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Tolleranza e cooperazione: l'esperienza del mediatore interculturale

Abbiamo incontrato una persona che, assieme ad altre quattordici, inventa un nuovo mestiere: la mediazione interculturale. Le abbiamo chiesto una testimonianza dei suoi due anni di attività nella scuola valdostana.

Partita dalla Repubblica Dominicana, uno Stato dell’America Latina situato nelle Antille, sono arrivata in Valle d’Aosta una decina di anni fa. Ho sentito subito il desiderio e il bisogno di integrarmi nella società valdostana che non conoscevo prima e mi sono impegnata a studiare la lingua italiana, ho anche frequentato il Centro immigrati di Aosta che mi ha fatto conoscere il "Progetto Cavanh"1.

Alumnos del 5° curso de la Escuela Primaria Teresio Grange de Villeneuve mientras festejan por haber concluido las actividades escolàsticas

Foto di Martha Herrera Nunez

Tra la primavera e l’autunno 2000, ho iniziato la formazione di mediatrice interculturale prevista dal "Progetto Cavanh".
Nel mio caso, lo scopo era mettermi nelle condizioni di operare per l’inserimento dei bambini stranieri nell’ambito della scuola. Nel primo anno, il progetto è stato articolato in due parti distinte. La prima, sotto forma di una serie di incontri di formazione teorica; la seconda, quella pratica, sotto forma di tirocinio.
La formazione teorica, non solo, mi ha fatto conoscere i servizi socio-educativi, i servizi sanitari presenti sul territorio e la normativa relativa all’immigrazione, ma mi ha anche permesso di familiarizzare con la cultura valdostana in modo da facilitare la comunicazione e evitare disagi legati a pregiudizi.
Noi, partecipanti al corso, abbiamo vissuto in prima persona la diversità già all’interno del gruppo, perché provenienti tutti da culture diverse (dai paesi balcanici, ai paesi latino-americani, a quelli nord-africani). Ognuno di noi, immerso in questa realtà multietnica, ha provato e suscitato reazioni di incomprensione: è stato veramente formativo.
La parte teorica è stata seguita da un tirocinio presso diversi enti. Il tirocinio è servito a mettere in pratica quello che era stato presentato durante la formazione teorica; in particolare gli strumenti e le tecniche che il mediatore è chiamato ad utilizzare.
Ho svolto il mio tirocinio in parte presso la scuola di Villeneuve, in parte presso l’Agenzia del lavoro e al Consultorio territoriale di Morgex, questi ultimi due enti frequentati anche da stranieri immigrati alla ricerca di lavoro e di assistenza sanitaria.
La più interessante, tra le attività di tirocinio, è stata per me quella svolta nella scuola elementare di Villeneuve, dove la figura del mediatore culturale è stata richiesta per aiutare un bambino immigrato, in difficoltà.
Finito il periodo di tirocinio, il mio intervento a Villeneuve è proseguito, nell’anno scolastico successivo, perché l’alunno, ormai superata la scuola elementare, in prima media ha ancora avuto bisogno di essere accompagnato dal mediatore interculturale. Alla scuola media, ho avuto la mia prima vera occasione di attività in qualità di mediatrice interculturale nella scuola valdostana.

Da maestra nella Repubblica Dominicana a mediatrice interculturale in Valle d’Aosta

L’ambiente scolastico mi interessa in modo particolare perché, nel mio paese di origine, esercitavo la professione di maestra di scuola elementare. L’esperienza italiana mi ha permesso di confrontare le due realtà. Nelle classi che incontro, sono sovente chiamata a raccontare la situazione scolastica del mio paese. Nella Repubblica Dominicana, le scuole accolgono da 40 a 50 bambini in ogni classe, per un periodo giornaliero che non supera le 4 o 5 ore. Per andare a scuola, i bambini dominicani indossano una divisa. La scuola non è obbligatoria. I genitori affidano i loro figli alla scuola senza partecipare alla vita e ai problemi dell’istituzione.
Ben presto mi sono chiesta che cosa potevo sfruttare del mio passato, delle risorse e delle competenze da me acquisite nel mio paese di origine, per inserirmi meglio nella società del luogo che mi ha accolto.

L’esperienza di Villeneuve

Come ho già detto, ho avuto la fortuna di svolgere il tirocinio alla scuola elementare di Villeneuve, dove, nell’anno scolastico 1999 - 2000, le insegnanti avevano richiesto l’aiuto di un mediatore interculturale per un intervento individualizzato, presso uno scolaro immigrato, al fine di potenziare le sue conoscenze linguistiche e di accompagnarlo dal punto di vista socio-affettivo perché era necessario che sentisse apprezzata e valorizzata la sua cultura di appartenenza.
Durante questo anno scolastico (2000-2001), ho continuato a seguire lo stesso bambino anche alla scuola media di Villeneuve. Una novità ha permesso di arricchire l’intervento: nella classe prima, è inserita un’altra bambina straniera seguita dalla mediatrice Ana Maria Ferrante con la quale abbiamo preparato e coordinato le attività di accoglienza.
Il ruolo del mediatore interculturale è destinato, in modo particolare, ad aiutare il ragazzo a superare le situazioni di disagio che incontra. Anche perché le manifestazioni del suo malessere si esprimono più che in difficoltà di apprendimento, in problemi comportamentali.
Il progetto, della durata di quaranta ore, si articola in dieci interventi di due ore settimanali con l’intera classe; gli altri incontri sono con il bambino, fuori dalla classe, in un’azione individualizzata mirata al benessere del ragazzo immigrato. Questo per favorirne l’inserimento sociale e culturale attraverso l’approfondimento della conoscenza della lingua; per valorizzarne la cultura di appartenenza; per aiutarlo a socializzare, rendendolo così un componente, a tutti gli effetti, del gruppo classe.
Ho scelto di puntare sulla presentazione della cultura del bambino a tutta la classe. Il racconto di favole è stato lo strumento scelto per sviluppare l’espressione orale e scritta, la creatività e la fantasia del bambino e per stimolare in lui la capacità ad usare adeguatamente alcune forme grammaticali indispensabili per la conoscenza della lingua italiana.
Il progetto individualizzato è stato elaborato e concordato assieme all’insegnante di italiano Alessandro Celi che aveva proposto un sostegno linguistico. Durante i momenti di programmazione valutavamo, l’insegnante di italiano ed io, il lavoro svolto e se alcuni obiettivi non erano raggiunti, elaboravamo percorsi di recupero. Ad esempio, dal punto di vista linguistico il bambino ha avuto bisogno di un sostegno in lingua italiana per lavorare in modo specifico sugli articoli, sulla punteggiatura, sulle vocali della lingua italiana, su certi aspetti della grammatica.
Tutti questi punti sono stati via via affrontati con attività legate al tema del racconto, perché il bambino ha dimostrato una passione particolare per questa forma espressiva. I temi trattati in modo individuale e collettivo sono stati : "il viaggio immaginario", "la valigia della nostalgia", le favole, il ballo, la costruzione di un aquilone.
Proviamo a vedere quali sono stati gli aspetti salienti dell’intervento. L’attività di accoglienza è stata veramente importante per i bambini stranieri presenti nella classe. Essi sono stati i veri protagonisti del "viaggio immaginario" quando hanno presentato ai loro compagni aspetti interessanti della loro cultura d’origine. Ugualmente importante è stato il racconto della loro vita presentato come una favola.
Si può ricordare che il racconto, come strumento dell’educazione interculturale, permette ai bambini stranieri di esprimersi in modo orale, oppure scritto, o ancora con disegni, e di ricostruire il loro vissuto come un puzzle nel quale ogni elemento è importante.
Il lavoro individuale è stato privilegiato come mezzo per decifrare i bisogni del bambino.
Il mio coinvolgimento emotivo è stato subito molto forte. Il legame affettivo con il bambino che seguivo mi è stato prezioso. E’ stato facile, per me, riconoscermi in lui. Tutte e due di provenienza latino-americana, avevamo sofferto (in tempi diversi) della stessa nostalgia per la nostra terra. Abbiamo riflettuto e lavorato, insieme, per riconoscere e superare lo stesso stato d’animo. Sono stata all’ascolto dell’alunno per portarlo a superare i suoi momenti di crisi e di grande nostalgia per quei familiari rimasti lontani e i luoghi della sua vita passata.
Tutto ciò ha permesso all’alunno di migliorare il suo inserimento scolastico e, poco a poco, di ricostruire la sua identità plurale e complessa a partire dai riferimenti culturali del suo paese di origine e del paese che lo ospita. Nonostante questo lavoro in profondità, ogni tanto la nostalgia riaffiora; il bambino si distrae facilmente e bisogna, di volta in volta, aiutarlo a ritrovare la motivazione allo studio. Per fortuna questi stati d’animo durano poco, e l’alunno torna ad essere socievole, vivace e sorridente.
Il fatto di lavorare sulla valorizzazione della cultura di appartenenza del giovane immigrato ha dato i suoi frutti. Ho capito, inoltre, che questo bambino, in realtà, non ha mai avuto sostanziali problemi di relazione con i suoi compagni.
Se dovessi rifare oggi il progetto, lo modificherei dando più spazio al lavoro di gruppo e darei alla famiglia del bambino l’occasione di partecipare ad alcune attività con la classe.
Un problema toccato, non ancora risolto, per facilitare l’inserimento di bambini stranieri, è individuare la giusta modalità di coinvolgimento dei genitori per aiutarli a conoscere meglio l’esperienza scolastica che i loro figli vivono e quindi, di riflesso, consentire anche ai ragazzi una migliore comprensione della società che li ospita e che prevede, tra l’altro, forme di partecipazione attive della famiglia nella scuola. Bisogna migliorare le relazioni tra i genitori e l’istituzione scolastica, avvicinare le famiglie alla scuola per evitare incomprensioni, per instaurare un clima di collaborazione volto a facilitare l’inserimento dell’alunno nella sua classe e nella società che lo accoglie. Appare evidente la necessità di presentare ai genitori la scuola che loro figli frequentano: come funziona, quali sono i punti in comune e quali sono le differenze rispetto alla realtà che hanno lasciato lontano. Ad esempio, non è evidente che i genitori dei bambino immigrati capiscano l’importanza del diario come strumento di comunicazione tra la famiglia e la scuola. In molti paesi, i genitori affidano i loro bambini alla scuola e il loro ruolo si ferma alla porta dell’edificio. Come fare capire che in Italia è richiesta una collaborazione della famiglia?
Dopo l’esperienza di Villeneuve ho iniziato a costruire una metodologia di approccio a minori stranieri praticabile anche su altri scolari. Non ho mai applicato una ricetta, ma ho cercato di perfezionare un metodo.

La Mediadora Intercultural Jasmina Bajraktarevic durante el intervento en los cursos 3° B Sociales del Instituto Magistral de Aosta

Foto di Daria Pulz

L’esperienza presso gli adolescenti al "Regina Maria Adelaide"

Nel "Progetto Cavanh" l’attività del mediatore interculturale non si limita ai soli interventi personalizzati presso alunni immigrati in difficoltà, ma persegue anche lo scopo di sensibilizzare intere classi - nelle quali siano inseriti o no alunni immigrati - per affrontare il tema dell’immigrazione e della multiculturalità nella società.
In questo anno scolastico 2000 - 2001, l’Istituto Magistrale "Regina M. Adelaide" di Aosta ha richiesto l’intervento di una figura esterna alla scuola, il mediatore interculturale, per affrontare con le classi il tema "La Diversità". La richiesta specifica era scaturita all’interno di un progetto scolastico elaborato dagli insegnanti di Scienze sociali.
Sette classi della scuola sono state coinvolte per un incontro di due ore per ciascuna: una classe di prima ad indirizzo tecnologico; due classi di terza dei diversi indirizzi, tecnologico e linguistico; quattro classi di quarta, degli indirizzi linguistico e pedagogico; alle due classi di terza ad indirizzo sociale, sono stati dedicati due incontri di due ore.
Come prima cosa, si è trattato di presentare la figura del mediatore interculturale, le sue esperienze personali e professionali. In tutte le classi, il tempo a disposizione è stato sfruttato in modo intenso, anche per conoscere con quali servizi socio-educativi e socio-sanitari il mediatore interculturale interagisce di solito sul territorio e, inoltre, per scoprire come collabora con altri operatori, quali sono i vari destinatari della sua azione. Con le classi di terza ad indirizzo sociale, in un’ottica orientativa, per quanto riguarda il futuro lavorativo degli alunni, si è insistito in modo particolare sul ruolo che tale figura può svolgere sul territorio valdostano e nella società e si è cercato di individuare l’insieme delle competenze nel campo sociale.
Gli incontri nell’istituto sono stati anche un’occasione per mettere a confronto le caratteristiche socioculturali di un immigrato e di un autoctono per cercare di sfatare i pregiudizi e gli stereotipi a proposito della popolazione straniera che approda in mezzo a noi.
Gli alunni sono molto curiosi e ascoltano con vero interesse la testimonianza della mia esperienza. Si sono rivelati molto sensibili, non solo ai racconti di vita quotidiana del mio paese, la Repubblica Dominicana, ma anche a temi come la posizione della donna nelle diverse culture o gli adolescenti di altri paesi. Per me è importante farli riflettere sul tema della diversità. Ne approfitto per ampliare gli orizzonti su altre culture, dall’Afganistan, alla Nigeria, ecc...
Ho pensato fosse più importante mirare alla sensibilizzazione sulla realtà immigratoria, sfruttando il racconto della mia esperienza personale. Per sensibilizzare gli studenti al percorso, anche interiore, di un immigrato ho cercato di raccontare le tappe più importanti del mio inserimento, inquadrandole con alcune informazioni statistiche relative all’immigrazione in Valle d’Aosta.
Per rendere più dinamici gli incontri è stato molto utile inserire delle mini lezioni di ballo latino americano. Anche l’espressione corporea è diversa da una cultura all’altra!
Un momento importante, che ha avuto un notevole impatto sugli alunni, è stato la visione di un documentario sulla condizione delle donne afgane: i commenti e le riflessioni sono stati immediati nelle classi 3A e 3C ad indirizzo sociale, imponendo da subito un maggior approfondimento.
Per le classi 4A e 4B ad indirizzo pedagogico, con il referente Paolo Fedi e l’insegnante Paola Venturella della classe 4B è stato scelto di mettere a confronto il sistema educativo dominicano con quello italiano poiché molti degli allievi delle due classi saranno, in futuro, degli insegnanti. Ho, così, potuto dare il mio contributo come maestra.
Ogni intervento in classe è stato per me occasione di grande coinvolgimento emotivo sia con gli alunni che con gli insegnanti. In una realtà scolastica concreta è stata un’opportunità veramente preziosa da cui sono uscita arricchita e soddisfatta.
Le riflessioni di alcuni alunni, ed alcune domande, del tipo: "...ma che pensate voi stranieri di noi Italiani?" mi confermano che ai ragazzi la realtà migratoria suscita interesse ma hanno paura, la solita paura di ciò che non si conosce, di ciò che è "diverso". È per questo che credo sia importante che un’istituzione come la scuola Magistrale debba avere all’interno del suo programma educativo un progetto specifico sull’interculturalità.
Ho apprezzato questo progetto, inserito in quello più ampio di "Cavanh", perché è stato organizzato in modo equilibrato grazie alla collaborazione preziosa dei referenti Gian Luca Cane e Daria Pulz e alla mia collega mediatrice interculturale Jasmina Bajrktarevic. La curiosità e l’interesse degli alunni sono stati una vera risorsa; l’intesa con le classi è stata ottima; forse perché provengo anch’io da un istituto magistrale. Credo, infatti, di avere potuto interpretare anche le richieste legate alla mia formazione di maestra, e credo di aver chiarito, almeno in parte, ciò che prova un immigrato nel suo percorso di inserimento.

La Mediadora Intercultural Martha Herrera con el profesor Paolo Fedi de la Comisiòn para los Derechos Humanos y los Profesores de Ciencias Sociales, Daria Pulz y Gian Luca Cane del Instituto Magistral da Aosta


Martha Herrera
Mediatrice interculturale in Valle d’Aosta.
A Santo Domingo dal 1979 al 1988 è stata insegnante di scuola elementare e dal 1982 al 1987 è stata educatrice nel programma statale patrocinato dall’Unicef rivolto ai bambini di strada.

Nota
1 Il corso di formazione per mediatori interculturali, da impiegare nella scuola e nelle società valdostana, in generale, promosso dall’Amministrazione regionale della Valle d’Aosta, gestito dalla cooperativa La Sorgente di Aosta, e denominato "Cavanh", è già stato presentato dalla rivista L’École Valdôtaine nel numero 48.

 

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