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Un ponte tra ieri e oggi

“L’educazione interculturale, la faccia quella di geografia che parla delle popolazioni…” “L’educazione… falla tu che io ho già tanto da fare”.
“… Quella alla salute dovrebbe farla chi fa scienze che tanto c’è già nel suo programma, non capisco perché l’hanno aggiunta! Si studia già il corpo umano… però la parte dell’affettività sarebbe da dividere tra tutti…”
“Scusate, ma io che faccio matematica che cosa c’entro?”
“Quell’educazione alla legalità poi io non la posso più fare perché altrimenti rimango indietro con i verbi e l’analisi grammaticale…”
“... Ma cosa c’entra la legalità a scuola? Non siamo mica dei giudici. Se ci lasciassero lavorare in pace…”
“Sì, quel progetto è proprio bello… sono d’accordo a farlo, però nelle tue ore…”
“L’educazione alla cittadinanza chi l’ha tirata fuori? Non siamo tutti cittadini? Sapessero un po’ di più le tabelline…”

Incubi notturni da peperonata serale o brani colti al volo tra docenti? Ah… saperlo?
Quando negli stadi si levano i cori di “Bruciate nei forni come gli ebrei!”, viene logico chiedersi quali scuole abbiano frequentato i virili cantori di cotanti stornelli. In modo analogo, quando in classe un bambino chiede al suo insegnante, in tono sincero e sprovveduto, “Ma se non vogliono che gli stranieri sbarchino in Italia, perché non sparano
sulle barche e le affondano?”
Ci si domanda cosa rispondere all’alunno e dove affondi la sua nascente weltanshaung.

Ricordi di ieri

Il Laboratorio di storia delle Istituzioni Mont Rose A e Walser Mont Rose B di Pont-Saint-Martin ha deciso di offrire alcune occasioni di formazione agli adulti e di predisporre attività per i ragazzi su due momenti storici ritenuti oggi fondamentali:
il Giorno della Memoria, il 27 gennaio, e la ricorrenza della Liberazione, il 25 aprile.
Nel riproporre queste date, occorre evitare ogni retorica; la nostra proposta vuole andare nella direzione opposta a quella del formalismo legando eventi del passato con il nostro presente, le contraddizioni con le speranze.
Il 27 gennaio si ricorda la liberazione del campo di sterminio di Auschwitz e il problema è sempre come raccontare, come far sapere senza indugiare sull’orrore e senza minimizzare ciò che è successo oltre sessant’anni fa, come parlare dei terribili eventi della Shoah ai bambini di oggi per i quali Hercules, i nazisti, i Romani e Napoleone sono tutti relegati nella categoria di un passato indifferenziato?
Nasce, cercando di trovare le risposte a queste domande, il progetto di tessere una trama sul territorio per restituire, filo dopo filo, al presente la drammatica attualità di un passato che non passa mai. Le preziose risorse degli ultimi, davvero gli ultimi, testimoni di quegli anni tragici sono uno degli strumenti per aprire delle finestre reali sul passato e cercare di vedere che cosa successe nella vita e nelle storie delle persone che in questi anni hanno lavorato con noi. Quando Italo Tibaldi, deportato a Mauthausen, apre sotto gli occhi dei bambini il fazzoletto azzurro simbolo degli internati, il silenzio dei piccoli vale molto di più di cento domande: c’è lo stupore, la curiosità, ma anche la paura per ciò che quell’oggetto rappresenta. Dopo il racconto, le domande, i chiarimenti, anche quel piccolo pezzo di stoffa rimarrà, simbolo e monito nella classe ad arricchire l’archivio della memoria.
Ida Désandré ha parlato, nel Palazzetto dello sport di Pont-Saint-Martin, a centinaia di studenti piccoli e grandi che, in silenzio, ascoltavano una donna minuta ed elegante raccontare una storia tragicamente grandiosa, nel corso della quale milioni di vite umane si erano spente. In queste occasioni, si coglie con chiarezza il valore pedagogico del racconto, del filo magico che si tende tra persone che comunicano, al di là della differenza di età.
Ida sembrava dire: “Ci sono stati anni in cui era difficile affermare ciò che si pensava, in cui la pietà sembrava scomparsa e l’aiuto reciproco una mera speranza. Io ho vissuto quegli anni, quell’esperienza; ho camminato in mezzo al dolore… adesso, però, sono qui tra voi. La vita è anche questo, ma non sempre, non per sempre”.
È un messaggio di speranza per i ragazzi che spinge ad andare avanti, a cercare di farcela, perché “La vita è bella”, dopotutto. In fondo, anche le favole più truci finiscono con la vittoria dei buoni, i bambini lo sanno benissimo, e questa “fede” li aiuta a crescere, a diventare grandi e forti.

Tragedie di oggi

Ricordare la Shoah come un quadro statico di oltre 60 anni fa potrebbe rivelarsi retorico e inutile. È necessario legare al ricordo di ieri elementi presenti e contemporanei.
Il progetto delle cartoline è nato in questo modo, da una tragedia europea di pochi anni fa. In Bosnia, vivono oggi i sopravvissuti all’unico genocidio riconosciuto dall’Onu nel nostro continente dal secondo conflitto mondiale: la strage di Srebrenica. “Pulizia etnica” l’hanno chiamata, con la rivoltante formalità linguistica che solo i tecnici dei massacri riescono ad utilizzare nei loro documenti. Utilizzando disegni dei bambini delle nostre istituzioni, dalle scuole dell’infanzia, alla primaria e secondaria di primo grado, abbiamo stampato quattro cartoline. Ognuna riproduceva due immagini: un disegno della Shoah e una fotografia di bambini che vivono nei pressi di Tuzla, in Bosnia, città dove si rifugiarono, nel luglio del 1995, i superstiti del genocidio balcanico. Le cartoline sono state distribuite a tutti gli alunni. È stato questo il nostro modo per ricordare, il 27 gennaio 2006, il Giorno della Memoria con i più giovani.
La sera stessa, in collaborazione con la Biblioteca comunale di Pont-Saint-Martin, è stato proiettato il documentario Il cielo sopra Srebrenica e presentato il libro Srebrenica, i giorni della vergogna. Alla serata erano presenti gli autori dei lavori, tutti aderenti e collaboratori dell’associazione Macondo3 che operano a Tuzla con l’appoggio di organizzazioni locali, indispensabili per capire i reali bisogni di quella realtà.
La serata era dedicata ai docenti, ai genitori ed agli studenti delle scuole superiori.
Per la prima volta il Laboratorio ha organizzato, qualche settimana più tardi, un incontro per gli adulti su un argomento difficile e poco noto: Il confine orientale italiano e le foibe.
Il 25 aprile dello stesso anno è scattata l’operazione 50 centesimi di libertà.
Ancora cartoline, legate questa volta alla realtà della nostra guerra di Liberazione. Ancora immagini per legare il presente al passato. I disegni dei bambini illustravano, con gli occhi di chi non aveva vissuto la guerra, ciò che le fotografie dei luoghi colpiti dalle rappresaglie nella valle del Lys ricordavano a noi tutti.
Questa volta alle cartoline è stato imposto un prezzo: i 50 centesimi di libertà appunto.
Con la somma ricavata nelle scuole si sono avviate, grazie alla collaborazione dell’Onlus Macondo3 di La Spezia, quattro adozioni a distanza di bambini e adolescenti, in situazione di disagio, residenti nei villaggi intorno a Tuzla.
È un modo, non l’unico sicuramente, perché il ricordo di un passato tragico sia di aiuto a chi ha perso tutto nelle guerre di oggi.
Questo è storia, educazione interculturale, alla pace, alla solidarietà, alla legalità, alla convivenza, educazione civica, ma può essere anche italiano o geografia. Tutto dipende dalla volontà dell’insegnante e dalla sua capacità di vedere nei fatti e nelle cose. Forse è solo educazione alla vita. O educazione e basta. È la scuola.
È passato un altro anno. Siamo nel 2007. È il 27 gennaio.
Nei cortili delle scuole delle Istituzioni di base di Pont-Saint-Martin si ritrovano le classi che aderiscono all’iniziativa Parole di pace tra le stelle. Lanciano palloncini con un messaggio che verrà trovato a… e poi ci sarebbe anche da parlare dei Sentieri della Libertà che…
Ma questo lo racconteremo un’altra volta.

Giorgio Fragiacomo
Mariella Herera

 

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