ALTRI ORIZZONTI
Il parco regionale piemontese delle Alpi Marittime ed il parco nazionale francese del Mercantour sono da anni impegnati in una proficua collaborazione
DUE PARCHI, UN TERRITORIO
di Francesco Prinetti
La direttrice Patrizia Rossi (a destra) in compagnia di una guardaparco.Certo, i due territori sono contigui e complementari. Certo, storicamente sono evoluti insieme nello Stato sabaudo e poi ancora nel Regno d'Italia. Certo, la direzione dei due Parchi ha costantemente operato per l'armonizzazione. Ma c'è ancora un altro dettaglio che spiega l'intensità e la solidità dei rapporti fra il Parco regionale delle Alpi Marittime ed il Parc national du Mercantour. E il travaglio lungo e doloroso che anche il Parco francese, al pari di quelli italiani, ha subito prima di venire alla luce.
Il Piano dei Parchi francese lo prevedeva già nel 1960. Gli altri Parchi previsti dal Piano sono stati realizzati in breve tempo, il Parco del Mercantour invece ha dovuto attendere quasi vent'anni. Vent'anni di discussioni, di cause legali, di ricorsi al Consiglio di Stato. Già, perché nel frattempo molti politici locali, d'accordo con i loro grandi elettori (promoteurs, catene alberghiere della costa, proprietari terrieri) avevano puntato tutto sullo sviluppo di stazioni turistiche invernali, inserendo la zona nel famigerato Plan Neige. L'ambizione era di prolungare la Costa Azzurra nell'entroterra delle Alpi Marittime, già allora spopolato da decenni e climaticamente improponibile per il turismo estivo di massa.
Dal canto suo il Parco regionale piemontese, inizialmente denominato dell'Argentera, conferisce il necessario spessore (sia in senso culturale che geografico) al territorio protetto. La sua nascita, negli anni 1980-1983, rappresenta la conclusione (provvisoria) di una lunga storia di Riserva reale di caccia e di vari successivi stadi di protezione faunistica di cui il territorio ha usufruito nell' ultimo dopoguerra. Anche se la Riserva reale si estendeva oltre lo spartiacque (dunque su una parte dell'attuale Parco del Mercantour) e fino al 1946 il suo territorio veniva gestito unitariamente dalle autorità italiane, le differenze attuali con il Parco francese non sono da sottovalutare. Differenze essenzialmente di status giuridico e di struttura amministrativa e gestionale. Per questo da entrambe le parti, nelle istituzioni ma anche fra la gente, si sente sempre più forte l'opportunità, se non la necessità, di un grande Parco unitario delle Alpi Marittime sui due versanti.
Sul piano dell'azione culturale, il Parco francese dispone in organico di équipes permanenti di ricercatori scientifici, di specialisti della comunicazione e dell'animazione, e di esperti della gestione del territorio. Già da tempo essi lavorano sul terreno per mezzo di un sistema geografico computerizzato (Système d'information géographique, G.I.S.); la disponibilità di mezzi tecnici, di esperti e di lunghe serie annuali di dati permette al Parco del Mercantour di formulare e gestire progetti scientifici e partecipare a ricerche avanzate in campo nazionale ed internazionale. Il Parco delle Alpi Marittime non ha in organico personale scientifico in quanto tale, né il suo bilancio permette la gestione in proprio di ricerche di ampio respiro. Sono però intervenuti in questi ultimi anni i fondi del Piano Triennale del Ministero dell'Ambiente e soprattutto i fondi europei relativi all'obiettivo 5b. Questi fondi ora permettono al Parco sia di investire su programmi scientifici sia di innescare processi economici che qualifichino la sua presenza e migliorino i rapporti già buoni con la popolazione residente all'interno (100 persone) e intorno al territorio protetto.
Nella valorizzazione della presenza umana e delle testimonianze di vita rurale il Parco piemontese gioca le sue migliori carte per stabilire buoni rapporti con i residenti. Il versante nord del Corno Stella (massiccio dell'Argentera).Entrambi i Parchi racchiudono infatti antichi insediamenti e colture tradizionali sul loro territorio. La politica del Parco francese in questo campo è indirizzata principalmente al riordino urbanistico dei 28 Comuni che sorgono nella sua immensa zona periferica (rispetto alla quale il parere degli organi di gestione del Parco è richiesto per ogni intervento sul territorio). Il Parco regionale italiano, oltre ad alcuni centri abitati, conta un sito archeologico (insediamento risalente all'età del Bronzo), villaggi, alpeggi e tutte le strutture legate alla vecchia Riserva di caccia.

 

GEOLOGIA FLORA E FAUNA
Sul piano geografico e geologico, il Parco francese è assai più vasto (oltre il doppio) di quello italiano, ed assai meno compatto territorialmente, in quanto evita gli insediamenti umani (solo 30 residenti). Copre quindi suoli e substrati svariatissimi, che vanno dal nucleo cristallino centrale, con le maggiori elevazioni e qualche modesto ghiacciaio, ai depositi terrigeni tardo-mesozoici di arenarie e marne (ovest e sud), erosi e incisi in gole dai torrenti, dove pascolano le grandi greggi di pecore. Un cenno a parte meritano le peliti, rocce silicee derivanti da depositi detritici fini di epoca permo-triassica (vecchie di circa 250 milioni di anni), che affiorano, ben levigate dai ghiacci quaternari, nella zona di Tenda e nella Vallée des Merveilles. Fra le unità sedimentarie di copertura che orlano il rilievo cristallino si trovano anche terreni calcarei. Il Parco delle Alpi Marittime, che comprende la vetta più alta del massiccio (circa 3300 m), si estende invece solo sul nucleo di granito ercinico, solidificato circa 300 milioni di anni fa, e su una parte delle antiche rocce incassanti. Queste ultime affiorano ora come micascisti e gneiss intersecati da una fitta rete di filoni più chiari (migmatiti ed anatessiti) prodotti dalla fusione parziale e selettiva della massa rocciosa scaldata dalla intrusione granitica centrale. La diversa distribuzione dei substrati nei due Parchi si riflette inevitabilmente sulla loro copertura vegetale e sulla loro ricchezza floristica. Oltre i confini del Parco regionale, però, il versante piemontese ritrova anch'esso una buona varietà di substrati e quindi di vegetazione, tanto da fare delle Alpi Marittime la zona più ricca di specie vegetali di tutto l'arco alpino.
Vasti pascoli e lariceto rado con mirtillo e rododendro sono comunque le associazioni vegetali più diffuse in altitudine su entrambi i versanti, mentre a bassa quota si giunge, dal lato francese, all'olivo su terrazzamenti. In mezzo troviamo vaste faggete e boschi misti decidui. Il clima, assai vario in questi rilievi così vicini al mare, favorisce nicchie e biotopi particolari, dalle vallette nivali ai megaforbieti, dai macereti alpini alle torbiere, dai boschi di abete rosso (limite meridionale) ai déserts calcarei più o meno intaccati dalle cave. Gli endemismi vegetali sono numerosi su tutto il territorio protetto, anche con specie vistose come la Saxifraga florulenta o graziose come la Viola nummularifolia.
L'alta densità della fauna selvatica è una caratteristica di entrambi i versanti, cosa naturale per territori che ereditano una secolare Riserva reale di caccia. La gestione della fauna, in particolare di ungulati e rapaci, è stato uno dei motivi più ovvi e pressanti per stabilire solidi legami di collaborazione fra i due Parchi. In effetti le migrazioni stagionali degli erbivori autoctoni (camoscio) ed a varie riprese introdotti (stambecco, cervo, capriolo, muflone) sono particolarmente complesse ed interessano entrambi i versanti. L'introduzione del gipeto (1993) e poi l'arrivo recente del lupo hanno arricchito ed esteso verso l'alto gli equilibri biologici del territorio.
Anche la fauna minore conta comunque interessanti endemismi, come il Carabus solieri dai riflessi verde dorati, che colonizza alcune pendici dei Parco francese.


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INTERVISTA CON PATRIZIA ROSSI direttrice del Parco regionale delle Alpi Marittime
. Quanto si avvicina il Parco Regionale delle Alpi Marittime al concetto di Parco ideale?

Il Parco ideale dovrebbe fornire alla società un particolare servizio culturale: dovrebbe gestire scientificamente un territorio nella sua complessità, al fine di ottenere e diffondere risultati scientifici. Dovrebbe funzionare come laboratorio territoriale, assicurare la riproduzione dei cicli naturali, verificarne l'evoluzione, regolare e stimolare le eventuali attività umane in armonia con gli obiettivi generali del Parco, disporre adeguati strumenti di comunicazione verso chi domanda i suoi servizi culturali (scuole, istituzioni, visitatori). In Francia, ad esempio, un Parco nasce solo quando ci sono i requisiti formali che dovrebbero rendere realizzabile tale scenario. Quando ho assunto operativamente la direzione di questo Parco, nel 1983, ho dovuto cominciare a posare i piedi per terra. Molti compromessi sono inevitabili. Ma molto è stato anche realizzato. In particolare posso dire che, pur perseguendo certi obiettivi scientifici importanti, non si sono sollevati conflitti significativi con la popolazione. In generale il Parco è accettato, in certi casi vi è buona collaborazione.

· Quanto pesa sul Parco la pressione di forze esterne, la presenza di impianti e progetti nazionali o internazionali indipendenti dal Parco?

Ci sono tre tipi di forze che premono o potrebbero premere sul nostro territorio: il turismo, le grandi vie di comunicazione, e l'Enel.
Sul piano del turismo la gente si è più o meno convinta che l'attività indotta dal Parco non è o non sarà inferiore a quella prodotta dallo sviluppo ipotetico di una stazione di sport invernali, per la quale non esiste nella zona un luogo francamente favorevole. Il Parco partecipa ad un progetto europeo denominato "Carta per un turismo durevole nelle aree protette", dal quale ci si attende ulteriore impulso verso attività economiche compatibili.
Sul piano della viabilità internazionale esiste ancora un progetto per un traforo sotto il colle della Lombarda, fuori dal nostro Parco ma sotto il Parco del Mercantour. Sembra comunque a tutti più urgente rimodernare il passaggio sotto al colle di Tenda, che resta chiuso per manutenzione sempre più spesso. Una volta che la val Roya fosse ben attrezzata, sfumerebbe la necessità di aprire altri passaggi in valli parallele.
L'attore estero più invadente resta quindi l'Enel, con le sue dighe ed i suoi due grandi laghi artificiali in pieno Parco, e la centrale ad Entracque. La centrale è tutta in caverna, quindi poco appariscente. I lavori sono terminati negli anni '70, prima del nostro arrivo. Il vallone in cui sono ubicati gli impianti è paesaggisticamente compromesso. Però l'ente è stato coinvolto in alcuni progetti, ha dimostrato volontà di collaborazione, soprattutto in occasione di importanti lavori di ripristino, che si prevede proseguano ancora. Insomma secondo noi è possibile convivere con questa realtà.

· Ci riassuma le tappe della vostra collaborazione con il Parco francese del Mercantour.

Al nostro insediamento, negli anni 1980-83, abbiamo subito notato alcuni camosci marcati: sicuramente risultato di operazioni dei nostri vicini d'oltralpe, di cui non eravamo a conoscenza. Sono partite le segnalazioni e da qui è partita anche subito la collaborazione sulla fauna come un fatto spontaneo e normale. Un salto di qualità si è prodotto negli anni 1985-87, con l'introduzione dello stambecco anche sul loro versante. Infatti lo stambecco, introdotto negli anni '20 dal Gran Paradiso, non svernava mai sul lato francese. A conclusione del Progetto stambecco, nel 1987, è stato firmato il Protocollo di gemellaggio fra i due Parchi. La collaborazione è divenuta notevolmente più intensa con il Progetto gipeto, per l'introduzione di questo avvoltoio nei due Parchi. Ora vivono qui stabilmente tre esemplari fra quelli che abbiamo liberato, altri sono volati dalle vostre parti. A conclusione della prima fase del Progetto gipeto, nel 1993, i due Parchi hanno simultaneamente ottenuto il Diploma europeo di Protezione della Natura di categoria A, quello riservato ai Parchi Nazionali. Nuovo salto di qualità negli anni 1995-97, con l'elaborazione in comune di alcuni progetti europei, finanziati coi fondi Interreg. Sono quindi in cantiere lavori sulle tipologie architettoniche, sulla musica occitana e altri che ci consentono un rapporto più coinvolgente con la popolazione di qua e di là della frontiera, che ha fitte relazioni di parentela, di radici e tradizioni culturali. Attualmente il rapporto con i francesi è quotidiano, e spazia dai dépliants comuni alla redazione di guide bilingui, dall'organizzazione di manifestazioni all'elaborazione di azioni comuni per far fronte a eventi vari, come questa recente diffusione del lupo.

· Qual è il vostro punto di vista sull'apparizione del lupo?

Il lupo è comparso sul versante francese delle Alpi Marittime nel dicembre 1992. Prima di quella data erano state fatte sporadiche osservazioni, ma nessuno vi aveva dato peso in mancanza di conferme ufficiali. Da allora il lupo si è diffuso maggiormente sul versante francese, più adatto per motivi orografici ed ambientali, e per la presenza in estate di grandi allevamenti ovini. Nulla di paragonabile con i nostri piccoli e sparsi gruppi di pecore, purtroppo di solito scarsamente custoditi. L'arrivo del lupo ha creato più di un problema ai francesi, in primo luogo la necessità di prevederne la tutela essendo estinto da secoli e non essendo quindi nemmeno contemplato nella legislazione nazionale. La sua presenza, dunque, ha dovuto essere tenuta segreta in un primo periodo, e ciò ha creato ingiustificati sospetti, sui quali però continua a far leva chi si vorrebbe servire del pretesto di una reintroduzione clandestina per procedere alla sua eliminazione. D'altra parte non è poi così facile, a prima vista, provare una sua migrazione naturale, anche se una colonia stabile è segnalata, fin dall'inizio degli anni '80, in val Borbera, al confine tra le province di Genova e Alessandria.
Ora, a più di cinque anni dall'arrivo del lupo sulle Alpi Marittime, dobbiamo denunciare imperdonabili ritardi e poca coordinazione riguardo all'organizzazione di un monitoraggio scientifico e alla messa in atto di efficaci interventi di prevenzione dei danni al bestiame domestico. Gli organismi competenti giocano allo scaricabarile, mentre la Regione Piemonte sta attuando la politica dello struzzo. Per non parlare delle reazioni del mondo accademico, in aperta conflittualità per la spartizione delle consulenze e dei territori di ricerca. Insomma: homo hommi lupus! Il mio consiglio ai colleghi valdostani: preparatevi per tempo! Segnalato da quest'anno in val di Susa, il lupo busserà ben presto alle porte del Gran Paradiso...


   
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