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APICOLTURA

LA RISCOPERTA DELL'APICOLTURA IN ITALIA

Grazie alla legge 24.12.2004, n. 313 l’apicoltura è finalmente riconosciuta come attività agricola e di interesse nazionale

di di Mila Armand
Dipartimento Agricoltura
A livello nazionale si assiste, da qualche anno, ad una riscoperta del valore dell'apicoltura. L'interesse cresce specialmente nei confronti dell'attività di impollinazione compiuta dall'ape, ma anche per quanto attiene all'importanza e al valore dei prodotti dell'alveare, in relazione sia al fabbisogno interno che all'esportazione.

Si deve constatare che c'è stata, da parte del Ministero delle politiche agricole, forestali e alimentari, una presa d'atto concreta dei problemi del settore e una reale ricerca di soluzioni suscettibili di sostenere l'attività apistica e valorizzare le sue produzioni.

E' probabile che il Ministero sia stato sensibilizzato a queste problematiche dalle potenti e attive associazioni nazionali di categoria - in particolare la F.A.I, Federazione Apicoltori Italiani, e l'Unaapi, Unione Nazionale Associazioni Apicoltori Italiani -, ma non si deve dimenticare che c'è, specialmente a livello europeo, una crescente sensibilizzazione nei confronti dei prodotti agroalimentari ecocompatibili o naturali. Inoltre, e non secondariamente, anche la bilancia commerciale fortemente negativa sia a livello europeo che italiano1 può aver indotto le strutture competenti del Ministero ad individuare e a mettere in opera una specifica strategia di sviluppo del settore.

 

1La produzione comunitaria di miele è attualmente inferiore al 50% del fabbisogno interno.



Strategia di sviluppo che ha preso avvio con l'approvazione di una legge di disciplina del settore apistico, che prevedeva, ai fini dell'applicazione del regolamento (CE) n. 1221/97 del Consiglio europeo, l'adozione di un documento programmatico contenente gli indirizzi e il coordinamento di una serie di attività suscettibili di rilanciare l'apicoltura in Italia.

Di seguito riportiamo, oltre alla descrizione dei contenuti principali della legge, un estratto del Documento programmatico per il settore apistico.

 
Legge 24 dicembre 2004 n. 313 recante Disciplina dell'apicoltura
L'apicoltura è finalmente riconosciuta come attività agricola e di interesse nazionale

La Legge 313/04 riconosce l'apicoltura come “attività di interesse nazionale, utile per la conservazione dell'ambiente naturale, dell'ecosistema e dell'agricoltura in generale in quanto finalizzata a garantire l'impollinazione naturale e la biodiversità di specie apistiche, con particolare riferimento alla salvaguardia della razza di ape italiana e delle popolazioni di api autoctone tipiche …”.
La legge, all'articolo 2, nel definire l'apicoltura “conduzione zootecnica delle api”, precisa che la stessa è “considerata a tutti gli effetti attività agricola ai sensi dell'articolo 2135 del Codice Civile, anche se non correlata necessariamente alla gestione del terreno.”.
Un'attività da incrementare
La norma nazionale stabilisce che, per la difesa dell'ambiente e delle produzioni agroforestali, il Ministro delle politiche agricole e forestali adotti un Documento programmatico contenente gli indirizzi e il coordinamento delle attività, con particolare riferimento ad alcune materie, fra cui:
• promozione e tutela dei prodotti apistici e promozione della tracciabilità;
• tutela del miele italiano;
• valorizzazione dei prodotti DOP e IGP e del metodo di produzione biologica;
• integrazione tra apicoltura e agricoltura;
• incentivazione della pratica dell'allevamento apistico e del nomadismo;
• incentivazione della pratica dell'impollinazione a mezzo di api
• interventi economici di risanamento e di lotta alle patologie dell'ape;
• incentivazione dell'insediamento e della permanenza dei giovani nel settore;
• previsione di indennità compensativa per gli apicoltori che operano nelle zone montane o svantaggiate.
 
Il miele e gli altri prodotti dell'alveare sono risorse di interesse pubblico.
L'art. 7, nel definire “risorse di un ciclo naturale di interesse pubblico” il nettare, la melata, il polline e il propoli, impegna lo Stato, le regioni e le province autonome ad incentivare la conduzione zootecnica delle api e la pratica economico-produttiva del nomadismo.

Agevolazioni fiscali e alleggerimento degli obblighi formali a favore degli apicoltori
Infine, l'art. 9, riconosce, anche ai sensi dell'articolo 2135 del Codice Civile, l'attività di impollinazione come attività agricola per connessione2, per cui, chi la esercita ha diritto a delle agevolazioni fiscali. In virtù dello stesso articolo gli apicoltori possono acquistare, trasportare e detenere zucchero e sostanze zuccherine per l'alimentazione delle famiglie di api e sono esonerati dalla tenuta dei relativi registri di carico e scarico.

 
Il DOCUMENTO PROGRAMMATICO PER IL SETTORE APISTICO

Con Decreto Ministeriale n. 20026, in data 10 gennaio 2007, è stato approvato il “Documento programmatico per il settore apistico” (DPA), reso operativo in seguito alla decisione della Commissione Europea che, in data 22 novembre 2006, aveva autorizzato il sistema di Aiuti di Stato in esso previsto, dichiarandolo compatibile con il mercato comune.

Il documento, al di là degli aspetti tecnico-operativi, è comunque interessante da leggere, perché parte dall'analisi della situazione attuale del settore (dalla diffusione a livello mondiale, all'andamento della produzione e del mercato, con un'attenzione particolare alla situazione europea e italiana), integrata da qualche cenno storico, per poi procedere all'individuazione dei vincoli allo sviluppo e alla definizione degli obiettivi e delle relative azioni da perseguire.

Ne riportiamo di seguito degli stralci della prima parte. In un prossimo numero dell'Informatore pubblicheremo la seconda parte, focalizzando l'attenzione sugli aspetti più interessanti dal punto di vista della Valle d'Aosta.
 
La diffusione dell'apicoltura
L'apicoltura è presente in quasi tutti i Paesi del mondo, seppure con diversa intensità e con diversi metodi di allevamento e indirizzi produttivi. Ovunque gli apicoltori si esprimono in forma aggregata: una tradizione talmente consolidata che esiste da oltre un secolo una Federazione Internazionale delle Associazioni di Apicoltura, APIMONDIA, membro consultivo e osservatore permanente presso la FAO (Food and Agriculture Organization).
 



Ape bottinatrice su fiore
di rododendro

In base ai dati FAO, nel mondo esistono oltre 60 milioni di alveari, appartenenti a circa 6,5 milioni di apicoltori. La densità è maggiore in Europa, con una media di 2,8 alveari per Kmq.
Nel Documento si sottolinea fra l'altro come nei Paesi ad agricoltura più evoluta assume sempre più importanza l'apporto che l'apicoltura fornisce con l'impollinazione delle colture agricole e della flora spontanea.
 
La produzione di miele
Nel 2003 il volume mondiale della produzione di miele ammontava a oltre 1,3 milioni di tonnellate, registrando un progressivo incremento, principalmente ad opera dei Paesi in via di sviluppo e ad economia pianificata.

Le più importanti aree produttive sono l'America centro meridionale, seguita dall'Asia, dall'America Settentrionale e dall'Oceania.

Da rilevare che nella maggior parte dei Paesi grandi esportatori di miele e di altri prodotti dell'alveare, i Governi hanno creato delle vere e proprie Agenzie Nazionali per l'Apicoltura (o National Honey Board), che presiedono alle politiche nazionali sulla difesa e valorizzazione del comparto apistico.
 
Il mercato mondiale del miele
Nel 2002 il mercato del miele a livello mondiale ha registrato un aumento del 45% rispetto al dato del 1998.
I motivi di questo incremento sono vari. Per le sue buone caratteristiche di conservazione e di trasporto, il miele è considerato a livello internazionale un'ottima merce di scambio, soprattutto da parte dei paesi in via di sviluppo, che vedono nel prodotto una fonte di valuta pregiata.

Inoltre, nei Paesi industrializzati, il miglioramento del tenore di vita ha comportato la crescita delle importazioni di prodotti alimentari e l'aumento del consumo di prodotti naturali e dietetici.

Tre Paesi - Cina, Argentina e Messico - raggiungono da soli oltre il 50% del quantitativo di miele annualmente esportato: il flusso del commercio del miele è dunque orientato dai paesi in via di sviluppo ai paesi industrializzati. L'area principale importatrice di miele risulta essere l'Unione Europea (in particolare Ungheria e Germania), quindi gli Stati Uniti e il Giappone.
 
Il quadro europeo
Nel 2004, secondo dati ufficiali della Commissione Europea, erano presenti nell'Unione Europea a 25 membri, circa 12 milioni di alveari, condotti da circa 700.000 apicoltori, capaci di produrre 166.000 tonnellate di miele.
 



Sala confezionamento del miele
(particolare)

La produzione media comunitaria si aggira intorno ai 14 Kg di miele per alveare all'anno e ogni apicoltore possiede mediamente 20 alveari. Si stima intorno all'1,5-2,5% la presenza di apicoltori professionisti, ai quali si può attribuire il 50% circa della produzione di miele effettivamente immessa sul mercato.

Solo i Paesi dell'area mediterranea (Spagna, Francia, Italia e Grecia) presentano strutture produttive di dimensioni nettamente maggiori.

L'apicoltura praticata nell'Unione Europea è alquanto evoluta ed è caratterizzata da elevati standards in termini di capacità tecnica, attrezzature impiegate, igiene degli ambienti di lavorazione.

La produzione comunitaria di miele è nettamente insufficiente rispetto al fabbisogno interno: il grado di autoapprovvigionamento è attualmente inferiore al 50%.

Il consumo di miele a livello comunitario mostra, nel complesso, una tendenza all'aumento. E' più elevato nei paesi più industrializzati, in particolare modo in quelli a clima freddo-temperato, con dieta e prima colazione “continentale”, ma si va sempre più diffondendo anche nei Paesi a clima caldo.
 
La situazione italiana
La moderna apicoltura organizzata ha avuto in Italia un elevato e perdurante fenomeno di affermazione sociale, che non si è arrestato neanche nel corso dei due conflitti bellici. A partire poi dagli anni '70 si è assistito ad una costante crescita e ad un avvicinamento inconsueto di giovani all'allevamento delle api e quindi all'agricoltura.

In base ai dati ufficiali, il patrimonio apistico italiano si attesta da tempo intorno ai 1.100.000 alveari e ai 75.000 apicoltori. Gli apicoltori sono da una decina d'anni in debole ma costante crescita e di essi circa 7000 sono identificabili come imprenditori apistici.

Il prodotto principale dell'alveare è il miele, che grazie alle sue peculiarità di alimento naturale, ha conquistato una buona immagine presso il consumatore italiano.

Dal punto di vista della valorizzazione qualitativa del prodotto, le potenzialità dell'apicoltura italiana sono notevoli: la presenza di una flora diversificata e le favorevoli condizioni climatiche consentono la produzione di una vasta gamma di mieli uniflorali. Alcune tipologie, fra le quali il miele di acacia e di castagno, si vanno sempre più affermando sul mercato, mostrando come la domanda si stia evolvendo verso prodotti che abbiano specifici requisiti dal punto di vista organolettico e qualitativo.

Nonostante ciò, il consumo pro-capite (meno di 500 g), sebbene abbia avuto un certo incremento rispetto al passato, posiziona l'Italia ai livelli più bassi rispetto agli altri Paesi dell'Unione Europea. Tuttavia oggi l'Italia è tra i maggiori Paesi importatori di miele, con un flusso dell'ordine di 15.000 tonnellate annue, che giungono principalmente da Argentina, Germania e Paesi dell'Est.

Le esportazioni si sono mantenute in questi ultimi anni intorno alle 2.500 tonnellate (circa il 24% della produzione nazionale), che attestano l'interesse e il potenziale che il miele italiano rappresenta sui mercati internazionali: i partners più interessati al miele italiano sono la Germania e la Svizzera.
 
Costi di produzione e peculiarità del mercato del miele
Il Documento pone l'accento sull'enorme incidenza dei costi di produzione per un settore che non gode di misure strutturali di sostegno comunitarie e che, in più, si confronta sul mercato globale con la concorrenza dei Paesi in via di sviluppo. Si pensi ad esempio al costo della manodopera, all'applicazione delle misure d'igiene nella lavorazione, alle politiche di lotta sanitaria, ai carburanti, ecc.

Per quanto riguarda il mercato, si deve constatare che quello del miele non è, in linea di massima, trasparente né ordinato: esistono notevoli differente di prezzo - dovute essenzialmente alla dispersione dell'offerta e all'eterogeneità delle reti commerciali - e il permanere di inefficienze a livello sia della produzione che della commercializzazione contribuisce al mantenimento di strati di economia sommersa.

Ne deriva che i prezzi sono determinati prevalentemente dalle grandi imprese agro-alimentari, che commercializzano circa la metà dell'intera produzione nazionale e buona parte del miele di importazione.

Al polo opposto si trovano migliaia di piccoli e piccolissimi produttori che subiscono gli andamenti del mercato, senza poter incidere in alcun modo sulle variazioni di prezzo.
 



Tipiche arnie della Valle d’Aosta

Costituiscono un'eccezione in positivo gli apicoltori che operano in particolari micromercati, nei quali riescono a realizzare prezzi sufficientemente remunerativi dalla vendita diretta dei loro prodotti, puntando sulla qualità e/o sulla tipicità della loro produzione.

Negli ultimi anni il mercato del miele è stato condizionato anche dal rinvenimento di residui di antibiotici in mieli di diversa provenienza, in particolare dalla Cina e dell'Argentina.

La ridefinizione delle tecniche sanitarie in apicoltura è probabilmente, secondo quanto riportato nel DPA, la sfida centrale su cui si giocheranno le prospettive della parte più avanzata dell'apicoltura italiana e su cui dovrà misurarsi il mercato mondiale.
 
 
Gli altri prodotti dell'alveare
Oltre al miele, l'apicoltura offre una serie di altri prodotti pregiati che si prestano ad una vasta gamma di utilizzi: cera, propoli, polline, pappa reale, veleno d'api.

Queste produzioni richiedono però elevati livelli di specializzazione tecnica e professionale non compensati attualmente da interventi organici di valorizzazione.

In particolare sarebbero auspicabili approfondimenti scientifici sulle caratteristiche salutari della propoli, della gelatina reale, del polline e del veleno, sia in relazione ai loro effetti reali, documentati da numerose testimonianze ma non sufficientemente studiati, che per quanto riguarda il controllo della loro genuinità e qualità.

Accanto a questi prodotti, un'ulteriore fonte di reddito integrativo per gli apicoltori è costituita dalla produzione di sciami e di api regine e dal servizio di impollinazione.

La prima parte dell'articolo si conclude qui. Sul prossimo numero affronteremo i capitoli dedicati al ruolo dell'ape nella produzione agricola e nella conservazione dell'ambiente, per concludere con gli obiettivi del Documento programmatico e le azioni di sostegno che sarebbe opportuno porre in essere nella nostra Regione.
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