IL SUOLO
Con questo numero della rivista inizia un viaggio nella conoscenza del riciclo dei materiali, perché impariamo ad evitare gli abusi nei confronti del suolo.
IL SUOLO NON E' UNA PATTUMIERA
di Raffaele Rocco
Il suolo rappresenta il terzo elemento, insieme a acqua e aria, che rende possibile la vita, anche se forse risulta il più maltrattato perché è sempre stata sottovalutata la sua importanza. Troppo spesso dimentichiamo che esso non è solo il nostro supporto, ma che da esso traiamo gli alimenti e che su di esso ancoriamo tutte le nostre opere.
L'uso/abuso ha fatto dimenticare che il suolo è un sistema complesso, dove avvengono alcune tra le più importanti reazioni biochimiche, che permettono la trasformazione dei minerali in elementi vivi. Si può quindi affermare che il suolo è vivo, nel senso che permette lo sviluppo della vita.
Il sistema, come tutti quelli naturali, è complesso, ma soprattutto basato su equilibri precari, dall'evoluzione molto lenta, che potrebbe anche sfociare in nuovi assetti che non è detto siano ancora favorevoli alla nostra vita.

L'utilizzo del territorio per ricavarne materie prime, da trasformare successivamente nei cicli produttivi in beni di consumo, comporta lo stravolgimento e lo sfruttamento di aree immense (si pensi ad esempio alle miniere a cielo aperto presenti nei diversi continenti, o alla deforestazione delle aree amazzoniche). La produzione di scarti da tali attività è elevatissima ed essi concorrono a trasformare i paesaggi tanto quanto ne siano responsabili frane e alluvioni. Gli inquinamenti poi, cioè l'introduzione sul e nel suolo di elementi diversi in quantità tali da provocare la perdita delle possibilità di supportare al meglio le trasformazioni biochimiche, uniti ai processi di desertificazione, sono la minaccia più grave per il suolo. Ma una delle fonti principali di inquinamento del suolo è svolto dalla gestione dei rifiuti prodotti dalla nostra società. Lo sviluppo economico e sociale di una qualunque società ha dovuto da sempre confrontarsi con la questione della gestione dei rifiuti, cioè degli scarti originati dai processi produttivi e dalla vita dei propri cittadini. La carenza di materie prime da trasformare, sia in termini quantitativi sia per i costi eccessivi di approvvigionamento, e la ridotta disponibilità di beni alimentari ha permesso alle diverse comunità storiche di massimizzare il reimpiego dei rifiuti nella vita di ogni giorno.
Oggi nelle zone pianeggianti in prossimità di grandi centri urbani, di tanto in tanto, si ergono solitarie colline (più o meno rinverdite) composte dai rifiuti prodotti dai cittadini di quelle stesse città. L'aumentare del tenore di vita e la modifica dello stesso ha comportato un aumento del volume di rifiuti prodotti: dalle case, dalle fabbriche, dai negozi: ogni giorno un flusso incessante di beni non più utilizzati deve essere altrimenti collocato e finisce, per la maggior parte, depositato sul suolo o, addirittura nel sottosuolo, creando problemi di inquinamento ambientale e quindi potenziali danni per la salute. Il suolo, quasi dovunque, non è più in grado di trasformare i rifiuti negli elementi minerali fondamentali e restituirli al ciclo naturale sia per gli ingenti quantitativi prodotti, sia perché non è più possibile tenere impegnati ampi spazi di territorio per lungo tempo. I rifiuti non sono poi composti solo da materiali biodegradabili, cioè che possono essere scomposti dai microrganismi del suolo negli elementi minerali costituenti e ritrasformati in modo da essere reimmessi nel ciclo: i nostri rifiuti contengono anche componenti che li rendono indistruttibili. Il suolo, infatti, possiede a livello microscopico una flora batterica in grado di distruggere quanto viene immesso in esso, operando la degradazione dei composti molecolari complessi nei componenti più semplici ed elementari, quali quelli carbonici e azotati, dai quali altre colonie batteriche possono ripartire per costruire la vita. Quando però i quantitativi diventano rilevanti, o gli oggetti sono costituiti da componenti che non possono essere degradate, o addirittura si introducono elementi che avvelenano la flora batterica, il processo non può avere luogo.
Ecco quindi svilupparsi le diverse strategie per gestire i quantitativi di rifiuti che ogni giorno produce la nostra società, differenziate a seconda delle caratteristiche del livello di sviluppo raggiunto. Il punto fondamentale è il riconoscimento che è più facile intervenire per ridurre il quantitativo di rifiuti che viene prodotto, piuttosto che dover smaltire quantità notevoli di materiali: conviene quindi favorire i comportamenti virtuosi (perché tendenti a ridurre i quantitativi di rifiuti) con politiche di riduzione dei costi di smaltimento.
Si interviene o si dovrebbe intervenire quindi:

1. Presso i produttori di beni per:
· ridurre l'utilizzo di materiali che poco hanno che fare con il bene stesso (ad esempio involucri vari);
· progettare e quindi costruire i beni pensando già a come gestire i diversi componenti una volta che quei beni non saranno più utilizzati e dovranno quindi essere smaltiti (ad esempio attraverso l'utilizzo di componenti riciclabili) e riducendo l'impiego di materiali provenienti dall'esterno del ciclo produttivo.
2. Presso i commercianti e i singoli cittadini per incentivare la separazione dei rifiuti tra quelli che possono essere riciclati (carta, vetro, metalli, ecc.) e quelli che devono per forza essere smaltiti. Un ruolo particolare è svolto dai cosiddetti rifiuti organici (cioè gli alimenti che non sono più utilizzati) perché per loro è possibile in diverse situazioni provvedere ad un recupero e trasformazione in composti fertilizzanti per i terreni.

I rifiuti che non possono essere recuperati devono essere smaltiti in modo da non costituire un pericolo per la salute.
I costi di smaltimento svolgono un ruolo fondamentale sulle possibili scelte:
· la collocazione in discarica (cioè in aree adeguatamente attrezzate per conservare anche per lunghi periodi di tempo, se non per sempre) i rifiuti risulta oggi il sistema più conveniente, ma quello che richiede maggiore occupazione di terreno;
· la trasformazione termica (attraverso processi di combustione a temperature elevate) pur avendo costi più elevati, permette anche di recuperare quote di energia, attraverso la produzione di energia elettrica, e la riduzione delle aree occupate dalle scorie di combustione.
In alcuni casi non si hanno allo stato attuale delle conoscenze scientifiche alternative alla discarica, ma la questione è complessa in generale, perché ogni soluzione presenta impatti e ricadute sul suolo, sull'acqua e sull'aria diverse e non sempre facilmente confrontabili. La questione dei rifiuti è fondamentale per una moderna società ed è direttamente connessa alla gestione del suolo: la necessità di approvvigionarsi di materie prime e il mantenimento degli attuali livelli di sviluppo sociale e produttivo concorrono a produrre scarti da gestire in qualche modo.
In modo analogo la gestione dello sviluppo delle attività sul territorio comporta modifiche e impatti sul suolo che impoveriscono la complessiva ricchezza naturale dell'uomo. Sul suolo, insomma, siamo tutti chiamati a camminare con passo più leggero.

   
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