INFRASTRUTTURE IDRICHE
Una sintesi delle vicende industriali valdostane legate all'utilizzo dell'acqua, dalla protoindustria fino ai primi anni del XX secolo.
L'ACQUA E LE INDUSTRIE
di Corrado Binel
Châtillon.L'acqua come è noto è una delle principali fonti di energia utilizzata dall'uomo da tempo immemorabile. Nel mondo alpino in particolare, la forza dell'acqua è all'origine dello sviluppo tecnologico e produttivo della protoindustria. Più o meno importanti salti d'acqua vengono derivati per azionare artifizi di vario genere e tipo con i quali si lavora il legno, si fondono e si battono il ferro e il rame, si macinano i grani. Le prime aree della protoindustria in Valle d'Aosta si sviluppano fin dal XV e dal XVI secolo lungo canali appositamente derivati dai corsi d'acqua. Il canale di Barche in comune di Fénis e il canale di Carema, sono alcuni tra gli esempi più interessanti di questo modello di sviluppo generato dalla forza idraulica. L'energia dell'acqua raramente viene trasportata a grande distanza e la localizzazione storicamente consolidata dei principali centri dell'industria alpina è generalmente concentrata lungo l'asse dei principali corsi d'acqua. Vi sono però alcuni casi assolutamente originali come quello della fonderia di rame del castello Quart, sorta nel punto terminale di un lunghissimo canale irriguo la cui origine si trova non lontano dall'abitato di Valpelline. I grandi centri della metallurgia valdostana, grandi consumatori di energia idraulica si trovano a Leverogne, Villeneuve, Aymavilles, Nus, Châtillon, Verrès, Pontboset e Pont Saint Martin, in prossimità di corsi d'acqua capaci di garantire l'attività per un lungo periodo dell'anno.
L'energia idraulica rappresenta un elemento di continuità nel passaggio dalla protoindustria alla moderna industria in ambito alpino. Le nostre regioni non racchiudono grandi risorse alternative; i grandi bacini carboniferi si trovano a grande distanza e il trasporto del carbone verso le Alpi è estremamente costoso. Questa situazione energetica è all'origine della crisi che caratterizza in particolare la metallurgia nel corso della seconda metà dell'Ottocento, ma è proprio la nascita dell'industria idroelettrica a determinare l'avvio di un nuovo processo di sviluppo che caratterizzerà l'intero arco del XX secolo.
Donnas.L'acqua è dunque la costante nel modello di sviluppo dell'industria alpina.
Nel 1885 nasce, per iniziativa di François Farinet, la Société valdôtaine pour l'éclairage public, che costruirà ad Aosta, sulle sponde del Buthier, una modesta centrale elettrica, destinata ad assicurare l'illuminazione pubblica della città in sostituzione delle lampade ad olio ancora in uso alla fine del secolo.
Questa data può essere considerata un punto d'avvio, una data simbolica. Quella che si svilupperà così, agli inizi un poco sommessamente, è infatti una nuova fase dello sviluppo economico e sociale di questa regione alpina, profondamente diversa da quelle che avevano caratterizzato le alterne fasi dello sviluppo tra il XVIII e la prima metà del XIX secolo.
Grazie alle nuove tecnologie di sfruttamento delle risorse idrauliche, si affermerà progressivamente una diffusa centralità economica che il mondo alpino aveva raramente conosciuto; la maudite montagne sarà per questa ragione considerata, per un breve periodo di tempo, un luogo ideale per lo sfruttamento razionale di quelle grandiose risorse energetiche.
Si tratta certo di un periodo di tempo circoscritto ai primi decenni del secolo, destinato ad un tramonto tanto rapido quanto lo sviluppo delle tecnologie del trasporto a distanza dell'energia elettrica.
Quest'epoca, seppur breve, vedrà l'avvio di molti progetti industriali d'alterna fortuna, alcuni dei quali segneranno la storia contemporanea di molte parti del mondo alpino da Ugine ad Aosta, da Lecco a Leoben.
Lo sviluppo del settore elettrico in Valle d'Aosta è segnato in particolare dall'insediarsi di un primo nucleo di iniziative industriali destinate a sfruttare, in questo arduo contesto geografico, nuove applicazioni tecniche dell'elettricità ai processi produttivi. Particolarmente attiva sarà la sperimentazione nei campi della chimica e della metallurgia, ma le caratteristiche di trasmissibilità e flessibilità dell'energia elettrica trasformeranno in breve tempo non meno profondamente altri settori di grande rilievo come il tessile e il meccanico.
La descrizione, seppur sommaria, delle principali iniziative industriali dell'epoca, consentirà forse al lettore di cogliere il rapido mutare del contesto sociale ed economico, il quale sembra prepararsi ad accogliere di lì a pochi anni uno tra i maggiori complessi elettrosiderurgici italiani.
Saint-Marcel.Nel 1887 entra in funzione lo stabilimento della Società elettrometallurgica di Pont Saint Martin per il trattamento elettrolitico del rame, che si insedia sul sito di una importante ferriera attiva tra il XVIII e la prima metà del XIX secolo.
La società, trasformata a partire dal 1899 con l'intervento della Schuckert in Società elettrochimica di Pont Saint Martin, costruì tra il 1901 ed il 1902 un nuovo stabilimento dotato di una importante centrale elettrica alimentata dalle acque della Dora Baltea. La società divenuta nel frattempo idroelettrica Pont Saint Martin, subì nel 1918, grazie all'intervento della Banca Commerciale, un considerevole aumento di capitale da 2,5 a 15 milioni, acquistò il controllo della Società idroelettrica Valle d'Aosta e nella stessa occasione modificò la propria ragione sociale in Società Idroelettrica Piemonte.
Nacque così sulle ceneri di una avventura industriale di modesto successo uno dei maggiori gruppi italiani del settore elettrico.
Nel 1900 sorse a Saint Marcel, sulla destra idrografica della Dora Baltea, un importante stabilimento per la produzione del carburo di calcio, dotato di una centrale elettrica di 3.000 cavalli vapore.
Il 26 gennaio 1908 il Prefetto della provincia di Torino decretò la facoltà di derivare 15 moduli d'acqua dal torrente Evançon alla Società Anonima Cotonificio Staurenghi di Monza, la quale siglò poco dopo un accordo con Luigi Cravetto dove si stabiliva che una parte della produzione sarebbe stata utilizzata nel costruendo cotonificio di Verrès e la restante parte nell'ambito di una attività siderurgica che Cravetto intendeva insediare nello stesso comune sul sito delle antiche ferriere Bich & Cie.
Prendevano così l'avvio altre due importanti iniziative industriali.
Il Cotonificio Staurenghi divenne in seguito la più nota Filatura A. Brambilla con oltre 500 operaie nella fase di maggior espansione, società che si sviluppò ulteriormente costruendo nel 1934, sempre a Verrès, uno stabilimento chimico per la produzione di solfato ammonico di oltre 100.000 m2 di superficie. In quella occasione la Brambilla ottenne in concessione le miniere di pirite cuprifera di Hérin in comune di Champdepraz, di Chuc e Servette in comune di Saint Marcel, di Alagna e Riva Valdobbia in Valsesia.
Come si è detto, negli stessi anni prendeva l'avvio uno stabilimento siderurgico: le Acciaierie e Trafilerie Cravetto, uno dei primi in Italia a dotarsi di forni elettrici.
Le Acciaierie Cravetto costruirono in seguito altre centrali elettriche tra cui quella di Pied-de-Vigne a Champdepraz nel 1919, rilevando una concessione della Società Ovest-Ticino, e a Donnas sul sito dello stabilimento Selve.
Lo sviluppo di imprese industriali collegate allo sfruttamento delle risorse idrauliche della regione è certamente l'aspetto di maggior interesse, ma non va sottovalutata l'attività di grandi gruppi industriali, in particolare successivamente al decreto Bonomi, rivolta alla produzione di energia elettrica nell'ottica del suo trasporto a grande distanza verso le agglomerazioni industrali del nord Italia.
Particolare rilevanza ebbe l'attività della Società Ernesto Breda la quale tra il 1916 ed il 1921 realizzò un vasto programma di opere nella valle del Lys sulla base di un progetto elaborato dall'ing. Angelo Omodeo.
La centrale elettrica di Pont-Saint-Martin, estremamente interessante anche dal punto di vista architettonico, è ancora oggi alimentata dal bacino artificiale del Vargno, da un canale di carico di ben 10.176 metri e da un salto di 544; essa comportava due gruppi di alternatori Brown-Boveri con turbine Riva da 10.000 Kw a 42 periodi e da due gruppi di alternatori Brown-Boveri con turbine Rivarolo da 5.000 Kw a 50 periodi. La produzione a 42 periodi era convogliata grazie ad una linea elettrica di 127 chilometri alle officine di Sesto San Giovanni, mentre la produzione a 50 periodi era utilizzata in parallelo alle centrali della Sip.
Nello stesso periodo venne costruito il bacino artificiale del Gabiet in comune di Gressoney La Trinité dove, secondo la cronaca dell'epoca "la scienza, unita all'arte e all'industria, ha creato una delle opere certamente più grandiose e ardue dei tempi moderni nel suo genere".
Il bacino, posto a 2337 m di quota per una capacità di oltre 9.000.000 di m3, alimentava la centrale di Gressoney dotata di due gruppi di alternatori General Electric della potenza di 10.000 Kw in grado di funzionare sia a 42 sia a 50 periodi, potendo alimentare così liberamente tanto le reti elettriche lombarde quanto quelle piemontesi.
Alla realizzazione di quest'opera lavorarono oltre 2.000 operai. Tanto fervere d'attività in quell'epoca ed in quel luogo portarono lo scrittore e giornalista Jules Brocherel ad esclamare: "Que l'industrie est belle, lorsqu'elle est portée à cette perfection!".
Non tutte le realizzazioni godono però di un tale ampio consenso, è questo il caso di alcuni progetti situati nella valle dell'Evançon.
Nel 1918 la Soc. Giò Ansaldo & C. propose di costruire un enorme bacino di 23.000.000 di m3 che avrebbe invaso l'intera valle d'Ayas sommergendo i villaggi di Corbet, Cornu, Meytères, Trochey e Périasc. Una galleria scavata sotto lo Zerbion avrebbe consentito, con una caduta di 1.052 m, di alimentare una centrale elettrica da 57.000 cavalli da costruirsi sul territorio di Saint-Vincent. Questi progetti di inusitate dimensioni furono giudicati negativamente dalla stampa locale ancorché in modo assai pacato, J. Lale-Demoz ebbe così ad esprimersi sulle pagine di Augusta Prætoria: "...esprimiamo il desiderio che le società che cercano di trovare nelle acque dell'Evançon l'energia di cui hanno bisogno per imprimere linfa vitale alle loro industrie, sappiano conciliare le loro giuste esigenze con i secolari diritti dei laboriosi montanari e con il rispetto dovuto alle bellezze paesaggistiche della valle".
Quando alla metà degli anni dieci l'Ansaldo iniziò a valutare possibili iniziative sia industriali sia di produzione idroelettrica in Valle d'Aosta, la regione era già interessata da numerose iniziative in particolare tra Aosta e Pont-Saint-Martin e nelle valli del Lys e dell'Evançon ai piedi del Monte Rosa; inoltre l'evoluzione tecnologica in atto poteva far ritenere, già allora, che il trasporto a distanza dell'energia avrebbe rimesso rapidamente in discussione la legittimità di insediamenti industriali così distanti dalle grandi vie di comunicazione e dai principali mercati.
Malgrado lo sviluppo tecnologico tenda rapidamente a marginalizzare le aree alpine da un punto di vista dell'insediamento industriale, è pur vero che attività a forte consumo di energia sfrutteranno ancora economicamente gli esuberi stagionali di produzione, confermando in taluni casi la legittimità economica dell'insediamento industriale alpino.
Come si può evincere da questo breve racconto, le Alpi non furono mai realmente ai margini dello sviluppo economico e tecnologico che caratterizza la vita del continente europeo negli ultimi secoli. La Valle d'Aosta si è confrontata con il concetto stesso di modernità in una certa misura, proprio grazie alla grande forza vitale che sgorga dai suoi ghiacciai e che le ha consentito nel tempo di sviluppare un modello economico originale e articolato la cui analisi è essenziale per la stessa comprensione della struttura territoriale della nostra regione.
   
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