1 - 2010

DIFESA FITOSANITARIA

di Fabrizio PROSPERI
Consulente viticolo della Direzione produzioni vegetali e servizi fitosanitari

• CONSIDERAZIONI PRATICHE PER IL CONTENIMENTO DELLA MALATTIA

L’OIDIO DELLA VITE: SE LO CONOSCI LO EVITI

PREMESSA

L’annata 2009 sarà ricordata in buona parte dell’Italia come l’anno dell’oidio, in quanto la presenza massiccia di tale patogeno ha messo a dura prova le strategie di lotta delle aziende viticole e gli agrofarmaci utilizzati.
Anche la nostra regione non è risultata indenne da tale patologia e, dove si sono registrati danni, questi hanno inciso direttamente sulla quantità e sulla qualità dell’uva prodotta.
Come tutte le patologie viticole, se si conosce bene la biologia dell’insetto o del fungo e i relativi rimedi agronomici e/o chimici, il loro contenimento è relativamente semplice.
Alla luce dell’attuale situazione e dei problemi che alcune aziende agricole hanno avuto, è utile ricordare alcune caratteristiche dell’oidio, al fine di prevenire la sua comparsa.

 
INFORMAZIONI UTILI DA CONOSCERE E RICORDARE



Sintomo su pagina inferiore

L’oidio è un fungo che attacca ogni genere di tessuto vegetale: foglie, infiorescenze, tralci ancora verdi e grappoli e, a differenza della peronospora, non necessita di un velo d’acqua per potersi diffondere; pertanto, migliori sono le condizioni climatiche (ventosità, assenza di pioggia, temperature elevate, bassa umidità relativa dell’aria) maggiori sono le probabilità di diffusione della malattia. Piogge frequenti, infatti, hanno la capacità di dilavare i conidi (spore), ritardando l’infezione; temperature maggiori di 35° bloccano l’attività del fungo, come anche la luce diretta, soprattutto su grappolo, mediante i raggi ultravioletti, che riduce l’attività dei conidi. Pertanto, sfogliature oculate fin dalla pre-fioritura hanno un’importanza fondamentale nel prevenire la malattia, come la sistemazione dei grappoli nella fase di accrescimento acini - preinvaiatura, in quanto ammassi ombreggiati di foglie e grappoli presentano le condizioni migliori di sviluppo e diffusione della malattia.
 



Sintomo primaverile su foglia

Se nel vigneto non si è riusciti a contenere l’oidio, l’anno successivo tale patologia si ripresenterà ancora più virulenta, perché si sommeranno le eventuali spore prodotte nell’anno in corso, in funzione delle condizioni climatiche e ambientali, con quelle che si sono formate nell’ultima parte dell’anno precedente e che sono riuscite a passare l’inverno sotto forma di spore di resistenza (cleistoteci) sui tralci e sulle foglie a terra, oppure sotto forma di micelio direttamente all’interno delle gemme. Pertanto, se ci si trova in una condizione simile, è necessario iniziare la difesa antioidica non solo al germogliamento, ma addirittura nella fase di gemma rigonfia – gemma cotonosa.

In condizioni normali, nei nostri ambienti la pericolosità dell’oidio si può manifestare dalla fine fioritura – inizio allegagione in poi, in quanto nei primi trattamenti possono essere utilizzati blandi prodotti di copertura con funzione preventiva; nella fase successiva i trattamenti fitosanitari devono essere ben calibrati, utilizzando principi attivi e dosaggi consoni alla fase fenologica raggiunta e alla pressione della malattia.

Dalla fine fioritura – inizio allegagione la suscettibilità alla malattia è molto elevata perché il grappolo di nuova formazione in realtà non ha mai ricevuto alcun trattamento, in quanto, nella fase fenologica precedente, costituiva un organo completamente diverso; inoltre, i giovani acini, appena formatisi, si liberano di cappucci fiorali, rimanendo così senza protezione.
 
A differenza della peronospora, l’oidio deve essere combattuto a livello preventivo e, possibilmente, mai a livello curativo, perché nel momento in cui ci si accorge della sua presenza, ormai il danno è fatto e il suo contenimento risulta difficoltoso, anche a causa dei pochi principi attivi curativi a disposizione del viticoltore.



Sintomo estivo su foglia

L’oidio, soprattutto in assenza di piogge, è sempre in agguato e pertanto DEVE essere mantenuta sempre la copertura con agrofarmaci, soprattutto sul grappolo; dall’invaiatura in poi, nei rossi, il pericolo non sussiste più in quanto l’aumento delle sostanze polifenoliche inibisce proporzionalmente lo sviluppo del fungo. Per i bianchi la situazione è diversa, in quanto formandosi limitate o nulle quantità di sostanze polifenoliche, è possibile ancora che si verifichino attacchi massicci sugli organi verdi della pianta anche a invaiatura inoltrata; l’oidio, infatti, può svilupparsi e sporulare fino al raggiungimento di circa 13° babo o fino a quando l’acino non ha raggiunto circa il 70% della sua dimensione finale. Pertanto, se con le varietà a bacca rossa è possibile concludere la difesa antiodica al sopraggiungere dell’invaiatura, con i bianchi deve essere continuata almeno fino a metà invaiatura, utilizzando possibilmente prodotti lipofili e non zolfo per limitare problemi di sviluppo di sgradevoli composti solforati in fermentazione.

• Lo sviluppo dell’oidio sull’acino è molto lento rispetto agli altri organi verdi della vite; pertanto, in molti casi, le infezioni avvenute a fine giugno possono manifestarsi visivamente solo ad agosto.

Tutti gli agrofarmaci funzionano bene in via preventiva e solo alcuni in via curativa; pertanto, in base alla fase fenologica e alla pressione della malattia si devono scegliere i prodotti più adatti, ai dosaggi esatti, ai volumi di acqua più consoni e utilizzati con turni adeguati. In questo senso i tecnici regionali e il servizio fitosanitario sono a disposizione per indicazioni utili per risolvere il problema.



Oidio su tralcio

In caso di attacco, il contenimento della malattia sulle foglie o sui tralci è relativamente semplice, in quanto il fungo può essere bloccato sia dai prodotti di contatto, che da quelli sistemici che entrano nel flusso della linfa grezza e/o elaborata. Su grappolo, invece, il contenimento è molto più difficoltoso, soprattutto se l’infezione è già estesa, poiché sortiscono un certo effetto solo i prodotti di contatto, mentre i sistemici arrivano con difficoltà e in modo non tempestivo, in quanto il grappolo è un organo poco vascolarizzato e la maggior parte dei fungicidi sistemici posseggono una sistemia ascendente per via xilematica (dalle radici alle foglie) e non floematica (dalle foglie al grappolo e alle radici).




L’oidio è un fungo ectoparassita, ovvero non penetra all’interno delle cellule colpite, ma resta all’esterno, nutrendosi tramite gli austori, dei piccoli uncini che agganciano il fungo alla parete esterna del vegetale; pertanto, prodotti di contatto come gli zolfi o prodotti lipofili come le strobiruline, il quinoxifen o il metrafenone possono aggredire dall’esterno il fungo o, meglio, evitare che questo riesca ad attaccarsi al vegetale. Prodotti sistemici come gli IBE o la spiroxamina, oppure citotropico-translaminari come il bupirimate vanno sempre usati in via preventiva per avere una copertura dall’interno, alternandoli con prodotti di contatto come lo zolfo in polvere.

L’acino colpito da oidio presenta le cellule periferiche collassate e quindi incapaci di seguire il suo accrescimento radiale; pertanto, in caso di forte attacco, l’acino tende a fendersi in senso longitudinale, esponendo il proprio contenuto cellulare agli attacchi della botrite. In tal caso, è conveniente far seguire alla lotta antioidica, anche quella antibotritica, almeno per limitare il diffondersi della muffa agli altri acini.

I grappoli colpiti da oidio presentano generalmente un contenuto in zuccheri maggiore di quelli sani, ma anche un tenore in acidità volatile decisamente superiore, parametro che in certe percentuali potrebbe anche danneggiare l’intera partita di uva.



Grave attacco in pre invaiatura

 

L’oidio su foglie riduce fortemente la fotosintesi e quindi l’accumulo di fotosintetati, che riducono la crescita dei tessuti della pianta, oltre a limitare le riserve amidacee nelle radici utili per l’inizio del ciclo vegetativo per l’anno successivo; inoltre, a causa dell’infezione, aumentano respirazione e traspirazione dei tessuti, con conseguente ulteriore depauperamento delle sostanze nutritive.

Gli attacchi epidemici avvengono solo raramente prima della fioritura; pertanto da tale fase si può impostare l’inizio della difesa antioidica.

L’utilizzo di Ampelomyces quisqualis è indicato per i trattamenti post-vendemmia, in quanto durante l’autunno e l’inverno il microrganismo riesce lentamente a distruggere i cleistoteci svernanti, anche grazie alla maggiore umidità dell’aria che consente il suo sviluppo; nel periodo estivo, in caso di gravi infestazioni, difficilmente riesce a contenere efficacemente il parassita.

 
CONCLUSIONI
Alla luce di queste considerazioni e dell’esperienza in campo che ogni viticoltore si è fatto a proprie spese, si evince che anche una patologia così virulenta come l’oidio può essere tranquillamente contenuta, a patto che si conoscano i principi attivi più adatti in relazione allo sviluppo della vite e alle condizioni ambientali.

Gli agrofarmaci funzionano sempre; è il loro non corretto utilizzo o dosaggio che può provocare danni alla produzione e sfiducia nel viticoltore, che si sente con la coscienza a posto dopo aver effettuato il trattamento fitosanitario, convinto che il prodotto agisca sempre e comunque sul patogeno.

Se i turni tra un trattamento e l’altro, la tipologia di agrofarmaci e il loro dosaggio vengono concordati preventivamente con un tecnico, le possibilità di debellare la malattia, almeno per l’anno in corso, sono estremamente elevate.
 
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