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Easy english

Alla scuola elementare, non è pensabile l’insegnamento dell’inglese se non attraverso l’orale. Max e le Action Stories sono strumenti didattici efficaci perché, stimolando contemporaneamente i canali di percezione visiva, uditiva e cinestetica, consentono un apprendimento stabile e sicuro da parte di tutti gli alunni.

In classe con Max

Ore 11:15 - Classe prima composta da alunni di circa 6 anni, in possesso di alcune conoscenze pregresse di lingua inglese acquisite alla scuola dell’infanzia (saluti, presentazioni, età, numeri da 1 a 20, semplici istruzioni, lessico relativo alle parti del corpo); raggiungiamo l’aula video. È tappezzata di poster e cartelloni colorati con scritte in inglese (L3). Entrare in questo spazio significa per i bambini raggiungere la “dimensione” piacevole dell’inglese. Vedere delle storielle in video cassetta, mimarle, cantarle e disegnarle sono attività allegre e motivanti legate a questo luogo.
Ho con me, sotto il braccio, una busta voluminosa che gli alunni sbirciano incuriositi e che appoggio su un banco. Invito i bambini a sedersi al centro della stanza : “My name is…” e “What’s your name?” indico ciascuno di loro e ripeto più volte. Ottenuta la risposta, stringo loro la mano: “Hello Paolo…, hello Lucia…, ecc.” Mentre passo accanto all’uno e all’altro, osservo le loro espressioni. Attendono eccitati il loro turno, impazienti di rispondere. Chiedo poi agli alunni di voltarsi verso l’apparecchio video. “Che bello i cartoni!” “Ooh! Una storia!” Sono i primi commenti. La storia incomincia. In un salotto due bambini guardano alla TV un alieno di nome Max che sta mangiando alcuni fiori. Ad un certo punto Max sente un cane abbaiare e comincia a correre freneticamente; il televisore esplode e Max viene catapultato nel salotto tra i due spettatori. Ancora stordito comincia a salutare e poi, i tre, a turno, si presentano: “Hello… what’s your name? I am…”.
Nel frattempo, ho estratto dalla busta il pupazzo Max che muovo davanti ai bambini imitandone la voce. Tutti lo guardano incantati. Nel video, alla fine della breve storia, i tre personaggi intonano una canzoncina molto ritmata e coinvolgente e che riprende le strutture sintattiche presentate.

Durante la proiezione, osservo le espressioni sui volti dei bambini divertiti. Arrivati alla canzoncina, accennano il motivetto e battono le mani, cercando di tenere il ritmo.
Faccio ripassare il video alcune volte, su richiesta dei bambini. Poi, rivolgo il pupazzo Max verso ognuno di loro: “Hello! I’m Max. What’s your name?” “Hello Paolo… Hello Max”.
Chiedo successivamente ad un volontario di muovere Max. Sono molti i bambini che si offrono. Capiscono benissimo che il bambino sparirà per diventare Max, ne sono affascinati, ridacchiano e si dimostrano eccitati. Alla fine Max saluta e ricorda che è ora di risalire in classe: “bye, bye”. I bambini, un po’ scettici, si mettono in fila. “Posso portare Max? Posso aiutarti?” chiedono i bambini elettrizzati. Scelgo un alunno a caso, per portare Max in classe, incarico molto ambito, e che verrà quindi affidato a turno ai bambini.

Perché le storie funzionano?

La tecnica delle Action Stories, le storie che i bambini possono visionare e che poi rappresentano loro stessi, è utilissima perché stimola contemporaneamente i canali visivi, uditivi e cinestetici, consentendo un apprendimento stabile e sicuro da parte di tutti gli alunni. Ogni Action story è articolata in quattro fasi:
1) l’insegnante esegue le azioni suggerite dallo speaker, gli alunni guardano e simultaneamente mimano le azioni;
2) l’insegnante dà le istruzioni nello stesso ordine dello speaker, ma non esegue più i movimenti che gli alunni devono ricordare e ripetere;
3) l’insegnante presenta le indicazioni in ordine sparso, gli alunni eseguono ciò che è loro chiesto di volta in volta;
4) gli alunni ascoltano, capiscono e collegano le indicazioni ai movimenti e ricostruiscono l’ordine della storia.
Questa tecnica è inoltre vissuta come un momento di gioco vero e proprio. La psicologia sottolinea l’importanza dell’uso della musica, delle canzoni e del movimento nel processo di apprendimento “a lungo termine”. Un altro elemento molto valido per ottenere degli apprendimenti a lungo termine sono le “flash cards” che accompagnano con immagini, l’introduzione di nuovi vocaboli, specialmente nei primi momenti di studio della lingua straniera.

 Ritengo che l’alternarsi di attività visive, uditive e cinestetiche contribuisca a rendere ogni alunno protagonista del proprio apprendimento e rinforzi la sua motivazione. Anche costruire, sin dalla classe prima, un portfolio linguistico, un documento personalizzato che testimonia il percorso di apprendimento dell’allievo, può costituire un rinforzo motivazionale e uno strumento per monitorare i reali progressi e le avvenute acquisizioni.
Nel corso del secondo quadrimestre, svilupperemo due progetti di continuità: uno tra la scuola dell’infanzia e le classi prime che avrà per oggetto l’ascolto, la creazione e la rappresentazione di storie in lingua inglese e un altro, tra le classi quinte e le classi di prima media, riguardante la civiltà britannica, che comprende la realizzazione di dialoghi e l’esecuzione di canzoni per potenziare l’aspetto comunicativo della lingua. La mia Istituzione scolastica ha previsto, infatti, la realizzazione di un portfolio linguistico per la lingua inglese per gli alunni a partire dalla scuola dell’infanzia, dato che l’inglese è stato introdotto in modo sperimentale e con buon successo in questo grado di scolarità.

Maria Teresa Vigon

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