalizione politica di natura diversa da quella presente nel Parlamento europeo.
Ma questa è materia per considerazioni di altro tipo! Ciò che interessa, in questa sede, è sottolineare il ruolo chiave assunto dal Parlamento europeo nella produzione legislativa riguardante le politiche in materia ambientale decise a livello comunitario, alle quali tutti i paesi devono indifferentemente adeguarsi attraverso una riarticolazione della propria legislazione interna, nazionale o regionale che sia.

MAGGIORE COINVOLGIMENTO DEL COMITATO DELLE REGIONI
Anche il ruolo del Comitato delle Regioni è stato rivalutato notevolmente. L'articolo 265 (ex articolo 198C), che stabilisce le funzioni ditale Comitato, è infatti modificato dal Trattato di Amsterdam nel senso che, ogni qualvolta il Consiglio o la Commissione decidono in materia di cooperazione transfrontaliera, devono obbligatoriamente consultare, in via preventiva, il Comitato delle Regioni (cosa non espressamente prevista in precedenza).
Ugualmente, proprio in relazione al maggior peso che il Parlamento europeo riveste nel processo decisionale della Comunità, è stabilito che esso possa consultare in qualunque materia il Comitato delle Regioni, nel caso in cui lo ritenga utile ed opportuno.
Nel Trattato di Amsterdam, inoltre, a differenza di Maastricht, l'articolo 175 prevede che il Consiglio, ogni qualvolta decide in merito alle azioni che devono essere intraprese per realizzare gli obiettivi dell'articolo 174 in materia ambientale e quando adotta programmi generali d'azione che fissano gli obiettivi prioritari da raggiungere, deve preventivamente consultare anche il Comitato delle Regioni.
Tale previsione permette così a questo organo di entrare a pieno titolo ad occuparsi di politica ambientale comunitaria, secondo un'accezione diversa che assume una portata più ampia rispetto a prima, pur rimanendo, il Comitato, espressione di una realtà caratterizzata dalle molteplici diversità regionali e locali presenti in Europa.

CONCLUSIONI
Si può dire, in conclusione, che nel settore ambientale, l'entrata in vigore del Trattato di Amsterdam, ha introdotto due novità importanti nell'assetto "costituzionale" dell'Unione europea.
In primo luogo, una maggiore attenzione all'ambiente, al suo miglioramento ed alla necessità di integrare le esigenze connesse con la sua tutela, nella definizione e nella successiva attuazione delle politiche comunitarie. Questo, allo scopo di promuovere, in prospettiva, lo sviluppo sostenibile così come definito dalle numerose affermazioni di principio approvate, a livello internazionale, in questi ultimi trent'anni.
In secondo luogo, il maggiore coinvolgimento del Parlamento europeo nelle decisioni sulla politica ambientale, come anche in altri importanti ambiti rientranti nelle competenze della Comunità, scandisce un passaggio fondamentale verso un'Europa politica, oltre che economica.
Questo significa che l'Unione europea tratterà i problemi ambientali non più secondo una prospettiva prevalentemente condizionata dalla volontà dei vari governi in carica, ma attraverso un approccio che coinvolge quello che, in una normale democrazia, viene definito "organo legislativo", ossia il Parlamento4.
Questo passo è certamente significativo, tanto più se riguarda un settore fondamentale come quello ambientale, dove una maggiore consapevolezza della dimensione spesso sovranazionale dei problemi potrebbe scaturire anche dalla piena capacità del Parlamento europeo di svolgere le sue funzioni sentendosi espressione di un'Europa unita, piuttosto che dei singoli Stati che la compongono.

La numerazione di seguito riportata fa riferimento al testo della versione consolidata del Trattato che istituisce la Comunità europea.
Ricordiamo che il principio 4 della Dichiarazione di Rio sostiene che alfine di pervenire ad uno sviluppo sostenibile, la tutela dell'ambiente costituirà parte integrante del processo di sviluppo e non potrà essere considerata separatamente da questo. I1 concetto di crescita o comunque di sviluppo sostenibile è già presente nella Dichiarazione di Stoccolma del 16 giugno 1972 adottata dalla Conferenza delle Nazioni Unite sull'ambiente, èripreso e approfondito dalla Commissione mondiale per l'ambiente e lo sviluppo dell'ONU nel Rapporto Bruntland "del 1987 ed è canonizzato nel Principio 3 della Dichiarazione di Rio sull'ambiente e lo sviluppo, che ha approvato l'Agenda 21. Il Programma di azione in materia ambientale della Comunità europea (1993-1999) fornisce, infine, i contenuti operativi per l'attuazione di tali orientamenti attraverso l'individuazione puntuale dei principi dello sviluppo sostenibile, dell'azione preventiva e precauzionale e della responsabilità comune, già fissati nel Trattato di Maastricht del 7 febbraio 1992.
In realtà, lungi dall'obbedire ad un principio di separazione dei poteri che presiede all'organizzazione dei poteri pubblici negli Stati federali, le relazioni fra il Parlamento, il Consiglio e la Commissione europea sono strutturate in maniera del tutto originale e tale da poter parlare di un sistema in rete , dove il processo decisionale deve continuamente conciliare gli interessi essenziali degli Stati membri con l'interesse generale della Comunità.

   
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