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Il regno del B

Alla scuola dell’infanzia il B è strumentale all’A. Grazie infatti alla creatività e alle attività manipolatorie i bambini sviluppano capacità e competenze ed iniziano ad appropriarsi dei concetti. Sperimentando, quasi come in un gioco, le conoscenze che sono propedeutiche al futuro studio delle discipline di serie A, imparano.

Come lavoriamo?

Il compito di noi insegnanti è predisporre, con sempre maggior professionalità, e costruire con i bambini occasioni di conoscenza. Cerchiamo infatti di stimolare i bimbi a fare le esperienze più diverse: di movimento, di manipolazione, con giochi di simulazione e di ruolo. Alla scuola dell’infanzia - per eccellenza regno delle discipline che nei gradi di scolarità successivi saranno definite di serie B - è possibile cominciare a lavorare alla definizione di un concetto astratto solo passando attraverso attività concrete.
Sovente utilizziamo la strategia del problem solving, evitiamo così di essere noi insegnanti a proporre soluzioni definitive ai problemi con il rischio di creare l’abitudine ad un’educazione troppo direttiva che non stimola nei bimbi la ricerca di percorsi di pensiero originali e personali. Applicando questa modalità permettiamo al bambino di trovare da solo, o con l’aiuto dei compagni, la soluzione.
Procedere per tentativi ed errori consente al bambino di sviluppare una forma di pensiero divergente.
Illuminante a questo proposito la breve sequenza che segue trascritta dall’insegnante durante la conversazione nata dalla domanda: “Quali oggetti lasciano passare la luce?
(…) Elena: con le carte chiare colorate trasparenti che passava la luce.
Davide: però il fascio di luce colpiva veloce la porta.
Francesco: la bottiglia è trasparente e si vede il raggio di luce.
Elena: però senza la luce il mondo sarebbe un deserto perché è la luce che fa crescere le cose.
Lorenzo: l’acqua.
Elena: però se fa troppo caldo l’acqua sparisce e poi chi ha sete non può più bere (…).

Osservando gli autoritratti dei bambini…

“(…) Il processo attraverso il quale il bambino deve, nel corso di qualche anno, passare è molto complesso: distinguere il volto materno da quello degli estranei, e poi scoprire questi altri, più
o meno famigliari, od estranei, e coglierne le espressioni; accorgersi di avere un proprio volto, che fa parte del proprio corpo e che dall’inizio deve apparire qualche cosa di completamente diverso dal volto altrui; e poi ritrovarsi negli altri, e rendersi conto che il proprio volto, percepito da questi, è simile a quello altrui, che egli stesso può vedere e stabilire modalità di comunicazione con questi altri; prima automaticamente, perché il volto è espressivo anche all’infuori di intenzioni comunicative; ma poi intenzionalmente con un linguaggio complesso, altrettanto di quanto sta divenendo
il linguaggio verbale. E infine il piacere di padroneggiare il tutto, di riprodurre le espressioni altrui, e di recitare, col volto, oltre che con le parole. Seguire questi percorsi, che sono complessi ed intrecciati fra loro, è certo affascinante.”

Cesare Musatti

Le scansioni della strategia del problem solving che abitualmente realizziamo sono le seguenti:


1. prima di affrontare qualsiasi argomento procediamo ad una conversazione preliminare invitando i bambini a formulare delle ipotesi. Ad esempio, “Chi è un pittore?” (Vedi box )
2. dopo aver esplorato le rappresentazioni mentali dei bambini sull’argomento, cominciamo ad analizzarlo: se si tratta di un luogo andiamo a visitarlo, se si tratta di un lavoro, di una persona, la incontriamo e la intervistiamo;
3. poi di ritorno in classe, rielaboriamo collettivamente il materiale e le informazioni raccolte e trascriviamo le osservazioni fatte (Vedi box);
4. l’ultima fase del lavoro prevede di soddisfare le curiosità che la visita ha eventualmente suscitato e di sviluppare ed approfondire alcuni aspetti legati al tema. Ad esempio, mettersi al posto di… “Bambini, diventiamo noi i pittori”.
Questo procedimento consente ai bambini di acquisire, senza imposizioni, ma sperimentando quasi come in un gioco, delle conoscenze che sono propedeutiche al futuro studio delle discipline di serie A.

Progetto: “IO E L’ARTE”

Fase 1: Chi è un pittore?
Noelie: è quello che pittura più meglio.
Karin: è uno che fa quadri molto belli.
Giorgia: è uno che fa i quadri.
Sara C.: è uno bravo che fa i quadri perché gli piace.
Sara D.: mette i quadri e poi ci dipinge qualche cosa un fiore, per esempio.
Francesca: è molto bravo a colorare.

Iacopo: prende un qualcosa, lo disegna poi lo pittura.
Karin: li fa asciugare, mette la cornice e poi li fa comprare.

Fase 3: Abbiamo incontrato Franco Balan
Siamo andati dal pittore Franco Balan che gli piace molto colorare. Da piccolo però non aveva i soldi per comprare i colori…
Franco è un po’ vecchio perché ha la barba e i capelli bianchi e anche gli occhiali. Forse ha 30 anni o 31. È basso perché è vecchio. Sembrava Geppetto perché ha gli occhiali e la barba bianca. È bravo perché vuole bene ai bambini. È bravo perché ci ha pulito quando eravamo sporchi di cioccolato. Non sapeva i nostri nomi. Disegna bene perché è un pittore bravo. Ci ha fatto vedere il suo libro dove ci sono tutti i suoi disegni. Era bello il cavallino giallo e anche i serpenti. Erano tanto colorati, c’era un cavallo, una mucca di tutti i colori e anche una pecora.

 

Progetto: “Io, alla ricerca della mia identità”
A.s.: 2003/2004
Insegnanti coinvolti: Barbara Boaretto, Angela Fazari, Fabrizia Fughetta, Agnès Barbara Monjoie, Monica Montrosset, Graziella Nogara, Chantal Rolla, Anna Tripodi, Vally Zambellini.
Bambini: 89

Chi sono?
Attraverso un’intervista fatta ad ogni bambino, l’insegnante sollecita la loro descrizione affinché si presentino agli altri.
Fa loro alcune domande per guidare l’intervista e aiutarli a rispondere: “Non posso vederti (l’insegnante finge di avere gli occhi chiusi), chi sei? E come sei? Dove vivi? Con chi? Come sei fatto? Cosa ti piace fare?
L’insegnante può anche aiutare i bambini descrivendo se stessa oppure si fa descrivere dai bambini.
In gruppo si discute della presentazione di ognuno. Altre domande approfondiscono o incuriosiscono: “Secondo voi, Matteo com’è?” (descrizione collettiva di un compagno) oppure “Indovinate di quale compagno stiamo parlando”.
Viene letta infatti a tutti un’intervista individuale: occorre individuare di chi si sta parlando.

Chi o che cosa vorrei essere? Se fossi…
Lo stimolo iniziale viene dato dall’insegnante: “Bambini, prepariamo 4 sagome di cartone con un buco per far vedere il viso” (una rappresenta un animale, un’altra un personaggio da fiaba, un’altra ancora un mostro, ed infine un personaggio dei cartoni animati o tradizionali).
Successivamente si invitano i bambini, in piccoli gruppi, a completare e a perfezionare le sagome, appena abbozzate, con materiali vari: stoffe, accessori, ecc.
Ed infine l’insegnante invita i bambini a creare un personaggio fantastico costruito sulla base dei loro desideri. Predispone dunque un atelier per la creazione di maschere e cappelli.
La festa di carnevale è l’occasione per mostrare le maschere costruite nell’atelier.
Un ulteriore lavoro di approfondimento è mirato a far acquisire consapevolezza dell’utilizzo delle espressioni del viso in contesti diversi. Ad esempio: “Bambini, siate spaventosi come un mostro, sorridenti come una fata, ecc.”
Su grandi fogli i bambini disegnano le espressioni di viso individuando anche
l’espressione contraria a quella disegnata. Successive attività di esplorazione e di espressione corporea; con la mimica, i giochi di ruolo ed di imitazione; fiabe, teatro, burattini e quant’altro completano la ricerca dell’identità del bambino.

E i bambini come lavorano?

Inizialmente scelgono gli spazi in cui “giocare”. Successivamente, in piccoli gruppi, eterogenei o omogenei per età, partecipano ad attività guidate interagendo con tutte le maestre del plesso. Sono liberi di utilizzare tutti i materiali che diamo loro a disposizione per creare, manipolare e giocare. L’esperienza conferma come i bambini abbiano bisogno di molta libertà. Libertà di indagare, provare, sbagliare, correggere; di scegliere dove e con chi investire curiosità intelligenza, emozioni; di apprezzare le infinite risorse delle mani, della vista e dell’udito, delle forme, dei materiali, dei suoni e dei colori: di rendersi conto come la ragione, il pensiero, l’immaginazione creino trame continue tra le cose e muovano e sommuovano il mondo. E tutto ciò senza che nessuno troppo precocemente stabilisca per loro tempi, ritmi e misure.
Il piacere dell’apprendere, del conoscere e del capire è una delle prime fondamentali sensazioni che ogni bambino si aspetta dall’esperienza che affronta da solo o con i coetanei o con gli adulti. Una sensazione decisiva che va rafforzata perché il piacere sopravviva anche quando la realtà dirà che l’apprendere, il conoscere, il capire possono costare difficoltà e fatica.
Nelle nostre attività i bambini si manifestano attraverso una pluralità di linguaggi.
Ogni linguaggio, sia esso espressivo, cognitivo o comunicativo, che si costituisce in reciprocità, nasce e si sviluppa nell’esperienza. Di questi linguaggi il bambino è soggetto costruttivo e coautore.
Tutti i linguaggi che già convivono nella mente e nelle attività del bambino hanno il potere di divenire forze generatrici di altri linguaggi, altre azioni, altre logiche e potenzialità creative.
Questi linguaggi hanno bisogno di vivere in eguale dignità e valorizzazione, in solidarietà con una adeguata competenza culturale dell’adulto e dell’ambiente.


Istituzione Scolastica “Aosta 3”
Insegnanti Scuola dell’Infanzia C. Gex:
Barbara Boaretto
Angela Fazari
Fabrizia Fughetta
Agnès Barbara Monjoie
Monica Montrosset
Graziella Nogara
Chantal Rolla
Anna Tripodi
Vally Zambellini

 

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