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Whe are the world

“We are the world, we are the children / We are the ones who make a brighter day / so let's start giving / There's a choice we're making / We're saving our own lives / It's true we'll make a better day / Just you and me”. (Michael Jackson e Lionel Richie)

Un’avventura iniziata a settembre, consapevoli che non c’è via, non c’è percorso definito per avvicinarsi ai bambini piccolissimi in forma musicale. E ora, a viaggio ormai concluso, è tempo di guardarsi indietro. Un sentiero lungo tre anni, percorso fra compagni di viaggio, il professor Gianni Nuti, ideatore e coordinatore del progetto, Marco Giovinazzo, che ha seguito la parte di formazione più specificamente musicale, io, coinvolta sia come formatrice sia come esperta musicale nei nidi e, naturalmente, tutti gli operatori, educatrici/educatori e coordinatrici.
Abbiamo iniziato, nel settembre 2004, questo viaggio con un Convegno aperto a tutte le educatrici degli asili nido e con precise domande:
• che cos’è la Pédagogie de l’éveil?
• perché una simile linea pedagogica può essere utile alla musica nei nidi?
• quali nuove idee musicali possono trovare spazio?
• esistono oggi numerose metodologie, felicemente e facilmente applicabili tout court alla prima infanzia, che cosa stavamo cercando noi?

Dispositivi
Di particolare interesse pedagogico è il concetto di dispositivi, cioè tutte quelle invenzioni che permettono all’educatore di facilitare le trovate musicali del bambino; tutte quelle occasioni, di esplorazione, di scoperta che si studiano, si preparano e, appunto, si dispongono per incoraggiare il bambino ad andare incontro alle proprie trovate sonore. Un classico esempio di dispositivo che Delalande ci presenta è il microfono: questo strumento tecnico, infatti, permette di far sentire il proprio suono agli altri, il suono viene amplificato e diffuso nella stanza; il bambino allora può essere alla volta produttore del suono, al centro dell’attenzione, ma anche ascoltatore di ciò che ha prodotto. Tale distanziamento o sdoppiamento è condizione assoluta di un ascolto delle proprie trovate musicali. (Nuti G., Filippa M., p. 51)

 

Principi generatori

Alcuni principi generatori hanno guidato il nostro progetto:
• è fondamentale riconoscere l’importanza dell’invenzione e la capacità creativa del bambino;
• alla base della musicalità dell’essere umano vi sono condotte quali la scoperta, la ricerca, il piacere;
• la ricerca sonora ed il suono in sé vanno privilegiati rispetto alla musica codificata, come è stato sottolineato nella raccolta di saggi Le condotte musicali di François Delalande (Clueb, 1993), tali scelte pedagogiche “non sono divenute realistiche fino al giorno in cui la musica contemporanea non si è avvicinata a quella dei bambini, in cui cioè i sistemi, siano essi la tonalità o la serialità, non siano caduti in disuso e si è imposto un approccio “primitivo” al materiale”;
• l’attribuzione di notevole importanza agli aspetti relazionali nel processo d’apprendimento, ad esempio riconoscendo importanza alla capacità di osservazione, all’approvazione e al rinforzo sociale rispetto alle scoperte sonore del bambino.

Educare

Nel progettare i nostri interventi con le educatrici e nei nidi avevamo individuato un profilo preciso di educatore:
• il compito di chi educa alla musica “non è quello di insegnare, ma di osservare, incoraggiare, qualche volta guidare, immaginando le situazioni, i dispositivi che favoriranno il gioco sonoro”;
• chi educa si pone l’obiettivo di rinforzare le condotte spontanee del bambino, manifestando interesse e instaurando giochi di dialogo; (Nuti G., Filippa M., p. 82)
• chi educa lo fa utilizzando la Pédagogie de l’éveil, “l’educatore non impone al bambino un determinato sistema musicale, ma lo aiuta e lo sostiene nella sua crescita musicale, offrendogli occasioni per risvegliare le sue attitudini, capacità, desideri di comunicare in forma sonora”. (Nuti G., Filippa M., p. 51)
Nel concreto e quotidiano lavoro con la prima infanzia queste dichiarazioni di principio possono avere molteplici risvolti applicativi ed il nostro intervento sul campo si è articolato nelle tre fasi che costituiscono il tutto inscindibile dell’evoluzione sonora dei piccolissimi: l’ascolto, la vocalità e la produzione sonora. Si tratta di aspetti che, per i bambini, costituiscono una modalità espressiva globale e molteplice ed il collante, sostrato vivo dell’esperienza musicale, è il corpo che si muove mentre si emettono vocalizzi e diventa luogo di espressione di un ascolto in atto e gesto alla ricerca di suoni nuovi da produrre. Dunque ascolto, movimento, espressione vocale e esplorazione di oggetti sonori rappresentano momenti inscindibili dell’apprendimento musicale del bambino.

Ascoltare

In principio era tutto insieme…
In principio c’era un bambino, che, mentre ascoltava,
vedeva forme;
forme di cui non conosceva il nome:
circolari, ondulatorie, punti e spirali, linee spesse
e sottili, zig-zag… uff.
Le forme erano suoni da cantare
e i suoni correvano sui muri come macchie di colore.
La sua voce sapeva disegnare
e la sua mano colorata cantava un suono che sentiva
nella mente.
Tutto insieme: i suoni e le forme, come i bambini
piccoli piccoli sanno fare,
perché non possono fare altrimenti.

Queste sono alcune caratteristiche della percezione sonora dei bambini piccolissimi che abbiamo cercato di sollecitare attraverso una proposta d’ascolto: una percezione sinestesica e amodale in cui gli stimoli (ad esempio un suono), provocano delle percezioni non solo nello specifico sistema sensoriale (in questo caso il sistema uditivo), ma determinano una risposta congruente anche in altri canali (ad esempio la vista). Una proposta di ascolto, dunque, in cui udito e vista vengono contemporaneamente utilizzati: l’attività d’ascolto avviene in una stanza completamente ricoperta di carta dal pavimento alle pareti. I bambini, vestiti solo di una maglietta bianca, entrano e trovano pacchi o sacchetti o scatoloni che contengono bottiglie di colori a tempera e “attrezzi” non strutturati quali spugne o pezzetti di stracci.
Dopo un momento iniziale in cui i bambini esplorano il colore, viene proposta loro una sequenza di quattro brani tratti dalla ricerca contemporanea, brani scelti per la loro particolare configurazione formale. Il primo brano presenta forme ondulatorie, risonanze che si sovrappongono, forme fluide e continue in movimento; il secondo contiene lunghe linee più o meno fisse di suono; il terzo presenta forme vocali brevi, secche, che si susseguono in rapido movimento e l’ultimo, una canzone per bambini, presenta una ritmicità marcata e continua, una linea melodica tonale molto riconoscibile e cantabile.
I bambini hanno dunque avuto la possibilità di vivere un’esperienza d’ascolto avendo a disposizione un mezzo espressivo, quale quello grafico-pittorico, che ha coinvolto alla volta la vista ed il gesto.
Ognuno di loro ha reagito alla musica con modalità individuali, con propri movimenti e gesti, che dipendevano, in parte, dalla singola identità musicale ed, in parte, dalle caratteristiche morfologiche dei brani presentati. Abbiamo osservato, inoltre, insieme alle educatrici, che ogni gruppo ha sviluppato una propria condivisa modalità d’ascolto e di espressione, dovuta alle relazioni intercorse fra i bambini durante l’attività.

Esplorare

Abbiamo dedicato tutta l’ultima parte del Progetto all’esplorazione degli strumenti.
Perché l’esplorazione di un corpo sonoro è così importante nella formazione della musicalità del bambino e nello sviluppo della sua intelligenza?
I bambini accedono alla musica attraverso il fare, agendo su di un corpo sonoro, oltre che attraverso l’ascoltare.
Il bambino, secondo François Delalande, per sua natura, ha uno sviluppo sonoro proprio ed attua particolari condotte musicali (in parallelismo con gli stadi di Piaget). “Le tre forme di gioco corrispondono a tre tipi di attività che nel bambino si manifestano spontaneamente, tanto da far invertire la prospettiva dell’educazione musicale. Educare i bambini non significa farli uscire dallo stato di vuoto musicale in cui si suppone essi si trovino per portarli a un determinato livello di competenza, al contrario significa sviluppare un’attività ludica che già è presente in loro e che è in definitiva la sorgente stessa del gioco musicale”. (F. Delalande, 1984, p. 40)
Esiste un’attività spontanea di esplorazione sonora…”, infatti, “il bambino esplora – scuote, gratta, fa rimbalzare - e ascolta senza che nessuno glielo abbia insegnato”. (F. Delalande, 1993, p. 152)
Tutto il metodo educativo elaborato da Delalande e dalla Pédagogie de l’éveil, dunque, parte dalle innate capacità del bambino di esplorare, di fare trovate e di eseguire variazioni. E citando le sue parole, ancora, occorre “assegnare un ruolo centrale a un’attività di produzione che faccia appello alla creatività”.
Ma nella realtà quotidiana del nido che cosa fa un bambino di fronte ad uno strumento?
Posto che ogni bambino mette in atto modalità esplorative estremamente legate alla propria individualità, in generale egli alterna gesti esplorativi molto differenti fra loro, in cui predomina la ricerca della varietà, a momenti in cui a lungo si ferma su di un determinato gesto o suono e lo affina, ne va in profondità apportando micro variazioni o ripetizioni. Tale gesto o suono, affiorato improvvisamente fra tanti suoni prodotti, nuovo rispetto al già sentito costituisce per il bambino una sorpresa, una trovata.
Da questo suono o gesto il bambino è particolarmente attratto e decide di soffermarsi su di esso. Egli insiste nel riprodurre lo stesso gesto che aveva generato quel suono, fissandosi così su quella “trovata” per lui così affascinante.
Ci ricorda, a questo proposito, Delalande: “Ciò che ci garantisce che si tratta di musica è che il gesto viene ripetuto e variato. È proprio la variazione a far sì che l’interesse si sposti dalla causa, cioè dal semplice colpo, all’effetto, cioè al suono”. (F. Delalande, 2001, p. 39)
Si tratta dunque di produzione musicale, di un tipo di esplorazione che può essere definita centrata, in cui il bambino non si limita a riprodurre esattamente lo stesso gesto, ma lo affina, lo varia microscopicamente per cercare una sonorità più piacevole e sviluppa così l’idea iniziale. L’idea musicale che si viene a creare dall’avvicendarsi di ripetizioni e variazioni si prolunga poi attraverso il gioco. Le idee musicali, le trovate e le esplorazioni hanno bisogno, per avere realtà, di uno spazio sonoro che raramente esiste nelle strutture per la prima infanzia.
Durante l’ultima tappa del nostro viaggio, ci siamo posti l’obiettivo di organizzare in ogni struttura uno spazio sonoro con l’intento di far esplodere la musica fra i bimbi, far uscire i sonagli dai cestini e dagli armadi, dare uno spazio agli oggetti sonori da vivere e da toccare e fare sì che i bambini si possano alzare, muovere, esprimere con il corpo mentre cantano e suonano. (G. Nuti, M. Filippa, pp. 67-76)
Lontani dal voler suggerire un unico modo di costruire e abitare questo luogo abbiamo proposto alle educatrici alcuni progetti possibili da scegliere, rimaneggiare, adattare. Ogni asilo nido ha risposto in modo differente a seconda delle proprie esigenze e dai 15 nidi coinvolti sono nate 15 tipologie di angoli sonori, da visitare, da conoscere e scoprire. (G. Nuti, M. Filippa, capitolo Voce ai nidi, pp. 78-134)

Conclusione o premessa

Per concludere, o per iniziare un nuovo viaggio, parliamo di prospettive.
Cominciano ad essere sempre più numerose e significative le esperienze musicali, rivolte alla prima infanzia, che negli ultimi anni sono state condotte in Italia; allo stesso modo sono sempre più interessanti i contesti in cui si riflette sullo sviluppo sonoro del bambino piccolissimo.
Chi opera all'interno dei nidi utilizzando il linguaggio musicale ha oggi a disposizione un ampio ventaglio di tecniche, di metodologie, di riflessioni teoriche che lo mettono in grado di elaborare un percorso metodologico e pedagogico aperto alle diverse esigenze della comunità-nido. Si accentua, però, il rischio a mio avviso della moltiplicazione degli ambiti in cui le tecniche, facili all'uso, sono applicate senza la consapevolezza del contesto, dell'orizzonte scientifico in cui sono inserite.
Ma le prospettive, pur accettando questo rischio, sono ricche, estremamente vive e creative e, in forma di conclusione, riprendo un pensiero antico, ricorrente e già confessato altrove.
Con questo progetto, volevamo nidi sempre più musicali per i bambini, abbiamo desiderato che la musica entrasse nella vita di ogni giorno al nido, abbiamo lavorato per diventare ricercatori, per seguire qualcosa che andasse al di là del fare quotidiano, ci siamo trovati a formulare ipotesi, ad escogitare metodologie operative, a sperimentarle e a valutare il percorso svolto.
Credo, a percorso terminato, che questo nostro viaggio sia davvero stato per alcuni un inizio, per altri un aiuto per diventare un po’ inventori, un po’ cantastorie e un po’ ricercatori.

Manuela Filippa

Bibliografia
NUTI G., FILIPPA M., (2006), In un nido di suoni, Le Château, Aosta.
DELALANDE F., (1993), Le condotte musicali. Comportamenti e motivazioni nel fare e ascoltare musica, CLUEB, Bologna.
DELALANDE F., (2001), La musique est un jeu d’enfant, Buchet-Chastel, Paris.
STERN D.N., (1998), Le interazioni madre-bambino nello sviluppo e nella clinica, Cortina Raffaello, Milano.
DELIEGE I., SLOBODA J.A, (1995), Naissance et développement du sens musical, PUF, Paris.
TAFURI J., (2006), Nascere musicali: percorsi per educatori e genitori, EDT, Torino.

 

 

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