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Tra Scilla e Cariddi

L'autore analizza la situazione del sistema valdostano delle scuole secondarie di secondo grado alla luce delle spinte federaliste in atto nel contesto nazionale e ne indica alcuni principi irrinunciabili.*

Nel mare agitato della scuola italiana, la rotta, per navigare verso nuovi orizzonti, più sereni e più propizi per i nostri giovani, dipende dagli esiti del dibattito in corso sul federalismo scolastico.
In qualche misura, ciò vale anche per il sistema scolastico valdostano, anche se questo potrebbe avere una storia tutta sua, legittimata dallo Statuto Speciale, in particolare per ciò che riguarda l'istruzione professionale.
Secondo le affermazioni del ministro Fioroni, il Governo si appresta a definire gli ultimi aspetti normativi riguardanti il riordino dell'istruzione relativa al 2° ciclo, dopo aver smontato e rimontato con il “cacciavite” quanto costruito nella precedente legislatura.
A partire dall'anno scolastico 2009/10, la scuola italiana avrà un nuovo assetto che dovrà garantire una migliore qualità degli apprendimenti nei diversi segmenti formativi che caratterizzeranno i percorsi della scuola dell'obbligo e del post-obbligo.
In Valle d'Aosta, per molti anni si è parlato di applicare concretamente quanto previsto dallo Statuto Speciale e da successive norme di attuazione, per caratterizzare i percorsi formativi dei giovani valdostani con quegli aspetti culturali, sociali e professionali che sono propri della nostra realtà territoriale e che, se opportunamente integrati nei curricoli scolastici, possono arricchirla proficuamente.
Ostacoli di diversa natura si sono frapposti alla realizzazione di un progetto organico per la definizione prima e la determinazione dopo di un sistema valdostano di istruzione e formazione che, pur orientato ai principi fondamentali e rispettoso delle norme generali nazionali, proponga un servizio consono alle necessità dei cittadini “europei” della nostra regione.

Il dibattito sul federalismo scolastico

A livello nazionale, ci sono tre fronti che caratterizzano il dibattito sul cosiddetto federalismo scolastico: uno giuridico, uno politico, che vede in campo diverse posizioni delle Regioni, e un terzo sociale, legato alla richiesta di servizi, alle diverse esigenze dei territori e alle reazioni in merito all'efficacia del servizio.
Da un lato, si discute con competenza giuridica su cosa siano le “norme generali”, i “princìpi fondamentali” e i “livelli essenziali delle prestazioni”, sui quali, a norma della riforma del Titolo V, si devono riorganizzare i poteri e le competenze sul sistema scolastico e formativo, cercando di chiarire, chi e come si governa. Dall'altro, da diverse parti, si procede in modo unilaterale codificando “pezzi” di sistema: alcune Regioni e le Province autonome con leggi proprie e lo Stato con gli interventi normativi del ministro G. Fioroni.
Quando si partecipa alle riunioni della IX Commissione(1), emanazione della Conferenza delle Regioni, in qualità di rappresentanti delle Regioni, ci si accorge della mancanza di sintonia tra l'impostazione dei Ministeri (Pubblica Istruzione e Lavoro), e quindi del Governo, e quella delle Regioni, indipendentemente dall'appartenenza politica: è facilmente percepibile la fatica di ragionare insieme, in maniera organica, sul sistema formativo nazionale.
Il citato Titolo V della Costituzione ha cercato di consolidare le prerogative enunciate nel D.lg. n. 112/98(2) e nel D.P.R. n. 275/99(3), ma anziché agire sugli oggetti da trasferire, ha indicato i princìpi da riconsiderare, mettendo in moto una macchina interpretativa piuttosto che una macchina operativa, il che ha rallentato il processo di applicazione delle nuove competenze regionali.
La condivisione è massima sulla necessità di coniugare il carattere unitario nazionale di alcune fondamentali funzioni con le esigenze e le prospettive dei diversi contesti, dei bisogni e delle attitudini individuali, ma le parti non hanno ancora raggiunto una reale convergenza.
La speranza è quella che si arrivi a costruire, a livello di Conferenza Stato-Regioni, un curricolo organizzato per standard nazionali, nuclei fondanti dei saperi e del patrimonio culturale e competenze certificabili; ciò eviterebbe il continuo rincorrersi tra Stato e Regioni nell'intervenire sul sistema e valorizzerebbe veramente l'autonomia professionale, didattica e di ricerca della scuola.
L'applicazione dei principi enunciati dal nuovo art. 117 della Costituzione, ha bisogno di un'azione induttiva, dal basso, in caso contrario, una lettura deduttiva, dall'alto, potrebbe correre i due rischi opposti: risultare troppo ampia e quindi non idonea a stimolare il cambiamento oppure troppo restrittiva e quindi pericolosa per l'unità del sistema nazionale.
Lo stesso dicasi per i livelli essenziali delle prestazioni(4), che devono essere intesi come risultati attesi, da garantire su tutto il territorio nazionale a tutela dell'autonomia scolastica, piuttosto che come principi concernenti i diritti civili e sociali.
In questa logica, che parte dal basso, trova una collocazione importante l'esperienza dei percorsi sperimentali triennali, come quelli valdostani, realizzati grazie ad una stretta collaborazione tra il sistema scolastico e quello della formazione professionale, che stanno dando un significativo contributo alla comprensione reciproca delle caratteristiche dei diversi sistemi, soprattutto per quanto riguarda l'elaborazione dei curricoli, la certificazione delle competenze, la relazione tra titoli di studio a livello nazionale e qualifiche regionali. Queste sperimentazioni potranno essere terreno fertile per arrivare ad un'interpretazione moderna dell'espressione “istruzione e formazione professionale”, anche in relazione al necessario rilancio delle stesse.
Proprio in relazione a queste esperienze formative, la stesura di una legge regionale sul sistema educativo valdostano potrà precisare senza ambiguità ruoli e compiti della scuola e della formazione professionale.
Alcune Regioni e alcune Province, esercitando la propria competenza legislativa primaria sul sistema formativo, hanno creato dei precedenti e definito dei modelli trasferibili anche in altre realtà(5).
Sarebbe bene che la nostra Regione seguisse questi esempi ed, in particolare, riflettesse su quanto accaduto negli ultimi anni nelle province di Trento e di Bolzano, relativamente agli esiti delle applicazioni delle recenti normative emanate, per disegnare i loro nuovi sistemi educativi.

Il riordino dell'istruzione tecnica e dell'istruzione professionale

Il ministro Fioroni, entro giugno 2008, dovrebbe mettere a punto una legge per il riordino dell'istruzione tecnica e dell'istruzione professionale. Con questo atto legislativo, con il regolamento e le linee guida sull'obbligo di istruzione(6) e con il parere del Tavolo tecnico nazionale sull'applicazione della riforma del Titolo V della Costituzione, dovrebbero essere posti tutti i presupposti per un disegno di legge regionale atto a inquadrare il sistema di istruzione e di formazione valdostano.
è ora di ripartire dal curricolo e di condividerne le linee essenziali, andando a leggere in profondità le “Nuove indicazioni per il curricolo del 1° ciclo” e le “Linee guida per l'attuazione del regolamento sull'obbligo di istruzione”, dimenticando il pressapocchismo degli slogan che hanno pubblicizzato le diverse riforme, le tre C, le tre I, la scuola delle competenze, più tabelline e meno progetti.
Il progetto di scuola, che deve pervadere i dispositivi normativi per l'attuazione del curricolo dell'autonomia nella nostra regione, deve porre al centro il concetto di “persona”. La normativa deve quindi offrire maggiori opportunità possibili per ampliare gli orizzonti culturali di tutti i cittadini, puntando su competenze cognitive, sociali, affettive ed estetiche rinnovate ed aggiornate.
Il sistema educativo deve essere inoltre fondato sul concetto di “cultura” come risorsa sociale e umana per ogni stagione della vita: infanzia, adolescenza ed età adulta. Cultura come ingrediente fondamentale dell'era della conoscenza, per formare, ora come non mai, cittadini dal pensiero plurale e dall'etica solidaristica.
Infine, deve essere data importanza alla scuola come luogo dell'inclusione, dell'integrazione e della multiculturalità, che sa farsi carico dei problemi di chi ha più difficoltà, nell'ottica del “non-uno-di-meno”.
La scuola come sistema aperto al dialogo, al confronto e alla collaborazione con il territorio e con le diverse agenzie formative - formali, non formali ed informali - per garantire apprendimento per tutta la vita, condizione necessaria per i cittadini della società contemporanea.

Gli aspetti irrinunciabili del sistema educativo regionale

Fissati i principi ispiratori che configurano il sistema educativo della nostra Regione, occorre stabilirne gli aspetti irrinunciabili. Fermo restando che la norma dovrebbe disciplinare l'organizzazione del servizio educativo, gli ordinamenti, i relativi piani di studio, le risorse umane e strumentali, sarebbe opportuno che la Regione, in sintonia con il Processo di Lisbona, definisse anche le condizioni per raggiungere significativi obiettivi riguardanti:
• la lotta alla dispersione;
• la produttività quantitativa e qualitativa del sistema;
• la formalizzazione dei rapporti fra l'istruzione e le istituzioni sociali, economiche e politiche del territorio;
• l'apprendimento permanente;
• il potenziamento e il consolidamento del plurilinguismo, valorizzando il particolarismo della Regione;
• una maggiore focalizzazione sull'apprendimento dei saperi tecnico-scientifici.

Il Veliero, sistema educativo di istruzione e formazione, con i suoi alberi maestri, persona, cultura e scuola, deve dunque ancora affrontare le forze della natura, cercando di non farsi né dilaniare da Scilla (Stato) né risucchiare da Cariddi (Regione), ma volgendo a proprio favore la potenza dei due mostri.

Maurizio Rosina

 

* L’articolo è stato scritto prima della crisi del Governo Prodi.

Note
(1) Commissione Istruzione, Lavoro, Innovazione e Ricerca.
(2) Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni ed agli Enti Locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59.
(3) “Regolamento dell'autonomia”.
(4) Art. 117, comma 2, lettera m.
(5) Vedi le leggi regionali dell'Emilia-Romagna e della Lombardia e la legge provinciale del Trentino.
(6) Decreto Ministeriale 22 agosto 2007 e “Linee guida” del 27 dicembre 2007.

 

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