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Laura, dico di sì?

Noi due, siamo amiche fin dai tempi dell’Istituto Magistrale, ma solo da tre anni lavoriamo nello stesso modulo. Siamo molto diverse di carattere perché Ilda è estroversa, creativa e molto comunicativa, mentre Laura è metodica, intransigente e fa fatica “a buttare via le cose”...
Queste differenze ci consentono di avere in classe un punto di vista diverso, ma complementare.
In compenso la nostra formazione professionale è simile: sin dagli anni '70 (mamma mia quanto siamo cariche di esperienza!!!) pochi corsi di aggiornamento sono sfuggiti alla nostra partecipazione.
Avere una formazione simile è importante, perché le decisioni vengono prese d’intesa, basta un’occhiata per capirsi! Come quella volta in cui i bambini erano particolarmente agitati e noi con un semplice sguardo d’intesa, abbiamo “changé le programme” e invertito l’attività mattutina con quella pomeridiana.
[La programmazione, anche quando è puntuale e rigorosa, acquista uno spessore diverso se esiste tra i docenti che lavorano su una stessa classe anche un accordo di fondo, una condivisione non solo metodologica, ma di impianto pedagogico, uno sguardo comune che osserva gli alunni.
Condividere un comune sentire (come in una famiglia solida) un’intesa di fondo basata sul rispetto e sulla stima reciproca, anche sull’affetto, sulla voglia e la capacità di sorridere ed arrabbiarsi insieme può fare la qualità dell’insegnamento. ndr
]
Ci consideriamo due insegnanti che stanno bene insieme e che hanno lavorato per far star bene chi si trova ad imparare con loro.
In questi anni, gli aspetti dell’insegnamento, di cui più ci siamo occupate anche con le altre colleghe del modulo, sono stati i rapporti socio-affettivi, il benessere, insomma la costruzione di un substrato indispensabile su cui poi più facilmente innestare l’apprendimento delle discipline.
Ci sembrava importante. Sono in aumento, infatti, i bambini in situazione di disagio, disorientati rispetto alle regole, depressi, iperattivi, inascoltati...
Lavoriamo con bambini iperattivi, informatissimi sulle discipline e sull’attualità, ma che non riescono a convivere con i compagni, ad ascoltare e a condividere le più elementari regole sociali. Oppure vediamo bambini, capaci di risolvere problemi della vita pratica (alzarsi da soli, vestirsi, prepararsi la colazione, organizzarsi i momenti di extra-scuola...), ma disinteressati e incapaci di adeguarsi alle nostre richieste, soprattutto quelle legate al “sapere”.
Sono bambini, apparentemente, senza interessi, né voglia di conoscere, i loro sguardi sono spenti. Ci chiediamo pertanto: come creare situazioni di benessere per questi bambini?
A scuola, come possiamo realizzare un clima favorevole agli apprendimenti, ma soprattutto abitare spazi in cui sentirsi accettati e quindi imparare ad accettare?
Programmare il benessere di un bambino non è possibile perché è uno stato a cui concorrono troppi fattori, molti dei quali sfuggono alla nostra influenza (condizioni socio-economiche delle famiglie, ad esempio). È possibile invece avere come obiettivo il benessere dei nostri bambini a scuola e orientare in tal senso la progettazione delle attività. Come?

  • Inserendo strategie e modalità di lavoro apprese in corsi di aggiornamento (Conduzione dei gruppi, PEDRA, Apprendimento cooperativo, “Soutien au Soutien”...). L’aggiornamento, se organizzato con metodologie attive e partecipate, non fornisce solo tecniche, ma arricchisce, rende sensibili e attenti a certe problematiche educative. Molti dei corsi ai quali abbiamo partecipato, sono durati più anni e ci hanno consentito di sperimentare in prima persona le dinamiche complesse dello stare insieme e dell’apprendimento. Per noi, questo ha significato:
  • imparare a lavorare per e non contro, a lavorare insieme;
  • praticare “le jeu de rôle” e quindi il mettersi in gioco sperimentando le sensazioni e le emozioni che provano i bambini: “o Dio non sono capace, lui è più bravo, che cosa penseranno di me, e se sbaglio?”
  • praticare la simulazione di attività per provare davvero e per esercitarsi a “programmare” tenendo conto di tutte le variabili prevedibili e della possibilità, affatto remota, dell’imprevisto in classe;
  • Sfruttando le risorse dell’Istituzione e del territorio (Psicologa del Progetto di Educazione alla Salute, Progetto Sorriso...). Quest’anno, infatti, il contributo delle psicologhe è stato determinante per focalizzare insieme l’attenzione sui reali bisogni e sulle emozioni dei bambini;
  • Utilizzando il buonsenso e la nostra “lunga e ricca esperienza”.

“E il disciplinare dove lo metto?”

Se è vero che il nostro lavoro sta tra il rigore “scientifico” della programmazione e il fai da te quotidiano, in funzione del benessere dei bambini, ma anche del nostro, nel tempo abbiamo imparato che non è necessario programmare tutto insieme. Ognuna di noi può benissimo programmare individualmente parte della propria disciplina, dopo aver chiarito e possibilmente condiviso con i colleghi l’impostazione metodologica e il “senso” complessivo del lavoro.
In fondo, la fiducia nei colleghi è uno dei cardini del lavorare insieme.
Cogli l’attimo e il bello della diretta”: due espressioni per raffigurare la flessibilità della programmazione. Un esempio? Troppi per poterne scegliere solo uno.
Noi cogliamo sempre le proposte che ci giungono anche alla “dernière minute” che siano però coerenti con la nostra proposta didattica. La disponibilità, la curiosità per il nuovo sono alla base del nostro modo di intendere la scuola, anche perché sono una nostra filosofia di vita.
Concludiamo con un’immagine che pensiamo illustri emblematicamente un momento del nostro lavoro tra bricolage, programmazione e richieste impreviste (come questo contributo che la redazione del L’École Valdôtaine ci ha sollecitato).

Ilda Centomo e Laura Allamandola
insegnanti elementari alla scuola “St- Martin De Corléans”, Istituzione scolastica 5 ad Aosta.

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