link home page
link la revue
link les numéros
link web école
links

L'orale come occasione per riuscire

Un’esperienza positiva, “in senso contrario”: dalle potenzialità e dai bisogni di un’alunna in difficoltà prende avvio un’attività per l’intera classe, attività che, oltre ad accrescere l’autostima ed il concetto di sé nell’alunna in situazione di handicap, ha dato spazio, nel rispetto degli stili di apprendimento di ognuno, all’orale.

La scuola è un servizio per tutti e per ciascuno. Essa deve poter accogliere tutti ed offrire ad ogni alunno il massimo di istruzione di cui è capace. Una scuola veramente inclusiva non solo accetta e accoglie le differenze, ma le vive come una risorsa preziosa di sviluppo.
La programmazione educativa e didattica deve, pertanto, articolarsi e svilupparsi in modo da prevedere la progettazione di percorsi individuali di apprendimento scolastico che, considerando con attenzione i livelli di partenza, si imponga una progressione di traguardi formativi mirati, sottoposti a verifiche continue, in itinere.
L’individualizzazione dell’apprendimento è un traguardo certamente molto importante. Tuttavia, rispetto agli alunni in situazione di handicap, vi è il rischio di considerare come “esclusivi” gli interventi a loro destinati (in alcuni casi, definiti dal solo docente di sostegno) e non come risorsa di tutti gli insegnanti, a favore della totalità degli allievi.
In primo luogo, affinché l’inserimento di un alunno in difficoltà abbia un minimo di significato, è necessario che la sua programmazione individualizzata sia opera di tutti. Essa deve infatti scaturire da una collaborazione molto stretta tra l’insegnante di sostegno e gli insegnanti curricolari. Inoltre, la strada per un corretto inserimento non può essere a senso unico. Non è giusto che tutti gli sforzi dell’integrazione pesino sulle spalle dell’alunno in difficoltà; tutti dovrebbero fare uno sforzo nella direzione dell’altro.
Sovente si ritiene che debba essere la programmazione dell’alunno con handicap ad adattarsi in qualche modo a quella della classe, perché i compagni “normodotati” hanno il loro programma da svolgere e non possono modificare il loro percorso. Il punto più alto e più significativo dell’integrazione scolastica è però un percorso “in senso contrario”, cioè partendo dalle potenzialità e dai bisogni dell’alunno in difficoltà riuscire a definire un’attività per l’intera classe. All’interno della classe l’alunno in difficoltà è diverso dai compagni esclusivamente negli strumenti che ha a disposizione per raggiungere gli obiettivi comuni.
Sulla base della mia esperienza e dalla lettura di testi che ho effettuato, soprattutto in occasione dell’ultimo Corso Abilitante, mi sento di dire che sovente l’insuccesso scolastico è causato dall’incapacità degli insegnanti di differenziare i loro stili di insegnamento e di adeguare tecniche e metodologie ai bisogni degli alunni.
La testimonianza che, sollecitata dalla rivista, ho scelto di raccontare dimostra quanto sia importante credere nelle potenzialità degli alunni in difficoltà per permettere loro di raggiungere il successo formativo.

L’ESPERIENZA

Nell’anno scolastico 1998/’99, lavorando con un’insegnante curricolare, Maria Plati, con esperienze e buone competenze nel campo dell’handicap, è stato possibile realizzare un “percorso in senso contrario”.
I protagonisti di questa esperienza sono stati i ragazzi della classe terza della scuola elementare E. Ramires. La classe era composta da 15 alunni, 8 femmine e 7 maschi.
Nella classe era inserita una bambina affetta da una forma severa di epilessia che necessitava di un controllo farmacologico; l’alunna presentava inoltre problemi cognitivo-relazionali secondari alla malattia.
A. eccelleva nelle attività orali, mentre aveva delle difficoltà in quelle “prassiche” (ad es. la scrittura); la bambina era consapevole del problema e sovente pensava alla sua situazione in modo pessimistico.
In accordo con l’équipe socio-sanitaria, le insegnanti hanno dunque deciso di valorizzare le potenzialità di A. e di puntare su attività orali. Sono state quindi programmate, per l’intero gruppo classe, momenti orali come il “Conseil de classe” e “La conversazione”.
Quest’ultima attività, in particolare, mirava al raggiungimento di obiettivi cognitivi e socio-affettivi.

Obiettivi cognitivi
• Conoscere le tipologie testuali analizzate in classe;
• riflettere sugli apprendimenti contenuti nelle attività;
• acquisire la capacità di autovalutazione;
• affinare la capacità di ascolto.

Obiettivi socio-affettivi
• Accrescere l’autostima nell’alunna in situazione di handicap;
• sviluppare negli alunni un atteggiamento tollerante e un senso di accettazione;
• approfondire la conoscenza reciproca;
• riconoscere le potenzialità di tutti e di ciascuno.

Metodologia
L’attività si svolgeva di giovedì pomeriggio. Inizialmente si seguiva uno schema definito dall’insegnante e precisamente:
• racconto cosa mi è successo;
• recito;
• racconto una barzelletta;
• racconto una storia inventata;
• leggo ai compagni;
• canto una canzone;
• insegno a fare qualcosa;
• racconto una cosa che ho visto, di cui sono venuto a conoscenza.
I bambini potevano prenotare i loro interventi di settimana in settimana, scegliendo fra le possibilità offerte; avevano così il tempo per prepararsi e non improvvisare.
Non erano previsti più di tre bambini per ogni “specialità”, fino ad un massimo di sette bambini in totale.
A turno un alunno controllava con la clessidra il tempo a disposizione per ciascun intervento, che era di circa tre minuti. Chi interveniva poteva anche rispondere ad eventuali domande (massimo tre), scelte fra quelle dei compagni che volevano formularle.
Dopo una valutazione in itinere delle attività si è ritenuto importante limitare a quattro le proposte (sono state eliminate le voci mai richieste):
• il racconto di un’esperienza vissuta;
• il racconto di una barzelletta o una filastrocca;
• il racconto di una storia inventata;
• la pubblicità di un libro o di un film.
I bambini hanno anche formulato una griglia di valutazione degli interventi.
Un altro strumento utilizzato per la valutazione degli alunni è stata la videocamera: gli alunni hanno avuto l’opportunità di vedersi, di sentirsi, hanno potuto autovalutarsi e anche correggere eventuali errori o comportamenti “scorretti”.
L’esperienza è stata, senza dubbio positiva; questa modalità di lavoro ha fortemente contribuito ad accrescere l’autostima ed il concetto di sé nell’alunna in situazione di handicap. Ha inoltre permesso all’intero gruppo classe di valorizzare le capacità della compagna. Partire dalle abilità di A., ha consentito a noi insegnanti di lavorare su una competenza sovente misconosciuta nella scuola elementare. Troppo spesso, infatti, l’oralità è tralasciata e considerata una perdita di tempo o un’abilità innata.
Così facendo non si rispettano i diversi stili di apprendimento e si negano a tutti le stesse opportunità.

Catia Cottino
Insegnante di sostegno presso la scuola elementare di Plan Félinaz-Charvensod.
Nel 2002/2003, con le colleghe, ha fondato la Cooperativa scolastica "Nous et Vous

couriel