Mont Emilius
Il vallone di Saint-Marcel ha avuto un passato metallurgico di tutto rispetto. Tra le varie coltivazioni minerarie che si trovano, analizziamo in questa sede quella di Chuc-Servette.
LA MINIERA DI CHUC-SERVETTE
di PAOLO CASTELLO E GIANCARLO CESTI
Geologo, libero professionista; Assessorato regionale agricoltura e risorse naturali
La sorgente dell’Acqua verdeIl vallone di Saint-Marcel è famoso per le sue ricchezze geologiche e minerarie1: la miniera di manganese di Praborna, sita alla base del versante sinistro del vallone, a circa 1900 m s.l.m., conosciuta e coltivata almeno dal 1415 e i cui lavori minerari si protrassero, seppur in modo discontinuo, fino ai primi decenni del XX secolo; la miniera a solfuri di ferro e rame (pirite e calcopirite) di Chuc, alla base del versante sinistro, e Servette, lungo il versante destro, sfruttata già nell’antichità e coltivata fino al 1957; le cave di pietre da macina, costituite da cloritoscisto a granato e cloritoide, presenti nella zona di Fontillon e nella miniera di Servette, oggetto di estrazione in Valle d’Aosta almeno sin dal 1152; la pittoresca sorgente des Eaux Vertes, che prende il nome dal caratteristico colore dei suoi depositi.

Nella breve descrizione che segue si concentrerà l’attenzione sulla mineralizzazione a ferro e rame di Chuc e Servette.

Vicende storiche

Parte iniziale della galleria di ribasso a Servette.Secondo Esprit Benoit Nicolis de Robilant2, sulla base di osservazioni effettuate nel XVIII secolo, la prima coltivazione della miniera di Servette risalirebbe al periodo romano, ma di tale sfruttamento non esistono prove certe. In questa miniera un’antica fase di sfruttamento, risalente al 890- 980 d.C., è stata determinata mediante datazioni al radiocarbonio3 di frammenti di carbone di legna presenti entro scorie di fusione. Dopo un probabile lungo periodo di abbandono la miniera venne riscoperta, secondo quanto riportato da De Tillier4, intorno al 1732 con la ripresa dei lavori che proseguirono, alternati a nuovi periodi di abbandono, fino al 1957.
In realtà è necessario dividere le vicende storiche in due periodi distinti, il primo finalizzato all’estrazione del rame, mentre il secondo a quella della pirite.
Fino alla seconda metà XIX secolo lo sfruttamento era limitato al solo minerale cuprifero e tale fatto ha determinato il grande sviluppo iniziale dei lavori nella sezione Servette. Nel 1700 erano necessari ben 13 processi di fusione per ottenere il rame. Non a caso, lungo il versante che circonda la sezione Servette, si possono contare almeno 6 luoghi distinti dove sono state praticate attività fusorie o sono state erette fonderie, di cui quella in loc. Treves risulta la meglio conservata. L’attività metallurgica disseminata nei dintorni della miniera è testimoniata dalle discariche delle scorie di fusione, provenienti dalle varie trasformazioni del minerale di rame estratto. In alcune località questi assumono dimensioni imponenti, in particolare presso Fontillon, prima della miniera di Servette.
Non si deve dimenticare che, nei decenni seguenti alla riscoperta della miniera, tali attività metallurgiche sono state causa di importanti problemi ecologici, conseguenti al taglio dei boschi per produrre il carbone, con importante depauperamento del patrimonio forestale, e all’inquinamento derivante dai fumi solforosi prodotti dalle varie industrie di trasformazione. Tali problemi furono oggetto di protesta da parte della popolazione, in particolare degli agricoltori della vallata centrale, che si lamentavano per il disseccamento dell’erba, dei frutti e degli alberi stessi, e di conseguenti indagini e sopralluoghi da parte della pubblica amministrazione (vedi relazione del 1749 del vicebalivo Joseph Lambert5).
Quando, nella seconda metà del XIX secolo, lo scopo principale della coltivazione divenne la pirite, per produrre l’acido solforico, a sua volta utilizzato per la preparazione di concimi chimici destinati all’agricoltura, tali problemi si risolsero e variò sostanzialmente l’attività industriale nella zona, che divenne prettamente mineraria a carattere estrattivo, con cessazione delle attività fusorie metallurgiche. È di questo periodo la scoperta delle lenti di pirite a Chuc e il loro progressivo ed intensivo sfruttamento nella prima metà del XX secolo. Parallelamente allo sfruttamento della calcopirite si svolse in periodi imprecisati anche l’estrazione di macine, costituite da cloritoscisti a granato e cloritoide, utilizzate quali pietre da mulino. A Saint-Marcel tale attività iniziò almeno dal 1152 e proseguì fino al XIX secolo. La loro commercializzazione, presumibilmente assai redditizia trattandosi di un prodotto di prima necessità per la produzione di farina, è testimoniata da vari documenti dai quali risulta tra l’altro che nel XII secolo essa fu fonte di lotte tra Vercelli ed Ivrea e che le pietre grezze o semilavorate venivano trasportate ad Ivrea dove venivano rifinite in uno specifico stabilimento (molerium).
In base a quanto accennato la produzione delle miniere di Saint-Marcel va quindi considerata “polivalente”, non solo dal punto di vista dei diversi minerali metallici estratti (calcopirite per la produzione del rame e pirite per ottenere acido solforico), ma anche per ciò che concerne un tipo di produzione “mineraria” del tutto diversa come le pietre da macina.

Caratteristiche giacimentologiche e mineralogiche

Panoramica di una parte della zona mineraria a Servette con l’indicazione dei principali livelli.La mineralizzazione a solfuri di ferro e rame di Chuc-Servette è ospitata entro livelli di cloritoscisti talcosi a granato e cloritoide (con anfibolo, talco e mica) o in quarziti a granato, talora in glaucofaniti granatifere, litologie intercalate entro rocce appartenenti all’unità tettonica denominata “Complesso dei calcescisti con pietre verdi”.
In particolare i cloritoscisti a granato e cloritoide di Servette sono stati oggetto di cava per la produzione di pietre da macina e in varie gallerie della miniera si osservano ancora tracce della loro estrazione. Queste rocce, di colore verde ± scuro, sono formate da una matrice cloritico-talcosa, avente bassa durezza e quindi facilmente “lavorabile”, e da granuli di elevato potere abrasivo costituiti da granati rossastri tondeggianti e da cloritoide nerastro prismatico.
La calcopirite, oggetto del primo sfruttamento minerario, si rinviene in piccole vene a volte spesse pochi millimetri o in mosche disseminate nel cloritoscisto granatifero. Quasi sempre è in paragenesi con la pirite e il più delle volte la sua alterazione dà luogo alla formazione di minerali secondari come malachite, crisocolla, ecc. Una sua presenza diffusa, ma non abbondante, si ha negli scisti, dove si possono individuare piccoli granuli, difficilmente visibili solo ad occhio nudo, individuabili alla lente d’ingrandimento, anche grazie all’iridescenza superficiale.
La pirite, che è stata il minerale oggetto delle più recenti coltivazioni, è localmente abbondante con banchi che in certi punti raggiungono anche vari metri di spessore. In particolare a Chuc si sono raggiunte potenze di 8 m. Il solfuro di ferro è quasi sempre granulare e, quando disseminato nel cloritoscisto granatifero, è spesso accompagnato dalla calcopirite, quest’ultima presente in quantità decisamente più contenute. Gli idrossidi di ferro, quali la limonite, sono presenti pressoché ovunque nel giacimento, anche in forma stalattitica, derivando dall’alterazione della pirite.
Le testimonianze sulla produzione delle miniere riferiscono di tenori medi in rame del 1,5-2 %, con una produzione globale stimata (probabilmente in eccesso) vicina alle 9500-10000 tonnellate. Circa la pirite si riferisce di un tenore medio di zolfo intorno al 30% e una produzione che, negli ultimi decenni, di attività della miniera, oscillava fra le 200 e le 300 tonnellate mensili, con punte temporanee anche di 380 t/mese; il numero di operai addetti all’estrazione della pirite era generalmente compreso tra 20 e 30, con valori massimi di 80 nel 1919.

Breve descrizione della miniera

La miniera di Chuc-Servette si divide in due sezioni principali: quella di Chuc, più bassa e sita alla base del versante sinistro, con gli imbocchi dei livelli di coltivazione tra le quote 1283 m e 1443 m, e quella di Servette, sita a mezzacosta sul versante destro con gli imbocchi delle gallerie compresi fra le quote 1700 m e 1890 m.

Sezione Chuc. È formata dalla ex Laveria che si trova a quota 1280 m circa e che, oltre a rappresentare nell’ultimo periodo di sfruttamento il centro direzionale della miniera, era il punto di produzione dell’energia elettrica e dell’aria compressa. Inoltre alla Laveria si concentrava l’arrivo di tutto il minerale delle due sezioni per il suo caricamento sulla teleferica di quasi 4 km che portava la pirite fino alla stazione di Saint-Marcel. Alla Laveria si trovava anche l’imbocco della galleria più bassa della miniera di Chuc.
Salendo lungo la strada realizzata ai tempi di Cavour, a quota 1400 m circa si incontra il villaggio minerario di Chuc, mentre oltre il torrente sono siti gli imbocchi dei livelli. È da questa quota fino ai 1450 m circa che si trovavano le lenti di pirite oggetto della coltivazione. Queste sono state sfruttate con 5 livelli principali, che si addentrano nella montagna per diverse centinaia di metri, a cui se ne devono aggiungere altri due di carreggio, intermedi fra la ex Laveria e i livelli superiori. Diverse parti delle strutture esterne non sono più presenti dato che sono state asportate dalle alluvioni del torrente Saint- Marcel o smontate dopo l’abbandono della miniera.

Ancora un’immagine del livello Servette con la vicina strada sterrata che solca il Vallone di Saint-Marcel.Sezione Servette. È la parte della miniera più antica e presenta tipologie di scavo diverse, così come problemi di stabilità delle strutture esterne sempre più evidenti col passare del tempo. Gli imbocchi degli scavi sono disseminati sul versante per circa 500 m lineari, ma le coltivazioni principali, ora non più agibili, avevano gli imbocchi a giorno all’interno del vallone in frana. Dopo la riscoperta nel XVIII secolo, i grandi scavi interni hanno sempre creato problemi ai minatori, principalmente a causa della natura della roccia e dei metodi di scavo poco razionali che avevano minato la solidità del sotterraneo. La vastità degli scavi interni è notevole, come dimostrato anche dalla lunghezza della galleria Servette, che raggiunge i 280 m. Le strutture esterne, appartenenti a varie epoche, sono ancora presenti, anche se in vari casi solo sotto forma di ruderi.
Attualmente la Sezione Servette è oggetto di un progetto di recupero e valorizzazione delle parti esterne e di alcune parti del sotterraneo. L’attuazione del progetto è la base per riportare queste antiche miniere a nuova vita e permettere alle future generazioni di conoscere il duro lavoro nei secoli dei minatori.

Note

1. Cesti G., 1978 – Il giacimento piritoso-cuprifero di Chuc-Servette presso St. Marcel (Aosta). Rev. Valdôtaine d'Hist. Naturelle, 32: 127-156; Castello P., 1981 - Inventario delle mineralizzazioni a magnetite, ferro-rame e manganese del Complesso Piemontese dei Calcescisti con Pietre Verdi in Valle d'Aosta. Ofioliti, 6, (1): 5-46.

2. Robilant (Nicolis de) E. B., 1786-1787 - Description particulière du Duché d'Aoste, suivi d'essai sur deux minières des anciens romains, et d'un supplément et a la théorie des montagnes et des mines. Mémoire de l'Académie des Sciences de Turin. Turin 1788: 257-264.

3. Tumiati S., Casartelli A., Mambretti A., Martin S., Frizzo P., Rottoli M., 2005. The ancient mine of Servette (Saint-Marcel, Val d’Aosta, Western Italian Alps): a mineralogical, metallurgical and charcoal analysis of furnace slags. Archaeometry, Blackwell Publishing for University of Oxford, 47, 2, 317-340.

4. De Tillier J.B., 1740 – Historique de la Vallée d’Aoste. Imprimerie Valdotaine, Aoste, 1953, 375- 376.

5. Nicco R., 1988 - L’industrializzazione in Valle d’Aosta: Studi e documenti. Quaderni dell’Istituto Storico della Resistenza in Valle d’Aosta – II, Industrie Grafiche Editoriali Musumeci, Quart, p. 168.
   
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