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Per cominciare a ragionare (1)

La storia siamo noi.
È il titolo di una celebre canzone di F. De Gregori del 1985. E gli altri?
In fondo, si potrebbe ridurre a questo interrogativo la questione della storia in dimensione interculturale.
Su questo nodo si è costituito nel 2005(2) un gruppo di ricerca all’interno dell’Associazione Clio ‘92 (www.Clio92.it) a partire dalla domanda sulla possibile relazione tra storia, intercultura, insegnamento /apprendimento.
La stessa definizione del tema è problematica e non c'è una convenzione stabile (dimensione interculturale della storia, storia ed educazione interculturale, storia mondiale, didattica interculturale della storia, storia interculturale, ecc.) neppure sulle parole da usare. La cosa singolare è che questa problematicità si riverbera su tutti e tre gli aspetti considerati: è necessario comprendere come la globalizzazione (la planetarizzazione per usare le categorie di Morin e di altri autori) abbia modificato il mondo e le culture che abitiamo; ripensare il senso della storia, le sue categorie, i modi e i contenuti delle sue narrazioni e rappresentazioni; indagare le nuove finalità dell’apprendere e dell’insegnare storia, individuare gli strumenti e le strategie migliori da usare.
Secondo l’idea più diffusa, la storia è organizzare il racconto del passato in modo cronologicamente lineare, descrivendo una sorta di genealogia che lega il tempo presente all’antichità. Questa idea si ritrova nella maggior parte dei paesi del mondo e, quasi ovunque, è alla base della storia insegnata.
L’ossatura comune di questo racconto si può ricondurre alla sequenza: preistoria – Vicino Oriente – Grecia e Roma – Medioevo – formazione degli Stati e delle nazioni – posto del proprio Stato nell’Europa e nel mondo – mondo attuale.
Una sorta di canone della storia insegnata che, al di là di specifiche varianti e differenti modulazioni, consente di riconoscere un filo rosso comune. Il soggetto di questa idea di storia è lo stato nazionale, lo scopo quello della ricerca delle origini e della costruzione di una irripetibile identità.
Quali i fondamenti epistemologici della storia generale tradizionale? Ivo Mattozzi li individua nei seguenti quattro presupposti: il primato del politico-istituzionale; la linearità cronologica; la narrazione come forma discorsiva dominante; l'esclusività del passato europeo.
Nel dopoguerra, l’avvento della mondializzazione dallo scientifico al quotidiano ha progressivamente smantellato l’illusione che questa sequenza potesse veramente descrivere il passato di tutto il mondo. Nonostante questa nuova istanza, la tradizione scolastica si è rivelata pressoché inossidabile. Ha escogitato sistemi che, pur permettendo sguardi sempre più ampi sul mondo, continuassero a salvare il vecchio schema.
La strategia più diffusa è stata ed è, come osserva Antonio Brusa(3), quella di inserire, nel racconto lineare del passato, storie di altre parti del pianeta in due momenti fondamentali. Il primo inserimento viene collocato al momento della trattazione delle civiltà del Vicino Oriente: Egitto e Mesopotamia. Con un elementare strumento di comparazione (il modello delle civiltà dei fiumi) si introduce l’analisi e lo studio di quadri societari della Meso-America, dell’India e della Cina.
Il secondo inserimento di società extraeuropee avviene nel momento topico della scoperta dell’America, quando programmi di studio ed autori di manuali interrompono la narrazione tradizionale per raccontare pezzi di storia americana, australiana, asiatica.
Lo schema narrativo si ripete sempre: mentre in Europa succedeva…, contemporaneamente in Asia, Africa, America avveniva…; prima era successo… dopo avverrà… Con uno, due capitoli del manuale si esaurisce il racconto del passato, del presente e del futuro del ‘resto del mondo’.
È stato più volte notato che questo sistema di insegnamento rappresenta un’apertura parziale e insoddisfacente alla storia mondiale ed, in qualche modo, può essere interpretata come un’ulteriore conferma dello schema di narrazione eurocentrica: l’alunno impara che ‘gli altri’ vengono chiamati in causa solo per fatti legati a vicende europee.

Insegnare la storia in dimensione interculturale significa, invece, non tanto insegnare le storie degli altri accanto alla nostra storia, ma insegnare un’altra storia, basata su differenti presupposti, scansioni, metodi e obiettivi.
Non si tratta solo di individuare quali apporti può dare la storia all’educazione interculturale, ma di re-interrogare la storia, così come l’abbiamo finora pensata e raccontata, alla luce di domande e prospettive interculturali.
Che cosa significa questo in concreto?
Ipotizziamo che la SDI (storia in dimensione interculturale) possa snodarsi su più ambiti.
• La costruzione di un’altra storia (dall’assunzione della scala mondiale ad un nuovo racconto-cornice della storia del mondo e dell’umanità):
- Nuova sintassi.
- La scala mondiale come matrice di tutte le altre storie.
- Ragionare per scale, con riferimento allo spazio: scala mondiale, scale continentali (europee, asiatiche, africane…), nazionali, regionali, provinciali, locali, ecc.; con riferimento al tempo: dalla lunga durata al tempo breve dell’avvenimento; con riferimento ai soggetti: dalle civiltà, ai popoli, alle culture fino agli individui.
• La riflessione critica sulla dimensione culturale e storica degli strumenti cognitivi della ricostruzione storica (rapporto presente/passato/presente, datazione, periodizzazione, tematizzazione, punti di vista, ecc.).
• L’adozione di metodologie coerenti con la SDI:
- Utilizzare il metodo dello studio di caso per sviluppare confronti e comparazioni tra situazioni differenti (es. la rivoluzione neolitica nelle diverse aree del mondo: caratteristiche, tempi, conseguenze sullo sviluppo successivo; idem per la rivoluzione industriale; la formazione della forma “stato moderno” in una dimensione mondiale...).
- Utilizzare il metodo della visione al plurale della
storia per formare competenze alla comprensione e alla gestione di processi di ricostruzione di fatti storici complessi e controversi. La competenza di padroneggiare la visione al plurale della ricostruzione storica va costruita in modo verticale e ricorsivo lungo tutto il curricolo, a partire da semplici esperienze di ricostruzione del passato vicino e direttamente esperito da alunni/e, per considerare aspetti interni alla storia nazionale (es. migrazioni nord/sud; convivenza di diverse comunità e memorie nei territori di confine…), fino agli snodi decisivi della storia mondiale (es. scoperta/conquista dell'America; colonizzazione/decolonizzazione; il Sud-Est europeo; la globalizzazione; conflitti del XXI secolo, ecc.)
- Approccio comparativo: definisce le società/civiltà attraverso modelli distintivi di analogie e differenze.
- Approccio centrato sulle relazioni: presta attenzione ai contatti e alle contrapposizioni delle diverse società, analizzando i cambiamenti e le resistenze ai cambiamenti.
- Approccio centrato sull’analisi dei processi e delle forze globali (migrazioni, commerci, malattie, religioni missionarie, ecc.).
- Approccio centrato sull’analisi delle modalità con cui le diverse culture/società/civiltà hanno affrontato, nel corso della storia, problemi comuni (le forme di sopravvivenza; il rapporto uomo ambiente; la tecnologia necessaria per sopravvivere; l’organizzazione dello spazio occupato; le forme della distribuzione della ricchezza e dell’accesso ai mezzi di produzione; le forme dell’organizzazione sociale, del potere; i sistemi di organizzazione culturale e religiosa; le relazioni con l'altro/gli altri).
- Approccio che integra la dimensione cognitiva e affettiva nella costruzione/ricostruzione delle storie di tutti, che sappia coniugare rigore, competenza, approfondimento con empatia, ironia, leggerezza senso critico e autocritico.
• La decostruzione/messa in gioco delle identità individuali e collettive, non per rafforzare improbabili radici o origini, quanto all'opposto per costruire consapevolezza del carattere storico e relativo delle genealogie individuali e collettive e per imparare
a riconoscere e decostruire modalità/tempi/profili dei processi di costruzione/invenzione delle identità/appartenenze.

Una simile prospettiva di nuova storia rimette in discussione radicalmente le singole storie nazionali a cui ciascun allievo è stato finora educato, costringendo ognuno a ricollocarsi dentro lo scenario mondiale e il contesto dell’umanità tutta intera. Non si tratta di aggiungere alla storia italiana anche quella cinese, albanese e africana, ma, come abbiamo detto, di ri-pensare ad una storia di tutti e per tutti. Di ripensare un’altra storia.
All’interno di questo ripensamento va collocato l’inevitabile dialogo e rapporto di complicità che la storia insegnata deve realizzare con le altre discipline del curricolo in una prospettiva interculturale.
In particolare, il riferimento è alla geografia che come sostiene Gino De Vecchis(4)da disciplina prevalentemente descrittiva ed enciclopedica si è progressivamente rinnovata, manifestandosi sempre di più come disciplina crono-spaziale, indirizzata alla ricerca delle spiegazioni e delle motivazioni dei fatti geo-antropici, all'individuazione e alla comprensione dei rapporti di interdipendenza, alla valutazione critica dell'organizzazione del territorio e degli interventi che lo modificano(5).
Per un approccio interculturale ai temi e ai problemi del passato del mondo è quindi indispensabile una prospettiva geostorica capace di connettere spazio e tempo, territorio e società, operatori spaziali e temporali per la formazione di strumenti conoscitivi, quadri mentali, concettualizzazioni utili all'analisi critica delle realtà (locali e globali) nelle quali si vive.

Ernesto Perillo

 

 

 

Note
(1) Il contributo fa riferimento al lavoro del Gruppo di ricerca su storia in dimensione interculturale dell’Associazione Clio ‘92, a cui hanno partecipato Milena Agus, Germana Barbieri, Francesca Bellafronte, Luisa Bordin, Gabriella Cantarini, Nirvana Cerato, Paola Lotti, Graziana Ferri, Simona Giovannetti, Vincenzo Guanci, Marina Medi, Andrea Muni, Ernesto Perillo (coordinatore), Maria Teresa Rabitti, Franca Sciarroni, Livia Tiazzoldi, Rita Zoffoli.
(2) Il testo riprende l’articolo L’educazione al patrimonio in chiave interculturale: il contributo della storia insegnata pubblicato sul sito "Patrimonio e Intercultura" (www.ismu.org/patrimonioeintercultura).
(3) BRUSA A., BRUSA A., CECALUPO M. (2000), La terra abitata dagli uomini, Progedit, Bari.
(4) Presidente nazionale dell'Associazione Italiana Insegnanti di Geografia.
(5) http://www.treccani.it/site/Scuola/nellascuola/dibattitomoratti/devecchis.htm.

 

 

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