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Sarà la musica che gira intorno

“Sarà la musica che gira intorno / Quella che non ha futuro / Sarà la musica che gira intorno / Saremo noi che abbiamo nella testa / Un maledetto muro”. (Ivano Fossati)

L’identità sonora

Prima delle parole c’è la musica; prima di nascere, nasce la musica.
L’esperienza sonora del feto, a partire dalla 22/26° settimana, dunque ad apparato uditivo sviluppato e funzionale, si articola nelle dimensioni della ricorrenza, della ripetitività e, nel contempo, della casualità.
Il battito cardiaco della madre segmenta il flusso del tempo per intervalli brevi simili alla scansione metrico-ritmica di un brano musicale, alla pulsazione, al tapis roulant sul quale un evento musicale complesso si dipana. Il respiro, il proprio e quello della madre, permea un tempo più lungo alternando tensioni e distensioni.
I fenomeni sonori estemporanei rappresentano la dimensione dell’imprevedibile: borborigmi e movimenti viscerali insieme ai movimenti della madre nello spazio e alle sollecitazioni acustiche esterne formano un complesso di fenomeni apparentemente irrelati, in realtà, compresi in un’unica esperienza temporale di flusso.
In questo contesto, la voce materna rappresenta una costante non ripetitiva, uno strumento di comunicazione privilegiato che raggiunge il feto per vibrazioni interossee e viscerali oltre che dall’esterno. Alla voce materna è affidato il compito di erigere un ponte transizionale tra vita pre- e post-natale: il principale elemento di continuità e riconoscibilità è costituito dalla prosodia, ossia dalla segmentazione temporale che organizza eventi e silenzi, li concentra, infittisce o li rarefà, li cadenza o li dispone in modo disordinato. Ogni essere vivente ha uno stile vocale distinto da una dominante (concitata, flemmatica, ritmata, curvilinea, ecc.), specchio del proprio tempo esistenziale e insieme rappresentazione provvisoria che ciascuno costruisce rispetto al tempo del mondo: non è solo una identità iconica, ma musicale, fatta di gestualità dotate di un profilo, di un suono, di un percorso evolutivo. Se la vocalità sarà cantata, certo gli equilibri tra gli spazi sonori saranno percepiti come proporzionati, confortanti perché costruiti su ricorrenze e varietà curiose.

L’identità sonora del neonato si proietta sul mondo da subito: solo recentemente si sono compiuti degli studi sul valore musicale del pianto, non solo letto come sirena biologica (Ostwald, 1972), ma come segnale complesso (Papoushek, 1981), che presenta una sua musicalità nella ciclicità non identica delle emissioni, nelle variazioni dei profili intonativi (Nuti, 2007) legati a evidenti percezioni di espressività da parte degli uditori (Miraglia, 2007).
Il comportamento parentale intuitivo e, in particolare, la relazione sonoro-musicale madre bambino, è generato da questa forma di comunicazione spontanea, articolata in strutture temporali la cui riconoscibilità espressiva è reciproca e presenta delle costanti universali: sono acutizzati, in modo da esaltare rispetto ai suoni d’ambiente circostanti, procedono per frammenti brevi, tempi lenti, sono ripetitivi, con finali allungati e discendenti (Papousek, 1996). La musica della prima relazione affettiva può nascere secondo un gioco di ripetizioni e variazioni, sorprese, contrasti, conferme temporanee e scarti improvvisi, con le stesse dinamiche temporali che ritroviamo nei brani evoluti, organizzati.
A questo si aggiunge un’altra particolarità nella comunicazione intersoggettiva madre-bambino che renderà la musica fortemente evocativa: l’interscambiabilità tra i sensi, percezioni uditive o tattili (Meltzoff, Borton, 1979) od olfattive che permette di cogliere le esperienze di vita secondo un approccio olistico, ricco, complesso eppure inafferrabile. Infatti, l’unità di senso e di colore affettivo che una carezza confortata da una vicinanza fisica, un odore familiare e una vocalizzazione per curve intonative arrotondate e avvolgenti come il “caaaro” si imprimerà nella memoria implicita(1): basterà una melodia sinuosa, dalla polarità pendolare, un timbro sfumato e vibrante per evocare, nella vita di poi, uno stato di benessere, di contenimento intenso e perduto.
Facoltà preziosa questa, soprattutto nelle stagioni dell’angoscia e del lutto, quando il pensiero sonoro strutturato, la forma bella e nella quale ogni dettaglio concorre alla composizione di un’unità coerente e organica possono rappresentare un riparo psichico prezioso, una testa di ponte sopra il vuoto, una forma di dominio del tempo estetizzato che vince, seppure non definitivamente, la natura ambivalente del tempo esistenziale (M. Klein, 1935).

Cerimonie antiche

Queste le radici ontogenetiche della musica, quelle che stanno all’origine della vita personale.
Poi, va richiamata la dimensione filogenetica del fenomeno, quella della specie umana e delle sue forme di aggregazione. Il fenomeno che raduna moltitudini di persone attorno a un musicista o una band consumando riti collettivi unificanti e in qualche misura catartici, i cimenti corporei collettivi come i rave party, le notti in discoteca, i concerti dal vivo promuovono un’”uscita dal mondo”, una sospensione del tempo cronologico in cui governare i ritmi della nascita, della crescita e della morte(2) elevando al cielo, scaricando a terra energie e volontà(3). Sono cerimonie antiche come la civiltà, tentativi di riequilibrare i dissesti che l’uomo causa contro se stesso e il mondo, allo stesso modo dello sciamano siberiano impossessato dallo spirito dell’alce ucciso, affinché le forze della natura non si accaniscano contro la sua gente.
In entrambe le radici, personale e della specie animale, c’è il corpo al centro.
Francès, il padre della psicologia della musica francese, già nel 1972 legava le forme dell’espressione musicale a schemi espressivo-emotivi di tipo corporeo.
Uno degli elementi fondamentali del linguaggio espressivo della musica risiede nella parentela degli schemi ritmici e melodici con gli schemi gestuali che accompagnano il comportamento. Gli stati psichici fondamentali (eccitazione, tensione, distensione, esaltazione, depressione), escluse le sfumature che possono includersi secondo la diversità delle motivazioni, si traducono ordinariamente in forme gestuali aventi un ritmo dato, in tendenze e direzioni spaziali (ascesa, precipitazione, sospensione antigravitazionale, ecc.) in seno a forme globali (ripetizione ostinata, diversità, periodicità, evoluzione ecc.)(4)
La musica può essere compresa meglio se pensata come una proiezione della corporeità in un orizzonte metaforico nel quale si ritrovano attori diversi (uditore, compositore, interprete) per vivere un’esperienza di scambio e reciproco riconoscimento di stili, visioni del mondo, caratteri e memorie. I disegni e i colori dell’affettività hanno nella musica una matrice corporea (il fluttuare, l’ascendere, il cullare, il cadere) e si dispongono come storie senza trama, narrazioni senza paesaggio, un avvicendarsi di climi, forme varie di contatto, umori che ciascuno può curvare verso di sé, la propria biografia emotiva, la propria storia. Questa è la natura polisemica e misteriosa del linguaggio musicale: in una canzone ciascuno può, quasi per paradosso, vivere sentimenti d’angoscia e trovarsi unito per empatia a un amico che, ascoltando lo stesso brano, si rallegra.
La memoria, i ricordi che si innescano con un ascolto hanno lo spessore di una traccia episodica, un movimento o un seme(5) e, nel contempo, di tutto il sedimentato processo vitale che ha cambiato i connotati dell’esperienza originaria e l’ha inclusa nel processo evolutivo personale: la loro rintracciabilità può avere i contorni di una persona, di un luogo o un oggetto, ma può anche indicare un punto approssimativo, mitologico, risalente alla preistoria personale.
I giovani, così voraci di musica, quando interpellati sul significato emotivo di un brano ascoltato per la prima volta fanno afferire a due delle emozioni primarie: la tristezza e l’allegria(6), riferendosi principalmente all’arousal indotto da andamenti ritmico-metrici più o meno incalzanti(7). Tuttavia se l’elicitazione cui sono sottoposti è approfondita, emergono tutte le ulteriori declinazioni che una generica nominazione non coglie. Si cercano dunque fenomeni musicali che:
rispecchino o contrastino in modo regolativo una dominante emotiva provata, attribuibile al sound generale del brano, all’armonia contenitiva perché fortemente polarizzata, alla linea melodica curvata e iterativa o aforistica, scandita per slogan a un ritmo morbido piuttosto che battente; tuttavia spesso la risonanza emotiva è frutto del complesso dei costrutti grammatico-sintattici di un pezzo e non di uno delle parti che compongono il tutto;
• favoriscano rapporti empatici nei quali potersi immedesimare intuendone l’evoluzione, insieme restando ancorati alla propria fisionomia affettivo-emotiva;
• si interfaccino in una relazione dialettica cognitivo-emotiva tra attese percettive e appagamento, tra scarti e conferme, così come nella vita di ciascuno si gioca col destino, provando ad anticiparne le mosse, ricevendo ora smentite ora gesti di conforto(8);
• rappresentino tempi esistenziali disgregati, dove l’istante non ha un antecedente e un conseguente, dove il discorso non ha memoria né sintassi percettivamente chiara oppure siano metafora formale di vite integrate, composte, in equilibrio dialettico lungo un corso logico di eventi correlati tra di loro.

Musica adolescente

Sono numerose le indagini di psicologia sociale dedicate al ruolo che la musica ricopre nella vita dei giovani. Per molto tempo, gli esperti di musica accreditati hanno relegato il tema tra i fenomeni di costume, l’hanno bollato come uno dei deplorevoli risultati che la mercificazione dell’arte ha prodotto deteriorando irreparabilmente le caratteristiche del fare creativo, asservito al consumo vuoto. Solo recentemente la ricerca ha attribuito e misurato il grande valore antropologico della comunicazione sonoro-musicale, liberando il tema dai pensieri grevi degli analisti, dei tecnici delle accademie d’Occidente che ritengono degna di essere coltivata solo la dote del talentuoso, impegnato in un genere elettivo, pronto a sfidare titanicamente la resistenza della materia al pensiero ordinatore: il romanticismo è duro a piegarsi davanti alla modernità.
Mai come nell’adolescenza la musica diventa una presenza insostituibile e pervasiva per le seguenti ragioni:
• è un insostituibile regolatore dell’umore in una fase della crescita in cui picchi emotivi opposti si estremizzano, si alternano con una frequenza assidua e imprevedibile;
• è un catalogo in metafora di vite perse, sperate, temute ma tutte dominabili, avventure intense prive del rischio e dell’instabilità delle molteplici vite vere che l’adolescente esperisce anche per breve tempo nell’itinerario volto a orientarsi per scovare quello che James Hillmann chiama daimon, la ragione dell’esistere, il cuore della propria unicità e del proprio destino.
Attraverso la costruzione di un “sociogramma musicale” si evidenzia come, all’interno dello stesso gruppo-classe, le canzoni riportate come preferite dal singolo spesso coincidano con quelle scelte da alcuni compagni. Si evince da ciò come siano due le funzioni primarie della musica per un adolescente: un coadiuvante della socializzazione; un mezzo per acquisire consapevolezza della propria identità sonora.
La preferenza per determinate canzoni o generi musicali e la circuitazione condivisa delle scelte se, da un lato, aiuta a trovare occasioni di scambio intersoggettivo emotivamente significativo, legare e a far parte del gruppo dei pari, dall’altro, può aiutare la formazione di una propria personale identità sonora, diversa rispetto a quella del prossimo.
Le ragioni e i benefici attesi nel cantare, ascoltare e suonare sono ordinabili secondo tre aree semantiche:
• il soddisfacimento di bisogni psicologici (emotivi e cognitivi, ad es.: “per essere creativo/a e usare l’immaginazione”; “come aiuto per superare momenti difficili”; “per esprimere le mie emozioni” espresso prevalentemente da persone di sesso femminile);
• questioni di estetica/piacere musicale (ad es.: “perché mi piace quella musica”), distribuiti in modo equivalente tra i due sessi;
• motivazioni legate alla socializzazione e ai rapporti interpersonali (ad es.: “per dare una particolare immagine di me agli altri”; “per far piacere ai miei genitori/ professori/ amici”; “per essere alla moda e/o sentirmi figo” indicati in prevalenza da maschi.
Recentissima e aperta al dibattito, una ricerca commissionata da MTV Telecom Italia Media i cui dati sono diventati oggetto di analisi da parte di Fulvia Nicoli, responsabile strategy e marketing della società(9). Un campione di ottocento giovani tra i 14 e i 20 anni è stato intervistato sul valore e i modi di pensare la musica nella vita quotidiana.
Rispetto ad una simile analisi effettuata nel ’97, nel 2007 la percentuale di persone intervistate che considera la musica un elemento indispensabile della propria vita sale dall’80% al 90%.
Dall’indagine si evince, però, una sostanziale disabilità a individuare e giustificare scientemente i propri gusti musicali: i ragazzi non capiscono quale tipo di musica prediligere, lamentano la mancanza di un riferimento attendibile, una guida che suggerisca loro quale musica “giusta” ascoltare per sentirsi all’altezza degli amici e farli sentire integrati. Non pensano affatto che un’entità esterna possa aiutarli a compiere scelte consapevoli, dunque ad essere cittadini e consumatori più liberi.
Gli stessi giovani sono stati sottratti per un mese a qualunque contatto con il linguaggio musicale, sia diretto sia mediato, e hanno ricevuto l’invito a comunicare via e-mail e attraverso la segreteria telefonica i loro stati d’animo dominanti. L’astinenza pare aver causato crisi di panico, ingrassamento istantaneo, depressione, attacchi violenti di aggressività. Questi indicatori di disagio e di squilibrio risultano essere prevalentemente imputabili all’esclusione dal gruppo di pari che prosegue nel selezionare e consumare nuova musica senza di loro.
Il punto cruciale è nel non delegare al mercato dei media la soddisfazione di un bisogno primario che ha potere costruttivo, edificante per l’uomo in crescita e può congiungere emozione e cognizione in un tutto integrato e pregnante.

Gianni Nuti

 

Note
(1) MANCIA M. (2004), Sentire le parole. Archivi sonori della memoria implicita e musicalità del transfert, Bollati Boringhieri, Torino.
(2) NUTI G. (2005) Musica delle cose Prime, Sistema Musica, Torino, cap. 2.
(3) SCHNEIDER M. (2007), Il Significato della musica, Bompiani, Milano.
(4) FRANCES R. (1972), La Perception de la Musique, Vrin, Paris, p. 301.
(5) TULVING, E., DONALDSON W. (1972), Organization of Memory, Academic Press, New York.
(6) DAMASIO, A. (1994), L'Errore di Cartesio: Emozione, ragione e cervello umano, Adelphi, Milano.
(7) SLOBODA J. A., JUSLIN P. N. (2001), Music and Emotion: Theory and research, Oxford University Press, New York.
(8) NUTI G. (2007), Sentieri di Musica, Franco Angeli, Milano, cap. 3.
(9) TAMBURRINO M. Senza musica non è più vita, La Stampa, Torino, 15 ottobre 2007.

 

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