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Noi, Don Chisciotte dell’intercultura

Il mio amore per la pedagogia è nato quando studiavo all’Istituto magistrale di Aosta. Da allora sono passati tanti anni ed ho avuto modo di appassionarmi alle vicende intellettuali di molti pedagogisti, ma la fascinazione dei miei primi contatti, delle mie prime riflessioni personali, delle mie prime esperienze di educatrice non mi ha ancora abbandonata.
Amo la pedagogia perché mi consente di poter veramente capire come crescono le persone, di conoscere quali sono i loro bisogni formativi, educativi e relazionali.
All’Università di Torino ho continuato la mia formazione conseguendo nel 1996 la laurea in pedagogia, indirizzo didattico. Ho conosciuto il prof. Felice Rizzi, docente di didattica, educazione comparata e specializzato in ambito interculturale. È stata la sua capacità di trasmettere passione per la ricerca, per le tematiche educative internazionali che mi hanno fatto cogliere la sfida dell’interculturalità.
Dopo una tesi sull’integrazione degli alunni stranieri nella scuola di base ed una specializzazione con la partecipazione alla sessione “Pratiques d'éducation aux droits : acquis et défis” all'Institut International des Droits de l'Homme de Strasbourg
ho sentito il desiderio di concretizzare quanto avevo studiato. Così grazie ad un pedagogista canadese, conosciuto a Strasburgo, sempre lavorando a scuola (materna, elementare
e media), ho intrapreso una collaborazione con “Mond'Ami” (agenzia pedagogica e casa editrice di Montréal, Canada).
Abbiamo realizzato un progetto sperimentale, editando un libro operativo per bambini di scuola materna, in chiave interculturale. Hanno collaborato bambini di dieci scuole elementari canadesi, una cubana, una francese, una africana e tre valdostane (Chantignan, Ramires e La Sounère).
A Strasburgo ho conosciuto Chelly, docente tunisino pacifista, che al rientro in patria rischiava di essere giudicato sovversivo dal suo governo per avere partecipato alla formazione sui Diritti dell’Uomo. Non dimenticherò neppure Zahija, coraggiosa maestra elementare algerina, che raccontava come anche andare a scuola al mattino potesse essere pericoloso ad Algeri. Non dimenticherò Gaspard, docente universitario africano, che ha continuato a scrivermi per anni, che però non ha più risposto alle mie ultime lettere e che non riesco più a rintracciare…
Nel 1998 ho avuto l’opportunità di organizzare un corso di formazione per gli insegnanti di scuola materna del circolo di St-Pierre: “L'Educazione interculturale nella scuola materna”. Gli interventi sul campo di ricerca-azione, previsti dal progetto, mi hanno consentito di conoscere meglio la realtà valdostana. Ho capito quanto fosse fondamentale affinare la sensibilità dei docenti. Assistevo, infatti, a “incidenti” interculturali di cui gli attori non avevano percezione.
Continuavo, per interesse personale, a leggere le ultime ricerche e pubblicazioni interculturali ed ho partecipato a congressi internazionali. Ho collaborato con questa rivista, L’École Valdôtaine, per ben cinque articoli sull’educazione interculturale, dal 1996 al 1998.
Ho partecipato come relatrice al congresso europeo Gerfec tenutosi a Tolosa ed al VII° Congresso internazionale dell’ARIC (Association pour la Recherche Interculturelle): “Savoir et enjeux de l’interculturel” tenutosi presso l’Université Paris X di Nanterre, dove ho conosciuto pedagogisti, insegnanti e docenti universitari attivi in iniziative interculturali in tutto il mondo; in particolare ricordo con affetto l’entusiasmo dei docenti dell’Europa dell’Est, la loro coinvolgente voglia di confronto.

Nel 2000 sono stata contattata per partecipare al “Corso di formazione per mediatori interculturali” all’interno del progetto regionale “Cavanh”. È stata un’occasione per poter conoscere cittadini stranieri ricchi di risorse, che sono oggi attenti mediatori interculturali nella scuola e nella sanità.
Il 2000 è stato anche l’anno dei tanto sospirati concorsi della scuola pubblica. Ho preso al volo questa occasione. Ho conseguito l’abilitazione alla classe di concorso 36/A per Filosofia, psicologia e scienze dell’educazione ed ho vinto i concorsi ordinari della scuola materna ed elementare. Ho scelto infine, dopo molti se…, e molti ma…, di entrare in ruolo alla scuola elementare.
Dal 1996 collaboro all’attività dell’Associazione Nazionale dei Pedagogisti Italiani (ANPE) di cui sono membro del consiglio direttivo valdostano, in qualità di tesoriere e, dal 1999, sono delegata per la Valle d’Aosta dell’Assemblea Nazionale.
L’Associazione dei Pedagogisti costituisce per me una rete professionale ed umana che mi consente di realizzare i miei progetti interculturali.
Nel mese di settembre 2001, grazie ad un finanziamento straordinario del Comitato di cooperazione per i paesi in via di sviluppo, ho partecipato a un progetto di formazione per insegnanti delle scuole materne, elementari e medie, in collaborazione con l’ANPE: “L’educazione interculturale nella scuola”. È stata un’esperienza arricchente che mi ha ulteriormente motivato a lavorare in favore della cooperazione intra ed inter-nazionale.
L’11 settembre era stata per noi un’intensa giornata di formazione. Usciti dal corso, al bar, abbiamo visto crollare le Torri Gemelle. Nei giorni seguenti, mille volte mi sono chiesta che spazio ci fosse ancora per noi, Don Chisciotte dell’intercultura, in un mondo attraversato dalla paura del terrorismo.
Fino a quando ho capito che educare alla speranza in un mondo che reputi la diversità delle culture un dono per l’umanità era forse l’unica scelta costruttiva che rimanesse.
Nel 2002 ho partecipato, come dirigente di progetto, alla formazione per insegnanti delle scuole materne, elementari e medie in collaborazione con l’ANPE al corso dell’Istituzione scolastica Monte Cervino 1: “Intercultura e integrazione”.
In questa occasione ho incontrato un gruppo di insegnanti motivati ed intraprendenti. Infatti quest’Istituzione scolastica è stata il proponente del corso di formazione: “L’educazione interculturale nella scuola - 1° e 2° livello”, finanziato dal Fondo Sociale Europeo, dal Ministero del Lavoro e dalla Regione Valle d’Aosta per gli insegnanti di ogni ordine e grado.
Lavoro in questo progetto, attuato dall’ANPE, in qualità di progettista, coordinatrice e docente. Ai quattro corsi di formazione, di due livelli di approfondimento diversi, seguirà un convegno finale aperto al pubblico dal titolo: “L’intercultura come speranza per il futuro”. Si terrà il 6
settembre 2003.
Oltre alla collaborazione con l’ANPE ho continuato la mia attività di libero professionista e nel 2002 ho collaborato al Progetto Formazione, nell’ambito dell’iniziativa “Operatore di area culturale”, con l’intervento “Operare in area interculturale” rivolto al personale interessato a lavorare nei centri estivi per minori. Infatti, non bisogna mai dimenticare che l’intercultura non è competenza specifica del mondo scolastico, ma progettualità reticolare che coinvolge tutti gli aspetti della vita della persona.
Attualmente sto collaborando come esperto pedagogista nelle scuole elementari di Courmayeur, di La Thuile, del Ponte di Pietra di Aosta e nelle scuole materne di Charvensod al progetto “Intercultura e musica” con il baritono Daniele Di Tommaso.
Quest’esperienza è nata dalla consapevolezza che la musica è un linguaggio al tempo stesso universale ed unico che riesce ad unire tutte le culture. Alla musica affianchiamo informazioni geografiche, culturali e ludiche su alcune zone del mondo, il tutto condotto prevalentemente con una metodologia cooperativa. Il progetto non intende evidenziare solo gli aspetti folkloristici con canzoni e danze, ma tende a sensibilizzare i bambini alla molteplicità delle culture.
Continuo, nonostante i miei impegni di lavoro, a curare la mia formazione personale; infatti sto frequentando il Master in “Pedagogia interculturale e Dimensione europea dell’educazione” organizzato dall’Università della Valle d’Aosta in collaborazione con l’Università degli Studi di Lecce. L’acquisizione di questo master penso possa essere il riconoscimento ufficiale di un percorso interculturale. Spero, inoltre, che in futuro i pedagogisti che operano in chiave interculturale possano essere sempre più conosciuti e apprezzati nella loro attività di mediazione, sensibilizzazione, formazione e valorizzazione delle differenze.
Per quanto riguarda il futuro, nel maggio del 2003 parteciperò al “99° Seminario europeo: Come lottare contro la violenza a scuola: sviluppare dei partnenariati locali per la prevenzione della violenza a scuola” presso la Donaueschingen Academy, in Germania. Penso che sia importante approfondire il fenomeno della violenza giovanile anche in chiave interculturale, infatti, sovente, la violenza si genera proprio dove mancano le capacità di negoziazione, di dialogo, di accettazione dell’altro, di comprensione degli stereotipi, tutti elementi chiave di ogni accesso interculturale.
Nell’estate del 2003, parteciperò al IX° Congresso Internazionale dell’ARIC presso l’Université de Picardie Jules-Verne ad Amiens portando un mio contributo sull’indispensabilità della formazione interculturale nella scuola.
Spero che il 2003 sia anche, finalmente, l’anno del riconoscimento ufficiale della professione del pedagogista, figura che purtroppo fino ad ora, non è riconosciuta da tutte le regioni italiane.
Accanto alle speranze trova spazio una certezza: continuerò ad impostare il mio lavoro di educatrice in chiave interculturale. Sono certa infatti che l’educazione interculturale, intesa come la capacità di realizzare progetti di crescita in pace tra i popoli, sia un cammino lungo e faticoso, ma sia anche la sola speranza forte che ci rimane per il futuro.

Paola Florio
insegnante e pedagogista, esperta di problematiche interculturali

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