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Tanti buoni motivi per essere un bambino

L’esperienza didattica di sperimentazione di un’unità didattica in chiave storico-interculturale si è svolta negli anni scolastici 2004-2005, 2005-2006 nella Scuola primaria E. De Amicis di Carbonera (Treviso). Sono state coinvolte due terze complessivamente di 38 alunni, sette dei quali di origine straniera.
I temi affrontati sono stati quelli dell’identità e delle pluri-appartenenze.
Gli obiettivi principali erano, da un lato quello di dare inizio ad un lavoro sistematico di avvio alla scrittura biografica, dall’altro di usare gli input di scrittura per costruire e ri-costruire un primo concetto di identità che potesse essere storicizzabile, avere una dimensione temporale, modificarsi nel tempo e possedere una dimensione relazionale.

Lo stimolo

Siamo partiti da alcuni brevi testi del libro di Beatrice Masini, 101 buoni motivi per essere un bambino, Fabbri-Bompiani e da alcuni testi di poesia.
Ciascun input di scrittura ha permesso ai bambini di riflettere sulle proprie esperienze, relative al presente e al passato, in uno scambio-confronto continuo con le persone con le quali ciascun alunno si è trovato ad interagire (genitori, familiari, coetanei, nonni, altri adulti).
La tabella che segue, preceduta dall’incipit del libro, riporta alcuni titoli dei testi usati come “pretesto” per far parlare di sé i bambini. Nella colonna accanto si trovano le corrispondenti consegne di lavoro.
Tutti i testi prodotti sono stati raccolti in un libro individuale ed hanno rappresentato lo spunto per un laboratorio teatrale.

IL MIO LIBRO
I grandi dicono sempre: “Beato te che sei ancor un bambino!”
I grandi non hanno sempre ragione. Ma in questo caso sì.
Perché ci sono un sacco di buoni motivi per essere un bambino.
TITOLI DEI TESTI-INPUT CONSEGNE
Da grande Io da grande
Il mio nome Chi ha deciso il tuo nome e perchè?
I maschi... le femmine Secondo te... i maschi... le femmine

Si possono insegnare delle cose...
Si possono imparare delle cose...

Io ho insegnato...
Io ho imparato

Si può chiedere alla mamma di raccontarci una storia... Anch'io posso raccontare... La mamma, il papà, i nonni mi hanno raccontato... Un giorno io ho raccontato
Se per caso arriva un fratello ( o una sorella) Io e mio fratello... Io e mia sorella...
Si può cominciare ad andare a scuola Un giorno di scuola memorabile
Si può litigare... Si può far pace... Io litigo... Io faccio la pace
I nonni hanno una vita molto lunga... Un giorno la nonna/nonno mi ha raccontato di quando era bambina/bambino
Quando si vede una stella cadente si può esprimere un desiderio Io ho un desiderio
Si può immaginare di essere qualcos'altro o qualcun'altro Se io fossi (a scelta) uno dei miei compagni, un extraterrestre, un bambino straniero in un paese nuovo...

L’identità

L’anno scolastico successivo è servito per completare e riflettere su quanto svolto. È stato avviato un laboratorio di animazione teatrale che ha tradotto in copione il tema del lavoro con un’attenzione particolare al confronto bambino-adulto. Maturava lentamente nei bambini l’idea che il libro contenesse elementi legati alla loro identità e potesse essere messo in relazione alla storia in quanto disciplina.
Alle loro stesse domande “Cos’è questo libro?”; “Perché abbiamo scritto questo libro?” hanno fornito delle risposte:
Sono storie di bambini, le nostre storie personali, ognuno ha un libro e una storia”.
“È un ricordo di ciò che abbiamo fatto l’anno scorso o anni prima”.
“Può essere una chiave per ricordarci quello che abbiamo fatto. Come nei problemi dove c’è la parola chiave”.
“Ci servirà da grandi per ricordare, per conoscerci meglio, per raccontare la nostra storia, per capire la differenza tra essere bambini e essere grandi”.
“Perché ci fa da memoria, cioè ci servirà a ricordare esperienze vissute da bambini”.
“Perché contiene ricordi nostri e dei nonni, le nostre storie vere”.
“Per andare indietro nel tempo e ricordare cose giuste o sbagliate
”.
Sono risposte che, a ben guardare, riassumono, come in un trattato storiografico, le motivazioni profonde del fare storia.
Qualcuno, a questo punto, ha cominciato a collegare qualche indizio. Solo alcuni hanno intuito che il libro che si andava costruendo era diventato una sorta di “contenitore di identità”, non ancora un racconto di tipo storico.
Dalla successiva domanda rivolta ai bambini per raccogliere le loro idee di storia come disciplina è emerso che, a parte una serie di definizioni più o meno stereotipate (siamo agli inizi della quarta classe) pochissimi possedevano l’idea di rappresentare essi stessi dei soggetti storici.
Ho lasciato che i bambini sedimentassero le loro riflessioni poi ho nuovamente posto loro la domanda se avessero compreso cosa fosse il loro libro, oltre ad una raccolta delle loro storie personali, delle esperienze e delle testimonianze avute dagli adulti.
Attraverso una conversazione guidata è stato possibile costruire uno schema riassuntivo con al centro l’idea di “io sono”, che, una volta completato ha fatto esclamare a Sara: “Ho capito! Queste parole rappresentano la mia identità!
Finalmente la parola identità è stata chiara per tutti ed è stato possibile rendere visibile l’identità individuale attraverso una metafora grafica, la sagoma del proprio corpo, suddivisa in tante parti su ciascuna delle quali ognuno ha riportato le proprie identità ed appartenenze.

La dimensione interculturale

Cosa ci può far comprendere un’esperienza del genere rispetto alla storia in dimensione interculturale?
• che esistono strade laterali per condurre alla costruzione progressiva della conoscenza storica;
• che lo strumento dell’autobiografia porta a livello di coscienza e di riflessione le esperienze e le mette in relazione tra loro (relazione affettiva, emotiva, cognitiva, storica);
• che l’autobiografia permette di mostrare e raccontare concretamente le proprie appartenenze;
• che esistono altre esperienze/
storie simili e diverse dalla propria e questo pone le bambine e i bambini in condizione di comunicare tra loro e di cominciare a comprendere di essere parte nella e della storia dell’umanità;
• che le bambine e i bambini possono scoprire progressivamente le loro “pluri-appartenenze”;
• che anche le bambine e i bambini stranieri hanno una loro storia che vale la pena di conoscere e fare conoscere, in quanto sono testimonianza della diversità della storia, ma anche della sua uguaglianza.

 

Luisa Bordin

 

 

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