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La comunicazione orale nei laboratori didattici

La comunicazione verbale facilita l’interazione e lo scambio di informazioni tra gli alunni e gli adulti ed è il modo ideale per tramandare quelle conoscenze della tradizione locale veicolate dal racconto.

Svolgendo i miei laboratori didattici nelle classi della scuola elementare ho compreso il ruolo importantissimo della comunicazione verbale sia nel costruire l’iniziale momento di “entrata” in una situazione nuova, la classe, sia per veicolare l’informazione, ovvero l’oggetto che giustifica la mia presenza estranea in un contesto che fino a quel momento agiva dentro il modello alunni e maestri.
Durante il laboratorio il modello si modifica progressivamente e si normalizza dopo diversi interventi sull’interazione forte tra me e la classe e la collaborazione, più o meno marginale, a seconda dei casi, dell’insegnante della classe, che interviene per tarare meglio a misura dei bambini i contenuti e la modalità linguistica.
Superato il problema dell’accesso comunicativo iniziale, il dialogo diventa lo strumento ideale che permette a me di sondare le loro preconoscenze e a loro di comunicare le conoscenze di cui dispongo.
Questo tipo di esperienza mi ha dato una visione diversa della comunicazione orale, fatta solitamente da qualcuno che parla ed altri che ascoltano. Preferisco ora definirla in termini di interazione e scambio.
È vero che un laboratorio è soprattutto un momento didattico fatto di operazioni mentali e gestuali: esse peraltro sono sempre guidate dalla comunicazione orale che è supportata anche dal linguaggio del corpo. È importante come ci si muove e come si usano le mani che parlano un linguaggio muto di parole ma non di senso.
Nella lingua scritta si può “giocare” con le parole usando la ricchezza di vocabolario, ma non si può venire meno a determinate regole codificate, mentre nell’uso orale di una lingua, sempre rispettando la correttezza, la parola si carica di energia e sviluppa una sua vitalità a seconda di quanto si vuole esprimere, con più o meno enfasi. L’oralità non è solo comunicazione di parole che vengono udite, ma è anche un sentire epidermico, un raccogliere il messaggio con tutto il corpo fisico. Le stesse parole dette a voce oppure messe per iscritto sono recepite come portatrici di valenze diverse.

L'oralità nell'azione didattica rivolta a bambini e ragazzi è un insieme complesso fatto di parole espresse verbalmente e di pensieri muti di parole a cui si può ancora aggiungere l’entusiasmo con cui si trasmettono le informazioni che può essere lo stimolo vero che suscita curiosità.
Lavorando con i bambini spesso mi succede di sorridere di fronte alle affermazioni che descrivono il loro modo di rappresentarsi il passato e mi ritrovo a dire loro che potrei riscrivere una storia fantastica e affascinante con i fatti e le idee che vengono fuori dalle loro parole. Queste loro ricostruzioni, frutto di sintesi tra ciò che hanno già sentito sull'argomento e la fantasia, sono per me utili perché mi permettono di capire da dove devo partire: inoltre mi insegnano come e quanto i bambini capiscono di ciò che viene loro insegnato. E soprattutto su quanto sia pericoloso partire da ipotesi di lavoro che destrutturano nel bambino un sapere famigliare e quotidiano senza garantire un’alternativa sensata e tarata di contenuti più esperti finalizzati a rappresentazioni corrette.
Nella comunicazione orale, specie nella modalità laboratoriale, il riscontro della comprensione si può verificare costantemente con continue domande rivolte al bambino, anche su come sta svolgendo un’attività pratica. Un’altra funzione importante della comunicazione orale emerge nelle attività di osservazione: qui l’uso della lingua orale interagisce con la lettura muta degli occhi e la sensibilità del tatto, aspetti sensoriali che all’unisono favoriscono la sintonia con il contesto di apprendimento.
Credo però che la comunicazione orale sia importante soprattutto quando diventa fonte per tramandare quelle conoscenze della tradizione locale veicolate dal racconto. Il sapere secolare e millenario dell’ambiente dei nostri alunni riveste scarsa importanza per i giovani, forse perché sempre meno si parla loro delle vicende famigliari del passato, della significatività di un luogo, delle risposte che le generazioni che ci hanno preceduto hanno dato al problema della sopravvivenza e della produzione.

Ci può far riflettere il fatto che si moltiplicano e si affinano i lavori degli storici sulla realtà locale, anche con riferimenti ad altre scale storiche (nazionale e sovranazionale). Ma i ragazzi sono impermeabili a questi argomenti. Il passato in generale non interessa e non riesce a diventare un oggetto sensibile di trasmissione. Nella memoria orale delle famiglie sono sempre meno presenti racconti che testimoniano legami con le generazioni passate.
La scuola, però, ha in mano degli strumenti per ridare importanza alla testimonianza dei famigliari, anche di generazioni diverse. Spesso nel discorso estemporaneo con i bambini delle classi emerge, a sprazzi, la dimensione di un passato ricostruito o ricostruibile. Questo può essere un aggancio per fondare saperi scolastici attraverso modalità comunicative che scelgono di “sprecare” nel dialogo e nella libera comunicazione il tempo della didattica.

Fiorenza Cout
Collabora con il "Progetto Storia e patrimonio" - Assessorato Istruzione e Cultura. Svolge attività di formazione presso i docenti dei vari ordini di scuola sulla storia locale e laboratori didattici e lezioni per gli allievi della scuola di base.
fiorenza.cout@libero.it

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