I SISTEMI NATURALI
Le risorse idriche sotterranee sono meno conosciute rispetto a quelle superficiali ma sono quelle maggiormente utilizzate dall'uomo per svariati usi, tra cui quello potabile.
FABBISOGNO IDRICO E GESTIONE DELLE FALDE
di Pietro Capodaglio
Premessa
Un dettaglio della misurazione della falda.Le acque sotterranee rappresentano solo una parte di quelle coinvolte nel ciclo globale dell'acqua. Se da un lato le risorse idriche sotterranee sono forzatamente meno conosciute rispetto a quelle superficiali, comunque sono anche quelle maggiormente utilizzate dall'uomo per svariati usi, tra cui quello potabile.
Si tratta di una risorsa spesso ed erroneamente considerata praticamente infinita, mentre bisogna rendersi conto che, oltre all'eventuale degrado qualitativo derivante dall'inquinamento, essa può essere effettivamente considerata rinnovabile solo se i volumi estratti sono contenuti entro quelli ricaricati ogni anno dal ciclo naturale.

L'acqua sotterranea in montagna
La possibilità di reperire l'acqua sotterranea è strettamente connessa alla capacità di contenerla e veicolarla (permeabilità) da parte dei materiali che costituiscono il sottosuolo; a questo proposito nell'ambiente montano che caratterizza il territorio regionale possono essere distinte molto grossolanamente due situazioni: a quote medio-alte, ammassi rocciosi più o meno compatti in cui si individuano delle sorgenti e, nelle zone pianeggianti di fondovalle, depositi sciolti che danno invece luogo a vere e proprie falde acquifere. In entrambi i casi l'alimentazione proviene in origine essenzialmente (tranne casi particolari come le sorgenti termali) da precipitazioni atmosferiche, liquide o solide.
Per quanto riguarda le sorgenti montane, si osserva che la catena alpina in Valle d'Aosta è costituita da rocce metamorfiche e magmatiche, a meno di zone localmente più o meno intensamente fratturate, soprattutto nella fascia superficiale, e quindi potenzialmente ricche d'acqua (permeabilità per fessurazione). La situazione idrogeologica cambia sul fondovalle principale, dove i sedimenti fluvioglaciali, che dopo l'ultima grande avanzata glaciale hanno colmato l'asse vallivo, formano un materasso alluvionale ghiaio-sabbioso a permeabilità molto elevata, poiché tra i granuli sono presenti vuoti di piccole dimensioni intercomunicanti che favoriscono la circolazione dell'acqua che li occupa (permeabilità per porosità). Ad una certa profondità dal piano campagna i vuoti sono saturi d'acqua, dando luogo ad un corpo acquifero continuo (falda idrica), limitato inferiormente dal substrato roccioso e superiormente dal livello (variabile stagionalmente anche di alcuni metri) della zona saturata; altri eventuali limiti possono essere costituiti da livelli impermeabili di natura limosa o argillosa. La falda è caratterizzata da una propria direzione e velocità di scorrimento, generalmente dell'ordine di pochi m/giorno. Lo spessore dei sedimenti alluvionali raggiunge i valori massimi in corrispondenza dei tratti dove il ghiacciaio ha ultraescavato il substrato roccioso; tale situazione si verifica ad esempio in corrispondenza della città di Aosta, ove il materasso alluvionale ha uno spessore dell'ordine dei 200 m e presenta quindi caratteri particolarmente favorevoli per l'estrazione delle acque sotterranee tramite appositi pozzi di emungimento, aventi attualmente profondità massime di circa 90 m. Per dare un'idea delle potenzialità della falda presente nella piana di Aosta, si consideri che gli emungimenti annui complessivi dai pozzi dell'acquedotto cittadino sono dell'ordine dei 6 milioni di m3, mentre quelli per uso industriale dello stabilimento Cogne Acciai Speciali di circa 18 milioni di m3. L'utilizzo delle acque sotterranee per l'uso agricolo è invece in Valle d'Aosta, diversamente da altre zone italiane, molto basso essendo garantito per lo più dai canali irrigui provenienti dai versanti.

Il monitoraggio delle falde idriche
Il monitoraggio delle acque sotterranee è normato dal punto di vista legislativo - al pari di quello relativo alle acque superficiali - dal D. Lgs. 152/99; esso è finalizzato alla valutazione complessiva dello stato ambientale quali-quantitativo delle falde acquifere significative dal punto di vista dell'utilizzo e della produttività, a prescindere dalla destinazione potabile o meno.
In Valle d'Aosta tale situazione si verifica fondamentalmente nelle piane più ampie e più antropizzate situate sul fondovalle principale, dove è concentrata la quasi totalità dei pozzi esistenti: di Aosta, di Pont St. Martin - Donnas e di Issogne - Verrès -Arnad; ciò non toglie che anche in molte altre situazioni di fondovalle, benchè meno estese, si possa avere la presenza di falde produttive e di buona qualità, tuttavia come detto in questi casi, vista l'assenza di grossi insediamenti civili ed industriali, sono sufficienti le sorgenti ed i pozzi sono praticamente assenti.
Se per quanto riguarda le sorgenti gli eventuali problemi di inquinamento possono essere al massimo microbiologici (allevamenti o animali selvatici) e comunque occasionali, sul fondovalle la limitata estensione del territorio fa sì che l'ubicazione dei pozzi, a differenza delle zone di pianura, ricada forzatamente in area urbana o comunque molto prossima alle principali fonti potenziali di inquinamento chimico (attività industriali, artigianali, discariche, serbatoi interrati di combustibile), che possono invece indurre contaminazioni a volte difficilmente risolvibili anche con le migliori tecnologie di bonifica.
Se a ciò si aggiunge che gli acquiferi presenti nel territorio regionale hanno carattere freatico, vale a dire privi a tetto di protezioni naturali (livelli impermeabili o semipermeabili) nei confronti di eventuali contaminanti provenienti dalla superficie, ne deriva che la vulnerabilità della falda, cioè la suscettibilità ad essere interessata da eventuali fenomeni di inquinamento, è senza dubbio alta, paradossalmente maggiore rispetto a zone molto più industrializzate e inquinate (Pianura Padana) dove però si possono reperire acquiferi profondi protetti naturalmente da orizzonti argillosi impermeabili.

Punti di misura
I punti di misura per il monitoraggio delle acque sotterranee sono sia pozzi esistenti giudicati idonei sulla base di vari elementi (caratteristiche costruttive, profondità, ubicazione, utilizzo, accessibilità...), sia piezometri appositamente realizzati, specie a seguito di episodi di possibile inquinamento della falda da sversamenti accidentali; si tratta in sostanza di pozzi di piccolo diametro utilizzati tra l'altro, oltre che per il monitoraggio della falda, anche per indagare caratteristiche ed eventuale stato di contaminazione dei terreni, dal momento che dalla loro perforazione si ottengono i campioni relativi a tutta la colonna di sottosuolo attraversato.
Si effettuano, così come previsto dal suddetto D.Lgs. 152/99, due tipi di misure periodiche sulla falda:
. misure quantitative: con cadenza mensile viene misurata con apposito sondino (freatimetro) la soggiacenza (distanza della tavola d'acqua dal piano campagna), per definire le direzioni di deflusso della falda, le oscillazioni stagionali ed extrastagionali delle acque sotterranee e, a lungo termine, ricavare informazioni sulla disponibilità delle risorse;
. misure qualitative: constano di prelievi delle acque dai piezometri (calando all'interno del tubo un'apposita pompa idrosommergibile) o dai pozzi (utilizzando la pompa presente al loro interno), con cadenza semestrale. Sui campioni viene poi ricercato in laboratorio un vasto spettro di parametri chimici e di inquinanti, di natura organica ed inorganica.
Le reti di monitoraggio regionali sono costituite nel caso della Piana di Aosta da circa 60 punti per le misure quantitative e circa 40 per i prelievi, mentre per le piane di Verrès e Donnas rispettivamente da circa 10 e 5 punti.

Criticità
Sul territorio regionale la maggiore criticità nei confronti della falda evidenziata dal monitoraggio è sicuramente rappresentata dall'area Cogne Acciai Speciali-ex Cogne di Aosta; la cosa peraltro non deve stupire, considerato che si tratta di un'attività industriale presente sul territorio da quasi un secolo e che solo ultimamente è stata introdotta una specifica normativa a carattere ambientale. Nell'ambito di questo sito le problematiche delle acque sotterranee sono legate principalmente alla presenza in soluzione nelle acque del cromo e secondariamente di altri elementi quali fluoruri e nichel; alcuni di questi contaminanti, sono rilevabili localmente anche a valle al di fuori del perimetro dello stabilimento. Precisando che i pozzi dell'acquedotto di Aosta sono ubicati a monte dello stabilimento rispetto alla direzione di deflusso della falda e che quindi non sono interessati da tale tipo di contaminazione, non è escluso che sull'area vengano intraprese, qualora la situazione qualitativa della falda non evidenziasse nell'immediato futuro segnali di miglioramento, ulteriori azioni di bonifica oltre a quelle già effettuate in passato (impermeabilizzazione ed isolamento superficiale dalle acque meteoriche).
Ulteriori fonti di potenziale inquinamento nei confronti delle acque sotterranee sono rappresentati da svariati siti artigianali o industriali di piccole o medie dimensioni, specialmente con presenza di serbatoi interrati per lo stoccaggio di sostanze pericolose per l'ambiente. Tipicamente i depositi delle stazioni di servizio carburante, diffusi capillarmente sul territorio, rappresentano - in Valle d'Aosta così come ovunque - una grossa percentuale degli episodi di inquinamento puntuale noti del sottosuolo, sebbene spesso di piccola entità; negli ultimi anni l'attenzione alla loro potenziale pericolosità ambientale è molto cresciuta, anche a seguito dell'emanazione di normativa specifica che prevede periodici controlli e la sostituzione dei serbatoi interrati vetusti con altri dotati di vari sistemi di sicurezza (doppia parete, sistema di rilevamento perdite). Bisogna anche considerare che gli idrocarburi e loro composti (solventi aromatici quali il benzene) hanno caratteristiche tali (bassa densità, una certa biodegradabilità) da risultare abbastanza risolvibili dalle moderne tecnologie di bonifica.
Viceversa altre tipologie di solventi, in particolare quelli clorurati - cui appartengono composti quali tetracloroetilene o cloroformio - oltre che a non degradarsi spontaneamente nel tempo, una volta attraversata la zona insatura e raggiunta la falda, tendono, avendo una densità superiore a quella dell'acqua, ad affondare verso il basso; ciò può spiegare quanto rilevato nella piana di Aosta, come detto priva di protezioni naturali nei confronti dell'acquifero, ove questi composti sono stati ritrovati anche in pozzi profondi. Essi appaiono distribuiti omogeneamente in concentrazioni che, seppure minime (dell'ordine di pochissimi µg/l) in taluni casi sono sufficienti per superare i limiti normativi. Verosimilmente si tratta di un inquinamento di fondo antico, derivante da molteplici potenziali sorgenti (svariati piccoli insediamenti artigianali, quali carrozzerie, lavanderie, fotografi, un tempo meno attenti alla salvaguardia ambientale) e probabilmente destinato a perdurare a lungo; si tratta infatti di una situazione in pratica non bonificabile con le tecnologie disponibili.
Le discariche per rifiuti urbani o industriali sono tipici impianti da monitorare in quanto potenziali sorgenti puntuali di contaminante nei confronti della falda in caso di incidenti (ad esempio rottura del sistema di impermeabilizzazione): in Valle d'Aosta la discarica per rifiuti urbani di Brissogne è monitorata da diversi anni tramite un apposito anello di piezometri, senza che si siano presentate problematiche connesse a eventuali deficienze dell'impermeabilizzazione. Anche la discarica per rifiuti non pericolosi di Pontey, di prossima apertura, sarà soggetta ad un analogo monitoraggio finalizzato a evidenziare eventuali diffusioni di inquinanti in falda durante la fase di esercizio.
Infine l'attività agricola e gli allevamenti non rappresentano, almeno nelle piane di fondovalle, una minaccia per lo stato di qualità della falda, dal momento che composti quali nitrati, pesticidi e fertilizzanti non sono mai stati rinvenuti.

Stato ambientale delle falde
Lo stato ambientale degli acquiferi dovrebbe risultare, ai sensi del D.Lgs. 152/99, dalla sovrapposizione di due indici (quantitativo e chimico).
Mentre sulla classificazione quantitativa non sono state ancora definite a livello normativo indicazioni per ricavare un indice sintetico circa la disponibilità della risorsa, la classificazione chimica deriva semplicemente dai risultati analitici dei campionamenti effettuati sulla falda: sono state fissate 5 classi di qualità: dalla 1 - la migliore - alla 4 - la peggiore (la classe 0 è riferita a situazioni di inquinamento naturale non antropico). In sintesi sul territorio regionale si ha che:
. la classe prevalente è la 2, corrispondente ad un "impatto antropico ridotto e sostenibile sul lungo periodo";
. esistono, solo nella piana di Aosta, diversi punti in classe 4 ("impatto antropico rilevante") ubicati soprattutto all'interno e a valle dello stabilimento Cogne causa la presenza in soluzione di cromo e, più localmente, fluoruri. In tale classe ricadono inoltre quei punti ubicati in corrispondenza dei siti contaminati da idrocarburi, sui quali verranno effettuate le operazioni di bonifica del sottosuolo;
. infine anche la classe 0 è rappresentata: talora, per cause esclusivamente geologiche, specie nella bassa Valle d'Aosta si possono infatti trovare in soluzione nelle acque di falda elementi quali ferro, manganese o nichel in concentrazioni relativamente elevate, senza che ciò costituisca ovviamente un problema ambientale.
   
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