Formaggi e derivati del latte

Oltre alla Fontina DOP e al Vallée d'Aoste Fromadzo DOP sono numerose le altre tipologie di formaggi e derivati del latte prodotte in Valle d'Aosta; tra i Prodotti Agroalimentari del Territorio troviamo la Toma di Gressoney.

 

 

 

 

TOMA DI GRESSONEY

Poca ma buona! Ancora oggi sono pochissimi i produttori della Toma di Gressoney; una quindicina di piccoli alpeggi e qualche moderno caseificio a valle. Stiamo parlando quindi di un prodotto realizzato in un territorio fortemente delimitato, ma che ha saputo “difendersi” mantenendo usi e tradizioni particolari, anche nel contesto agricolo-caseario. Se nel passato questo formaggio era un tipico “frutto dell’estate” derivato da quelle piccole mandrie all’ombra della catena del Monte Rosa, ai giorni nostri è possibile trovarlo tutto l’anno, grazie ad alcuni caseifici che si sono cimentati nella sua produzione per soddisfare la richiesta dei consumatori.

La Toma di Gressoney si presenta con una crosta liscia, rossiccia o grigio-marrone, pasta di colore giallo paglierino e occhiatura piccola e ben distribuita. Proprio per la sua derivazione da piccoli allevamenti le forme sono medio-piccole, con un peso che varia da 3 ai 6 chili e un diametro che va dai 20 ai 30 centimetri. La pasta è semi-dura, pressata, semi-cotta. Al latte bovino può essere aggiunta una piccola parte di latte caprino.

 

 

FORMAGGIO DI CAPRA A PASTA MOLLE

Se avete la possibilità di visitare un mercatino con prodotti agroalimentari valdostani, di sicuro incontrerete dei banchi di formaggi di capra e rimarrete affascinati dall’enorme varietà di forme, colori e sapori! In una piccola regione come la nostra, la produzione ovviamente è piuttosto limitata a livello di quantità; ma questa considerazione si abbina felicemente ad un livello qualitativo altissimo, riconosciuto in ambito regionale e anche nazionale!

Possiamo distinguere due grandi famiglie all’interno dei formaggi caprini: le “lattiche” e le "presamiche".

Ad attirare maggiormente l’attenzione e la curiosità dei consumatori sono, generalmente, le produzioni “lattiche”, ossia formaggi di capra a coagulazione lenta, da consumare freschi, a cui i produttori aggiungono aromi particolari o li rivestono per renderli più“sfiziosi”: carbone vegetale, spezie, foglie di castagno. La pasta, bianca e delicata, viene così racchiusa in speciali protezioni naturali, che ne esaltano l’aspetto, ma soprattutto il gusto. Una delizia per la vista e per il palato!

Ci sono poi i formaggi ottenuti con il metodo classico, le "presamiche" ossia a coagulazione rapida. Alla temperatura di 36-37 °C circa, si mette il caglio e si lascia riposare il tutto per 40-45 minuti; una volta che la cagliata è pronta si procede al taglio del coagulo in grani della grandezza di un chicco di mais; dopo lo spurgo si mette in fascera senza pressatura rivoltando 3-4 volte. La stagionatura si protrae per circa 20-25 giorni, in cantine di maturazione fresche. La salatura è fatta a secco o in salamoia.

 

 

FORMAGGIO DI CAPRA O PECORA A PASTA PRESSATA

Capra, capra+pecora, capra+mucca! Che sia a base di latte di capra o pecora “puro” o a base di latte bovino a cui viene aggiunto il latte delle “colleghe minori”, la tecnica di trasformazione è sempre la stessa... Ma guai a sbagliare tempi e temperature! Ai canonici 34-36 °C si aggiunge il caglio, si aspetta, si rompe la cagliata, si spurga in circa 15-20 minuti scaldando la massa ad un massimo di 40-42 °C; si mette in fascera e si pressa con le mani o applicando un peso.

 

 

FORMAGGIO MISTO

Un po’ di latte di capra non fa male. Si dice che sia più digeribile, e quindi era usato per svezzare i bambini; e se ne avanzava, lo si aggiungeva al latte bovino, sempre per quella legge anti-spreco che contraddistingue l’economia rurale. Vallée d’Aoste Fromadzo DOP e Toma di Gressoney prevedono, nel loro processo di trasformazione, questo “apporto caprino” che, seppur parziale, può fare la differenza.


Come per tanti altri formaggi, la tecnica di trasformazione del formaggio misto non è mai stata codificata; le “regole” sono state tramandate oralmente attraverso i secoli. Tuttavia, grazie a diversi latti prodotti ed

alla professionalità dei nostri allevatori, un buon formaggio misto non manca mai nel plateau di ristoranti e agriturismi. Perché malgrado non abbia un nome specifico, un’etichetta, un disciplinare o quant’altro, il “misto” c’è sempre, con quella sua pasta dura e la sua crosta frastagliata.

 

 

REBLEC E REBLEC DE CRAMA

Il Reblec, formaggio fresco, di pezzatura piccola ricavato dal latte intero a cui si aggiunge il caglio; una volta coagulata, la cagliata deve essere estratta, senza romperla, e messa in una tela, o in una formina per far fuoriuscire il siero.

Il Reblec de crama invece è leggermente più complicato da realizzare. La base di questo prodotto è costituita da crema di affioramento (almeno 50%), a cui si aggiunge una parte di latte intero. Bisogna fare scaldare a 38-39°C; il caglio ci mette un’ora e mezza circa a fare il suo lavoro; in seguito, si può procedere allo spurgo in tela o forma.

Entrambi prodotti freschi e di rapido consumo, mantengono il fresco aroma e gusto del latte, di colore bianco perla e dalla struttura morbida ed elastica, sono l’immagine della freschezza.  

Può essere consumato già dodici ore dopo la sua lavorazione. Ottimo come dessert, magari spolverato con zucchero e cannella.

 

 

BROSSA

La brossa è una “crema” piacevolmente granulosa e morbida ottenuta dal siero del latte riscaldato ad una temperatura di 83-84 °C al quale si aggiunge dell’aceto o acido citrico. Quando lo strato superficiale ha raggiunto una certa consistenza viene recuperato con mestolo in legno, rame o acciaio. Il prodotto, lasciato raffreddare, è poi sbattuto dolcemente con un frustino e conservato a una temperatura uguale o inferiore a 6 °C.

Per dare il via al processo di separazione del grasso, si usava, in alternativa all’aceto, il bôné, composto di succo di limone, radice d’ortica, acetosa selvatica. “Sente Colomba, manda de brossa tanque pe l’éponda” questa è l’invocazione dei casari diretta a Santa Colomba per ottenere dei prodotti abbondanti, in particolare una produzione copiosa di brossa, sinonimo di materia prima ricca. Oggi è considerata un accostamento prelibato, che si può gustare negli agriturismi o nei ristoranti locali che propongono menù tipici della cucina valdostana. Il particolare gusto cremoso della brossa è valorizzato se accompagnato dalla polenta.

 

 

 

SÉRAS e SALIGNOÙN

Siamo all'ultimo anello, l'ultima fase del processo di trasformazione del siero. Il siero è riscaldato fino a 85-90°C e acidificato con l'aggiunta di aceto o acido citrico. Così facendo, il liquido acidificato dà luogo ad una flocculazione , che porta in superficie una sostanza densa, grumosa, raccolta col mestolo e messa a sgocciolare. Il prodotto ottenuto è piacevolmente granuloso e sicuramente magro. Il séras in particolare viene citato fin dal 1477 dal medico Pantaleone da Confienza che ne decanta le sue particolari qualità e dimensioni nel suo libro: "Summa Lacticinum". 

Per chi ama i sapori forti, si può "fare evolvere" il séras fresco in salignoùn, con l'aggiunta di olio, aceto, un pizzico di sale e spezie varie: aglio, ginepro, finocchio, cumino o erbe e fiori essiccati.

 

 

 



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