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Une dynamique bousculante

“La Gioconda di Lvov. Immagini ‘spontanee’ e testi relativi ai fatti dello sterminio” è il titolo dell’esposizione allestita presso il Liceo classico di Aosta nella primavera 2007.
L’idea che sta alla base della mostra fotografica è che un’immagine senz’altro emoziona (tre bambini ebrei dividono lo stesso letto di fortuna in un nascondiglio a Amsterdam), provoca e vale mille parole, ma forse nella nostra società, così assuefatta alle immagini, esse non sono più una fonte sufficiente; poche sono le anime belle pronte a ripetere le parole di Susan Sontag a proposito delle fotografie dello sterminio: “La mia vita si separa tra prima e dopo averle viste […]. L’enorme catalogo fotografico della miseria e dell’ingiustizia del mondo ha dato a tutti una certa consuetudine con l’atrocità, facendo apparire normale l’orribile, rendendolo familiare, remoto (“è soltanto una fotografia”), inevitabile”(1). Le immagini solo apparentemente sono il focus dell’esposizione: nelle tasche applicate ai pannelli che ricordano dei carri merci sono infatti riportati, su fogli di diversi colori a seconda che si parli di ebrei, rom, omosessuali, testimoni di Geova o prigionieri politici, brani da meditare e riferimenti bibliografici per successivi approfondimenti.


La mostra itinerante è stata gratuitamente messa a disposizione della scuola dall’Istituto storico della Resistenza e della società contemporanea in Valle d’Aosta, che ne è proprietario cui è possibile richiederla. Gli enti patrocinatori sono il Comitato valdostano per la celebrazione del 50° anniversario della Resistenza, della Liberazione e dell’Autonomia; l’Istituto storico della Resistenza in Valle d’Aosta e l’Associazione nazionale ex Deportati. La realizzazione è stata curata dalla Fototeca storica nazionale di Milano più di dieci anni fa. Il catalogo, ancora in commercio, è edito dalla Tipografia valdostana.
La mostra era rivolta a tutti gli studenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado di Aosta e dintorni. L’interesse riscosso dall’iniziativa presso gli insegnanti è stato discreto e molti sono stati gli studenti che hanno così potuto approfondire le conoscenze apprese in aula.
Per gli studenti dell’ultimo anno del Liceo classico la mostra si è inserita in un variegato percorso – approvato all’unanimità dal Collegio dei docenti – costantemente sostenuto dalla Dirigente scolastica professoressa Anna Maria Traversa - propedeutico alla partecipazione al Concours national de la Résistance et de la déportation pour l’année 2006-2007. Si tratta di un concorso che ogni anno suscita un notevolissimo interesse da parte delle scuole e degli studenti, indetto dal Ministero francese che da cinque anni invita a partecipare anche la Valle d’Aosta. Il tema scelto per l’anno 2007 è stato “Le travail dans l’univers concentrationnaire nazi”. Gli studenti possono aderire scegliendo tra diverse tipologie di lavoro individuale o di gruppo. Alcuni studenti del Liceo classico di Aosta hanno scelto di svolgere individualmente, il 24 marzo scorso, un saggio breve in lingua francese.
Il lungo lavoro di preparazione ha previsto un intervento di alto valore formativo da parte del prof. Brunello Mantelli, ordinario di Storia contemporanea presso l’Università degli studi di Torino, che alcune classi conoscevano per aver studiato il suo testo I fascismi europei 1919-1945. Il professor Mantelli ha saputo coinvolgere tutto il triennio liceale con una lezione molto approfondita e rigorosa sul lavoro coatto, utilizzato innanzitutto come mezzo di punizione nei KL e VL e costantemente con la finalità di umiliare i detenuti. Tra il 1941 e il ’45, era necessario al III Reich per continuare la guerra rendere produttivo il lavoro dei reclusi; arrivando a concepire le “marce della morte”, finalizzate essenzialmente, secondo gli studi più recenti, a spostare i macchinari industriali con l’avvicinarsi del fronte.
La conferenza del professor Mantelli ha anche aperto un interessante orizzonte di confronto e di ricerca interdisciplinare tra storia e filosofia, relativo all’interpretazione data dalla Scuola di Francoforte e più recentemente da Zygmunt Barman, di Auschwitz come frutto estremo della civiltà meccanizzata. Il professore dissente da tale punto di vista in quanto il 50% delle esecuzioni di ebrei avvenne con modi tradizionali e barbari, a colpi di fucile o raffiche di mitragliatrice, e tantissimi morirono per fame e malattie. Di conseguenza, appare ragionevole la considerazione di Hans Mommsen secondo cui buona parte degli ebrei d’Europa “non venne eliminata tra il 1941 e il ’45 nelle ‘fabbriche della morte’ [… bensì] con modalità e per mezzo di strumenti ‘convenzionali’, ma non per questo meno crudeli, […] ed è quindi fuorviante collegare lo sterminio degli ebrei al concetto di modernità, come molto di frequente hanno fatto studiosi per altro in maggioranza alieni dall’approccio e dalle metodologie storiografiche”.(2)
Gli studenti hanno, avuto modo di approfondire i Saggi sull’antisemitismo di Theodor Adorno, alcuni passaggi della Dialettica dell’Illuminismo di Adorno-Horkheimer, quelli in cui i due filosofi ebrei tedeschi sottolineano, già nel ’47, la novità radicale dello sterminio tecnico, amministrato, per cui Auschwitz non è conseguenza del declino della ragione, ma della ragione strumentale portata alle sue conseguenze più estreme(3). Hanno quindi letto gli studi di Hannah Arendt, di Dietrich Bonhoeffer e la ricerca di Bauman. Vi è così stata l’occasione per un confronto tra il punto di vista storico, che si basa su un rigoroso studio del dato e della fonte, e l’interpretazione filosofica, che giunge a conclusioni meno analitiche, ma offre preziose chiavi di lettura ampie e complesse.


La preparazione degli allievi ha previsto anche uno spazio teatrale molto intenso, promosso dal Consiglio regionale della Valle d’Aosta con la collaborazione dell’Istituto storico della Resistenza: si è trattato della pièce di Claudio Tomati, recitata dalla compagnia Alma Rosé, intitolata C’era un’orchestra ad Auschwitz, ispirata al libro testimonianza di Fania Fénelon.
Verso la conclusione dell’anno scolastico, è giunta la notizia che due allieve valdostane, Linda Finco del Liceo scientifico di Pont-Saint-Martin e Christel Gorris del Liceo classico di Aosta, si sono classificate ai primi posti nella categoria temi individuali del concorso francese. Le due studentesse sono quindi state invitate alla cerimonia di premiazione svoltasi ad Annecy, lo scorso 8 maggio, festa nazionale francese per celebrare la fine della Seconda Guerra mondiale. Il premio è consistito in una serie di interessanti libri di storia e in un’inaspettata visita al campo di Dachau. Le ragazze hanno potuto vivere un’esperienza unica con la guida di Monsieur Walter Bassan, figlio di antifascisti veneziani rifugiatisi in Francia e deportato nel campo di Dachau. Walter Bassan, sul quale durante la visita è stato girato un documentario per la tv francese, è l’energico ottantenne ideatore del Concorso che vuole rendere i giovani coscienti del nostro passato perché “Il contesto estremo del lager, quello di tutti i lager, di tutte le forme di totalitarismo, di tutti i tempi, compreso il presente, non sono solo la quintessenza dei regimi totalitari, ma anche una lezione valevole per il mondo intero e non solo per quella parte di mondo che l’ha generato”. (Tzvetan Todorov)
Pubblichiamo di seguito la sintesi finale del saggio breve di Christel Gorris. La tipologia del compito che il Ministero francese elabora presenta cinque domande allo scopo di guidare l’analisi dei numerosi documenti (fonti iconografiche, testimonianze di sopravvissuti, passaggi degli atti del processo di Norimberga) e una “réponse organisée” come sintesi finale.

LE TRAVAIL DANS L'UNIVERS CONCENTRATIONNAIRE NAZI

Le système concentrationnaire nazi et le travail qui se déroulait en celui-ci est un phénomène très complexe qui évolue et change suivant les différents camps d’extermination et de concentration (KL/VL), mais aussi à l’intérieur du camp même on est face à des différences. C’est impossible donc d’en donner une définition unitaire; déjà en pensant à l’évolution qu’a eu l’univers concentrationnaire dès sa création jusqu’à sa destruction, on peut comprendre que l’idéologie nazie qui le supportait et qui visait à l’anéantissement total des juifs, des homosexuels, des handicapés a dû s’adapter aux besoins du Reich.
En effet, les Allemands comprenant que la guerre ne pouvait pas être un Blitzkrieg et que la main-d’œuvre était en train de diminuer, transformèrent ce qui jusqu’à présent était un lieu de détention en un lieu de travail productif. De 1933 jusqu’à 1939 le travail que devaient accomplir les prisonniers était pensé pour détruire toute dignité, les détenus étaient soumis à des travaux épuisants et sans logique; les conditions étaient terribles et visaient uniquement à l’humiliation des hommes.
Plus tard, à partir de 1939, vu le manque de main-d’œuvre dans le Reich, les prisonniers des camps de concentration furent utilisés pour augmenter la production d’armements.
Les grandes industries aussi s’appuyèrent sur les KL pour augmenter leur production avec une main-d’œuvre à un prix très bas; c’est le cas des Krupp par exemple. Alfred Krupp, en effet, était un puissant industriel de la sidérurgie, mais aussi un membre du NSDAP et des SS.
Les détenus fournissaient donc de la force de travail qui portait des avantages et au Reich et aux grands industriels.
C’est justement dans cette période que, parmi les travailleurs qui avaient acquis la conscience d’être fondamentaux pour la nation, commencèrent à paraître les premiers sabotages.
Un sentiment de solidarité était présent parmi les prisonniers, ils étaient d’accord pour saboter les munitions et ralentir les machines : ils élaboraient donc une réponse assez forte à la tentative de déshumanisation mise en œuvre par les chefs nazis.
Le but qui visait à l’anéantissement de la conscience humaine avait donc en partie échoué parce qu’en effet les prisonniers s’étaient démontrés à même de faire un choix important.
Cette manifestation de courage et de force d’âme est le produit d’un choix bien précis, d’une sorte de réaction face au procès de destruction de la conscience que les nazis auraient voulu appliquer à travers un travail absurde.
L’implication des industries comme les Krupp, la Bayer et la Siemens a eu des retentissements au cours du procès de Nuremberg ; les dirigeants de ces industries furent accusés eux aussi de crime contre l’humanité parce qu’en effet, par l’exploitation du travail des prisonniers, ils avaient contribué à l’extermination d’un peuple entier.

Christel Gorris
Classe 3A bilingue - Lycée classique d’Aoste

 

Daria Pulz

Note
(1) SONTAG S. (1978), Sulla fotografia, Einaudi, Torino.
(2) MOMMSEN H. (2003), La soluzione finale. Come si è giunti allo sterminio degli ebrei,
Il Mulino, Bologna, p. 173, in MANTELLI B. (2006), Saggio sui campi di sterminio per la Storia della Shoah, Utet, Torino.
(3) Cfr. TRAVERSO E. (2004), Auschwitz e gli intellettuali. La Shoah nella cultura del dopoguerra, Il Mulino, Bologna.

 

 

 

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